sabato 9 giugno 2018

Lupus e gravidanza, l’importanza della pianificazione

Картинки по запросу lupus e gravidanza        Oggi la pianificazione del concepimento e la gestione della gravidanza hanno permesso di dimezzare anche il rischio di aborti. Pianificare la gravidanza significa confrontarsi con il proprio medico reumatologo prima del concepimento e, in base ai fattori di rischio presenti, valutare quale sia il momento migliore per ridurre al massimo i rischi per mamma e feto e come non utilizzare alcuni farmaci controindicati in gravidanza. La valutazione della fase della malattia, la positività o meno a specifici anticorpi, e la presenza di nefrite attiva, in particolare, richiedono particolari precauzioni e counselling prima del concepimento, oltre a monitoraggio costante della malattia durante tutta la gravidanza con un approccio multidisciplinare. A queste donne, infatti, si raccomanda, oltre ai classici controlli e visite in gravidanza, anche esami e visite per il LES ogni 4-6 settimane, che includono: valutazione ematologica, renale e biochimica, marcatori di infiammazione, livelli anticorpali anti-dsDNA, oltre all’ecoDoppler delle arterie ombelicali e uterine per stabilire il periodo ideale del parto, frequentemente cesareo, e ridurre così il rischio di patologie e mortalità del neonato. 

Lupus, una gravidanza sana è possibile
        Molti dei cambiamenti in gravidanza, che per una donna sana sono fisiologici, possono invece mascherare l’inasprimento del LES e mettere a rischio la salute di mamma e bambino. Come dimostrano i risultati di uno studio condotto dal Dipartimento di reumatologia e immunologia clinica di Humanitas Research in collaborazione con l’università di California, alterazioni fisiologiche in gravidanza come l’anemia del terzo trimestre o l’aumento dei livelli di infiammazione (citochine), disturbi cutanei, dispnea, dolore articolare per aumento del peso e modificazioni del bacino, edema degli arti inferiori, potrebbero essere causati anche da inasprimento della malattia e mimare complicanze pericolose per la vita della mamma e del feto (la pre-eclampsia, nota anche come gestosi gravidica, e la sindrome HELLP che include emolisi, elevati livelli di enzimi epatici e basso dosaggio di piastrine). «Riconoscere quando la malattia autoimmune è responsabile di queste alterazioni, grazie a controlli periodici e specifici –  conclude il professor Carlo Selmi – diventa di fondamentale importanza per intervenire modificando la terapia. Infatti, se la pianificazione del concepimento permette la gestione delle terapie che potrebbero inibire l’impianto del feto, come per esempio i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), obiettivo della gestione terapeutica è mantenere la patologia in una stato remissivo, cioè non attivo, o trattare le complicanze senza danneggiare il feto».

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