Nei nove mesi aumenta il fabbisogno di energia e nutrienti. È quindi importante garantire il giusto apporto di vitamine e sali minerali, tra cui anche la vitamina D. Ma possono essere necessarie integrazioni durante l’attesa o è sufficiente seguire una corretta alimentazione?
A cosa serve la vitamina D?
“La vitamina D sembra avere un ruolo antinfiammatorio e protettivo nei confronti di alcune malattie dell’attesa, come il diabete gestazionale e la preeclampsia”, spiega Giada Almirante, ginecologa dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Inoltre, svolge un ruolo importante per l’assorbimento del calcio e del fosforo ed è quindi indispensabile per la salute ossea e per una corretta mineralizzazione dello scheletro del feto. Una carenza di vitamina D può essere causa nei bambini di rachitismo, arresto della crescita e decalcificazione ossea”.
Dove si trova?
Le principali fonti alimentari di vitamina D sono: il tuorlo dell’uovo, l’olio di fegato di merluzzo, alcuni pesci (soprattutto quelli più grassi, come il salmone, il tonno, le aringhe, le sardine o lo sgombro) e alcuni formaggi grassi. Ma solo il 10% circa del fabbisogno di vitamina D viene garantito dall’alimentazione. Per lo più la molecola viene sintetizzata dalla pelle quando è esposta alla componente UVB dei raggi solari: d’estate il nostro corpo la immagazzina nel tessuto adiposo e d’inverno consuma gradualmente le scorte. “La normale esposizione solare – in genere per 10-30 minuti al giorno – è di solito sufficiente a coprire il fabbisogno”, spiega l’esperta.
Quanta ne serve in gravidanza?
Si considerano nella norma valori di vitamina D pari a 20-30 nanogrammi/ml, sotto ai quali si parla di carenza, che diventa grave se si scende sotto i 10. La dose raccomandata di vitamina D in gravidanza, secondo i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia raccomandati) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è di 600 UI al giorno, pari a 15 microgrammi al giorno. Secondo l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), se una donna segue una dieta corretta e varia, non è necessario effettuare una specifica supplementazione di vitamina D.
In quali casi va integrata?
Compensare eventuali carenze con opportune integrazioni non soltanto permette alle ossa e alla dentatura del nascituro di svilupparsi al meglio, ma consente anche di provvedere all’aumentato fabbisogno della mamma, salvaguardando il suo stato di salute. “Solitamente, il ricorso a integratori specifici è consigliato solo alle donne che appartengono a categorie a rischio di carenza: donne del sud-est asiatico, africane, caraibiche, medio-orientali oppure alle future mamme che si espongono raramente al sole o, ancora, a quelle che seguono un’alimentazione povera di vitamina D, come le vegetariane e le vegane, o che hanno problemi di obesità”, spiega la ginecologa. Per le altre non esistono vere e proprie indicazioni, e dovrebbero già assumere la dose di vitamina D normalmente contenuta nei comuni integratori multivitaminici prescritti in gravidanza (circa 400 UI).
Fonte https://www.dolceattesa.com/gravidanza/vitamina-d-gravidanza_salute-ed-esami/
A cosa serve la vitamina D?
“La vitamina D sembra avere un ruolo antinfiammatorio e protettivo nei confronti di alcune malattie dell’attesa, come il diabete gestazionale e la preeclampsia”, spiega Giada Almirante, ginecologa dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Inoltre, svolge un ruolo importante per l’assorbimento del calcio e del fosforo ed è quindi indispensabile per la salute ossea e per una corretta mineralizzazione dello scheletro del feto. Una carenza di vitamina D può essere causa nei bambini di rachitismo, arresto della crescita e decalcificazione ossea”.
Dove si trova?
Le principali fonti alimentari di vitamina D sono: il tuorlo dell’uovo, l’olio di fegato di merluzzo, alcuni pesci (soprattutto quelli più grassi, come il salmone, il tonno, le aringhe, le sardine o lo sgombro) e alcuni formaggi grassi. Ma solo il 10% circa del fabbisogno di vitamina D viene garantito dall’alimentazione. Per lo più la molecola viene sintetizzata dalla pelle quando è esposta alla componente UVB dei raggi solari: d’estate il nostro corpo la immagazzina nel tessuto adiposo e d’inverno consuma gradualmente le scorte. “La normale esposizione solare – in genere per 10-30 minuti al giorno – è di solito sufficiente a coprire il fabbisogno”, spiega l’esperta.
Quanta ne serve in gravidanza?
Si considerano nella norma valori di vitamina D pari a 20-30 nanogrammi/ml, sotto ai quali si parla di carenza, che diventa grave se si scende sotto i 10. La dose raccomandata di vitamina D in gravidanza, secondo i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia raccomandati) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è di 600 UI al giorno, pari a 15 microgrammi al giorno. Secondo l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), se una donna segue una dieta corretta e varia, non è necessario effettuare una specifica supplementazione di vitamina D.
In quali casi va integrata?
Compensare eventuali carenze con opportune integrazioni non soltanto permette alle ossa e alla dentatura del nascituro di svilupparsi al meglio, ma consente anche di provvedere all’aumentato fabbisogno della mamma, salvaguardando il suo stato di salute. “Solitamente, il ricorso a integratori specifici è consigliato solo alle donne che appartengono a categorie a rischio di carenza: donne del sud-est asiatico, africane, caraibiche, medio-orientali oppure alle future mamme che si espongono raramente al sole o, ancora, a quelle che seguono un’alimentazione povera di vitamina D, come le vegetariane e le vegane, o che hanno problemi di obesità”, spiega la ginecologa. Per le altre non esistono vere e proprie indicazioni, e dovrebbero già assumere la dose di vitamina D normalmente contenuta nei comuni integratori multivitaminici prescritti in gravidanza (circa 400 UI).
Fonte https://www.dolceattesa.com/gravidanza/vitamina-d-gravidanza_salute-ed-esami/
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