Perché l’ostacolo più grande è proprio questo: i gameti in Italia scarseggiano perché finora mancavano le donazioni. È vero al maschile, visto che si ricorre a spermatozoi “stranieri” nel 75 per cento dei casi, ma è una realtà drammatica al femminile: il 96 per cento degli ovociti per le eterologhe arriva dall’estero. Lo hanno spiegato gli esperti riuniti per l’ultimo congresso CECOS Italia (Centres d’Études et de Conservation des Œufs et du Sperme), secondo cui i gameti femminili italiani oggi sono per lo più quelli in sovrannumero ottenuti da pazienti sottoposte a cicli per Pma: spesso donne over 35 e con ovociti che non garantiscono i migliori risultati, possibili con quelli raccolti nelle under 25. Ne consegue che quasi sempre ci si rivolge a cliniche straniere, con un aumento dei costi e delle difficoltà: in Italia la tariffa convenzionale per l’eterologa in quasi tutte le Regioni oscilla fra i 1500 e i 4 mila euro, ma visti gli ostacoli nel trovare i gameti chi può permetterselo va in Spagna o in Grecia.
«Le donne italiane non sanno molto della donazione degli ovociti e quindi non si offrono per farla – osserva Marco Filicori, presidente di CECOS Italia –. Temono, per esempio, che comprometta la fertilità, mentre non è assolutamente così; anzi, gli esami a cui è obbligatorio sottoporsi aiutano a conoscere in giovane età qual è la propria riserva ovarica, consentendo di correre ai ripari se il potenziale di fertilità è scarso. Anche la paura della procedura andrebbe smorzata: oggi non c’è più rischio di iperstimolazione ovarica (la risposta abnorme delle ovaie ai trattamenti per produrre parecchi ovociti, ndr) ed è un metodo sicuro. Certo richiede tempo ed è fastidioso, visto che per dieci giorni ci si deve iniettare i farmaci per stimolare le ovaie e fare ecografie di controllo, e sottoporsi poi al prelievo in day hospital, sotto anestesia». Secondo molti esperti sarebbe opportuno un rimborso spese: «Una cifra di 800 – 1000 euro, come quella erogata in Spagna, sarebbe adeguata a ripagare le donne dei disagi sopportati. Non dobbiamo incentivare un mercato dei gameti, ma neppure ignorare che chi dona intraprende un percorso non banale per aiutare altre donne», osserva Filicori.
Sarebbe sbagliato, però, credere che le donazioni di ovociti non decollino solo per le criticità cliniche o perché non c’è un rimborso. Uno dei motivi principali è la mancanza di informazione: tante non sanno che si può fare, in che cosa consiste. Qualcosa potrà cambiare adesso con il recepimento della direttiva europea, che fra le altre cose regolamenta gli esami e i requisiti per diventare donatori di gameti. Spiega Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana: «L’Italia doveva recepirla già dal 2010, ma in quell’anno la fecondazione eterologa era ancora vietata dalla Legge 40/2004 (è diventata legale con la sentenza 162/2014 della Corte Costituzionale, ndr) e così la parte relativa alle donazioni non fu acquisita. Senza questo passaggio, nel nostro Paese era impossibile fare campagne di informazione, qualificare chi potesse essere donatore di gameti e perciò era anche inutile discutere di rimborsi». Con queste premesse era difficile garantire un accesso equo all’eterologa: infatti, pur essendo stata inserita nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza nel 2017, a due anni di distanza molte Regioni non hanno ancora percorsi realmente accessibili tramite il Servizio Sanitario pubblico. «Regioni che non hanno problemi di bilancio li hanno previsti con le loro risorse ma molte altre, specialmente al Sud, non possono farlo e sono in attesa dell’erogazione dei finanziamenti ministeriali. Nei fatti, quindi, non tutti possono sottoporsi davvero all’eterologa» sottolinea Guglielmino
Il terzo ostacolo per le coppie, dopo la carenza di donatori e i difficili accessi tramite il Servizio Sanitario? La mancanza di linee guida cliniche condivise, che garantiscano a tutti lo stesso livello di prestazione. «Ci stiamo arrivando, e anche questo aiuterà a rendere meno “straordinaria” la Pma, a vederla come un normale atto medico da garantire a chi vuole un figlio e per qualche motivo non riesce ad averlo», dice il medico.
Fonte https://www.iodonna.it/benessere/salute-e-psicologia/2019/07/15/fecondazione-assistita-eterologa-cosa-sta-cambiando-in-italia/
«Le donne italiane non sanno molto della donazione degli ovociti e quindi non si offrono per farla – osserva Marco Filicori, presidente di CECOS Italia –. Temono, per esempio, che comprometta la fertilità, mentre non è assolutamente così; anzi, gli esami a cui è obbligatorio sottoporsi aiutano a conoscere in giovane età qual è la propria riserva ovarica, consentendo di correre ai ripari se il potenziale di fertilità è scarso. Anche la paura della procedura andrebbe smorzata: oggi non c’è più rischio di iperstimolazione ovarica (la risposta abnorme delle ovaie ai trattamenti per produrre parecchi ovociti, ndr) ed è un metodo sicuro. Certo richiede tempo ed è fastidioso, visto che per dieci giorni ci si deve iniettare i farmaci per stimolare le ovaie e fare ecografie di controllo, e sottoporsi poi al prelievo in day hospital, sotto anestesia». Secondo molti esperti sarebbe opportuno un rimborso spese: «Una cifra di 800 – 1000 euro, come quella erogata in Spagna, sarebbe adeguata a ripagare le donne dei disagi sopportati. Non dobbiamo incentivare un mercato dei gameti, ma neppure ignorare che chi dona intraprende un percorso non banale per aiutare altre donne», osserva Filicori.
Sarebbe sbagliato, però, credere che le donazioni di ovociti non decollino solo per le criticità cliniche o perché non c’è un rimborso. Uno dei motivi principali è la mancanza di informazione: tante non sanno che si può fare, in che cosa consiste. Qualcosa potrà cambiare adesso con il recepimento della direttiva europea, che fra le altre cose regolamenta gli esami e i requisiti per diventare donatori di gameti. Spiega Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana: «L’Italia doveva recepirla già dal 2010, ma in quell’anno la fecondazione eterologa era ancora vietata dalla Legge 40/2004 (è diventata legale con la sentenza 162/2014 della Corte Costituzionale, ndr) e così la parte relativa alle donazioni non fu acquisita. Senza questo passaggio, nel nostro Paese era impossibile fare campagne di informazione, qualificare chi potesse essere donatore di gameti e perciò era anche inutile discutere di rimborsi». Con queste premesse era difficile garantire un accesso equo all’eterologa: infatti, pur essendo stata inserita nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza nel 2017, a due anni di distanza molte Regioni non hanno ancora percorsi realmente accessibili tramite il Servizio Sanitario pubblico. «Regioni che non hanno problemi di bilancio li hanno previsti con le loro risorse ma molte altre, specialmente al Sud, non possono farlo e sono in attesa dell’erogazione dei finanziamenti ministeriali. Nei fatti, quindi, non tutti possono sottoporsi davvero all’eterologa» sottolinea Guglielmino
Il terzo ostacolo per le coppie, dopo la carenza di donatori e i difficili accessi tramite il Servizio Sanitario? La mancanza di linee guida cliniche condivise, che garantiscano a tutti lo stesso livello di prestazione. «Ci stiamo arrivando, e anche questo aiuterà a rendere meno “straordinaria” la Pma, a vederla come un normale atto medico da garantire a chi vuole un figlio e per qualche motivo non riesce ad averlo», dice il medico.
Fonte https://www.iodonna.it/benessere/salute-e-psicologia/2019/07/15/fecondazione-assistita-eterologa-cosa-sta-cambiando-in-italia/
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