Ruben è il figlio di Daniela Conte, napoletana e sposata con Marta Loi in Spagna, dove le unioni omosessuali sono legali e legalmente registrate.
La storia del piccolo comincia quando le due donne si rendono conto che per potere garantire l’assistenza sanitaria e ogni diritto che nasce con l’esistenza di un individuo, devono registrare questo bambino anche in Italia, ma la legge, e più di ogni altra cosa la burocrazia mette loro i bastoni tra le ruote, e le due donne incontrano una serie di ostacoli a quello che per loro era fondamentale: garantire al piccolo Ruben ogni diritto come essere umano. A questo aveva rimediato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris che lo scorso 30 settembre aveva registrato l’atto di nascita del bimbo con due mamme presso il Comune del capoluogo campano, trascrivendo il piccolo come Ruben Conte Loi, nato in Spagna e cittadino italiano. Ed ecco che scende in campo il prefetto di Napoli Gerarda Pantalone, accompagnata in questa“battaglia di legalità” dal giudice Carlo Deodato. Infatti sia il prefetto che il giudice avvisano due errori nella trascrizione, errori che fanno dell’atto un documento improprio, e invitano il sindaco da annullarlo. Secondo il prefetto infatti un primo errore è l’avere dato al bambino due cognomi, cosa che sembra in Italia non sia consentito, sebbene in Spagna è legale trascrivere la nascita di un figlio con i cognomi sia del padre che della madre. Evidentemente il prefetto avrà consultato ogni codice prima di esprimersi, e dunque voglio credere che abbia agito secondo legge. Una sentenza del Consiglio di Stato firmata dal giudice Deodato poi ammette un secondo errore in questo atto di nascita, ovvero che la compagna di Daniela Conte, madre biologica di Ruben, avrebbe apposto i suoi dati nella sezione “padre” e non essendo uomo è incorsa in errore, per cui quest’atto è da considerarsi nullo. (fonte: Repubblica.it ) Il prefetto Pantalone ha giustificato il suo intervento così: “Il bambino deve essere tutelato, e ha diritto a essere cittadino italiano, ma solo con il cognome della madre biologica”. In pratica toccava a De Magistris modificare l’atto di nascita, eliminando il secondo cognome, modifica che avrebbe dovuto fare entro il 5 novembre, altrimenti l’annullamento sarebbe avvenuto d’ufficio. De Magistris però si è appellato ad una sentenza del Tar del Lazio, secondo la quale solo i Tribunali civili potrebbero annullare le trascrizioni di unioni gay,e non, appunto, i prefetti. A fronte della sentenza del giudice Deodato che valuta l’atto come improprio però, nel caso di Ruben il prefetto ha valutato di potere agire d’ufficio. L’ultimatum scadeva ieri, e dunque oggi in pratica il piccolo Ruben bimbo con due mamme sarebbe di nuovo “apolide”! In effetti il sindaco aveva ovviamente creato un caso senza precedenti in Italia, che però aveva scaturito il plauso di una parte di società civile con il suo escamotage, del tutto legale peraltro. Da Palazzo San Giacomo fanno sapere che il sindaco ricorrerà al Tar: «C’è questa situazione perché il legislatore non ha il coraggio e la voglia di legiferare sui diritti – ha esclamato De Magistris – se noi non fossimo intervenuti, questo bambino non avrebbe avuto libertà di circolazione nella civilissima Europa né la possibilità di avere assistenza sanitaria… Tutto questo sembra non importi, e prevale una forma di diritto oscurantista, pervicace, opprimente». Il sindaco con il suo intervento, sia nel trascrivere l’atto, sia nell’andare contro l’annullamento del prefetto, ha voluto incisivamente affermare che la legge deve riconoscere i diritti a tutti. Il fatto che a questo bimbo con due mamme, per bigottismo e egalitarismo incostituzionale, non vengano riconosciuti tali diritti doveva essere superato, e la sua coscienza è a posto. Al momento Marta e Daniela sono in Spagna, e sperano che la situazione si risolva presto, come diceva il prefetto, per tutelare un minore che ha avuto la “sfortuna” di nascere dall’amore di due persone dello stesso sesso.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
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