Perché embrioni considerati morfologicamente di buona qualità non si impiantano in utero e quindi non portano a una gravidanza in percentuali alte, che variano dal 30 al 60 per cento? E' la domanda da cui sono partiti gli scienziati che hanno appena presentato uno studio al trentatreesimo congresso dell'Eshre, la società europea di riproduzione umana ed embriologia, in corso a Ginevra. La risposta non è univoca, ovviamente. Intanto le anomalie cromosomiche, dovute soprattutto alla tarda età della donna, non si vedono a occhio nudo. E poi entra in gioco il fattore umano con una grande variabilità tra un operatore e un altro e persino tra lo stesso operatore.
La variabile umana. Difficoltà che però, secondo José Celso Rocha, professore dell'università statale brasiliana di San Paolo, possono essere risolte usando l'intelligenza artificiale. Eliminando la variabile umana dal giudizio sulla qualità dell'embrione insomma. E ancora di più da quel processo che si chiama time-lapse e che consente agli embriologi di seguire lo sviluppo dell'embrione con foto consecutive su diversi piani per circa cinque giorni e ogni 5-10 minuti. Affidare la visione di queste immagini ad una macchina consentirebbe - secondo Rocha - un controllo uniforme, una ripetitività di risultato e un'accuratezza che difficilmente occhio umano sarebbe in grado di garantire, per la molteplicità di variabili che entrano in gioco, a cominciare dalla stanchezza, dalla routine, dallo stress, che la macchina ovviamente non prova. Il computer invece, grazie ad un algoritmo matematico, sarebbe in grado di classificare le immagini "aumentando il valore predittivo di quanto un singolo embrione potrebbe funzionare, e predicendo dunque migliori chance di gravidanza".
L'esperimento. Per dimostrare che l'intelligenza artificiale è meglio dell'occhio umano sono stati analizzati 482 embrioni bovini di sette giorni, utilizzati per "insegnare" alla macchina che cosa cercare e come farlo. E i risultati hanno mostrato una accuratezza del 76 per cento. Le macchine sostituiranno dunque gli embriologi? "Ma neanche per idea - ragiona Laura Rienzi, presidente Sierr, la società italiana di embriologia ricerca e riproduzione nonché direttore di laboratorio dei centri Genera, che oggi fa una relazione proprio sull'automazione - perché gli embriologi faranno altro in laboratorio. Ma il vantaggio di portare l'intelligenza artificiale in laboratorio è la ripetitività del risultato, che non cambia con operatori e in laboratori diversi. E questa è una garanzia per il paziente. Ridurre la manualità nei laboratori di procreazione assistita non può che essere positivo".
I numeri. E, a conforto, Rienzi cita i dati di alcuni studi randomizzati. "Nei migliori centri al mondo - spiega - la percentuale di sopravvivenza degli ovociti vitrificati varia dal 74 al 92 per cento, quella degli embrioni dal 70 al 95. Le differenze sono enormi e legate a vari fattori che possono essere diversi da laboratorio a laboratorio e persino in orari diversi nello stesso laboratorio: la temperatura, il tempo di esposizione dell'embrione al crioprotettore, la viscosità del crioprotettore stesso. E ovviamente la variabile umana. Se tutto questo viene fatto da una macchina - ed è già in commercio il Gavi (di Merck) che vitrifica semi-automaticamente embrioni e ovociti - se pure avrà l'80 per cento di successo, supponiamo, sarà l'80 sempre e ovunque". E oltre a queste apparecchiature sono già a disposizione (ma non tutte ancora utilizzate nei laboratori) macchine per la valutazione degli spermatozoi, per la tracciabilita delle cellule o per l'Icsi robotizzata, tecnica con la quale un singolo spermatozoo viene iniettato in un ovocita.
Il futuro. Rocha intanto, in collaborazione con la Boston Clinic di Londra, sta cominciando a testare l'apparecchiatura su embrioni umani, in modo da "costruire" le regole per la classificazione dell'embrione stesso. Anche se la morfologia è un fattore chiave per giudicare la vitalità e lo stato di salute dell'embrione, sono comunque necessarie altre indagini, come la diagnosi genetica pre impianto. Se andrà tutto bene in circa un anno l'intelligenza artificiale entrerà nei laboratori. Anche se resta il problema dei costi, che probabilmente non tutti i laboratori sono in grado di sostenere. "Il futuro è tutto quanto il laboratorio in un chip - conclude Rienzi - che ci si può portare appresso ovunque. Per garantire la stessa competenza ovunque, in Europa come in Africa".
Fonte http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/fertilita-e-infertilita/2017/07/04/news/fecondazione_artificiale_l_intelligenza_artificiale_per_cercare_una_gravidanza-169922665/
La variabile umana. Difficoltà che però, secondo José Celso Rocha, professore dell'università statale brasiliana di San Paolo, possono essere risolte usando l'intelligenza artificiale. Eliminando la variabile umana dal giudizio sulla qualità dell'embrione insomma. E ancora di più da quel processo che si chiama time-lapse e che consente agli embriologi di seguire lo sviluppo dell'embrione con foto consecutive su diversi piani per circa cinque giorni e ogni 5-10 minuti. Affidare la visione di queste immagini ad una macchina consentirebbe - secondo Rocha - un controllo uniforme, una ripetitività di risultato e un'accuratezza che difficilmente occhio umano sarebbe in grado di garantire, per la molteplicità di variabili che entrano in gioco, a cominciare dalla stanchezza, dalla routine, dallo stress, che la macchina ovviamente non prova. Il computer invece, grazie ad un algoritmo matematico, sarebbe in grado di classificare le immagini "aumentando il valore predittivo di quanto un singolo embrione potrebbe funzionare, e predicendo dunque migliori chance di gravidanza".
L'esperimento. Per dimostrare che l'intelligenza artificiale è meglio dell'occhio umano sono stati analizzati 482 embrioni bovini di sette giorni, utilizzati per "insegnare" alla macchina che cosa cercare e come farlo. E i risultati hanno mostrato una accuratezza del 76 per cento. Le macchine sostituiranno dunque gli embriologi? "Ma neanche per idea - ragiona Laura Rienzi, presidente Sierr, la società italiana di embriologia ricerca e riproduzione nonché direttore di laboratorio dei centri Genera, che oggi fa una relazione proprio sull'automazione - perché gli embriologi faranno altro in laboratorio. Ma il vantaggio di portare l'intelligenza artificiale in laboratorio è la ripetitività del risultato, che non cambia con operatori e in laboratori diversi. E questa è una garanzia per il paziente. Ridurre la manualità nei laboratori di procreazione assistita non può che essere positivo".
I numeri. E, a conforto, Rienzi cita i dati di alcuni studi randomizzati. "Nei migliori centri al mondo - spiega - la percentuale di sopravvivenza degli ovociti vitrificati varia dal 74 al 92 per cento, quella degli embrioni dal 70 al 95. Le differenze sono enormi e legate a vari fattori che possono essere diversi da laboratorio a laboratorio e persino in orari diversi nello stesso laboratorio: la temperatura, il tempo di esposizione dell'embrione al crioprotettore, la viscosità del crioprotettore stesso. E ovviamente la variabile umana. Se tutto questo viene fatto da una macchina - ed è già in commercio il Gavi (di Merck) che vitrifica semi-automaticamente embrioni e ovociti - se pure avrà l'80 per cento di successo, supponiamo, sarà l'80 sempre e ovunque". E oltre a queste apparecchiature sono già a disposizione (ma non tutte ancora utilizzate nei laboratori) macchine per la valutazione degli spermatozoi, per la tracciabilita delle cellule o per l'Icsi robotizzata, tecnica con la quale un singolo spermatozoo viene iniettato in un ovocita.
Il futuro. Rocha intanto, in collaborazione con la Boston Clinic di Londra, sta cominciando a testare l'apparecchiatura su embrioni umani, in modo da "costruire" le regole per la classificazione dell'embrione stesso. Anche se la morfologia è un fattore chiave per giudicare la vitalità e lo stato di salute dell'embrione, sono comunque necessarie altre indagini, come la diagnosi genetica pre impianto. Se andrà tutto bene in circa un anno l'intelligenza artificiale entrerà nei laboratori. Anche se resta il problema dei costi, che probabilmente non tutti i laboratori sono in grado di sostenere. "Il futuro è tutto quanto il laboratorio in un chip - conclude Rienzi - che ci si può portare appresso ovunque. Per garantire la stessa competenza ovunque, in Europa come in Africa".
Fonte http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/fertilita-e-infertilita/2017/07/04/news/fecondazione_artificiale_l_intelligenza_artificiale_per_cercare_una_gravidanza-169922665/
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