venerdì 12 giugno 2020

I DIRITTI DI UNA COPPIA OMOSESSUALE

In Italia due persone dello stesso sesso non possono contrarre matrimonio.
           Si ritiene consentita, invece, la trascrizione dell’atto di matrimonio, nel caso in cui due persone dello stesso sesso contraggano matrimonio in uno stato europeo nel quale è consentito e poi si trasferiscano in Italia. (1)
1. La legge Cirinnà
           Nel 2016 è intervenuta, finalmente, la legge Cirinnà (legge n. 76/2016) che ha cercato di regolamentare giuridicamente la condizione delle coppie sorte tra persone dello stesso sesso.
           La legge in questione divide le situazioni in 2 tipologie: unione civile tra persone dello stesso sesso; convivenza di fatto tra persone dello stesso sesso.
2. Unione civile
           L’unione civile può costituirsi tra due persone dello stesso sesso, maggiorenni che ne facciano dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile e a 2 testimoni. Una volta rispettati tali requisiti, l’unione tra quelle due persone diventerà unione civile e quindi sarà riconosciuta giuridicamente. (2)
Ovviamente, non ha facoltà di costituire un’unione civile una persona che ha ancora in essere un vincolo matrimoniale (quindi che non ha ancora divorziato) e nemmeno una persona che è ancora legata da un’unione civile precedente.
           Nella legge vengono previste altre cause impeditive o invalidanti dell’unione civile che qui non tratteremo (3)
           Le persone che rispetteranno i requisiti e quindi costituiranno un’unione civile, vedranno la loro condizione certificata da un determinato documento e potranno anche scegliere un cognome comune tra i loro due cognomi, potendolo anteporre al proprio. (4)
           Non si tratta, dunque, di una famiglia fondata sul matrimonio, ma è anche vero che possiamo affermare che si tratta di una famiglia dato che la legge stabilisce espressamente che le persone unite civilmente concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare. (5)  Un elemento molto importante riguarda la facoltà delle parti dell’unione civile di scegliere il regime patrimoniale di comunione dei beni oppure quello di separazione dei beni, ma se non esprimano la loro preferenza, si suppone che questa sia verso la comunione dei beni. (6)
           Nel caso in cui una delle due persone perda la capacità di agire, nella scelta dell’amministratore di sostegno, il giudice tutelare deve preferire, ove possibile, la parte dell’unione civile. (7)
           Lo scioglimento dell’unione civile può avvenire nel momento in cui le parti manifestano disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile. (8)
           Nel caso in cui una delle parti rettificasse l’attribuzione di sesso, questo comporterebbe automaticamente lo scioglimento dell’unione civile. Se, invece, in una coppia unita in matrimonio uno dei due rettificasse anagraficamente l’attribuzione di sesso e i due coniugi manifestassero la volontà di non sciogliere il matrimonio, questo comporterebbe l’automatica instaurazione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. (9)
           L’unione civile è molto vicina al matrimonio e per la maggior parte degli aspetti è assimilata ad esso. Tutte le norme che riguardano il matrimonio, infatti, si considerano valide anche per l’unione civile.
           Un esempio è sicuramente il caso della successione. La parte dell’unione civile, infatti, è successore legittima dell’altra parte.
           L’identità tra unione civile e matrimonio, però, in alcune disposizioni normative, tra cui in particolare quella dell’adozione (l. n. 184/1983) non verrà in essere. In tema di adozione, infatti, la legge Cirinnà non ha mutato nulla.
3. L’adozione
           L’adozione è tutt’ora consentita soltanto “ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o che raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale e tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendano adottare”. (10) L’art. 44 però della legge n. 184/1983 prevede la possibilità di adottare un minore anche se alcuni requisiti non vengono rispettati.
           Ed è appellandosi all’art. 44, che il Tribunale per i Minorenni di Roma il 30 luglio 2014 ha accolto la richiesta di adozione di una bambina concepita tramite procreazione assistita in Spagna, da parte di una donna convivente con la madre della bambina. Questo rappresentò il primo caso di stepchild adoption.
           Il diritto di adottare il figlio del convivente è stato ribadito anche dalla Suprema Corte di Cassazione. Per la Corte, infatti, sussiste tale diritto, tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottato. Ovviamente, l’adozione  è prevista nell’esclusivo interesse del minore che vede fortificati i legami con i soggetti che si prendono cura di lui (11)
           E ancora, la sentenza straniera di adozione del figlio della convivente è trascrivibile nei registri dello stato civile italiano perché la cosa fondamentale è l’interesse del minore che coincide con il diritto al mantenimento della stabilità della vita familiare consolidatasi con entrambe le figure genitoriali, non incidendo per nulla l’orientamento sessuale sull’idoneità dell’individuo all’assunzione della responsabilità genitoriale. (12)
           Di recente, le Sezioni unite civili della Cassazione sono al punto di decidere se si possa riconoscere la sentenza straniera di adozione di un minore che non ha rapporti di sangue con nessuno dei genitori dello stesso sesso. (13)
Sintesi
           Una coppia omosessuale non ha il diritto di adottare un bambino che non è figlio di nessuno dei componenti della coppia.
           L’adozione del figlio del compagno/a, in linea di massima, è considerata legittima sia che venga fatta in Italia (ma col rispetto di alcuni requisiti), sia che l’adozione avvenga all’estero e poi la sentenza di adozione venga trascritta in Italia.
           Nel caso in cui si adotti all’estero un minore che non è figlio di nessuno dei genitori adottanti, è ancora dubbio se la sentenza di adozione, in questo caso, possa essere riconosciuta anche in Italia. La Cassazione deciderà a breve.
4. La procreazione assistita
           La procreazione assistita è, ad oggi, vietata in Italia alle coppie omosessuali. La Corte Costituzionale, infatti,  ha sancito il principio secondo il quale la legge che prevede la procreazione assistita (l. n. 40/2004) ha la finalità di porre un rimedio alla sterilità o infertilità umana derivante da una causa patologica che non può essere rimossa.
In più, la Corte ha ricordato che la legge in questione espressamente si riferisce alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.
           Una volta chiariti gli intenti della legge, la Consulta afferma che quest’ultima non viola la Costituzione e in particolare non viola il principio di uguaglianza costituzionale. Per la Corte, infatti, non sussiste nessuna discriminazione, perché l’infertilità “fisiologica” della coppia omosessuale non è paragonabile alla infertilità della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive.
           Si paragona, infatti, la condizione della coppia omossessuale a quella di una persona senza partner o a quella di una coppia eterosessuale in età avanzata.
Per le ragioni elencate, la Corte Costituzionale ritiene che nel divieto di procreazione assistita non risiede una discriminazione basata sull’orientamento sessuale. (14)
5. Cosa dice la Costituzione?
           L’art. 29 della Carta costituzionale al comma 1 sancisce: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
           Il dettato costituzionale può essere interpretato affermando che l’ordinamento giuridico italiano tende a favorire le unioni fondate sul matrimonio, ma questo non vuol dire che allo stesso tempo tende a sfavorire le unioni diverse da quelle matrimoniali.
           Si può dire che le famiglie fondate su 2 persone dello stesso sesso trovano riconoscimento costituzionale nell’art. 2, nel quale il costituente sancisce: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, …”.
           Lo sviluppo della personalità dell’uomo è di fondamentale importanza per il nostro ordinamento e non esiste luogo migliore in cui sviluppare la propria personalità se non nel rapporto col proprio partner.
           E’ la stessa legge Cirinnà, all’art. 1 comma 1, a definire l’unione civile tra persone dello stesso sesso una formazione sociale tutelata e riconosciuta dall’art. 2 della Costituzione.
6. Convivenza di fatto
           La legge Cirinnà oltre a disciplinare l’unione civile, disciplina anche la “convivenza di fatto”.
Per poter dire di vivere una convivenza di fatto (o famiglia di fatto) è necessario che i conviventi siano maggiorenni e che siano legati da legami affettivi di coppia e di assistenza morale e materiale. E’ necessario, dunque, che siano stabilmente parte integrante della vita dell’altro. Ovviamente, tra i conviventi non devono sussistere rapporti di parentela, affinità o adozione, di matrimonio o di unione civile. (15)
           In più, la legge esclude dalla convivenza di fatto sia i rapporti affettivi tra più di 2 persone e sia le unioni di mutuo aiuto (cioè sorte col sol fine di aiutarsi reciprocamente, senza nessuna relazione affettiva alla base).
I diritti di una coppia omosessuale           Nella convivenza di fatto, i diritti del convivente sono molteplici, ma non sono gli stessi dell’unione civile. Ad esempio, nel caso di morte di uno dei conviventi, l’altro non sarà considerato successore legittimo. Per ovviare a tale problema, dunque, sarà necessario redigere un testamento o effettuare una donazione prima di morire.
           I conviventi hanno diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali dell’altro convivente come nel caso di coniugi o familiari; potranno anche essere nominati (in forma scritta o con la presenza di un testimone) rappresentanti con pieni poteri in caso di malattia (per le decisioni in materia di salute) e in caso di morte (per le decisioni in tema di donazione di organi o celebrazioni funerarie). (16) Da questo deriva anche che il convivente potrà essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno dell’altra parte nei casi previsti dalla legge. (17)
           In più, è riconosciuto il diritto di chiedere un risarcimento da parte del convivente qualora il partner more uxorio venisse ucciso. (18) Verranno applicati, in casi come questo, gli stessi criteri sia per i conviventi more uxorio che per i coniugi. (19) I conviventi possono regolare i loro rapporti patrimoniali anche grazie alla redazione di un contratto di convivenza tramite l’ausilio di un notaio o avvocato. Potranno anche scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. (20)
           Nel caso in cui cessi la convivenza di fatto, il giudice potrebbe imporre al convivente più forte la prestazione degli alimenti al convivente che versi in stato di bisogno. (21)
           Una novità risulta essere il fatto che per considerarsi “conviventi di fatto” non è necessaria e sufficiente la coabitazione. Questo vuol dire che due persone che coabitano insieme non per forza saranno una famiglia di fatto oppure due persone che non coabitano insieme potrebbero comunque rappresentare una famiglia di fatto dato che l’elemento veramente necessario e fondamentale è l’esistenza del legame affettivo stabile e duraturo tra i soggetti e la spontanea assunzione di reciproci impegni di assistenza morale e materiale. (22)
7. Per concludere
           L’unione civile è una condizione che comporta maggiori diritti della convivenza di fatto e che più si avvicina al matrimonio, ma, si ribadisce, non è ancora equiparata giuridicamente ad esso.
La legge Cirinnà, sicuramente, ha un ruolo fondamentale nella crescita dell’Italia in tema di diritti civili, ma sappiamo benissimo che non basta. La strada è ancora lunga per fare in modo che nel nostro paese, il divieto di discriminazione basata sull’orientamento sessuale, previsto dall’art. 21 della Carta di Nizza, diventi sostanziale e non soltanto formale.

Fonte http://www.salvisjuribus.it/i-diritti-di-una-coppia-omosessuale/

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