La mappa cromosomica non è un esame particolarmente invasivo. Il dottor Mesoraca ci spiega che per l’analisi è sufficiente un semplice prelievo di sangue venoso:
Il campione viene raccolto in una provetta contenente eparina e, dopo alcuni passaggi, i linfociti del sangue vengono messi in coltura.
Per poter poi osservare i cromosomi sono necessarie opportune tecniche di laboratorio, in quanto sono strutture ben visibili solo durante la metafase della divisione cellulare, quando sono condensati (e quindi più grossi) e allineati lungo il piano equatoriale della cellula, ovvero in posizione centrale.
Successivamente, le cellule vengono bloccate, colorate e il materiale cromosomico fissato su vetrini. A questo punto, al microscopio verrà eseguita la lettura delle cosiddette “metafasi cellulari”. Dal giorno del prelievo, il tempo minimo del processo può aggirarsi intorno ai 7-10 giorni.
Inoltre, non è un esame di routine, ma viene eseguito solo in determinate situazioni.
Sono diverse le motivazioni che spingono ad eseguire una mappa cromosomica. Ad esempio, in epoca post-natale, quando un neonato ha una sospetta sindrome genetica. Oppure, è utile nel caso di coppie che hanno avuto aborti ricorrenti per indagare le cause che hanno determinano la poliabortività. O nel caso di coppie che si accingono ad affrontare un percorso di fecondazione medicalmente assistita. Oppure ancora se una coppia ha già avuto un figlio con una patologia cromosomica.
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