L’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) non ha ancora preso una posizione a riguardo dell’autosvezzamneto, ma si esprime in maniera ferma rispetto all’allattamento al seno “si consiglia di proseguire, se possibile, fino ai due anni, o fino a quando madre e bambino lo desiderino.”
Basta dare un’ occhiata a quello che succede nei paesi meno industrializzati per renderci conto che l’alimentazione complementare a richiesta non è, come molti credono, una trovata new age, ma rappresenta un ritorno alle tradizioni alimentari che si sono perse nei paesi occidentali nel buio periodo degli anni 50, quando veniva addirittura sconsigliato di allattare al seno spingendo i bambini verso una (precoce ed infruttuosa) indipendenza basata prima sul latte artificiale (formul) e poi sulla somministrazione di pappine a base di preparati deglunitati ed omogenizzati.
Sfatiamo alcuni miti:
*La celiachia: la celiachia è una patologia multifattoriale in cui gioca un ruolo predominante la componente genetica. Vuol dire che o si è predisposti a diventare celiaci o non lo si è. L’introduzione tardiva di alimenti contenenti glutine non avrà alcun risultato in termini di insorgenza della patologia, se non un ritardo diagnostico e di conseguenza terapeutico nell’estromissione del glutine dalla dieta. Questo vuol dire che in termini di beneficio per la salute del bambino, prima si scopre se il bimbo è celiaco, prima lo si cura.
*Le allergie alimentari: Nei primi 18 mesi l’intestino del lattante è altamente permeabile a moltissime delle sostanze introdotte con l’alimentazione. Queste sostanze passeranno nel sangue dove “faranno amicizia ” con il sistema immunitario del piccolo. Di conseguenza, una introduzione minima e continua nel tempo di quegli alimenti da sempre considerati potenzialmente allergizzanti (fragole, pomodoro e uovo), non farà altro che permettere al sistema immunitario del bimbo di imparare a conoscere e soprattutto tollerare questi alimenti, come parte integrante della dieta. Di contro un bambino che introdurrà queste sostanze più tardivamente, quando il suo intestino è gia abituato a conoscere solo alcuni alimenti, sarà maggiormente a rischio di sviluppare allergie ed intolleranze alimentari.
È ancora presto per tirare le somme, ma la comunità scientifica ha notato un trend di diminuizione delle allergie alimentari nei bambini che hanno praticato autosvezzamento rispetto a quelli che sono stati alimentati con svezzamento tradizionale.
*Il soffocamento: Ogni genitore dovrebbe conoscere le manovre di disostruzione pediatrica, indipendentemente da come decida di svezzare suo figlio. Sono manovre salvavita, il cui apprendimento richiede circa 15 minuti ed in grado di risolvere il 98% delle ostruzioni totali, pertanto non possono essere ignorate.
È importante tenere a mente che non si lascia mai mangiare i bambini da soli, ma sempre in presenza di un adulto in grado di intervenire qualora ce ne fosse bisogno.
Con un poco di accortezza e buonsenso, il rischio che il cibo vada di traverso può essere minimizzato: è importante tagliare e sminuzzare i cibi in maniera adeguata (mai a rondelle e sempre di forma irregolare) ed evitare consistenze più problematiche, che potrebbero appiccicarsi al palato ed essere difficili da deglutire. Bisogna sottolineare infine che il bambino imparerà a gestire in breve tempo dimensioni e consistenze diverse, lasciamo quindi che sia lui a scegliere cosa mangiare, quale pezzo portare in bocca e quanto staccarne, inoltre dobbiamo imparare a distinguere il riflesso faringeo (assolutamente fisiologico) dal soffocamento vero e proprio per il quale dobbiamo intervenire.
* Ma non ha denti…come mastica? Il piccolo mastica anche senza denti, ebbene si, le gengive del bimbo sono abbastanza forti da riuscire a triturare i pezzetti che ha in bocca. Bisogna anche sottolineare il vantaggio dell’autosvezzamento in termini di fastidio e dolore allo spuntare dei dentini: le gengive vengono massaggiate durante l’atto della masticazione permettendo ai dentini di spuntare più velocemente e con meno dolore.
Basta dare un’ occhiata a quello che succede nei paesi meno industrializzati per renderci conto che l’alimentazione complementare a richiesta non è, come molti credono, una trovata new age, ma rappresenta un ritorno alle tradizioni alimentari che si sono perse nei paesi occidentali nel buio periodo degli anni 50, quando veniva addirittura sconsigliato di allattare al seno spingendo i bambini verso una (precoce ed infruttuosa) indipendenza basata prima sul latte artificiale (formul) e poi sulla somministrazione di pappine a base di preparati deglunitati ed omogenizzati.
Sfatiamo alcuni miti:
*La celiachia: la celiachia è una patologia multifattoriale in cui gioca un ruolo predominante la componente genetica. Vuol dire che o si è predisposti a diventare celiaci o non lo si è. L’introduzione tardiva di alimenti contenenti glutine non avrà alcun risultato in termini di insorgenza della patologia, se non un ritardo diagnostico e di conseguenza terapeutico nell’estromissione del glutine dalla dieta. Questo vuol dire che in termini di beneficio per la salute del bambino, prima si scopre se il bimbo è celiaco, prima lo si cura.
*Le allergie alimentari: Nei primi 18 mesi l’intestino del lattante è altamente permeabile a moltissime delle sostanze introdotte con l’alimentazione. Queste sostanze passeranno nel sangue dove “faranno amicizia ” con il sistema immunitario del piccolo. Di conseguenza, una introduzione minima e continua nel tempo di quegli alimenti da sempre considerati potenzialmente allergizzanti (fragole, pomodoro e uovo), non farà altro che permettere al sistema immunitario del bimbo di imparare a conoscere e soprattutto tollerare questi alimenti, come parte integrante della dieta. Di contro un bambino che introdurrà queste sostanze più tardivamente, quando il suo intestino è gia abituato a conoscere solo alcuni alimenti, sarà maggiormente a rischio di sviluppare allergie ed intolleranze alimentari.
È ancora presto per tirare le somme, ma la comunità scientifica ha notato un trend di diminuizione delle allergie alimentari nei bambini che hanno praticato autosvezzamento rispetto a quelli che sono stati alimentati con svezzamento tradizionale.
*Il soffocamento: Ogni genitore dovrebbe conoscere le manovre di disostruzione pediatrica, indipendentemente da come decida di svezzare suo figlio. Sono manovre salvavita, il cui apprendimento richiede circa 15 minuti ed in grado di risolvere il 98% delle ostruzioni totali, pertanto non possono essere ignorate.
È importante tenere a mente che non si lascia mai mangiare i bambini da soli, ma sempre in presenza di un adulto in grado di intervenire qualora ce ne fosse bisogno.
Con un poco di accortezza e buonsenso, il rischio che il cibo vada di traverso può essere minimizzato: è importante tagliare e sminuzzare i cibi in maniera adeguata (mai a rondelle e sempre di forma irregolare) ed evitare consistenze più problematiche, che potrebbero appiccicarsi al palato ed essere difficili da deglutire. Bisogna sottolineare infine che il bambino imparerà a gestire in breve tempo dimensioni e consistenze diverse, lasciamo quindi che sia lui a scegliere cosa mangiare, quale pezzo portare in bocca e quanto staccarne, inoltre dobbiamo imparare a distinguere il riflesso faringeo (assolutamente fisiologico) dal soffocamento vero e proprio per il quale dobbiamo intervenire.
* Ma non ha denti…come mastica? Il piccolo mastica anche senza denti, ebbene si, le gengive del bimbo sono abbastanza forti da riuscire a triturare i pezzetti che ha in bocca. Bisogna anche sottolineare il vantaggio dell’autosvezzamento in termini di fastidio e dolore allo spuntare dei dentini: le gengive vengono massaggiate durante l’atto della masticazione permettendo ai dentini di spuntare più velocemente e con meno dolore.
Fonte http://www.vitadamamma.com/127845/autosvezzamento.html
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