«Il ginecologo che ha fatto il cesareo per far nascere in estrema urgenza mio figlio m’ha detto che se passavano altri 10 minuti non ce l’avrebbe fatta». E’ la drammatica testimonianza di un padre che vive in montagna e che sabato sera ha temuto il peggio per il piccolo e la madre. Siamo a Comelico Superiore, l’uomo è in auto con la compagna diretti a cena; la donna è all’ottavo mese di gravidanza. Una gravidanza che aveva già presentato delle criticità tanto che al sesto mese «era stata soccorsa dall’elicottero che l’ha portata all’ospedale di Treviso per un piccolo distacco di placenta - ricorda il compagno, che aggiunge - problema era rientrato tanto che anche l’ultimo controllo fatto confermava che tutto procedeva bene».
L’EMERGENZA
Sabato invece la situazione è improvvisamente peggiorata, «mentre stavamo in macchina diretti a cena mi ha detto che c’era qualcosa che non andava, ho subito chiamato il 118». Il distacco della placenta era in corso con conseguenze gravi, se non fatali, se non si interviene rapidamente; quando la placenta si stacca prematuramente dalla parete uterina, provoca il sanguinamento dell’utero, riducendo l’apporto di ossigeno e di sostanze nutritive al feto. La centrale del Suem valutato il caso invita la coppia a mettersi in viaggio verso l’ospedale di Belluno, l’elicottero è impegnato in altra missione di soccorso, e invia verso il Comelico l’ambulanza. Il randez-vous avviene poco prima dell’abitato di Santo Stefano per chi scende verso sud, da quel punto la donna viaggia per il San Martino in ambulanza mentre il compagno, assistito dal suocero, segue in auto.
LA NASCITA
Quando i due uomini hanno raggiunto l’ospedale di Belluno il cesareo era già stato fatto: «Il ginecologo mi ha subito informato della situazione critica tanto che il piccolo è stato portato in rianimazione a Padova con un’ambulanza, allestita con una speciale incubatrice, salita appositamente a Belluno. La mia compagna era molto debilitata ma fortunatamente si sta riprendendo, devo ringraziare i medici, gli operatori sanitari e quelli dell’ambulanza per quanto hanno fatto ma non posso non dire che se la chirurgia a Pieve fosse stata aperta sarebbe stato meglio, ci sarebbe stato più tempo per poter intervenire in maggior sicurezza. Cento chilometri di strada da noi non sono come altrettanti in pianura, per fortuna che c’era poco traffico e, soprattutto l’ambulanza, ha potuto viaggiare velocemente ma fosse capitato in quei momenti di code e rallentamenti forse non arrivavamo in tempo. A noi è andata bene, spero che il piccolo resista e non abbia riportato conseguenze, ma avrebbe potuto andare male e potrebbe capitare a chiunque in qualsiasi momento. Da anni noi che abitiamo in montagna chiediamo pari diritti per la salute ma abbiamo visto la riduzione dei servizi. Quanto ci è successo sabato sera è la dimostrazione che i problemi che vengono segnalati da cittadini e dai Comitati che difendono i servizi sanitari purtroppo sono realtà. Sento sempre parlare di eccellenza per la sanità del Veneto, vero ma questo non vale per tutto il territorio, non certo per il nostro».
IL DISAGIO
Sentito l’accaduto subito si sono alzate le proteste dei Comitati: «La chirurgia deve essere aperta e funzionante 24 ore su 24, in casi come quello accaduto sabato sera si sarebbe potuto intervenire a Pieve risparmiando tempo prezioso per la sicurezza della donna e del bambino». La chirurgia dell’ospedale del Cadore non è più a “tempo indeterminato” da qualche anno, il servizio è aperto di giorno dal lunedì al venerdì per interventi programmati anche se la speranza dei Comitati è di poter avere la reperibilità chirurgica. «In caso di urgenze è fondamentale avere il chirurgo reperibile, e anche la reperibilità ginecologica; un viaggio verso Belluno nel cuore della notte potrebbe essere fatale. Un vero ospedale deve avere questi servizi, noi cadorini che abitiamo in montagna abbiamo gli stessi diritti di quanti abitano in pianura».
Fonte https://www.ilgazzettino.it/nordest/belluno/distacco_placenta_emergenza_parto-5301396.html
L’EMERGENZA
Sabato invece la situazione è improvvisamente peggiorata, «mentre stavamo in macchina diretti a cena mi ha detto che c’era qualcosa che non andava, ho subito chiamato il 118». Il distacco della placenta era in corso con conseguenze gravi, se non fatali, se non si interviene rapidamente; quando la placenta si stacca prematuramente dalla parete uterina, provoca il sanguinamento dell’utero, riducendo l’apporto di ossigeno e di sostanze nutritive al feto. La centrale del Suem valutato il caso invita la coppia a mettersi in viaggio verso l’ospedale di Belluno, l’elicottero è impegnato in altra missione di soccorso, e invia verso il Comelico l’ambulanza. Il randez-vous avviene poco prima dell’abitato di Santo Stefano per chi scende verso sud, da quel punto la donna viaggia per il San Martino in ambulanza mentre il compagno, assistito dal suocero, segue in auto.
LA NASCITA
Quando i due uomini hanno raggiunto l’ospedale di Belluno il cesareo era già stato fatto: «Il ginecologo mi ha subito informato della situazione critica tanto che il piccolo è stato portato in rianimazione a Padova con un’ambulanza, allestita con una speciale incubatrice, salita appositamente a Belluno. La mia compagna era molto debilitata ma fortunatamente si sta riprendendo, devo ringraziare i medici, gli operatori sanitari e quelli dell’ambulanza per quanto hanno fatto ma non posso non dire che se la chirurgia a Pieve fosse stata aperta sarebbe stato meglio, ci sarebbe stato più tempo per poter intervenire in maggior sicurezza. Cento chilometri di strada da noi non sono come altrettanti in pianura, per fortuna che c’era poco traffico e, soprattutto l’ambulanza, ha potuto viaggiare velocemente ma fosse capitato in quei momenti di code e rallentamenti forse non arrivavamo in tempo. A noi è andata bene, spero che il piccolo resista e non abbia riportato conseguenze, ma avrebbe potuto andare male e potrebbe capitare a chiunque in qualsiasi momento. Da anni noi che abitiamo in montagna chiediamo pari diritti per la salute ma abbiamo visto la riduzione dei servizi. Quanto ci è successo sabato sera è la dimostrazione che i problemi che vengono segnalati da cittadini e dai Comitati che difendono i servizi sanitari purtroppo sono realtà. Sento sempre parlare di eccellenza per la sanità del Veneto, vero ma questo non vale per tutto il territorio, non certo per il nostro».
IL DISAGIO
Sentito l’accaduto subito si sono alzate le proteste dei Comitati: «La chirurgia deve essere aperta e funzionante 24 ore su 24, in casi come quello accaduto sabato sera si sarebbe potuto intervenire a Pieve risparmiando tempo prezioso per la sicurezza della donna e del bambino». La chirurgia dell’ospedale del Cadore non è più a “tempo indeterminato” da qualche anno, il servizio è aperto di giorno dal lunedì al venerdì per interventi programmati anche se la speranza dei Comitati è di poter avere la reperibilità chirurgica. «In caso di urgenze è fondamentale avere il chirurgo reperibile, e anche la reperibilità ginecologica; un viaggio verso Belluno nel cuore della notte potrebbe essere fatale. Un vero ospedale deve avere questi servizi, noi cadorini che abitiamo in montagna abbiamo gli stessi diritti di quanti abitano in pianura».
Fonte https://www.ilgazzettino.it/nordest/belluno/distacco_placenta_emergenza_parto-5301396.html
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