Gravidanza e sport, si può eccome, pur con attenzione e senza stressare troppo l’organismo. Proprio per le donne in gravidanza Nike lancerà il 17 settembre la collezione Nike (M), la prima dedicata alla maternità. Nike (M) nasce dalla combinazione di dati sulla gravidanza e di analisi effettuate su oltre 150mila scansioni comparative tra donne non incinte e donne in stato di gravidanza. Durante l’intero processo di progettazione, i designer hanno anche raccolto da quasi 30 atlete incinte o in fase post-parto feedback dettagliati sulla vestibilità, sulla percezione e sulla funzionalità.
La collezione Nike (M) è composta da una capsule essenziale di quattro capi: un pullover, un reggiseno Swoosh, una canotta Tank e i leggings Tight, realizzati con la filosofia del design universale per aiutare le mamme a svolgere un ruolo importante in un contesto di cambiamento del loro rapporto con il corpo e con lo sport.
“Più ascoltavamo le mamme in attesa e le mamme in post-partum – spiega Carmen Zolman, Nike Senior Design Director for Apparel Innovation – più imparavamo, rielaboravamo e innescavamo processi di innovazione attraverso un design inclusivo. È il progetto di una vita lavorare a stretto contatto con tutti i tipi di madre per creare una capsule che sostenga realmente il rapporto delle donne con lo sport in un periodo così di cambiamento della loro vita”.
Il confronto con diverse atlete Nike professioniste diventate mamme conferma ulteriormente questa verità. Dare alla luce un bambino è probabilmente uno degli eventi più di trasformazione che il corpo umano possa sperimentare. Che sia una mamma biologica, una madre surrogata, una madre adottiva, una matrigna o altro, il percorso e la ripresa di ogni mamma avvengono in maniera diversa. Tuttavia, i temi generali che toccano direttamente le atlete mamme si possono applicare anche a tutte le altre mamme di ogni estrazione: essere in buona salute, sicure di sé, essere attive. Soprattutto, essere gentili con se stesse, sempre.
Questo è ciò che Alex Morgan, titolare della nazionale femminile di calcio degli Stati Uniti e attaccante dell’Orlando Pride, ha dovuto continuamente ricordare a sé stessa mentre aspettava la sua figlia primogenita, Charlie, fino al termine della gravidanza. “Non si trattava solo di un cambiamento fisico – racconta la calciatrice – ma dovevo accettare un cambiamento mentale in modo da poter dire: ‘Va bene così’. Come atleta, vuoi vedere dei risultati. Vuoi continuare a progredire. Durante tutta la gravidanza ho dovuto cambiare il mio modo di pensare, da ‘I miei tempi a chilometro peggiorano’ o ‘Mi stanco più facilmente’ a ‘Sto facendo crescere un bambino, quindi sii indulgente con te stessa e il tuo corpo e goditi davvero questo momento’”.
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