L’accertamento dello stato civile di un figlio passa anche attraverso le nuove tecniche di fecondazione. Grandi dibattiti (non solo giuridici ma anche etici) vertono sulla richiesta di formazione e/o trascrizione dell’atto di nascita di un bambino concepito con maternità surrogata o figlio di genitori omossessuali, sposati all’estero, che hanno fruito della pma. Lo stato dei figli nati da tecniche di p.m.a. segue i criteri dello stato civile, quindi il figlio sarà nato in costanza di matrimonio o in assenza di matrimonio a seconda che la coppia richiedente e che ha espresso conforme volontà, sia o meno coniugata.
Per orientarsi in materia è innanzitutto necessario affrontare la questione in maniera molto schematica, partendo dalla introduzione della fecondazione assistita nel nostro ordinamento.
1. PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
FONTI
Il 19 febbraio 2004 con la pubblicazione della legge n. 40 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita" entrata in vigore il 10 marzo 2004 (della anche P.M.A.) è stata regolamentata, nell’ordinamento giuridico italiano, la complessa materia della P.M.A., ossia dell’insieme di tecniche create dalla scienza volte ad ovviare ai problemi di sterilità ed infertilità delle coppie, consentendo la riproduzione umana attraverso un intervento medico, al fine di determinare la gravidanza.
“Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita”
La normativa è stata integrata dalle “Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita”, emanate con d.m. il 21.7.2004, successivamente aggiornate e sostituite dal d.m. 1.7.2015, aventi ad oggetto l’indicazione di procedimenti e tecniche di procreazione medicalmente assistita.
DISCIPLINA
A. Finalità: è consentita solo per ovviare alla infertilità o sterilità qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuoverne le cause (in base al principio di residualità della fecondazione ex art. 1).
B. Accesso alle tecniche (art. 4)
B.1) Requisiti oggettivi: il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito nei seguenti casi:
(i) solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione;
nei casi di sterilità o di infertilità documentate (se inspiegate) o certificate (se derivanti da causa nota) da atto medico;
(ii) alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, accertate da apposite strutture pubbliche, a seguito delle integrazioni delle Linee guida e della sentenza della Corte cost. n. 96/2015 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non consente il ricorso alle tecniche di p.m.a. alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili [rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, c. 1, lett. b) l. 194/1978, secondo cui l'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna].
Importante tener presente:
a) il principio di gradualità, per evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;
b) e il consenso informato (v. art. 6)
B.2) Requisiti soggettivi (art. 5): il ricorso alla pma è consentito:
(i) alle coppie (no single)
(ii) maggiorenni
(iii) di sesso diverso (no coppie omosessuali)
(iv) coniugate o conviventi (no +necessariamente sposati)
(v) in età potenzialmente fertile (anche per ridurre rischi medici alla madre legati alla gravidanza)
(vi) entrambi viventi (implica il divieto di fecondazione post mortem per assicurare il diritto del figlio alla crescita in una famiglia bigenitoriale).
Sulla ammissione della fecondazione post mortem, la Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. 15 marzo 2019 n. 13000) ha affermato l’applicabilità dell’art. 8 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di p.m.a., anche all’ipotesi di fecondazione post mortem, realizzata mediante l’utilizzo del seme crioconservato del padre che, dopo aver prestato il proprio consenso all’accesso alla procedura, era deceduto prima della formazione dell’embrione. Un’altra recente interessante decisione è del Tribunale di Legge che con ordinanza del 24 giugno 2019 ha riconosciuto e difeso il diritto della donna all’impianto post mortem degli embrioni crioconservati, rilevando che il requisito della sussistenza in vita della coppia, prescritto dall'art. 5 della l. 40/2004, riguarda solo l'accesso alla PMA ed è riferito solo al tempo della formazione dell'embrione: si legge in particolare che “Essendo, quindi, già avvenuta la fecondazione dell'ovulo deve ritenersi del tutto irrilevante ogni profilo circa la permanenza o meno del consenso alla PMA da parte del coniuge, poi deceduto, giacché a far data dalla fecondazione, ovvero dalla formazione dell'embrione, il consenso prestato ai fini della PMA non è più revocabile. Tale prescrizione è rafforzata dai riconoscimento del diritto della donna ad ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati indicato nelle linee guida del 2015”.
2. TECNICHE DI FECONDAZIONE (FIVET, ICSI, IVI)
2.1 ) FECONDAZIONE OMOLOGA (oggetto della disciplina della legge n. 40/2004)
Nozione: per fecondazione omologa si intende comunemente la tecnica di procreazione medicalmente assistita con cui si impiantano, nell’utero della gestante, uno o più embrioni formati esclusivamente con gameti appartenenti alla coppia richiedente.
Vi è, quindi, omogeneità dei soggetti che vi partecipano: (i) la madre gestante sarà sempre coincidente sia con (ii) la madre genetica (colei che fornisce l’ovulo destinato alla formazione dell’embrione da impiantare nell’utero della madre gestante) sia con (iii) la madre sociale (colei che dà il consenso per l’accesso alla tecnica di procreazione medicalmente assistita e per l’impianto dell’embrione formato anche grazie al proprio ovulo); (iv) il padre genetico (che fornisce il proprio seme per la formazione dell’embrione da impiantare nell’utero della propria partner) coinciderà sempre con (v) il padre sociale (ossia con quello che fornisce il consenso per l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita).
2.2) FECONDAZIONE ETEROLOGA (inizialmente vietata dalla legge n. 40/2004, oggi legittima v. infra).
Nozione: mediante la tecnica della fecondazione eterologa vengono impiantati nell’utero della madre biologica (che coincide con quella sociale) uno o più embrioni formati da gameti, in parte o in tutto, estranei alla coppia committente:
nel primo caso si assiste ad una fecondazione eterologa parziale in quanto uno dei due gameti, quello maschile o femminile, apparterrà alla coppia committente mentre l’altro proverrà da un terzo donatore estraneo ad essa;
nel secondo caso si assiste ad una fecondazione eterologa totale in quanto entrambi i gameti che formano l’embrione da impiantare nell’utero della gestante provengono da donatori estranei alla coppia.
Detta forma di p.m.a., in origine espressamente vietata dalla legge 40/2004, è oggi legittima, poiché la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2014, ha dichiarato incostituzionale il divieto di ricorrere a tecniche di p.m.a. di tipo eterologo per i casi in cui sia stata diagnosticata alla coppia una patologia che sia causa di sterilità irreversibile.
Il divieto è stato, infatti, considerato dalla Corte (i) lesivo del diritto all’autodeterminazione delle coppie sterili e infertili, in relazione alle proprie scelte procreative, (ii) discriminatorio rispetto alle coppie che presentano un grado di sterilità e infertilità minore e che possono avere accesso alle tecniche di tipo omologo, (iii) lesivo del diritto fondamentale alla salute, (iv) idoneo a generare un’ulteriore disparità di trattamento, di tipo economico, tra coppie sterili o infertili che dispongono di risorse finanziarie sufficienti per sottoporsi ai trattamenti all’estero e quelle che, viceversa, ne risultano sprovviste.
Le linee guida del 2015 hanno confermato che sono consentite le tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e precisato come tra queste siano comprese anche quelle che impiegano gameti maschili e femminili entrambi donati da soggetti diversi dai componenti della coppie ricevente (c.d. “doppia donazione”).
Resta fermo che alla p.m.a. eterologa potranno accedere unicamente le coppie che si trovino in situazioni di sterilità comprovata di uno o entrambi i partner e non si possa disporre di propri gameti competenti.
Vale precisare che, in ipotesi di fecondazione eterologa, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
3. COPPIE OMOSESSUALI DI SESSO FEMMINILE
Il ricorso alle tecniche di PMA è vietato in Italia alle coppie omosessuali (v. Requisiti soggettivi – art. 5 l. 40/2004). Se tuttavia l’atto di nascita viene formato all’estero, ci si chiede se in Italia possa essere trascritto.
A. TRASCRIZIONE dell’atto di nascita di minore nato all’estero, in seguito a PMA eterologa da due donne omosessuali
Può essere trascritto nei registri anagrafici italiani, senza che possa ravvisarsi alcuna violazione dell’ordine pubblico, l’atto di nascita di un minore nato all’estero (a seguito, naturalmente, di fecondazione eterologa) da due donne omosessuali.
Sono state diverse le sentenze di merito che hanno consentito la trascrizione di un atto di nascita validamente formato all’estero, a seguito di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e recante l’indicazione di coppia omosessuale, ove è emerso che non contrasta con l’ordine pubblico internazionale per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano dalla l. n. 40/2004 (poiché è specificamente ammessa per le coppie di sesso diverso).
Varie le decisioni.
* Corte d’Appello di Torino, sezione famiglia, decreto del 29 ottobre 2014
Ai fini del riconoscimento o meno dei provvedimenti giurisdizionali stranieri, deve aversi prioritario riguardo all’interesse superiore del minore (art.3 L. 27.5.1991 n 176 di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, di New York 20.11.1989) ribadito in ambito europeo con particolare riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere in materia di rapporti tra genitori e figli, dall’art. 23 del Reg CE n 2201\2003 il quale stabilisce espressamente che la valutazione della non contrarietà all’ordine pubblico debba essere effettuata tenendo conto dell’interesse superiore del figlio.
Nel caso di minore nato all’estero, da coppia omosessuale, in seguito alla fecondazione medicalmente assistita eterologa con l’impianto di gameti da una donna all’altra, l’atto di nascita del fanciullo può essere trascritto in Italia poiché, nel caso in questione, non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da diverso tempo, nell’esclusivo interesse di un bambino che è stato cresciuto da due donne che la legge riconosce entrambe come madri.
Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partner ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio.
* Corte d’Appello di Trento, ordinanza del 23 febbraio 2017
* Tribunale di Perugia, decreto del 9 febbraio 2018
* Corte d’appello di Perugia, decreto del 7 agosto 2018
* Tribunale di Milano, decreto del 16 ottobre 2018
B. FORMAZIONE dell’atto di nascita di minore nato in Italia, in seguito a PMA eterologa da due donne omosessuali
E’ di riferimento un caso del 2018 sottoposto alla Corte Costituzionale che riguardava due donne, una statunitense e l’altra italiana, sposate negli Usa, che avevano deciso di avere un figlio ricorrendo in Danimarca alla fecondazione assistita eterologa. Il bambino è nato in Italia. L’ufficiale dello stato civile del Comune di Pisa si è rifiutato di formare l’atto di nascita con l’indicazione di due genitori dello stesso sesso: la madre “gestazionale” americana e quella “intenzionale” italiana.
Il caso è stato rinviato alla Consulta dal Tribunale di Pisa con l’ordinanza 69/2018 e riguarda pertanto un’iscrizione anagrafica di un bambino nato in Italia, cittadino statunitense come la propria madre biologica. I giudici pisani rilevano che, secondo la legge applicabile al minore (del Wisconsin) ultimo «domicile» della madre gestazionale, la madre intenzionale è considerata genitore del minore perché è sposata con quella gestazionale e ha dato il consenso alla procreazione medicalmente assistita. In base alla legge del Wisconsin, quindi, esiste il rapporto di filiazione tra la madre intenzionale e il bimbo.
Di qui il dubbio di costituzionalità dei giudici di Pisa sulle norme italiane che impediscono di indicare due madri nell’atto di nascita di un bimbo di nazionalità straniera che, in base alla legge estera a lui applicabile, risulta figlio di entrambe.
Con sentenza n. 237/2019 la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dando fortemente rilievo alle seguenti considerazioni:
(I) che l’art. 5 della l. 40/2004 stabilisce, tra i requisiti soggettivi, che “le coppie dello stesso sesso non possono accedere alle tecniche di PMA”;
(II) che già con la precedente sentenza n. 221 del 2019 la stessa Corte (nel respingere le censure di illegittimità costituzionale rivolte al predetto art. 5 e all’art. 12, commi 2, 9 e 10, nonché gli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge n. 40 del 2004, per asserito contrasto con i parametri di cui agli artt. 2, 3, 11, 31, secondo comma, 32, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e con altre disposizioni sovranazionali) ha, tra l’altro, affermato che «[l]’esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è [...] fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale»;
(III) che, in questo senso, si è espressa anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, per la quale una legge nazionale che riservi il ricorso all’inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili, attribuendole una finalità terapeutica, non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli artt. 8 e 14 CEDU.
Resta fermo, dunque, che “allo stato” il nostro ordinamento esclude che genitori di un figlio possano essere due persone dello stesso sesso.
4. MATERNITA’ SURROGATA (divieto sancito dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, elevato dalla giurisprudenza a principio di ordine pubblico)
Nella tecnica di p.m.a. conosciuta con la locuzione “maternità surrogata” un soggetto terzo alla coppia committente mette a disposizione il proprio utero per portare avanti la gravidanza.
I soggetti:
a) Madre gestazionale o uterina: colei che offre il proprio utero per portare avanti la gravidanza richiesta dalla coppia committente;
b) Genitore intenzionale o sociale: colui che richiede il riconoscimento del figlio nato a seguito dell’applicazione della tecnica di fecondazione in oggetto:
c) Genitore biologico o genetico: donatore di gamete che può essere anche estraneo alla coppia richiedente.
Occorre distinguere, a tal proposito, tre diversi tipi di surrogazione di maternità:
1) surrogazione di utero, detta anche "utero in affitto" (si tratta di fecondazione artificiale omologa), in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre committente (che è quindi anche madre genetica/biologica), vengono impiantati nell'utero della madre surrogata, che porterà avanti la gestazione. Nel caso della donna con ovaie perfettamente funzionanti ma prive di un utero funzionante (o che per altri motivi clinici non possono sostenere una gravidanza) è l’unico modo per avere un figlio naturale biologicamente omologo, in tutto e per tutto frutto dell'unione tra sé e il proprio marito/compagno;
2) surrogazione di ovocita e di utero (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre surrogata, vengono impiantati nell'utero della madre surrogata stessa, la quale è nel contempo sia madre genetica/biologica che madre gestante. È di tutta evidenza che, se non esistesse un contratto a monte, il figlio sarebbe a tutti gli effetti figlio della madre surrogata con tutti i conseguenti problemi emotivi che potrebbero sorgere. Per tale motivo questa surrogazione (detta tradizionale) è ritenuta una procedura troppo problematica anche sul piano giuridico ed è espressamente vietata in molti Paesi oltre al nostro (ad esempio Francia, Spagna, Germania, Austria, e Svizzera);
3) surrogazione gestazionale (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui l'ovocita viene donato da una donatrice, diversa dalla madre surrogata. In questa ipotesi si rinvengono pertanto tre madri: la madre genetica/biologica (la donatrice di ovulo), la madre gestante e la madre committente. In questa procedura l'ovocita della donatrice (la madre genetica, appunto) viene fecondato dallo spermatozoo del padre marito/compagno della madre committente, e poi gli embrioni vengono impiantati nell'utero della madre surrogata. E la forma di surrogazione praticata più diffusamente perché ha il vantaggio di evitare le complicazioni psicologiche e legali della surrogazione tradizionale in cui la madre surrogata fornisce anche l'ovocita.
La legge italiana vieta il ricorso alle tecniche di surrogazione in maternità, consentendo la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico solo mediante il ricorso all’istituto dell’adozione.
Due decisioni sono utili alla comprensione dello stato dell’arte.
CASS. SENTENZA N. 24001/2014 (COPPIA ETEROSESSUALE)
Nel 2014 si è posta, per la prima volta, all’attenzione della Suprema Corte la questione del riconoscimento dello status filiationis del minore nato attraverso tecnica surrogata all’estero. Vale rilevare, al riguardo, che l’articolo 12 co. 6 della l. n. 40/2004 afferma il divieto di surrogazione in maternità senza nulla dire in materia di trascrizione dei certificati di nascita straniera nei registri dello stato italiano.
Caso: riconoscimento di un minore, nato mediante maternità surrogata in Ucraina, da parte della coppia di coniugi italiani, i quali non condividevano con lo stesso nessun legame biologico.
All’esito del giudizio, la Suprema Corte dichiarò che al certificato di nascita ucraino non può riconoscersi efficacia, in quanto contrario all’ordine pubblico internazionale, inteso come quell’insieme di principi, regole ed obblighi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento internazionale in un determinato momento storico, e che per tal motivo, sono invalicabili.
Secondo quanto statuito nella sentenza, il superiore interesse del minore (da erigersi quale parametro in tutte le decisione relative ai minori) verrebbe tutelato proprio mediante il rispetto della regola sancita all’art. 12 co. 6, in ragione del fatto che il legislatore italiano ha voluto attribuire la maternità solo a colei che partorisce ex art.269 c.c., attribuendo solo all’istituto dell’adozione istanze di genitorialità disgiunte dai legami biologici.
Il minore, dunque, veniva dichiarato in stato di abbandono e di conseguenza adottabile, ai sensi della normativa italiana.
CORTE DI CASSAZIONE S.U. N. 12193/19 (COPPIA OMOSESSUALE di DUE UOMINI)
Caso: coniugi omosessuali di cittadinanza italiana, sposati in Canada, facevano ricorso alla maternità surrogata, utilizzando i gameti di uno dei due partner e la donazione di un ovocita da una donna diversa dalla madre uterina. Nascevano così due bimbi, il cui padre biologico è uno dei due partner.
Il coniuge non biologicamente legato ai figli chiedeva ed otteneva in Canada il riconoscimento del rapporto di genitorialità con i minori, chiedendo poi in Italia il riconoscimento del provvedimento straniero.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di due minori nati all’estero attraverso maternità surrogata, proposta dalla coppia omosessuale di cittadini italiani, sposati in Canada, ribadendo che il legame di filiazione non può essere riconosciuto nei confronti del soggetto che non ha un rapporto genetico con il bambino.
Secondo gli Ermellini, sebbene si debba tutelare la libertà di autodeterminazione nelle scelte procreative, la maternità surrogata rappresenta il limite oltre il quale cessa di agire il principio di autoresponsabilità e prevale il favor veritatis.
La Suprema Corte ha ritenuto, in particolare, che il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d'intenzione, cittadino italiano, trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dalla L. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell'adozione.
Prosegue la Corte sostenendo che la tutela dei suddetti valori, che possono essere ritenuti non irragionevolmente prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito del bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore (al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione), non esclude la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale e, quindi, alla costituzione di un legame giuridico con il genitore intenzionale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, disciplinata dall'art. 44 della legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001.
CONCLUSIONI
Per riassumere il quadro giuridico attuale è possibile affermare che nel caso della coppia omosessuale di donne convenga sposarsi all’estero ed ivi partorire per poi ottenere la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero perché in Italia la giurisprudenza si è determinata (a) sia nel ritenere che la richiesta non contrasti con l’ordine pubblico internazionale per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano dalla l. n. 40/2004 (poiché è specificamente ammessa per le coppie di sesso diverso) (b) sia nel ritenere che non si tratti di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da diverso tempo e che pertanto l’istanza meriti l’accoglimento.
In caso di coppia omosessuale di uomini invece il problema è insormontabile e può essere genitore solo colui che abbia un legame genetico col figlio, perché permangono i limiti del divieto assoluto della maternità surrogata che non è stato ancora superato dalla giurisprudenza nonostante gli interessanti spunti forniti dalla dottrina.
Tanti passi avanti sono stati fatti con l’introduzione delle tecniche riproduttive ma l’unica chiave di lettura ad oggi per la determinazione del rapporto di filiazione rimane il legame genetico con il figlio.
Fonte https://www.lastampa.it/i-tuoi-diritti/l-esperto-risponde/2020/01/22/news/fecondazione-e-filiazione-tra-diritto-alla-salute-discriminazione-e-ordine-pubblico-l-esperto-risponde-1.38367086
Per orientarsi in materia è innanzitutto necessario affrontare la questione in maniera molto schematica, partendo dalla introduzione della fecondazione assistita nel nostro ordinamento.
1. PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
FONTI
Il 19 febbraio 2004 con la pubblicazione della legge n. 40 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita" entrata in vigore il 10 marzo 2004 (della anche P.M.A.) è stata regolamentata, nell’ordinamento giuridico italiano, la complessa materia della P.M.A., ossia dell’insieme di tecniche create dalla scienza volte ad ovviare ai problemi di sterilità ed infertilità delle coppie, consentendo la riproduzione umana attraverso un intervento medico, al fine di determinare la gravidanza.
“Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita”
La normativa è stata integrata dalle “Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita”, emanate con d.m. il 21.7.2004, successivamente aggiornate e sostituite dal d.m. 1.7.2015, aventi ad oggetto l’indicazione di procedimenti e tecniche di procreazione medicalmente assistita.
DISCIPLINA
A. Finalità: è consentita solo per ovviare alla infertilità o sterilità qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuoverne le cause (in base al principio di residualità della fecondazione ex art. 1).
B. Accesso alle tecniche (art. 4)
B.1) Requisiti oggettivi: il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito nei seguenti casi:
(i) solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione;
nei casi di sterilità o di infertilità documentate (se inspiegate) o certificate (se derivanti da causa nota) da atto medico;
(ii) alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, accertate da apposite strutture pubbliche, a seguito delle integrazioni delle Linee guida e della sentenza della Corte cost. n. 96/2015 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non consente il ricorso alle tecniche di p.m.a. alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili [rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, c. 1, lett. b) l. 194/1978, secondo cui l'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna].
Importante tener presente:
a) il principio di gradualità, per evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;
b) e il consenso informato (v. art. 6)
B.2) Requisiti soggettivi (art. 5): il ricorso alla pma è consentito:
(i) alle coppie (no single)
(ii) maggiorenni
(iii) di sesso diverso (no coppie omosessuali)
(iv) coniugate o conviventi (no +necessariamente sposati)
(v) in età potenzialmente fertile (anche per ridurre rischi medici alla madre legati alla gravidanza)
(vi) entrambi viventi (implica il divieto di fecondazione post mortem per assicurare il diritto del figlio alla crescita in una famiglia bigenitoriale).
Sulla ammissione della fecondazione post mortem, la Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. 15 marzo 2019 n. 13000) ha affermato l’applicabilità dell’art. 8 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di p.m.a., anche all’ipotesi di fecondazione post mortem, realizzata mediante l’utilizzo del seme crioconservato del padre che, dopo aver prestato il proprio consenso all’accesso alla procedura, era deceduto prima della formazione dell’embrione. Un’altra recente interessante decisione è del Tribunale di Legge che con ordinanza del 24 giugno 2019 ha riconosciuto e difeso il diritto della donna all’impianto post mortem degli embrioni crioconservati, rilevando che il requisito della sussistenza in vita della coppia, prescritto dall'art. 5 della l. 40/2004, riguarda solo l'accesso alla PMA ed è riferito solo al tempo della formazione dell'embrione: si legge in particolare che “Essendo, quindi, già avvenuta la fecondazione dell'ovulo deve ritenersi del tutto irrilevante ogni profilo circa la permanenza o meno del consenso alla PMA da parte del coniuge, poi deceduto, giacché a far data dalla fecondazione, ovvero dalla formazione dell'embrione, il consenso prestato ai fini della PMA non è più revocabile. Tale prescrizione è rafforzata dai riconoscimento del diritto della donna ad ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati indicato nelle linee guida del 2015”.
2. TECNICHE DI FECONDAZIONE (FIVET, ICSI, IVI)
2.1 ) FECONDAZIONE OMOLOGA (oggetto della disciplina della legge n. 40/2004)
Nozione: per fecondazione omologa si intende comunemente la tecnica di procreazione medicalmente assistita con cui si impiantano, nell’utero della gestante, uno o più embrioni formati esclusivamente con gameti appartenenti alla coppia richiedente.
Vi è, quindi, omogeneità dei soggetti che vi partecipano: (i) la madre gestante sarà sempre coincidente sia con (ii) la madre genetica (colei che fornisce l’ovulo destinato alla formazione dell’embrione da impiantare nell’utero della madre gestante) sia con (iii) la madre sociale (colei che dà il consenso per l’accesso alla tecnica di procreazione medicalmente assistita e per l’impianto dell’embrione formato anche grazie al proprio ovulo); (iv) il padre genetico (che fornisce il proprio seme per la formazione dell’embrione da impiantare nell’utero della propria partner) coinciderà sempre con (v) il padre sociale (ossia con quello che fornisce il consenso per l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita).
2.2) FECONDAZIONE ETEROLOGA (inizialmente vietata dalla legge n. 40/2004, oggi legittima v. infra).
Nozione: mediante la tecnica della fecondazione eterologa vengono impiantati nell’utero della madre biologica (che coincide con quella sociale) uno o più embrioni formati da gameti, in parte o in tutto, estranei alla coppia committente:
nel primo caso si assiste ad una fecondazione eterologa parziale in quanto uno dei due gameti, quello maschile o femminile, apparterrà alla coppia committente mentre l’altro proverrà da un terzo donatore estraneo ad essa;
nel secondo caso si assiste ad una fecondazione eterologa totale in quanto entrambi i gameti che formano l’embrione da impiantare nell’utero della gestante provengono da donatori estranei alla coppia.
Detta forma di p.m.a., in origine espressamente vietata dalla legge 40/2004, è oggi legittima, poiché la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2014, ha dichiarato incostituzionale il divieto di ricorrere a tecniche di p.m.a. di tipo eterologo per i casi in cui sia stata diagnosticata alla coppia una patologia che sia causa di sterilità irreversibile.
Il divieto è stato, infatti, considerato dalla Corte (i) lesivo del diritto all’autodeterminazione delle coppie sterili e infertili, in relazione alle proprie scelte procreative, (ii) discriminatorio rispetto alle coppie che presentano un grado di sterilità e infertilità minore e che possono avere accesso alle tecniche di tipo omologo, (iii) lesivo del diritto fondamentale alla salute, (iv) idoneo a generare un’ulteriore disparità di trattamento, di tipo economico, tra coppie sterili o infertili che dispongono di risorse finanziarie sufficienti per sottoporsi ai trattamenti all’estero e quelle che, viceversa, ne risultano sprovviste.
Le linee guida del 2015 hanno confermato che sono consentite le tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e precisato come tra queste siano comprese anche quelle che impiegano gameti maschili e femminili entrambi donati da soggetti diversi dai componenti della coppie ricevente (c.d. “doppia donazione”).
Resta fermo che alla p.m.a. eterologa potranno accedere unicamente le coppie che si trovino in situazioni di sterilità comprovata di uno o entrambi i partner e non si possa disporre di propri gameti competenti.
Vale precisare che, in ipotesi di fecondazione eterologa, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
3. COPPIE OMOSESSUALI DI SESSO FEMMINILE
Il ricorso alle tecniche di PMA è vietato in Italia alle coppie omosessuali (v. Requisiti soggettivi – art. 5 l. 40/2004). Se tuttavia l’atto di nascita viene formato all’estero, ci si chiede se in Italia possa essere trascritto.
A. TRASCRIZIONE dell’atto di nascita di minore nato all’estero, in seguito a PMA eterologa da due donne omosessuali
Può essere trascritto nei registri anagrafici italiani, senza che possa ravvisarsi alcuna violazione dell’ordine pubblico, l’atto di nascita di un minore nato all’estero (a seguito, naturalmente, di fecondazione eterologa) da due donne omosessuali.
Sono state diverse le sentenze di merito che hanno consentito la trascrizione di un atto di nascita validamente formato all’estero, a seguito di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e recante l’indicazione di coppia omosessuale, ove è emerso che non contrasta con l’ordine pubblico internazionale per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano dalla l. n. 40/2004 (poiché è specificamente ammessa per le coppie di sesso diverso).
Varie le decisioni.
* Corte d’Appello di Torino, sezione famiglia, decreto del 29 ottobre 2014
Ai fini del riconoscimento o meno dei provvedimenti giurisdizionali stranieri, deve aversi prioritario riguardo all’interesse superiore del minore (art.3 L. 27.5.1991 n 176 di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, di New York 20.11.1989) ribadito in ambito europeo con particolare riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere in materia di rapporti tra genitori e figli, dall’art. 23 del Reg CE n 2201\2003 il quale stabilisce espressamente che la valutazione della non contrarietà all’ordine pubblico debba essere effettuata tenendo conto dell’interesse superiore del figlio.
Nel caso di minore nato all’estero, da coppia omosessuale, in seguito alla fecondazione medicalmente assistita eterologa con l’impianto di gameti da una donna all’altra, l’atto di nascita del fanciullo può essere trascritto in Italia poiché, nel caso in questione, non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da diverso tempo, nell’esclusivo interesse di un bambino che è stato cresciuto da due donne che la legge riconosce entrambe come madri.
Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partner ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio.
* Corte d’Appello di Trento, ordinanza del 23 febbraio 2017
* Tribunale di Perugia, decreto del 9 febbraio 2018
* Corte d’appello di Perugia, decreto del 7 agosto 2018
* Tribunale di Milano, decreto del 16 ottobre 2018
B. FORMAZIONE dell’atto di nascita di minore nato in Italia, in seguito a PMA eterologa da due donne omosessuali
E’ di riferimento un caso del 2018 sottoposto alla Corte Costituzionale che riguardava due donne, una statunitense e l’altra italiana, sposate negli Usa, che avevano deciso di avere un figlio ricorrendo in Danimarca alla fecondazione assistita eterologa. Il bambino è nato in Italia. L’ufficiale dello stato civile del Comune di Pisa si è rifiutato di formare l’atto di nascita con l’indicazione di due genitori dello stesso sesso: la madre “gestazionale” americana e quella “intenzionale” italiana.
Il caso è stato rinviato alla Consulta dal Tribunale di Pisa con l’ordinanza 69/2018 e riguarda pertanto un’iscrizione anagrafica di un bambino nato in Italia, cittadino statunitense come la propria madre biologica. I giudici pisani rilevano che, secondo la legge applicabile al minore (del Wisconsin) ultimo «domicile» della madre gestazionale, la madre intenzionale è considerata genitore del minore perché è sposata con quella gestazionale e ha dato il consenso alla procreazione medicalmente assistita. In base alla legge del Wisconsin, quindi, esiste il rapporto di filiazione tra la madre intenzionale e il bimbo.
Di qui il dubbio di costituzionalità dei giudici di Pisa sulle norme italiane che impediscono di indicare due madri nell’atto di nascita di un bimbo di nazionalità straniera che, in base alla legge estera a lui applicabile, risulta figlio di entrambe.
Con sentenza n. 237/2019 la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dando fortemente rilievo alle seguenti considerazioni:
(I) che l’art. 5 della l. 40/2004 stabilisce, tra i requisiti soggettivi, che “le coppie dello stesso sesso non possono accedere alle tecniche di PMA”;
(II) che già con la precedente sentenza n. 221 del 2019 la stessa Corte (nel respingere le censure di illegittimità costituzionale rivolte al predetto art. 5 e all’art. 12, commi 2, 9 e 10, nonché gli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge n. 40 del 2004, per asserito contrasto con i parametri di cui agli artt. 2, 3, 11, 31, secondo comma, 32, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e con altre disposizioni sovranazionali) ha, tra l’altro, affermato che «[l]’esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è [...] fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale»;
(III) che, in questo senso, si è espressa anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, per la quale una legge nazionale che riservi il ricorso all’inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili, attribuendole una finalità terapeutica, non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli artt. 8 e 14 CEDU.
Resta fermo, dunque, che “allo stato” il nostro ordinamento esclude che genitori di un figlio possano essere due persone dello stesso sesso.
4. MATERNITA’ SURROGATA (divieto sancito dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, elevato dalla giurisprudenza a principio di ordine pubblico)
Nella tecnica di p.m.a. conosciuta con la locuzione “maternità surrogata” un soggetto terzo alla coppia committente mette a disposizione il proprio utero per portare avanti la gravidanza.
I soggetti:
a) Madre gestazionale o uterina: colei che offre il proprio utero per portare avanti la gravidanza richiesta dalla coppia committente;
b) Genitore intenzionale o sociale: colui che richiede il riconoscimento del figlio nato a seguito dell’applicazione della tecnica di fecondazione in oggetto:
c) Genitore biologico o genetico: donatore di gamete che può essere anche estraneo alla coppia richiedente.
Occorre distinguere, a tal proposito, tre diversi tipi di surrogazione di maternità:
1) surrogazione di utero, detta anche "utero in affitto" (si tratta di fecondazione artificiale omologa), in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre committente (che è quindi anche madre genetica/biologica), vengono impiantati nell'utero della madre surrogata, che porterà avanti la gestazione. Nel caso della donna con ovaie perfettamente funzionanti ma prive di un utero funzionante (o che per altri motivi clinici non possono sostenere una gravidanza) è l’unico modo per avere un figlio naturale biologicamente omologo, in tutto e per tutto frutto dell'unione tra sé e il proprio marito/compagno;
2) surrogazione di ovocita e di utero (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre surrogata, vengono impiantati nell'utero della madre surrogata stessa, la quale è nel contempo sia madre genetica/biologica che madre gestante. È di tutta evidenza che, se non esistesse un contratto a monte, il figlio sarebbe a tutti gli effetti figlio della madre surrogata con tutti i conseguenti problemi emotivi che potrebbero sorgere. Per tale motivo questa surrogazione (detta tradizionale) è ritenuta una procedura troppo problematica anche sul piano giuridico ed è espressamente vietata in molti Paesi oltre al nostro (ad esempio Francia, Spagna, Germania, Austria, e Svizzera);
3) surrogazione gestazionale (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui l'ovocita viene donato da una donatrice, diversa dalla madre surrogata. In questa ipotesi si rinvengono pertanto tre madri: la madre genetica/biologica (la donatrice di ovulo), la madre gestante e la madre committente. In questa procedura l'ovocita della donatrice (la madre genetica, appunto) viene fecondato dallo spermatozoo del padre marito/compagno della madre committente, e poi gli embrioni vengono impiantati nell'utero della madre surrogata. E la forma di surrogazione praticata più diffusamente perché ha il vantaggio di evitare le complicazioni psicologiche e legali della surrogazione tradizionale in cui la madre surrogata fornisce anche l'ovocita.
La legge italiana vieta il ricorso alle tecniche di surrogazione in maternità, consentendo la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico solo mediante il ricorso all’istituto dell’adozione.
Due decisioni sono utili alla comprensione dello stato dell’arte.
CASS. SENTENZA N. 24001/2014 (COPPIA ETEROSESSUALE)
Nel 2014 si è posta, per la prima volta, all’attenzione della Suprema Corte la questione del riconoscimento dello status filiationis del minore nato attraverso tecnica surrogata all’estero. Vale rilevare, al riguardo, che l’articolo 12 co. 6 della l. n. 40/2004 afferma il divieto di surrogazione in maternità senza nulla dire in materia di trascrizione dei certificati di nascita straniera nei registri dello stato italiano.
Caso: riconoscimento di un minore, nato mediante maternità surrogata in Ucraina, da parte della coppia di coniugi italiani, i quali non condividevano con lo stesso nessun legame biologico.
All’esito del giudizio, la Suprema Corte dichiarò che al certificato di nascita ucraino non può riconoscersi efficacia, in quanto contrario all’ordine pubblico internazionale, inteso come quell’insieme di principi, regole ed obblighi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento internazionale in un determinato momento storico, e che per tal motivo, sono invalicabili.
Secondo quanto statuito nella sentenza, il superiore interesse del minore (da erigersi quale parametro in tutte le decisione relative ai minori) verrebbe tutelato proprio mediante il rispetto della regola sancita all’art. 12 co. 6, in ragione del fatto che il legislatore italiano ha voluto attribuire la maternità solo a colei che partorisce ex art.269 c.c., attribuendo solo all’istituto dell’adozione istanze di genitorialità disgiunte dai legami biologici.
Il minore, dunque, veniva dichiarato in stato di abbandono e di conseguenza adottabile, ai sensi della normativa italiana.
CORTE DI CASSAZIONE S.U. N. 12193/19 (COPPIA OMOSESSUALE di DUE UOMINI)
Caso: coniugi omosessuali di cittadinanza italiana, sposati in Canada, facevano ricorso alla maternità surrogata, utilizzando i gameti di uno dei due partner e la donazione di un ovocita da una donna diversa dalla madre uterina. Nascevano così due bimbi, il cui padre biologico è uno dei due partner.
Il coniuge non biologicamente legato ai figli chiedeva ed otteneva in Canada il riconoscimento del rapporto di genitorialità con i minori, chiedendo poi in Italia il riconoscimento del provvedimento straniero.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di due minori nati all’estero attraverso maternità surrogata, proposta dalla coppia omosessuale di cittadini italiani, sposati in Canada, ribadendo che il legame di filiazione non può essere riconosciuto nei confronti del soggetto che non ha un rapporto genetico con il bambino.
Secondo gli Ermellini, sebbene si debba tutelare la libertà di autodeterminazione nelle scelte procreative, la maternità surrogata rappresenta il limite oltre il quale cessa di agire il principio di autoresponsabilità e prevale il favor veritatis.
La Suprema Corte ha ritenuto, in particolare, che il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d'intenzione, cittadino italiano, trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dalla L. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell'adozione.
Prosegue la Corte sostenendo che la tutela dei suddetti valori, che possono essere ritenuti non irragionevolmente prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito del bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore (al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione), non esclude la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale e, quindi, alla costituzione di un legame giuridico con il genitore intenzionale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, disciplinata dall'art. 44 della legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001.
CONCLUSIONI
Per riassumere il quadro giuridico attuale è possibile affermare che nel caso della coppia omosessuale di donne convenga sposarsi all’estero ed ivi partorire per poi ottenere la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero perché in Italia la giurisprudenza si è determinata (a) sia nel ritenere che la richiesta non contrasti con l’ordine pubblico internazionale per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano dalla l. n. 40/2004 (poiché è specificamente ammessa per le coppie di sesso diverso) (b) sia nel ritenere che non si tratti di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da diverso tempo e che pertanto l’istanza meriti l’accoglimento.
In caso di coppia omosessuale di uomini invece il problema è insormontabile e può essere genitore solo colui che abbia un legame genetico col figlio, perché permangono i limiti del divieto assoluto della maternità surrogata che non è stato ancora superato dalla giurisprudenza nonostante gli interessanti spunti forniti dalla dottrina.
Tanti passi avanti sono stati fatti con l’introduzione delle tecniche riproduttive ma l’unica chiave di lettura ad oggi per la determinazione del rapporto di filiazione rimane il legame genetico con il figlio.
Fonte https://www.lastampa.it/i-tuoi-diritti/l-esperto-risponde/2020/01/22/news/fecondazione-e-filiazione-tra-diritto-alla-salute-discriminazione-e-ordine-pubblico-l-esperto-risponde-1.38367086
Nessun commento:
Posta un commento