sabato 30 giugno 2018

Sesso, sindrome d’infertilità di coppia: 5 punti per conoscerla e combatterla

       Dal desiderio che brucia ad ogni ora alla completa pace dei sensi. Sono il punto di partenza e quello di arrivo della sindrome d’infertilità psicogena di coppia, sigla medica Sipc, descritta per la prima volta in modo compiuto e illustrata da Franco Avenia, presidente dell’Associazione italiana per la ricerca in sessuologia (Airs), ieri a Lucca al convegno dell’Associazione urologi del territorio dell’Italia centrale e della Sardegna (Utics).

       Nella lettura magistrale ‘Qualità della vita, definalizzazione sessuale ed infertilità‘, l’esperto ha spiegato cosa succede quando “lo stress si insinua nella coppia crescendo enormemente in poco tempo, e creando una situazione difficile da superare per realizzare il sogno della maternità e della paternità”.

Una condizione che si chiama appunto Sipc, sindrome d’infertilità psicogena di coppia, e che si sviluppa in 5 fasi:

1) Grande entusiasmo, desiderio sessuale, alta frequenza di rapporti;

2) Lo stallo in cui, nonostante ci si applichi con frequenti rapporti sessuali, mirati e attuati nei tempi giusti, la gravidanza non si sviluppa. Ciò probabilmente è dovuto a una definalizzazione del rapporto sessuale, in cui si attua una spiritualizzazione dell’atto sessuale, ovvero un’inversione della finalità originaria istintuale: procreazione verso piacere;

3) I partner cominciano a vivere una sensazione di incapacità e inizia a crescere l’ansia prima di ogni rapporto. Al desiderio si sostituisce la volontà;

4) Si notano allora una riduzione dei comportamenti sessuali penetrativi, la perdita dell’aspetto ludico dell’interazione, una crescita dell’ansia da prestazione, e l’attesa del fallimento che genera stress producendo a sua volta un altro fallimento. Scatta la disfunzione erettile funzionale;

5) Si spengono completamente il desiderio e la volontà dell’atto sessuale.

I consigli degli esperti
       “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità – ricordano gli specialisti – una coppia che dopo un anno o, al massimo 2, di rapporti sessuali non protetti non riesce a concepire è considerata infertile. L’infertilità di coppia si manifesta sempre più frequentemente, interessando circa il 15% della popolazione. Le cause dell’infertilità di coppia sono molteplici e di diversa natura”.

       “In ambito femminile, principalmente, abbiamo alterazione dell’apparato riproduttivo, disfunzioni ormonali, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, obesità, anoressia, alcolismo, uso di droghe, inquinamento ambientale – elenca l’Airs – Mentre sul versante maschile osserviamo insufficiente produzione di spermatozoi, anomalie morfologiche degli spermatozoi, malattie sessualmente trasmesse, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, esposizione a fonti inquinanti.

       Oltre a ciò abbiamo una percentuale del 15,6% di cause idiopatiche , ovvero senza cause apparenti. Tra queste – evidenziano gli esperti – le più significative, come segno dei nostri tempi, sono nel versante femminile l’innalzamento dell’età media nella quale si cerca la gravidanza, rendendola progressivamente più improbabile; su quello maschile, l’uso di sostanze inquinanti presenti negli alimenti, ma anche in oggetti di uso comune, in tessuti, cosmetici, detergenti, e tra gli sportivi, anche non professionisti, l’utilizzo di sostanze dopanti”.

       Nello specifico, il Registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita indica “infertilità maschile 29,3%; infertilità femminile 37,1%; infertilità maschile e femminile 17,1%; infertilità idiopatica 15,6%; fattore genetico 0,9%. Ma fattori ambientali, lavorativi, socio-culturali, abitudini di vita assumono un rilievo sempre maggiore nella salute della coppia e lo stress (di-stress), tra questi, appare il principale ostacolo a ottenere una gravidanza, rappresentando un’alta quota delle cause dell’infertilità idiopatica”.

Fonte http://www.meteoweb.eu/2018/06/sesso-sindrome-dinfertilita-di-coppia/1116907/

ANTIOSSIDANTI E VITAMINE IN CASO DI OVAIO POLICISTICO

       La PCOS è una patologia endocrinologica ad altissima diffusione tra le donne in età riproduttiva.
Complessa nelle manifestazioni e nelle ripercussioni sulla salute (può indurre la comparsa di disfunzioni ginecologico-riproduttive e metaboliche con le relative implicazioni psicologiche), ad oggi non ha ancora conosciuto una gestione idonea a prevenire le sue complicazioni. Le terapie attualmente in uso, infatti, spesso si dimostrano efficaci solo nel ridurne i sintomi.

farmaci        Una tra le possibili alterazioni alle quali la PCOS può condurre è una sensibile riduzione dei livelli di antiossidanti e di vitamine nell’organismo: proprio questo elemento ha indotto i ricercatori a chiedersi se una supplementazione di tali sostanze possa essere di beneficio alle donne affette dalla sindrome.
I dati disponibili sull’argomento offrono risultati spesso controversi, ed è per tale ragione sono stati oggetto della revisione sopracitata, pubblicata sulla nota rivista Iranian Journal of Reproductive Medicine.

       I ricercatori hanno effettuato la raccolta degli studi attraverso banche dati persiane e internazionali, selezionando tra circa 440 indagini quelli più idonee a formulare una risposta alla domanda di partenza.

        I risultati della revisione suggeriscono che i molti studi condotti fino ad oggi, pur necessitando di ulteriori approfondimenti, hanno riconosciuto alcuni effetti positivi degli antiossidanti e delle vitamine per donne colpite da PCOS.

       In particolare, tra le sostanze prese in esame spiccano le potenzialità del calcio e della vitamina D nel favorire la funzionalità ovarica, nel ridurre la concentrazione degli androgeni e nel contrastare i disturbi mestruali.

       È stata inoltre riconosciuta l’utilità degli acidi grassi Omega-3 nella regolazione dell’equilibrio ormonale e dei livelli di glucosio ematico, così come anche nella protezione dei rischi cardiaci.

        Gli studi hanno preso in esame anche la N-acetilcisteina, evidenziandone gli effetti benefici sui livelli di insulina circolante, sull’ovulazione, sull’equilibrio ormonale e sullo stress ossidativo, spesso compromessi in presenza di ovaio policistico.

       La revisione ha inoltre confermato la preziosa funzione svolta dalle proteine della soia, capaci di intervenire positivamente nella prevenzione dei disturbi metabolici e cardiovascolari ai quali sono particolarmente esposte le donne con PCOS; tra le vitamine e gli antiossidanti presi in considerazione, anche lo zinco può aiutare a ridurre i fattori di rischio cardio-vascolari e metabolici, tendenzialmente più elevati in caso di sindrome dell’ovaio policistico.

       Infine, anche l’acido folico si è dimostrato una molecola utile per via della sua capacità di regolare i livelli di omocisteina, andando a regolare il metabolismo e la fertilità.

Fonte:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4306978/

ALLATTARE I NEONATI PREMATURI

       Il latte materno è facilmente digeribile e fornisce la prima immunizzazione del bambino e le preziose cellule staminali che aiutano a “ricostruire” i organi e tessuti.

       I bambini allattati al seno sono meno soggetti a malattie respiratorie, gastroenteriti e otiti e, in generale,  subiscono meno ricoveri ospedalieri  rispetto ai bambini alimentati con latte artificiale.

       L’allattamento al seno è associato ad una minore incidenza di allergie e obesità.

        Poppare al seno favorisce nel bambino un più corretto sviluppo della struttura mandibolare e delle arcate dentarie.

alimentazione prematuro       L’allattamento materno inoltre favorisce il legame madre-bambino, soddisfacendo e rafforzando il loro bisogno reciproco di stare insieme.

        Questo è valido non solo per i bambini nati a termine ma soprattutto per i prematuri e i degenti nelle unità di terapia intensiva neonatale.

       Gli studi confermano che la composizione del latte materno, varia in base all’epoca gestazionale al fine di garantire, la presenza nelle corrette quantità delle sostanze nutritive.

       Sovente, in caso di ricovero in terapia intensiva neonatale, le mamme trovano difficile intraprendere con successo l’allattamento.

       Uno studio proveniente dal Nord Europa ha effettuato una revisione di 200 cartelle cliniche di neonati con peso alla nascita inferiore a 1500 g, valutando il tipo di nutrizione e la condizione di salute.

       Il tasso di allattamento materno variava dal 55% al 89%, dimostrando che le madri, se adeguatamente supportate da personale competente, possono allattare al seno.

Fonte https://www.mammole.it/allattare-neonati-prematuri/

Fecondazione in Vitro e gemelli

       I risultati indicano che la maggior parte dei pazienti preferiscono avere gemelli, il 70% preferisce o gli è indifferente avere una gravidanza gemellare e solo il 30% preferisce avere una gravidanza unica.

       Come specialisti in sterilità ci sorprendiamo dei risultati di questo sondaggio. Ogni giorno viviamo questo conflitto tra ciò che desiderano i pazienti e quello che noi medici consigliamo perché risulta difficile spiegare i rischi della gravidanza gemellare a donne che temono che non potranno mai essere madri. Parlando della possibilità di avere gemelli la maggioranza si immagina che la loro felicità sarà “doppia” e che avranno completato la famiglia.     

       È difficile sapere quanti embrioni bisogna trasferire per poter ottenere successo e ridurre al massimo le probabilità di una gravidanza gemellare.

       Affinché un embrione si impianti in seguito alla Fecondazione in Vitro e dia luogo a una gravidanza evolutiva è necessario: che l’ utero sia preparato per accoglierlo, che l’embrione abbia una morfologia adeguata (nº di cellule, aspetto delle stesse, etc) una carica cromosomica normale, una energia potente (data dalla mitocondria la quale diventa meno intensa con l’ aumentare dell’età ovarica), che l’ embrione e l’endometrio “si mettano d’ accordo” perché l’ avvenga l’impianto e che per finire, non si produca un rifiuto immunologico. Per noi che dedichiamo la nostra vita a questo, ogni bimbo è un miracolo!! Secondo degli studi realizzati nel nostro centro, nella migliore delle situazioni, ovvero con ovociti e seme di donatori, il 50% presenta anomalie cromosomiche e questa percentuale aumenta con l’età della donna arrivando fino a un 85% degli embrioni delle pazienti di 40 anni.
Картинки по запросу gravidanza gemellare
       Per questa ragione, forse, la principale strategia per ridurre il rischio di gravidanza multipla senza abbassare la percentuale di gravidanza, sarebbe analizzare i cromosomi dell’embrione per trasferire solo quelli che hanno possibilità di svilupparsi.

       Però… quando nell’ecografia o nel parto vediamo che ci sono due piccoli, nella maggior parte dei casi condividiamo di cuore questa grande emozione e orgoglio con i nostri pazienti.

       Coks Feenstra, esperta di studi sulla gemellarità, dopo aver intervistato decine di gemelli adulti afferma: “essere gemello significa avere il doppio di allegria e con la metà delle pene”.

       12 anni fa, noi abbiamo avuto un caso eccezionale, che ci ha portato non solo il doppio, ma il triplo di gioia: la nascita di tre gemelli identici.

Fonte http://www.il-blog-della-fertilita.com/fecondazione-in-vitro-e-gemelli/

venerdì 29 giugno 2018

FRUTTA SECCA IN GRAVIDANZA, MENO ALLERGIE PER IL FIGLIO

frutta secca        I dati medici confermano un aumento dell’incidenza di allergia alla frutta secca ed altre allergie alimentari nei bambini.
La causa di questo incremento è ancora sconosciuta.
        Lo studio della dottoressa A. Lindsay Frazier ha preso in esame la storia clinica di 10.907 partecipanti. Si tratta di ragazzi nati tra il primo gennaio del 1990 ed il trentuno dicembre del 1994 e delle loro madri. Per ogni caso sono stati raccolti dati sul tipo di alimentazione materna prima, durante e dopo la gravidanza.
Una parte delle madri erano allergiche alla frutta secca.
         In seguito sono stati raccolti i dati dei bambini prendendo in considerazione quelli che durante l’accrescimento hanno manifestato forme di allergia alimentare.

        Nel gruppo di bambini esaminati si sono sviluppate nel corso degli anni 308 casi di allergia alimentare.
        In 140 di questi casi è stata diagnosticata una allergia alle arachidi ed alla frutta secca con guscio.

        L’esame dei dati raccolti ha dimostrato che l’incidenza di allergia alla frutta secca è stata significativamente minore nelle madri non allergiche che durante la gravidanza avevano inserito nella propria alimentazioni arachidi ed altra frutta secca con guscio.

        Nel gruppo delle madri con allergia alla frutta secca invece c’è stata una correlazione positiva, ma non statisticamente significativa, tra il contatto con frutta secca e lo sviluppo di allergie nei figli.
        Nelle madri non allergiche il consumo di frutta secca e la presenza di allergia nel nascituro sono stati inversamente proporzionali.
        Le madri con il più alto consumo di frutta secca in gravidanza hanno infatti avuto il più basso dato di incidenza di allergia a questo tipo di alimento nei figli.

        Lo studio ha dimostrato scientificamente il fenomeno ed i medici hanno ipotizzato una spiegazione di tipo immunitario.

        Si pensa che l’esposizione agli allergeni della frutta secca in fase precoce (durante la maturazione fetale nel periodo della gravidanza) aumenti la tolleranza del sistema immunitario in fase di sviluppo a questa tipologia di sostanze abbassando il rischio dello sviluppo di allergia nella vita futura.

Картинки по запросу FRUTTA SECCA IN GRAVIDANZA
         Questo studio conferma l’importanza dell’influenza ambientale sullo sviluppo fetale e la possibile correlazione tra regime alimentare materno ed insorgenza di patologie in età adulta del nascituro.

        E’ auspicabile che la scienza medica riesca in un prossimo futuro ad arrivare ad un efficace programma di prevenzione nei confronti delle più diffuse malattie metaboliche ed immunitarie attraverso una maggiore comprensione dei meccanismi di influenza ambientale sullo sviluppo fetale durante la gravidanza.

Fonti
Prospective Study of Peripregnancy Consumption of Peanuts or Tree Nuts by Mothers and the Risk of Peanut or Tree Nut Allergy in Their Offspring

La coppia di fronte all’esperienza dell’infertilità e della PMA

      La genitorialità è senza dubbio un tema che tocca tutti. Riguarda gli adulti che portano con sé l’esperienza da figli con i propri genitori, riguarda chi scopre la gravidanza in modo inaspettato, chi prova a programmare il momento in cui “sarà pronto” per l’arrivo di un bambino, chi ha figli di diversa età, riguarda anche chi, per scelta, dichiara di non volere figli, decisione che inevitabilmente - ad un certo punto della vita – mette di fronte al passare del tempo e al doversi confrontare con la definitività di questa opzione, cercando di comprendere le fondamenta di questo pensiero e la propria risolutezza a riguardo.

      C’è però chi scopre di non appartenere a nessuna di queste condizioni e si ritrova a metà strada tra il desiderio e la fatica nel vedere realizzato quel progetto che forse mai - prima di quel momento - si era pensato potesse prendere strade diverse da quella naturale. E’ questo il caso delle tantissime coppie che affrontano la condizione di infertilità o sterilità e che si avvicinano ai percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

      Lasciamo ad altri spazi l’approfondimento dei vari tipi e livelli di PMA, così come delle possibili condizioni sottese alla difficoltà di generare, soffermandoci invece sulla descrizione dei vissuti emotivi e sugli aspetti psicologici di chi si trova a intraprendere un percorso di fecondazione assistita.

Cosa succede, quindi, nella mente di una donna o di un uomo nei casi di PMA?

      I percorsi di PMA inevitabilmente mettono al centro dell’attenzione la concretezza. Un dispiegarsi di azioni da seguire, protocolli a cui adeguarsi e condizioni da monitorare, occupano la maggior parte dei pensieri, superando o semplicemente mettendo da parte il senso di impotenza e dipendenza che inevitabilmente si vive in relazione al personale medico. Come se all’aver perso il controllo sulla capacità procreativa del proprio corpo, faccia da contraltare, in successione, una prassi che quel controllo lo restituisce a qualcun altro di esterno alla coppia.

      Il corpo, e così la mente, della donna e dell’uomo vengono privati della possibilità di concepire nell’intimità del proprio rapporto, ci si sente avvolti da un senso di diversità rispetto a chi circonda la coppia, sensazione che spesso spinge - o verso cui ci si sente spinti - ad isolarsi. Diventa difficile, infatti, spiegare il sentimento di lutto che i partner, e la donna in particolare, possono aver provato nei mesi precedenti la PMA, lutto legato ad un bambino che si è dovuto lasciar andare dal cuore senza che trovasse casa nel corpo, così come può sembrare inutile raccontare la rabbia per una sorta di punizione di cui non si conosce la colpa, o ancora motivare la scarsa autostima e i sentimenti a tratti depressivi che possono derivare dal sentirsi non capaci a generare.

      Tutti questi stati emotivi, spesso, non ricevono lo spazio e il tempo adeguato per essere affrontati ed elaborati, riversando la loro influenza sul percorso di PMA e caricandolo di aspettative e timori.

Perché, quindi, intraprendere un percorso di sostegno psicologico è fondamentale prima di iniziare l’iter della PMA?

      Perché indipendentemente dall’esito della fecondazione, l’ansia e le preoccupazioni che hanno anticipato l’inizio di questo tragitto hanno bisogno di trovare un luogo in cui sostare, restituendo alla coppia una prospettiva e una distanza adeguata da cui guardare alla loro vita, considerando le possibilità future.

      LA PMA, infatti, porta inevitabilmente a due possibili alternative, il fallimento o il successo procreativo.

Картинки по запросу fecondazione in vitro      Nel primo caso è fondamentale che la coppia abbia avuto modo, in precedenza, di esplorare le scelte possibili, in modo che il passaggio successivo risulti facilitato, che sia di tentare ancora o piuttosto abbandonare l’idea di nuovi percorsi di PMA, valutando le possibili progettualità alternative della coppia. Esplorare questi scenari, dedicando loro un tempo adeguato, consente ad entrambi i partner la possibilità di attingere a risorse personali orientate in modo specifico rispetto ai propri bisogni, limitando il senso di disorientamento e sperimentando un reale senso di efficacia nel momento del bisogno.

        Nel caso di successo procreativo, invece, molto frequentemente e comprensibilmente la gravidanza viene investita dall’intensa paura di una sua interruzione, dal timore che sia una condizione “a rischio”, o della possibile presenza di problemi per salute del bambino. In questi casi è quindi essenziale accompagnare la coppia all’interno di un percorso che sia in grado di integrare l’esperienza dell’infertilità con quella nuova della genitorialità, ricostruendo insieme a loro questa nuova parte delle loro identità.

Fonte http://www.torinoggi.it/2018/06/29/leggi-notizia/argomenti/economia-4/articolo/la-coppia-di-fronte-allesperienza-dellinfertilita-e-della-pma.html

MENOPAUSA E SINDROME METABOLICA

       Secondo i criteri proposti dall’OMS, la sindrome metabolica rappresenta un’associazione di alterazioni del metabolismo lipidico (ipertrigliceridemia e basso livello del colesterolo hdl), glucidico (iperglicemia) e vascolare (ipertensione arteriosa) in presenza di obesità viscerale, uno dei segni clinici dell’insulino-resistenza; essa rappresenta il fattore di rischio più rilevante per l’insorgenza di malattie cardiovascolari, ed in quanto tale deve essere considerata una condizione “preclinica” piuttosto che una malattia.

menopausa        Recenti studi hanno permesso rilevare una maggiore incidenza della sindrome metabolica ed un conseguente aumento del rischio cardiovascolare (fino al 50% superiore) durante la menopausa rispetto al periodo precedente; la sua incidenza nelle donne varia dal 22% al 69% in relazione al paese di appartenenza e si manifesta prevalentemente in post-menopausa piuttosto che in pre-menopausa.
       Sembra quindi che l’esaurimento della riserva ovarica e l’avanzamento dell’età biologica siano uno spartiacque in termini di rischio cardiovascolare.

        I fattori che possono contribuire a scatenare la patologia in menopausa sono considerati l’insufficienza ovarica, il cambiamento metabolico e l’aumento del grasso viscerale (secondario alla ridotta concentrazione ematica di estrogeni e dipendente dalla dieta); non deve stupire che la sindrome metabolica trovi una maggiore incidenza negli strati della popolazione con un livello di istruzione inferiore, per via della scarsa conoscenza dei possibili rischi e delle conseguenze di uno stile di vita poco sano.

        Le attenzioni poste al mantenimento di uno stile di vita sano e all’alimentazione rappresentano il primo passo per contrastare tale problematica: eseguire un’attività fisica è fondamentale per conservare il giusto peso forma, mantenere l’organismo in buona salute, modulare il fisiologico rallentamento delle funzioni metaboliche e trarre energia dalla massa grassa.

       Ogni giorno dovremmo dedicare almeno 30 minuti all’esercizio fisico, che dovrebbe essere eseguito ad un ritmo sostenuto in modo da garantire un buon ricambio di ossigeno, migliorare la captazione di insulina da parte dei tessuti, mantenere la massa muscolare, regolare il metabolismo dei carboidrati ed il peso corporeo; a tale scopo, è possibile consultare specifiche tabelle che indicano la frequenza cardiaca ideale da raggiungere in funzione del sesso e dell’età, senza dimenticare che è possibile rivolgersi a degli esperti per elaborare un programma di allenamento individuale.

        In generale, le attività amiche del cuore sono di tipo aerobico, come la camminata veloce, la corsa lenta, la bicicletta o il nuoto, da protrarre per almeno 30 minuti.

        Altrettanto importante è una corretta alimentazione, che consente all’organismo di sfruttare tutti i nutrienti necessari al suo equilibrato funzionamento; in menopausa, se alcune sostanze (ad esempio il calcio) possono essere carenti e necessitano di essere introdotte, altre (come il sale, i grassi animali e i carboidrati) andrebbero limitate per ridurre il rischio di insorgenza di patologie secondarie.

        E’ importante conoscere le proprietà nutrizionali degli alimenti e mantenere la propria dieta il più possibile variata; la verdura, cotta e cruda, dovrebbe essere presente in abbondanza ad ogni pasto, mentre particolare attenzione va posta al consumo di frutta, cercando di limitare/evitare il consumo di quella più zuccherina (come le banane o i fichi).

       Interventi diagnostici e terapeutici tempestivi possono influenzare positivamente l’aspettativa di vita dei soggetti colpiti da sindrome metabolica, contribuendo inoltre a ridurre la spesa sanitaria.

Fonti
http://www.ncbi.nlm.nih.gov
http://www.obesita.org

Aumentano i bambini nati in provetta come anche i problemi d’infertilità

       Emerge che nel 2012, sono nati circa 10mila bambini con la tecnica della fecondazione assistita, registrando un aumento del 170% negli ultimi sette anni.  Nell’anno di riferimento, sono state 54mila le coppie che hanno fatto ricorso a questo metodo e anche in questo caso si registra un aumento del 77% rispetto al 2005.

       Nel rapporto viene evidenziato che “la metà degli specialisti consultati ritiene che i problemi di infertilità e sterilità colpiscano il 20-30% delle coppie italiane ed è certo-(lo pensa il 91,3% dei medici interpellati- che questi problemi siano in aumento rispetto al passato“. Ovvero, il ricorso alla fecondazione assistita è collegato ad un aumento dei problemi di infertilità riscontrati e non presenti in passato.

QUANDO INIZIARE A PREOCCUPARSI– Un esperto su tre ritiene che la coppia che tenta di procreare deve iniziare a preoccuparsi a distanza di 12/24 mesi dai primi tentativi di concepimento.  Il 36% degli esperti invece pensa che bisogna iniziare a preoccuparsi prima, tra i 6 e 12 mesi dai primi tentativi. Infine, solo il 9,2% degli specialisti è dell’avviso che per iniziare a pensare che vi sia un problema è necessario aspettare oltre due anni.
BRITAIN-POLITICS-VOTE-ECONOMY
CALO NATALITA’ E CRISI ECONOMICA– Oltre ai problemi collegati all’infertilità, l’88,7% esperti evidenzia che l’Italia sta vivendo uno dei peggiori periodi per quanto riguarda la bassa natalità per cui il 75% degli specialisti collega questo fenomeno alla grave crisi economica che scoraggia anche le coppie che devono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.

RIVEDERE LA LEGGE SU FECONDAZIONE ETEROLOGA– Ecco perché oltre l’80% degli specialisti italiani ritiene che ci debba essere un accesso maggiore alla fecondazione eterologa per le coppie con problemi in quanto per il 60% dei cassi questa possibilità non è data ai pazienti. Al contempo, l’88,7% degli esperti sostiene che la procreazione assistita non è assicurata con lo stesso livello di qualità in tutte le regioni e non è assicurata in maniera gratuita.
Un sistema da rivedere per il 76% degli specialisti che sarebbe favorevole ad una revisione della legge 40. Per il 60,5% tra gli elementi da modificare quello che riguarda appunto la possibilità delle coppie di accedere all’eterologa.

Fonte https://www.chedonna.it/2015/04/02/aumentano-i-bambini-nati-in-provetta-come-anche-i-problemi-dinfertilita/

Infertilità femminile, i disturbi ovulatori

     “Il ciclo ovarico è un fenomeno estremamente complesso, che dipende dall'integrazione tra gli effetti di molti e diversi ormoni. Per questo, non è sorprendente che una causa assai diffusa di infertilità femminile sia la mancata ovulazione o anovulazione, nella maggior parte dei casi dovuta a carenze ormonali” spiega il professor Carlo Flamigni, ginecologo e membro del Comitato nazionale di bioetica.

ovulazione     Un chiaro segno che c'è qualcosa che non va a livello di ovulazione è dato dall'assenza di mestruazioni (amenorrea) o dalla presenza di cicli irregolari, che possono essere meno frequenti rispetto alla norma (oligomenorrea), ma anche più frequenti. "Nelle fasi che precedono la menopausa prematura e precoce, la frequenza dei cicli mestruali può aumentare come conseguenza dell’ aumento dell’ormone FSH, cui fa seguito una diminuzione dei giorni necessari per la maturazione del follicolo" spiega il ginecologo Carlo Flamigni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le cause dell'insufficienza ovulatoria - che sono molto complesse - possono essere distinte in tre gruppi. Vediamo:

Gruppo 1: Insufficienza ipotalamo-ipofisaria
     Le donne con questa condizione non hanno alcun flusso mestruale (amenorrea) e presentano bassi livelli di gonadotropine (ormoni come FHS o LH, prodotti dall'ipofisi) e di estrogeni. I livelli di prolattina risultano invece nella norma.

L’anovulazione, nel Gruppo 1, può essere determinata da:


  • insufficienza ipofisaria, per esempio incapacità genetica di produrre LH o FSH;
  • insufficienza ipotalamica, dovuta a grave perdita di peso, come può verificarsi in casi di anoressia, ansia, eccessivo esercizio fisico o incapacità genetica a produrre l'ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH).

     Spesso, però, le cause dell'insufficienza ipotalamo-ipofisaria rimangono sconosciute.

     Il trattamento può prevedere la somministrazione di gonadotropine, l'infusione pulsatile di GnRH e interventi sullo stile di vita, per esempio per normalizzare il peso intervenendo su dieta e livelli di esercizio fisico.

Gruppo 2: Disfunzione ipotalamo-ipofisaria
     Le donne di questo gruppo possono presentare varie alterazioni del ciclo mestruale, fra cui amenorrea, oligomenorrea (mestruzioni rare e scarse) e insufficienza della fase luteale. L'85% delle donne con un disturbo dell'ovulazione rientra in questo gruppo, che comprende la sindrome dell’ovaio policistico (un insieme di disturbi che riguarda il 5-10% delle donne in età fertile) e l'amenorrea da iperprolattinemia.

      L'iperprolattinemia è una condizione caratterizzata dalla secrezione di elevate quantità di prolattina, ormone normalmente prodotto dopo il parto e che stimola le mammelle a produrre latte. La prolattina inibisce il rilascio intermittente di GnRH, impedendo così la secrezione di gonadotropina, lo sviluppo follicolare e l’ovulazione, portando all’amenorrea. Proprio per questo motivo l’allattamento al seno si associa a una forte riduzione - ma attenzione: non all’assenza totale - della fertilità.

     Le cause della iperprolattinemia possono essere sia funzionali, dovute per esempio a stress molto elevato, sia collegate con la presenza di piccoli tumori a livello dell'ipofisi (adenomi ipofisari) che appunto portano alla secrezione di prolattina. In genere si interviene con farmaci che contrastano la produzione dell'ormone.

      L'insufficienza o deficit della fase luteale è dovuta a una carenza di progesterone, che porta appunto a un accorciamento della durata della fase  luteale del ciclo, quella che va dall’ovulazione alla mestruazione successiva, oppure a una inadeguata trasformazione dell’endometrio. Si interviene con farmaci che ripristinano una valida ovulazione e con progesterone per la fase post ovulatoria.

Gruppo 3: Insufficienza ovarica
     Rappresenta la classe più rara di disturbi ovulatori. In questo gruppo, l’ipotalamo e l’ipofisi secernono normalmente i loro ormoni, ma l’ovaio non è in grado di rispondere alla loro azione e, quindi, non secerne estrogeni e non produce follicoli maturi.

      E' quello che succede nell'insufficienza ovarica precoce, o menopausa precoce una situazione che si verifica quando i flussi mestruali di una donna terminano prima dei 40 anni, spesso senza una causa apparente. Le ovaie non rispondono più agli stimoli di FSH e LH e, come nella menopausa fisiologica, le concentrazioni nel sangue di questi due ormoni sono molto elevate.

Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/infertilita/infertilita-cause-femminili-disturbi-ovulatori-fattori-ovarici-e-ipotalamo-ipofisari

Ecografia musicale

       La cantante spagnola Soraya Arnelas usa quotidianamente il Babypod durante la sua gravidanza ed è venuta in Institut Marques ad effettuare un ecografia musicale. Non dimenticherò mai la faccia felice della cantante. Lei stessa ha ammesso che in nessun’altra circostanza aveva visto quei movimenti di lingua e di bocca che faceva quando ascoltava la musica che veniva emessa attraverso il Babypod.

       Gli accordi di “Ballata per Adelina” di Richard Clayderman, la facevano sorridere e per un po’ di tempo si è potuta vedere la piccola Manuela Grace “gesticolare” con la bocca, come se volesse cantare.

Картинки по запросу Ecografia musicale       Soraya guardava lo schermo emozionata e ha spiegato quanto era felice nel vedere come sua figlia condivideva lo stesso gusto musicale. “Amo il pianoforte ed inoltre ho conosciuto personalmente Richard Clayderman che mi dedicava spesso questo pezzo. È per questo che l’ho scelto per l’ecografia. E’ evidente che piace anche a mia figlia!”.

       Mi entusiasma pensare che grazie al Babypod tutte le donne possono comunicare e mettere musica al bambino durante la gravidanza e usarlo nelle ecografie, come ha fatto Soraya. Come lei stessa ha detto: “Il Babypod mi ha permesso di creare un legame molto speciale con mia figlia. E ‘come dare una lezione di musica prima della nascita. Per me è incredibile ”

giovedì 28 giugno 2018

MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: ULTIME RACCOMANDAZIONI

         La MGF è una pratica tipicamente diffusa in alcune zone dell’Africa, in particolare nella parte centro-settentrionale del continente (Egitto, Sudan, Somalia, Burkina Faso ecc.); tuttavia, oggi, questa coinvolge numeri impressionanti di bambine e giovani donne non soltanto in Africa, ma anche nei paesi occidentali, dove viene praticata in modo clandestino.
In seguito all’emigrazione della popolazione africana nel resto del mondo, la questione delle MGF è venuta alla luce, ma di fronte agli occhi di culture profondamente differenti rispetto a quella di origine.

Картинки по запросу MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI:          In particolare, la Gran Bretagna è molto attiva rispetto a questa tematica, tanto che in data 23 aprile 2015 è stato pubblicato il resoconto di un lungo lavoro prodotto grazie alla collaborazione degli appartenenti al Gruppo Intercollegiale delle MGF, della Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), della Confederazione Internazionale delle Ostetriche (ICM), del Royal College Ostetrico (RCM), del Royal College Infermieristico (RCN), e grazie al patrocinio di diverse altre organizzazioni. La pubblicazione formula importanti raccomandazioni rivolte a tutti i professionisti che sono ritenuti fondamentali per poter avviare dei cambiamenti significativi, necessari nel Regno Unito tanto quanto negli altri paesi per aiutare a sradicare le MGF.

         Ma cos’è la MGF? Essa comprende una svariata tipologia di procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili, per ragioni non mediche. L’OMS classifica quattro diverse topologie di MGF: (tipo I) clitoridectomia, (tipo II) escissione, (tipo III) infibulazione, e (tipo IV) altre procedure dannose quali punture, perforazioni, incisioni, raschiature e cauterizzazioni.
         Poiché spesso questi interventi vengono eseguiti in ambiente non ospedaliero e con strumenti grossolani ed artigianali, la procedura si accompagna a grande sofferenza ed espone ad un elevatissimo rischio di infezione e setticemia.

         L’inchiesta intercollegiale pone grandemente in rilievo le conseguenze delle MGF, talvolta fatali, partendo dal presupposto che tale pratica è medicalmente inutile ed interferisce con il normale funzionamento dei genitali femminili dando luogo a una vasta gamma di complicazioni per la salute: tra i danni a breve termine vi sono emorragia, shock, ritenzione urinaria e lesioni degli organi adiacenti; tra i danni a medio-lungo termine vi sono ascessi, cisti, aderenze vulvari, infezioni delle vie urinarie, rapporti sessuali dolorosi, disfunzioni sessuali, nonchè notevoli difficoltà al momento del parto. Inoltre, specialmente nelle donne più giovani, lo stress emotivo e i disordini psicologici conseguenti ad una mutilazione minano profondamente l’identità della persona che la subisce.
       
         Si stima che circa 66 mila donne solo in Inghilterra e Wales abbiano subito l’operazione e che oltre 23 mila ragazze non ancora quindicenni siano a rischio di subirla nelle comunità dell’Africa centrale.

         In relazione a questo tema così delicato, la posizione assunta dagli organi istituzionali a livello internazionale è uniforme. L’ONU ha riconosciuto le MGF come una “tortura”, un “trattamento inumano e degradante”, convocando l’Assemblea Generale allo scopo di promuovere una campagna che porti all’eliminazione di questa procedura mediante interventi legislativi nazionali e sovranazionali.

         In seguito all’inchiesta intercollegiale, è stato prodotto un documento che riassume la posizione presa dai vertici e che vuole essere un forte strumento di diffusione della visione del tema della MGF.
La posizione assunta può essere riepilogata nei seguenti punti-chiave: la MGF è un “crimine” che non può essere e non sarà più tollerato all’interno della moderna società multiculturale, un crimine che colpisce parte delle ragazze e delle donne più vulnerabili; il fenomeno, poiché spesso attuato su ragazze molto giovani/bambine, viene riconosciuto come un abuso su minore ed una grave forma di violenza contro le donne, a prescindere dalla loro età; la MGF viene considerata una violazione dei diritti del bambino, nello specifico delle bambine e più in generale di tutte le donne; nonostante sia noto che in alcune comunità la MGF si verifica in quanto considerata come il prolungamento di un’antica tradizione, un rito di passaggio, questo non rende la pratica accettabile: la medicalizzazione delle MGF “deve finire”.

         Il gruppo di lavoro ha poi sottolineato che, nonostante all’apparenza potrebbe sembrare che molte ragazze si sottomettano volontariamente all’intervento con la benedizione delle loro famiglie, è sbagliato pensare che le bambine scelgano in libertà se sottoporsi o meno all’intervento: infatti, molte ragazze sono minorenni e non sono quindi in grado di dare un consenso informato all’esecuzione di una pratica che darà conseguenze fisiche e psicologiche per tutta la vita; inoltre, queste spesso avvertono una forte pressione sociale e non sono messe a conoscenza di ciò che la procedura comporta e dell’impatto a lungo termine che avrà sulla loro salute sessuale e riproduttiva.

         Da ultimo, il gruppo sostiene con forza che non vi è alcun argomento convincente tale da giustificare la MGF: i traumi fisici, psicologici ed emotivi a lungo termine ad essa conseguenti, che gli operatori sanitari (specialmente le ostetriche ed i ginecologi) e le stesse donne conoscono fin troppo a fondo, dimostrano che tale pratica arreca unicamente un danno significativo e permanente.

         Da ora in avanti, in Gran Bretagna si prevede la diffusione di nuove regole del SSN (NHS) ed un coinvolgimento degli operatori chiamati a contrastare tale fenomeno; si mira inoltre alla prevenzione della mutilazione nei confronti delle bambine ritenute a rischio.

         La questione presenta comunque sfaccettature molto complesse, come dimostrano le tante ricerche che raccontano il motivo per il quale alcune bambine/ragazze scelgono di essere circoncise; rispetto a questa tematica, i vertici rimarcano il loro interesse ma sottolineano che “la MGF non può essere considerata una scelta” e deve essere bandita.

Fonti:
- Tackling FGM in the UK Intercollegiate recommendations for identifying, recording and reportin
- Joint statement on story about women choosing to be circumcised

Caffè in gravidanza aumenta il rischio di obesità infantile

      Durante la gravidanza sono diversi i divieti alimentari cui le future mamme devono attenersi per evitare l’eventuale sviluppo di questo o quell’altro problema. Ora uno studio condotto da centri di ricerca francesi, svedesi e norvegesi e pubblicato sul British Medical Journal mette in evidenza che sarebbe meglio evitare anche il consumo di caffè in gravidanza.

Più caffeina, bimbi in sovrappeso
Caffè in gravidanza aumenta il rischio di obesità infantile      La motivazione, spiegano i ricercatori, risiede nel fatto che sembra che i bambini nati da madri che hanno consumato troppo caffè in gravidanza corrono un rischio maggiore di essere sovrappeso in età prescolare e scolare. In particolare, a cinque anni la percentuale di bambini obesi o in sovrappeso è risultata maggiore del 5% tra i figli di donne che durante la gestazione avevano fatto registrare il più alto consumo di caffeina. I dati sono stati raccolti dai ricercatori della Sahlgrenska Academy in collaborazione con l’Istituto norvegese per la salute pubblica. In tutto sono state esaminate le informazioni mediche di 50.943 donne incinte.

Meglio non esagerare
      Sebbene non sia stato ancora dimostrato se sia la caffeina la causa diretta del sovrappeso, la relazione individuata tra il consumo di caffè in gravidanza e l’aumento di peso dei bambini ha spinto i ricercatori a incoraggiare una maggiore cautela nel bere questa bevanda durante la gestazione.

Il limite consentito
       L’Agenzia svedese per la nutrizione all’interno dei parametri stabiliti per il consumo di alimenti in sicurezza durante la gravidanza, ha precisato che le donne incinte non dovrebbero consumare più di 300 milligrammi di caffeina al giorno, pari a tre tazze di caffè americano, mentre per quanto riguarda il tè, invece, la quota da non superare è di sei tazze di tè nero (la tipologia con più caffeina) da 200 ml.

Fonte https://www.bimbisaniebelli.it/gravidanza/dieta/caffe-in-gravidanza-aumenta-il-rischio-di-obesita-infantile-52366

Procreazione assistita, l'età della donna rimane la barriera più difficile da superare

       Procreazione assistita, l'età della donna rimane la barriera più difficile da superare
Dodicimila e 836 “mio!” che non sarebbero mai stati pronunciati altrimenti. Nel 2015 i bambini nati usando percorsi di procreazione medicalmente assistita (Pma) in Italia sono stati, appunto, 12.836, ovvero il 2,6 per cento del totale dei nati nel paese, in aumento di circa 100 culle rispetto all’anno precedente.

       Le coppie che hanno avviato un trattamento sono state nel corso dell’anno 74.292, per un totale di 95.110 cicli iniziati in uno dei 366 centri attivi in Italia, sebbene a garantire le tecniche omologhe in vitro, tendenzialmente 
le più utilizzate, sono in tutto 178 strutture, di cui 98 completamente private, 61 pubbliche, 19 private convenzionate - anche se meno numerosi, i centri pubblici lavorano però di più: il 63,4 per cento dei cicli infatti si effettua all’interno del Servizio sanitario nazionale. 
La fecondazione eterologa, invece, possibile solo dopo che una sentenza ha di nuovo sollevato un divieto 
della legge 40 del 2004, ha riguardato 2.800 tentativi, 
di cui 601, più del 20 per cento, andati a buon fine.
Procreazione assistita, l'età della donna rimane la barriera più difficile da superare
       Le percentuali di successo della fecondazione omologa (l’unica sulla quale si può effettivamente tracciare un confronto decennale), mostra percentuali di fatto costanti dal 2005 ad oggi: sono al 10,5 per cento per l’inseminazione semplice, al 18,2 per cento per quelle 
in provetta, dette di secondo e terzo livello, Fivet o Icsi, 
a seconda della procedura scelta per l’inseminazione.

       Perché le percentuali rimangono costanti nonostante 
le conoscenze mediche e le capacità dei centri continuino a aumentare? La risposta va in parte cercata in uno degli elementi più importanti da considerare quando si parla 
di procreazione, e quindi di fertilità: l’età.

       «Spesso arrivano donne che ci portano gli esempi di attrici quarantacinquenni con un neonato in braccio», racconta 
la biologa del centro Pma del Policlinico di Milano, Liliana Restelli: «Ma dopo i quarantadue anni è pura casualità. È come se accadesse facendo l’amore con il partner. La medicina può aiutare, certo. Oggi riusciamo ad esempio ad estrarre spermatozoi vitali, magari impiegando anche due ore e mezza per individuarli. Ma l’età è un limite oggettivo. Che non possiamo pensare 
di scavalcare con l’aiuto della procreazione assistita».

       E l’Italia ha un record per età delle donne al primo accesso in una struttura di Pma, come ricordava di recente anche Repubblica in uno speciale sulla fertilità: 36,7 anni per le tecniche omologhe a fresco, quando i dati più recenti pubblicati del registro europeo danno un’età media di 34,7 anni. E aumentano le donne con più 
di 40 anni che accedono a queste tecniche: nel 2015 sono state il 33,7 per cento, quando erano il 20,7 per cento nel 2005.

       «Nella fecondazione eterologa l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (41,5 anni) e minore se la donazione è di seme (35,3)», si legge nella relazione dell’Istituto superiore di sanità presentata il 30 giugno: «E la maggiore età di chi accede alla “eterologa femminile” sembra indicare che questa tecnica sia scelta soprattutto per infertilità fisiologica, dovuta appunto all’età della donna, e non patologica». Insomma, che 
la fecondazione in vitro sia “un’ultima spiaggia” in cui 
si cerca un sogno arrivato forse troppo tardi rispetto 
ai tempi biologici dell’essere umano.

       Questa la fotografia della prassi clinica. Poi, restano 
le prospettive della legge. Perché se da una parte molti divieti sono caduti, dall’altra - come ricorda uno speciale sui diritti nell’Unione Europea pubblicato da l’Espresso online nell’anniversario dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma - la legislazione italiana continua a essere più restrittiva rispetto a quelle di altri paesi dell’Unione europea. Continuiamo ad esempio a importare staminali embrionali per la ricerca dall’estero, perché è vietato farlo nel nostro paese. Per non parlare delle scelte politiche legate alla procreazione assistita, dal 2004 e ancora oggi accessibile nel nostro paese solo alle coppie 
e non alle donne single.

       Fino ai tanti silenzi. Come quelli ricordati in queste pagine sugli embrioni crioconservati non idonei al trasferimento 
e finiti nel dimenticatoio.

Fonte http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/08/18/news/procreazione-assistita-la-barriera-dell-eta-1.308103

Tumore al testicolo e infertilità: il calore li favorisce

        Identificato un nuovo gene che attivato dal calore, sembra legato allo sviluppo della infertilità maschile e del tumore del testicolo. La notizia – spiegano – è stata resa pubblica durante il XXXIII Convegno di Medicina della Riproduzione condotto dai professori Carlo Foresta e Andrea Lenzi con i maggiori luminari, studiosi ed esperti ad Abano Terme, nel Padovano, che termina oggi dopo due giorni di relazioni che hanno, tra gli altri temi trattati, analizzato l’uomo del futuro, che potrebbe nascere da uteri artificiali, e studiato le conseguenze dei Pfas sul testosterone.

        I ricercatori dell’Università di Padova, coordinati dal professor Carlo Foresta, direttore della UOC Andrologia e Medicina della Riproduzione e Coordinatore della Rete Endocrinologica del Veneto, hanno dimostrato che il gene E2F1 , deputato alla regolazione della divisione cellulare, e’ fortemente coinvolto nella produzione degli spermatozoi e che le alterazioni costitutive di questo gene portano ad una maggiore predisposizione all’infertilita’, all’anomala discesa del testicolo alla nascita (criptorchidismo) e al tumore del testicolo. Studi sperimentali condotti dal gruppo di ricerca dell’Università di Padova hanno dimostrato che l’espressione di questo gene viene fortemente attivata dall’aumento della temperatura.

        Il normale funzionamento del testicolo ed i meccanismi che regolano la produzione di spermatozoi sono infatti fortemente sensibili agli aumenti della temperatura e frequentemente l’infertilita’ maschile e’ riscontrata in situazioni che determinano l’aumento di temperatura dei testicoli come varicocele, obesita’, esposizione lavorativa a fonti di calore o saune. I ricercatori di Padova hanno documentato che negli spermatozoi di questi pazienti, l’attivita’ del gene E2F1 e’ fortemente aumentata, potendosi quindi considerare come uno dei meccanismi che hanno determinato l’infertilità.

        Questa ipotesi e’ rafforzata dalla presenza di infertilita’ nelle condizioni in cui geneticamente e’ presente una alterazione di E2F1, che comporta un aumento della sua attivita’. Questo studio di genetica e’ stato condotto su 174 infertili. Per verificare il ruolo delle anomalie di E2F1 nello sviluppo del tumore del testicolo, i ricercatori hanno studiato 261 casi di giovani affetti da questa patologia, ed hanno documentato che le alterazioni di questo gene, che ne determinano una aumentata attivita’, sono piu’ frequenti nei soggetti affetti da tumore testicolare.

        Da questi risultati emerge chiaramente che il gene E2F1 è fortemente coinvolto nei meccanismi che regolano il normale funzionamento del testicolo e una alterazione della sua funzione può manifestarsi con diversi gradi di danno testicolare che vanno dall’infertilità al criptorchidismo fino al tumore del testicolo. Commenta il professor Foresta: “Questi risultati aprono scenari nuovi poiché inducono ad ipotizzare che l’aumento del tumore del testicolo e la riduzione sempre più evidente di spermatozoi degli uomini possa essere associata anche ad un incremento della temperatura, anche quella ambientale, che potrebbe agire proprio stimolando l’espressione di questo gene”.

Fonte http://www.meteoweb.eu/2018/02/tumore-testicolo-infertilita-calore/1049414/

Troppo magri, obesi e vegani: sono loro a maggiore rischio infertilità

POST OD JEDZENIA      Chi ricorre alla fecondazione? Sopratutto obesi e vegani. E’ quanto emerge da alcuni studi che mettono in relazione infertilità e alimentazione.

Problemi di ovulazione
      Una ricerca della Harvard School of Public Health ha scoperto un calo dei problemi di infertilità nelle donne alla ricerca di un figlio che seguivano una dieta sana: chi segue regimi alimentari corretti riduce del 66% il rischio di infertilità per problemi di ovulazione. In una equilibrata alimentazione rientra anche l’assunzione di caffè.

      Nessuna controindicazione davanti al consumo di un paio di tazze al giorno, ma le donne che consumano più di cinque caffè al giorno, secondo uno studio danese della Fertility Clinic di Aarhus, avrebbero il 50% di probabilità in meno di ottenere il successo con una fertilizzazione in vitro.

Eccessiva magrezza
      La ricerca di Harvard non va che a rafforzare le tesi di precedenti studi. In Italia il 12% dei casi di infertilità dipende da eccessivo peso ponderale o da eccessiva magrezza nella donna, sosteneva un’interessante ricerca dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano che ha preso in esame circa 5.000 adulti, fra i 20 e i 40 anni (Agi, ottobre 2014).

Картинки по запросу Eccessiva magrezza      Ma sono diversi gli studi che evidenziano che un peso non adeguato alla propria altezza aumenta il rischio di aborti e di sterilità.

      Nelle donne sottopeso il tasso di gravidanza dopo Pma (procreazione medicalmente assistita) è del 20% più basso rispetto alle donne normopeso. Le donne sovrappeso o obese, invece, hanno ridotti tassi di gravidanza e aumentati tassi di aborto dopo Ivf (fecondazione in vitro). L’obesità materna aumenta il tasso di neonati gravemente prematuri in gravidanze gemellari dopo Ivf.

Maschi a rischio
Il problema di peso non riguarda solo le donne. Anche il sottopeso, il sovrappeso e l’obesità maschili si associano a una ridotta qualità seminale e a un elevato rischio di sub-fertilità nelle coppie in cui il partner maschile è obeso. Ma c’è anche un altro aspetto che non va sottovalutato: ovvero seguire diete particolari, come quella vegana.

Dieta vegana
Картинки по запросу Dieta vegana      Seguire una dieta vegetariana può ridurre il numero di spermatozoi? E questo aspetto può a propria volta mettere a rischio la fertilità maschile? Una dieta ricca di frutta e verdura protegge da molte malattie e può prolungare la vita. Ma ha effetti negativi dal punto di vista della fertilità?

      Gli esperti della Loma Linda University, nel Sud della California, si sono impegnati un progetto di quattro anni per ricercare gli effetti delle diete sullo sperma. Questa regione ha un’elevata popolazione formata da Avventisti del Settimo Giorno che scelgono di eliminare la carne dalla loro dieta o di ridurne molto il consumo.

Carne e verdure
      Gli Avventisti del Settimo Giorno vivono in media 10 anni più a lungo rispetto all’aspettativa di vita americana. Secondo le ipotesi degli esperti la longevità poteva risultare legata ad una migliore qualità dello sperma. Ma dagli studi è emerso l’esatto opposto. Secondo quanto riportato dal Telegraph, i vegetariani e i vegani hanno quantità di sperma più basse rispetto a chi mangia carne: 50 milioni di spermatozoi per ml rispetto a 70 milioni per ml.

Spermatozoi attivi
       Hanno inoltre una motilità dello sperma – fattore che indica il numero di spermatozoi attivi – inferiore. In vegetariani e vegani soltanto 1 spermatozoo su 3 sarebbe risultato attivo, a confronto con il 60% rilevato per i consumatori di carne. I ricercatori credono che le cause siano da individuare in una carenza di vitamine o nella sostituzione della carne con la soia.

Fonte https://it.aleteia.org/2018/06/28/la-cattiva-alimentazione-porta-allinfertilita/2/

mercoledì 27 giugno 2018

SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO E DISORDINI TIROIDEI: UNA RELAZIONE EMERGENTE

       Mentre la causalità di tale associazione è oggi ancora poco chiara, ciò che si rende sempre più evidente è che le due condizioni condividono una relazione bidirezionale: infatti, nonostante alcuni fattori eziopatogenetici che generano queste disfunzioni siano dissimili e le due condizioni siano diverse l’una dall’altra, entrambe le sindromi presentano delle caratteristiche comuni, quali i fattori di rischio e le anomalie fisiopatologiche.

        La comunanza di alcuni aspetti delle patologie, quali ad esempio l’aumento del volume ovarico, la comparsa di cisti (frequentemente segnalata in corso di ipotiroidismo primario) e il fatto che molte donne con ovaio policistico mostrano una maggior predisposizione rispetto alla popolazione generale a sviluppare disordini tiroidei immunomediati, mette necessariamente la PCOS e il disturbo tiroideo in relazione tra loro.

Картинки по запросу SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO E DISORDINI TIROIDEI: UNA RELAZIONE EMERGENTE        Tuttavia, non è ancora stato chiarito se il collegamento tra le due patologie sia a monte, legato quindi a fattori predisponenti comuni, o a valle, legato ad una correlazione fisiopatologica tra la PCOS e i disordini tiroidei.

        Oggi è noto che in corso di ipotiroidismo le ovaie tendono a subire cambiamenti della loro morfologia divenendo policistiche e questa modificazione può variare in base alla severità ed alla durata del processo patologico; in alcune donne, la modificazione morfologica delle ovaie in corso di ipotiroidismo non trattato è stata tale da far presumere la presenza di una massa ovarica di origine neoplastica. Al contrario, non esiste conferma del fatto che l’ipotiroidismo primario possa rappresentare una causa specifica PCOS.

        Alla base delle due affezioni vi sono fattori predisponenti che sembrano giocare un ruolo complesso nel collegare questi due disturbi quali l’adiposità, l’aumentata resistenza all’insulina, elevati livelli di leptina e un disequilibrio del sistema immunitario.
Nel corso del tempo sono state avanzate alcune ipotesi specifiche, come il fatto che l’adiposità sia collegata ad una maggiore stimolazione del rilascio di ormoni tiroidei, con conseguente ipotiroidismo.

        Secondo la letteratura scientifica, esistono un numero sufficiente di evidenze per sostenere che la prevalenza di ipotiroidismi subclinici/disordini tiroidei su base autoimmune è aumentata nelle donne con PCOS. Gli studi eseguiti nel corso del tempo su un numeroso campione di donne affette da entrambe le patologie suggeriscono che l’ipotiroidismo non sia la causa scatenante della PCOS, ma piuttosto rappresenti un fattore predisponente all’insorgenza dell’affezione.

       Sono quindi oggi necessarie ulteriori indagini a lungo termine, che valutino in particolar modo anche i risvolti delle due patologie sulla fertilità della donna.


Fonte: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4287775/

Il fast food “ostacola” il concepimento

I dati
        Complessivamente, 2.204 donne, ovvero il 39%, sono rimaste incinta entro un mese da quando hanno cominciato a evitare metodi contraccettivi e 468, pari all’8%, non sono riuscite a concepire dopo 12 mesi di tentativi. E mentre le donne che andavano raramente al fast food, o mai, avevano un rischio di infertilità dell’8%, il rischio era del 16% tra coloro che mangiavano in questi locali almeno quattro volte a settimana.

Frutta e verdura
        I ricercatori hanno anche considerato il consumo di frutta e hanno visto che le donne che ne consumavano meno di una porzione al mese impiegavano 15 giorni in più per restare incinte rispetto a quelle che mangiavano almeno tre porzioni di frutta al giorno. Con un minore consumo di frutta, insomma, il rischio di infertilità è stato del 12%, rispetto all’8% tra chi consumava più frutta.

I commenti
        “I cibi dei fast food contengono elevate quantità di grassi saturi, sodio e a volte zucchero”, dice Grieger. E sebbene “questi componenti non siano stati specificatamente studiati in relazione alla gravidanza umana, quantità elevate di acidi grassi saturi sono stati identificati in ovociti di donne sottoposte a riproduzione assistita e studi su animali da laboratorio hanno evidenziato che una dieta ricca di grassi avrebbe effetti tossici sulle ovaie”. La ricerca, comunque, avrebbe dei limiti, uno su tutti l’affidarsi ai ricordi delle donne, attraverso un questionario, le informazioni su cosa avevano mangiato nel mese precedente il concepimento. “Molti fattori legati allo stile di vita sono associati alla sterilità, come il fumo, il consumo di alcool o l’obesità”, ha sottolineato Joachim Dudenhausen, del Weill Cornell Medicine di New York, che non era coinvolto nello studio. Questa ricerca “offre nuove prove sul ruolo che la dieta può svolgere nell’aiutare il concepimento”.

Fonte: Human Reproduction

ABBRONZANTI PERICOLOSI: possono causare cancro e infertilità

        E’ il miracolo degli abbronzanti, creme o oli capaci, grazie alla presenza di deidreoxiacetone, di reagire con gli aminoacidi della pelle facendola diventare piu’ scura. Una grande oportunità per noi donne troppo impegnati persino per concederci una giornata di relax al mare ma forse, mai come in questo caso, “non è tutto oro quello che luccica”.

        Una ricerca proviente dalla European Environment Agency ha infatti dmostrato che alcuni ingredienti degli abbronzanti contengono composti capaci di interagire con gli ormoni e provocare, oltre al cancro, difetti alla nascita nel bambino.

        Allergie, irritazioni, diabete e obesità sono altri possibili problemi legati all’uso eccessivo di queste “creme dei miracoli ” forse non proprioamente da santificare. Inalati inoltre questi prodotti possono alterare il DNA e divenire causa di tumori.

        Sarà allora meglio cercare di ritagliarsi tempo per andare in spiaggia oppure accontentarsi della proverbiale tintarella di luna, ultimamente tornata di gran voga.

Fonte https://www.chedonna.it/2012/07/30/abbronzanti-pericolosi-possono-causare-cancro-e-infertilita/

LE 4 COSE (+1) CHE IL MUCO CERVICALE PUÒ DIRE A UNA DONNA

      Cambia mentre cambia il corpo, asseconda gli ormoni e, se osservato con attenzione, può raccontare diverse cose di quel che succede “lì sotto”, e ancor più “lì dentro”. È il muco cervicale, la sostanza secreta dalla vagina sottoposta a diversi cambiamenti nel corso dei 28 giorni che segnano, in media, la durata del ciclo mestruale, ed è uno degli elementi utili da tenere in considerazione per monitorare lo stato di salute riproduttiva (e non solo) della donna.

MUCO CERVICALE: COS’È E QUAL È LA SUA FUNZIONE
      Il muco cervicale è prodotto dalle ghiandole che si trovano nel canale cervicale ed ha principalmente una funzione protettiva. Forma infatti una “pellicola” o “tappo” del canale cervicale che, chiudendo il passaggio tra la vagina e l’utero, impedisce il passaggio di virus, batteri e altri organismi all’interno della cavità uterina.

Картинки по запросу MUCO CERVICALE
      Nel corso del ciclo mestruale di una donna il muco cervicale è impenetrabile anche dagli spermatozoi, mentre in prossimità dell’ovulazione si trasforma in segno opposto, in modo da favorire il passaggio degli spermatozoi attraverso l’utero. In questo periodo il muco cervicale “lavora” anche a favore degli stessi spermatozoi, proteggendoli e nutrendoli.

      Nel caso in cui la quantità di muco secreto non fosse sufficiente o risultasse inadatta, per la sua composizione chimica, alla sopravvivenza degli spermatozoi, la fecondazione dell’ovulo non può verificarsi nemmeno in presenza di rapporti sessuali completi non protetti.

COME CAMBIA IL MUCO CERVICALE
      Durante il ciclo mestruale il muco cervicale dunque si trasforma, modificandosi nell’aspetto e nella consistenza. Tale cambiamento è influenzato dalla produzione degli ormoni, estrogeni e progesterone. Nel corso della fase preovulatoria, quando cioè la quantità di estrogeni aumenta, il muco vaginale risulta elastico e filante e, al tatto, è “allungabile” anche per diversi centimetri, un po’ come succede con l’albume d’uovo. Può essere accompagnato da una sensazione di bagnato. In questo caso la consistenza del muco indica che la donna si trova in un periodo fertile.

      Nel corso dell’ovulazione la quantità di muco cervicale prodotta risulta invece inferiore, dal momento che si abbassa la produzione di estrogeni. Una volta che il follicolo si rompe tocca al progesterone influenzare un nuovo cambiamento. In questa fase il muco diventa di colore giallognolo o grumoso, e in alcuni casi scompare del tutto.

      Una volta avvenuta l’ovulazione il muco vaginale tende a scomparire per alcuni giorni e rimane una sensazione di maggiore secchezza. Può invece accadere che la donna continui ad osservare il muco cervicale, che durante questo periodo è opaco, di colore giallo e non “filante”.

      L’osservazione del muco cervicale è utile per le donne che vogliono individuare i propri giorni fertili o, al contrario, per evitare una gravidanza indesiderata con il cosiddetto metodo Billings (che tuttavia, come metodo contraccettivo naturale, non è affatto efficace).

IL MUCO CERVICALE IN GRAVIDANZA
      Oltre ad indicare il grado di fertilità della donna nel corso del ciclo mestruale il muco cervicale si modifica anche nel corso della gravidanza: durante questo periodo arriva a formare una sorta di copertura (detta “tappo mucoso“) che impedisce l’ingresso di microorganismi potenzialmente dannosi per il feto.

      La “perdita” del tappo mucoso indica l’avvicinarsi della data del parto, da cui possono separarlo però da alcune settimane a pochi giorni (è diversa dalla rottura delle acque, che avviene in prossimità del parto e segna il momento in cui andare in ospedale).

I 4 TIPI DI MUCO (+1) E COSA DICONO

    Картинки по запросу LE 4 COSE (+1) CHE IL MUCO CERVICALE PUÒ DIRE A UNA DONNA
  • Muco giallognolo e appiccicoso: è molto simile alla consistenza della colla secca, che si sbriciola e si rompe molto facilmente. Può essere di colore bianco, giallognolo, ma anche opaco. Si presenta con queste caratteristiche nel corso di una gravidanza.
  • Muco bianco e cremoso: la sua consistenza è simile a quella di una crema per le mani, può essere di colore bianco o giallo opaco, simile al latte o alla maionese. È possibile “stenderlo” tra l’indice e il pollice, ma si rompe facilmente. Segnala la fase preovulatoria, con un basso livello di fertilità.
  • Muco trasparente e acquoso: la sostanza secreta risulta di colore chiaro, trasparente, e ha una consistenza molto simile all’acqua. Indica l’avvicinarsi dell’ovulazione e il periodo fertile.
  • Muco a chiara d’uovo: s’intende il muco vaginale trasparente e molto elastico, può anche essere tinto di bianco o rosa, e si riesce ad allungare tra il pollice e l’indice. Questo è il tipo di muco più adatto alla sopravvivenza degli spermatozoi ed è quello con caratteristiche di maggiore fertilità.
  • Muco maleodorante: se la sostanza secreta risulta particolarmente abbondante e ha un cattivo odore può indicare la presenza di un’infezione vaginale, per cui è utile chiedere il parere di un medico per individuare il problema.

Come la “mindfulness” mi ha aiutata a superare l’infertilità

       Il mio viaggio nell’infertilità è stato relativamente breve, almeno se paragonato a quello di alcune donne. Ci sono voluti poco meno di due anni di speranze, dubbi, attese e preghiere prima che il mio primo figlio annunciasse la sua presenza nel mio grembo con un’ondata gigantesca di inconfondibile nausea.

WOMAN IN THOUGHT       L’esperienza di lottare per avere un figlio era isolante – mi sentivo come se fossimo l’unica coppia che non riusciva a rimanere incinta al primo tentativo. Avevo circa 25 anni, ero sana e felicemente sposata. Le circostanze sembravano tutte “giuste”, eppure qualcosa non stava funzionando. Era fastidioso e mi spezzava il cuore. Sembrava che ovunque intorno a noi ci fossero persone che non pensavano neanche di diventare genitori e tuttavia all’improvviso venivano benedette con miracoli inaspettati. Anche se mi sentivo estremamente sola, la verità è che negli Stati Uniti milioni di uomini e donne lottano ogni anno con l’infertilità. Secondo il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CDC), più del 12% delle donne americane tra i 15 e i 44 anni ha difficoltà a rimanere incinta o a portare a termine una gravidanza. L’infertilità è incredibilmente diffusa, e tuttavia tende a farti sentire terribilmente solo.

       Ho compiuto qualsiasi sforzo per far fronte al fatto che non riuscivo a rimanere incinta. Per molto tempo ho cercato di ignorare semplicemente l’angoscia che provavo, ma inutilmente. Ogni mese in cui non rimanevo incinta interferiva con la mia vita, con la mia capacità di concentrarmi sul lavoro, perfino con il mio matrimonio. Invidiavo le persone che apparentemente rimanevano incinte senza alcuno sforzo, e odio ammettere che a volte era difficile essere veramente felice per loro. Oltre a questo, sentivo come se in me ci fosse qualcosa di sbagliato – forse per qualche ragione non ero adatta a diventare madre.

       Una mia collega eccentrica ha poi iniziato a parlarmi della mindfulness. Mi stavo stressando per qualcosa a lavoro, e questa persona ha suggerito che quello che contava di più era il momento che avevo davanti. Ero una cristiana praticante, ma non avevo collegato il fatto di vivere la mia fede con la pratica della mindfulness. Non ero sicura di cosa significasse per il mio stato mentale, o di come mi potesse aiutare a far fronte a mesi e mesi di infertilità inspiegabile. Non sapevo nemmeno cosa volesse dire davvero quel termine (mi sembrava un po’ troppo New Age e pseudo-spirituale), ma ho comunque provato la tecnica, unendola alla preghiera, come meccanismo di difesa contro la solitudine e la tristezza che provavo.

Картинки по запросу mindfulness       Se siete come me e vi state chiedendo se la mindfulness sia una pratica appropriata per un cristiano praticante, seguitemi per qualche minuto. La mindfulness non è una religione o una meditazione; è semplicemente una calma accettazione di qualsiasi momento ci troviamo a vivere, la consapevolezza della realtà che abbiamo davanti. Uno sguardo più approfondito alla mindfulness rivela che è semplicemente una pratica con la quale possiamo esercitare la nostra fede.

       Il dottor Gregory Bottaro, del CatholicPsych Institute e autore di The Mindful Catholic, scrive che la mindfulness cristiana è “semplicemente imparare come controllare la nostra messa a fuoco di modo che anziché fare attenzione alle fantasie che creiamo nella nostra immaginazione possiamo concentrarci sulla realtà che si svolge al di fuori dello spazio compreso tra le nostre orecchie”.

       “Anziché dire semplicemente ‘Confido in Dio‘”, aggiunge, “possiamo affiancare alle parole il cervello. Quando rimuginiamo sul passato o sul futuro, ‘ruminando’ in continuazione su preoccupazioni o rimpianti, stiamo agendo come se avessimo il controllo e dovessimo capire tutto. Se vogliamo compiere un atto di fiducia in Dio, possiamo cercare di liberarci di questo falso controllo concentrando invece la nostra mente sulle realtà del momento presente”.

       Nei miei peggiori momenti di paura e disperazione, mentre divoravo libri sulla fertilità e siti Internet pieni di dritte su come rimanere incinte, non ho sempre confidato del tutto in Dio – era difficile tenere la mente tranquilla e concentrata sulla realtà del momento.

       I momenti in cui mi fermavo, respiravo e accettavo il fatto che Dio non mi avesse ancora dato un bambino – anziché gettarmi in un tentativo frenetico di capirne il motivo – erano però una rivelazione di pace e calma. Mi concentravo sulle cose per le quali ero grata: avevo un impiego, ero sposata con un uomo affettuoso e che mi sosteneva, avevo buoni amici e una famiglia che mi amava, e una Chiesa solida.

       Non sapevo perché Dio non mi avesse ancora dato un bambino, ma con la mindfulness e la preghiera ho smesso di pormi le domande continue e angoscianti che mi stavano provocando tanto stress. In quel periodo ho pregato molto, e se supplicavo Dio di donarmi un figlio, la mia vita di preghiera andava anche al di là delle continue richieste. Sono andata più a fondo con Lui, ho iniziato a conoscerlo di più, e ogni volta che mi rivolgevo a Lui perché ero triste o perché mi facevo mille domande mi veniva più incontro.

       Non avrei scelto di vivere mesi di infertilità inspiegabile, e non l’augurerei a nessuno per il dolore che provoca, ma non credo che il tempo trascorso aspettando di diventare madre sia stato sprecato. Con la mindfulness e l’accettazione della mia situazione sono riuscita ad arrivare a Dio nella preghiera autentica, e così il mio rapporto con Lui si è rafforzato. Anche se quei mesi sono stati spiacevoli e stressanti, non li cambierei neanche se potessi. La prossima volta che vivrò una situazione di sofferenza (e ce ne sono sempre) ricorderò la crescita che ho sperimentato mediante l’infertilità, e la preghiera e la mindfulness saranno le mie prime difese.

Fonte https://it.aleteia.org/2018/06/27/come-mindfulness-aiuta-a-superare-infertilita/2/

martedì 26 giugno 2018

Sesso, ecco perché gli uomini sono sempre meno fertili

Cause ambientali e  fenomeni sociali
       “Noi abbiamo delle cause ambientali che vanno a incidere sulla salute del testicolo. Queste cause possono essere: inquinamento ambientale e/o elettromagnetico– ha spiegato La Pera- . Si è visto, per esempio, come in alcune zone molto inquinate d’Italia ci sono studi che dimostrano come nel liquido seminale degli abitanti della Terra dei Fuochi ci siano alte concentrazione di sostanze tossiche e una riduzione sensibile della concentrazione degli spermatozoi. Il liquido seminale è uno dei più precoci indicatori dell’inquinamento ambientale e questo poi si riflette sulla concentrazione degli spermatozoi e sul potenziale di fertilità. La capacità di avere figli non dipende solo dalla salute del testicolo, ma anche da alcuni fenomeni sociali che sono intervenuti recentemente. Uno fra tutti è che si decide di fare un figlio più tardi rispetto al passato”.

Картинки по запросу ecco perché gli uomini sono sempre meno fertili       “E’ difficile dare una regola universale su quando avere un figlio, però è evidente che prima si fanno meglio è, perché il potenziale di fertilità nel maschio, ma anche nella femmina, è maggiore dopo la seconda decade di vita e invece invecchiando tende al declino. Quali sono le soluzioni a questo problema? Dobbiamo partire da un dato epidemiologico, secondo una ricerca che abbiamo condotto, sponsorizzata dalla società italiana di andrologia e dalla Regione Lazio, nel territorio di Ladispoli e di Ostia, il 56% dei ragazzi visitati presentava delle anomalie genitali e di questi il 30% aveva una patologia come il varicocele che può colpire la fertilità. Per questo è necessario fare una visita andrologica durante il periodo adolescenziale per intercettare quelle patologie che possono essere di disturbo sia per la fertilità che per la sessualità maschile. Perché questi due tipi di patologie hanno delle conseguenze negative sullo sviluppo, sociale e psicologico, del ragazzo. Sarebbe anche utile fare un esame del liquido seminale dopo i 18 anni, perché in questa maniera si può già capire qual è la situazione”.

Evitare fumo, alcol, droga e…cellulari
       “Questo naturalmente non è che sia di garanzia ad una soluzione definitiva- ha sottolineato- però sapere prima com’è la situazione può essere utile. Poi ovviamente evitare fumo, alcol e droga. Secondo recenti studi anche i telefonini possono influire negativamente sulla fertilità. C’è una terza soluzione che ancora non è stata consigliata a livello scientifico, ma che a mio avviso i pazienti devono conoscere, cioè la possibilità di fare la crioconservazione, il social freezing. Congelare già a 18 anni questo liquido seminale per evitare il deterioramento nel tempo e perché si pensa di fare i figli più in là. Ovviamente- ha concluso La Pera- questo da un punto di vista etico e morale attiene alla sensibilità di ciascuna persona, però è importante che le persone sappiano che tecnicamente questa cosa si può fare”.

Infertilità: come affrontarla in coppia

         Chi scopre di non poter avere un figlio vive un trauma. Che rischia di travolgere anche il rapporto a due
 Prepararsi all'eterologa
         Dal 2014 anche in Italia è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa, cioè il trattamento di riproduzione medicalmente assistita realizzato con i gameti di donatori esterni alla coppia (ovuli, seme o entrambi). Una possibilità che porta con sé anche dubbi e paure.
         «Prima di affrontare questo percorso è importante conoscere tutti gli aspetti che entrano in gioco, anche quelli psicologici, spesso sottovalutati» spiega Raffaella Visigalli. «Molti futuri genitori, ad esempio, hanno il timore di non riconoscere il bambino come proprio. Ma la genitorialità è un concetto molto più ampio del singolo gamete e ha a che fare con la cura, l’educazione, l’affetto. Io consiglio sempre alle coppie di affidarsi a uno psicologo esperto in materia per affrontare con meno sofferenza e più risorse l’impossibilità di concepire in modo naturale: è un diritto chiederlo in tutti i centri di procreazione assistita. Lo hanno stabilito le Linee Guida del 2008».

Fonte https://www.donnamoderna.com/mamme/rimanere-incinta/come-affrontare-infertilita

Carmen Consoli/ Mamma single con la fecondazione assistita: “Egoista per questo? Ma io gli darei la mia vita!”

Carmen Consoli
       La scelta di avere un figlio da singole e con la fecondazione assistita non è stata facile per Carmen Consoli, ma le è apparsa inevitabile. «Ero single, a 38 anni, un'età biologica avanzata, mi trovavo sola con mia madre, dopo la morte di papà. Va allargata la famiglia, penso». Poteva trovare un uomo più giovane di lei e ripetere quello che ritiene «lo schema di tante famiglie». Invece ha fatto una scelta diversa, come ha raccontato la cantante nell'intervista a Sette del Corriere della Sera: «Non volevo illudere nessuno, né dare a mio figlio una famiglia che si sarebbe sfasciata». E quindi si è informata, ha letto studi su questi casi ed è andata a Londra, dove è possibile fare la fecondazione assistita con il non-anonimato del donatore. «Carlo potrà sapere chi è il padre, se vorrà. È già molto autonomo nelle scelte». Molti però potrebbero considerare la sua scelta egoistica. «Ma se hai un figlio non ci penseresti due volte a dare la tua vita! Non so quanto possa essere egoista una madre».

CARMEN CONSOLI, MAMMA SINGLE CON LA FECONDAZIONE ASSISTITA
        Carmen Consoli nel racconto della sua maternità al Corriere della Sera ha spiegato di aver seguito un iter preciso in Inghilterra. «Il governo ti mette uno psichiatra che stabilisce se tu, madre single o in coppia etero o omo, sei idonea. Ti chiedono se lo fai come antidoto alla solitudine, se è compatibile con il tuo lavoro... Non vanno bene le donne troppo in carriera. Anche fare l'artista li frenava, con me, a chi lo lasci? Ma poi hanno capito che avevo persone fidate come punti di riferimento e non volevo fare una copia di me, non era narcisismo». Una precisazione però la fa, perché ritiene sia doverosa: «Un figlio è meglio farlo con un marito ed è meglio dare a un bambino una famiglia, anche omogenitoriale, anche se io sono per la famiglia tradizionale». In Italia comunque ci sono molte limitazioni per la fecondazione assistita. «È un percorso molto delicato. Non puoi arrivarci con la superficialità nostra». A proposito del figlio Carlo dice: «Carlo è un dono meraviglioso, ricevuto grazie alla famiglia che ci sta attorno, mia madre soprattutto, nonna Rosa, poi le amiche-zie e gli zii... Max Gazzè l’altro giorno è andato a prenderlo a scuola, Carlo lo chiama Maz Che Gazzeb, arabeggiante».

Fonte http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2018/6/16/Carmen-Consoli-Mamma-single-con-la-fecondazione-assistita-Egoista-per-questo-Ma-io-gli-darei-la-mia-vita-/826141/

Infertilità, lo studio sugli spermatozoi: cosa rivelano, si ribaltano le convinzioni

       Al congresso europeo di Eshre, la società europea di riproduzione umana e di embriologia, è stato presentato un importante studio italiano che ha utilizzato solo ed esclusivamente il liquido spermatico per misurare l' impatto dell' inquinamento sulla salute maschile, e tale studio, pubblicato sulla rivista Environmental Toxicology and Pharmacology, rivela dati allarmanti ed inequivocabili sulla vitalità e fertilità del seme maschile di chi vive in aree gravemente inquinate come Taranto o la Terra dei Fuochi, a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, comparato con quello chi abita in zone della stessa regione non considerate a rischio, dimostrando con dati di laboratorio l' abisso evidente tra i due campioni di soggetti esaminati.


IL CONFRONTO
Картинки по запросу Infertilità, si può curare con la meditazione       In questo lavoro infatti sono stati studiati 222 maschi, omogenei per età, indice di massa corporea e stile di vita, scelti tra non bevitori e non fumatori, e provenienti dalle due zone della Campania classificate appunto come "Terra dei Fuochi", confrontate con quelle provenienti dalla zona del Sele, nel Salernitano, giudicata poco o nulla inquinata. Ebbene, mentre nel sangue di tutti i soggetti non è stato possibile dosare la presenza minima od evidente di metalli pesanti, nel loro seme è stato invece segnalato addirittura l' accumulo di tali sostanze, in particolare di cromo, con riduzione o scomparsa degli enzimi antiossidanti, e con la maggioranza degli spermatozoi dimezzati per numero, mobilità e vitalità, danneggiati da stress ossidativi, con conseguente allungamento dei telomeri spermatici e lesioni accertate del loro Dna. L' allarme inquinamento quindi questa volta arriva dagli andrologi e la ricerca in pratica ha svelato che nel seme maschile si può avere la misura esatta di quanto esso pesi sulla salute umana molto prima che i suoi effetti si manifestino nel sangue, incoronando quindi lo spermatozoo come il biomarcatore ideale per il monitoraggio ambientale e la vigilanza sanitaria delle aree considerate a rischio. Gli spermatozoi dei soggetti,che si sono sottoposti volontariamente al test e che abitano in tali zone, si sono rivelati con un indice di bassa fertilità e di conseguenza di bassa riproduttività rispetto al campione regionale, con un rischio calcolato di vulnerabilità parallela sulle nuove generazioni.

       Che l' inquinamento possa danneggiare la fertilità maschile era già noto, ma la novità è che oggi gli studi lo confermano in modo inequivocabile, e gli spermatozoi sono stati riconosciuti scientificamente come i migliori markers di esposizione ambientale, trasformando gli studi sullo sperma in un efficace strumento di monitoraggio, sorveglianza e prevenzione in aree a rischio.

IL PROGETTO
       È nato così il progetto Ecofoodfertility che coinvolge diverse istituzioni ed università italiane ed europee, che lavora per indagare e misurare altri impatti ambientali sulla salute degli spermatozoi, un primo passa per individuare le zone ad alto rischio sanitario e soprattutto quanto l' inquinamento impatti sulla salute di chi vi abita, inclusa quella riproduttiva. L' obiettivo è quello di proteggere queste popolazioni con i farmaci antiossidanti per la salvaguardia della qualità del seme negli adolescenti, tra i quali è stato segnalato un vertiginoso aumento di infertilità.
Sono più di 50milioni le coppie dichiarate infertili nel mondo, e in Italia si fa ancora troppo poco per tutelare la fertilità sin da giovani, minata già da comportamenti che la danneggiano, come fumo, droghe ed eccesso di alcool, e gli scienziati lanciano l' allarme sui mutamenti morfologici del contenuto del liquido seminale, il cui declino non si è mai arrestato, ricordando che gli spermatozoi, la cui fertilità si è ridotta del 60% negli ultimi 40anni, sono e restano comunque gli unici strumenti e protagonisti indispensabili della riproduzione, e quindi dell' origine della vita.

Fonte http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/13358516/spermatozoi-ricerca-scientifica-inquinamento-infertilita-rivela-malattia.html

Donna e alcol

       Le linee guida nutrizionali raccomandano che una donna adulta e in buona salute non superi un consumo giornaliero di 1 unità alcolica, mentre l'uomo non deve superare le 2 unità alcoliche.
       Questa differenza dipende dal fatto che l’organismo femminile presenta una massa corporea inferiore rispetto all’uomo, minor quantità di acqua corporea e meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol (carenza dell’enzima epatico alcol deidrogenasi). A pari quantità di bevande alcoliche, quindi, corrisponde un livello di alcolemia maggiore.
Per questi motivi la donna impiega un tempo più limitato dell'uomo per diventare alcolista e sviluppa molto più rapidamente le complicanze epatiche, cardiovascolari e psichiatriche correlate all'abuso.

       Oltre a queste patologie, la donna bevitrice presenta un maggior rischio di  sviluppare il tumore della mammella.
       L’abuso di alcol ha un ruolo rilevante ed incide negativamente anche sulla fertilità.
       L’abuso di alcol può essere, infatti, responsabile di una minore produzione degli ormoni femminili, determinando un’insufficienza ovarica che si manifesta con irregolarità mestruali (fino alla scomparsa del ciclo), assenza di ovulazione, infertilità e menopausa precoce.
Nella donna che assume contraccettivi orali, inoltre,l’alcol ingerito resta in circolo più a lungo.

       Numerosi studi hanno, infine, dimostrato che l’alcol determina una riduzione dell’attività osteoblastica (produzione di cellule delle ossa) e della calcemia (quantità di calcio), fattori che conducono all’osteoporosi.

donna con un bicchiere in mano       Un discorso particolare va fatto per la donna in gravidanza, periodo in cui va evitato anche un consumo moderato di alcol. L'etanolo, infatti, è in grado di attraversare la placenta e arrivare al feto a una concentrazione di poco inferiore a quella ematica materna. Le cellule fetali, non essendo dotate di enzimi capaci di metabolizzare l’alcol, ne subiscono gli effetti dannosi in particolare a livello del cervello e dei tessuti in via di formazione.
       L’azione tossica dell’alcol interferisce sui normali processi di sviluppo fisico ed intellettivo del feto provocando malformazioni e ritardo mentale più o meno gravi in funzione dei livelli di consumo. Pertanto a causa di tale azione tossica le donne che bevono abitualmente durante la gravidanza  hanno una maggior frequenza di aborti spontanei e sono esposte al rischio di partorire neonati affetti da sindrome feto alcolica (FAS - Alcohol Fetal Syndrome).
       Va sottolineato che il rischio di danni cerebrali al feto esiste anche per le donne alcolizzate da tempo, anche se smettono di bere per tutta la durata della gravidanza.

       Nelle donne anziane l’alcol, anche moderato, può peggiorare ed accelerare la degenerazione della sfera neurologica e psichica. Inoltre spesso la donna anziana è in terapia farmacologia e l’alcol può interferire con molti farmaci.
Estremamente pericolosa è l’interazione tra alcol e farmaci che deprimono il sistema nervoso (sedativi, tranquillanti, ansiolitici, ipnotici).

       Dai dati ISTAT si registra nel corso degli anni un incremento della prevalenza delle consumatrici fuori pasto, in particolare, nel corso del 2015 la prevalenza è aumentata di 1,2 punti percentuali; tra le donne l’incremento risulta particolarmente significativo nella classe di età 25-44 anni.

Fonte http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2350&area=alcol&menu=vuoto