mercoledì 30 settembre 2020

Cos’è la fecondazione assistita?

 Tecnicamente si chiama procreazione medicalmente assistita (Pma) e dall’anno in cui è nata (1978) grazie al premio nobel Robert Edwards, che fece nascere la prima bimba al mondo concepita in provetta, ha consentito migliaia di altre nascite. È infatti una tecnica medica che consente a coppie affette da sterilità e infertilità di poter ugualmente concepire e avere figli. in Italia è possibile farlo dal 2004, anno in cui è entrata in vigore la prima legge [1] che regola la fecondazione assistita, e che negli anni è stata modificata, anche a seguito di sentenze della Corte costituzionale, che hanno ritenuto illegittimi alcuni paletti che costringevano le coppie a dover andare all’estero per beneficiare appieno degli strumenti scientifici di procreazione.

Il divieto di fecondazione eterologa, cioè la possibilità di utilizzare ovociti o spermatozoi estranei alla coppia (di donatori esterni) è stato uno dei primi divieti bannati dalla Corte. Così, mentre agli albori della legge e fino a pochi anni fa non si poteva ricorrere a donatori esterni, dal 2014 si può. Così come oggi si può impiantare più di 3 embrioni contemporaneamente.


In linea di massima comunque la legge consente di ricorrere alla procreazione assistita:


  • alle coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi
  • in età fertile
  • che abbiano problemi di sterilità (cioè entrambi o anche solo uno dei due si trovi in una condizione fisica permanente caratterizzata dall’impossibilità di procreare)
  • oppure problemi di infertilità (cioè quando la coppia non è riuscita a concepire figli dopo almeno un anno di tentativi)

La condizione assoluta è quella che non ci siano altri metodi terapeutici per risolvere l’infertilità o la sterilità. In pratica la fecondazione deve essere l’ultima spiaggia.

Social eggs freezing: una possibilità in più di diventare madri al «momento giusto»

 Per le donne da sempre, l’argomento maternità è fonte di pressione: biologica, per via del naturale invecchiamento degli ovociti a partire dai 30 anni, e sociale, con una società che si aspetta come prima cosa che la donna procrei.

Due ostacoli che oggi però pare possano essere aggirati con il social eggs freezing, un tema di attualità che sta infiammando da qualche anno in dibattito negli Stati Uniti e che ora sta arrivando anche in Italia.

Ma di cosa si tratta? Di una nuova tecnica di preservazione della fertilità, che aiuterebbe le donne a superare gli ostacoli che l’invecchiamento ovarico comporta nel decidere di avere un figlio quando si è pronte.

Considerato che in Europa, l’età media delle donne al loro primo figlio è in costante aumento (è stimata sui 29 anni), questo potrebbe rappresentare un notevole vantaggio.

«Secondo un’indagine condotta dal nostro centro, il 90% delle donne è consapevole che il picco di fertilità, e dunque il momento migliore per diventare mamma, si ha tra i 20 e i 30 anni, per poi diminuire tra i 35 e i 40 e in modo più marcato tra i 45-50 anni – spiega il Professor Ermanno Greco, Direttore Responsabile del Centro di Medicina della Riproduzione dell’European Hospital di Roma – Ma la maggioranza delle donne, date le condizioni socio-economiche attuali, si sentirebbe più sicura ad avere un figlio verso i 30 anni e passa, quando queste ultime diventano più stabili».

Fattori come il perseguimento di una istruzione avanzata, l’avanzamento della carriera e i cambiamenti nelle relazioni e nella convivenza, sono stati individuati come alcune delle motivazioni che portano all’aumento dell’età in cui si ricerca un figlio.

Da qui, la necessità di una tecnica come il social eggs freezing: «Voglio essere certa che tutti quelli che vogliono avere bambini, abbiano dei bambini – commenta Joyce Harper, professoressa di Scienza Riproduttiva, Head of Research alla facoltà di Salute Riproduttiva, direttrice dell’educazione e del Reproductive Science Group all’Istituto per la Salute delle Donne dell’UCL (Regno Unito) – È un fenomeno globale il posticipare sempre più il momento della famiglia per le donne di oggi, sia per proseguire con l’istruzione superiore, per la carriera o per i diversi stili di vita. In alcuni casi anche perché non riescono a trovare un partner che sia pronto. La fertilità della donna diminuisce con l’età, in particolar modo intorno ai 35 anni. È essenziale che le donne siano pienamente informate sulle possibilità riproduttive per sostenerle nella migliore scelta possibile per se stesse e per i loro futuri progetti di formare una famiglia».

Ma in cosa consiste esattamente il social eggs freezing? E quali benefici/rischi ha? «Potremmo definirla una specie di piccola assicurazione riproduttiva, che la donna prima fa, meglio è, per assicurare una riserva di ovociti di buona qualità – spiega il dottor Enrico Papaleo, responsabile dell’Unità funzionale Centro Scienze della natalità clinico ostetrica ginecologica dell’Ospedale San Raffaele a Milano – L’ideale sarebbe tra i 20 e i 30 anni, ma è anche vero che in questa decade a nessuna donna viene in mente di crioconservare i propri ovuli per utilizzarli più avanti».

«Il social eggs freezing è una procedura molto semplice mini invasiva, che ricalca il prelievo ovocitario delle donne infertili. Consiste in una stimolazione ormonale per una decina di giorni, seguita da un prelievo chirurgico di cinque minuti per via transvaginale. Infine, il biologo ha il compito di crioconservare questi ovociti prelevati (in genere, tra i 12 e i 18), i quali possono resistere anche per decine di anni».

«I rischi? Fisici, pressoché tendenti allo 0,…, mentre bisogna tener comunque conto del fatto che se si decide di posticipare un’eventuale gravidanza, gli ovuli che si andranno a impiantare saranno sì giovani, ma il corpo no, quindi si potrebbe incorrere in una serie di problemi di natura ostetrica».

«Dove si può fare in Italia? Nei centri di Procreazione Medicalmente Assistita con banche autorizzate alla crioconservazione di ovociti. Il costo? Varia in base alla dose di farmaco che serve, in genere oscilla tra i 2500 e i 3500 euro, con un versamento di 110 euro all’anno per lo stoccaggio degli ovociti nel caveau».

Social eggs freezing: una storia vera

In Italia c’è già chi è ricorsa al social eggs freezing. Come Anna (il nome è di fantasia, la paziente tiene a rimanere anonima, ndr), 42 anni, imprenditrice, laureata in giurisprudenza, che al momento non ha figli, ma che vorrebbe darsi una possibilità, non avendo ancora un uomo con cui condividere un progetto e passando il tempo. «Io mi sono rivolta all’European Hospital a Roma – ci racconta Anna – Ho saputo di questa pratica da amiche che non riuscivano a rimanere incinte. Ho fatto il pick-up tre volte, prima di riuscire a congelare degli ovociti di buona qualità. Il costo? Tra una cosa e l’altra, sui 10 mila euro. Ecco, forse è un po’ tanto, secondo me dovrebbe essere accessibile a più donne. Come mi sento ora? Speranzosa, ho affrontato la pratica con energia positiva, perché consapevole di fare qualcosa per me stessa. Dare vita a qualcun altro sarebbe un onore meraviglioso e non si sa mai che possa succedere, quindi ho preferito mettere un punto fermo per darmi una possibilità».

“Il momento giusto”, la campagna informativa di Gedeon Richter

In Italia, al momento, non esiste una legislazione nazionale specifica in materia di social eggs freezing, ma forse è il caso di parlarne. A oggi solo la provincia autonoma di Trento ha inserito un paragrafo dedicato nella sua delibera di “Aggiornamento della disciplina della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e disposizioni in materia di prevenzione” del 16 marzo 2018, che recita così: “Il social freezing, quale forma esclusiva di tutela della fertilità, senza indicazione medica, senza donazione di ovociti, comporta da parte della donna il pagamento della spesa della procedura”.

Gedeon Richter, azienda farmaceutica specializzata nell’area ginecologica, in Italia sostiene il dibattito tra le donne sul tema della preservazione della fertilità, attraverso “Il momento giusto”, la campagna informativa che stimola la conoscenza e il confronto sull’opportunità di conservare più a lungo la propria capacità riproduttiva.

La campagna Italiana, ispirandosi alla Global Campaign “Be ready, whenever you’re ready”, si rivolge alle donne giovani tra i 20 e i 40 anni con l’obiettivo di informarle e sensibilizzarle in merito alla loro fertilità e alla possibilità di preservarla. In questa fascia di età, in cui non si pensa ancora all’idea di diventare madre o la si ritarda, si sa poco o nulla sulle modalità di preservazione della propria fertilità, tra cui la crioconservazione ovocitaria.

La campagna si sviluppa attraverso un sito contenente tutte le domande e le risposte che il social eggs freezing comporta. Si tratta di uno spazio in cui venire a conoscenza della metodica riguardante la crioconservazione ovocitaria, pratica che permette alle donne di pianificare il proprio futuro e sentirsi pronte a diventare madri nel momento giusto per loro.

Fonte https://www.vanityfair.it/benessere/salute-e-prevenzione/2019/12/06/social-eggs-freezing-una-possibilita-piu-di-diventare-madri-al-momento-giusto

Come riconoscere le perdite da impianto dovute all’inizio della gravidanza

Queste perdite, definite anche spotting da impianto, sono delle perdite vaginali di sangue abbastanza frequenti nelle prime fasi della gravidanza.

Si tratta di una manifestazione fisiologica dovuta proprio all’impianto e non devono essere vissute con preoccupazione. In ogni caso, però, la comparsa di queste perdite non può da sola confermare l’avvenuta gravidanza. Queste perdite possono verificarsi dal sesto al dodicesimo giorno del concepimento, e a volte comparendo dopo circa quattro settimane dalle ultime mestruazioni possono essere confuse con queste ultime.

Lo spotting da impianto ha delle caratteristiche specifiche, ad esempio la durata, ma anche il colore delle perdite che permette di non confonderlo con la mestruazione vera e propria. La comparsa di queste perdite varia da donna a donna, in ogni caso però ci sono delle indicazioni generali che possono aiutare ad identificarle.

Queste perdite sono dovute all’impianto dell’ovulo bella parete dell’utero. Questo processo attraverso il quale l’ovulo si stabilisce nell’endometrio e inizia il suo accrescimento può provocare una lesione dei tessuti e una rottura dei vasi sanguigni localizzati nelle vicinanze, producendo un’emorragia di lieve entità.

Perdite da impianto: il colore

Per via di questa leggera emorragia possono verificarsi delle perdite ematiche che tendono a manifestarsi sotto forma di piccole macchie (spot).

Queste perdite hanno una tonalità sul rosa o comunque un colore meno intenso rispetto alle perdite del ciclo mestruale. In altri casi le perdite possono anche assumere un colore tendente al marrone, ma in ogni caso distinguibile da quello delle mestruazioni.

Generalmente questo tipo di perdite rappresenta un processo fisiologico e indica proprio l’avvenuto impianto dell’ovulo. Tuttavia, per essere sicuri che le perdite rappresentino davvero l’inizio della gravidanza è necessario consultare un medico. Perdite simili, infatti, potrebbero essere anche riconducibili a infezioni o essere provocate da irritazioni a seguito di un rapporto sessuale.

Perdite da impianto: quanto durano?

La durata dello spotting da impianto è un altro fattore che può aiutare a distinguere questo fenomeno dalle mestruazioni, almeno in alcuni casi.

Nella maggior parte dei casi le perdite durano da qualche ora a un paio di giorni, in altri casi invece possono anche essere più durature e rischiare quindi di passare per vere e proprie mestruazioni.

Fonte https://www.donnaglamour.it/perdite-da-impianto/mamma/

LA FECONDAZIONE IN VITRO È PIÙ EFFICACE, COME? GRAZIE ALLA STAMPA 3D

 Negli ultimi anni sono sempre di più le coppie che, con grande difficoltà, naturalmente, riescono a concepire.

Le cause che possono portare all’infertilità sono diverse da coppia a coppia, ma molte di queste sono legate anche all’alimentazione e alla vita sedentaria che molti conducono.

In ogni caso ci sono coppie che, pur di raggiungere l’obiettivo di diventare genitori, si affidano ad altri percorsi come quello dell’adozione, ma anche quello della fecondazione assistita.

In un articolo precedente si è parlato di cosa sia la fecondazione assistita e quando la sua sperimentazione ha iniziato a svilupparsi.

Tuttavia sono arrivate delle grandi notizie dal dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari.

Pare che le nuove ricerche affrontate nel campo della fecondazione in vitro abbiano dato degli ottimi risultati sia per gli interventi riguardanti la procreazione assistita sia per la tutela delle specie a rischio di estinzione.

I frutti del lavoro sono dovuti proprio alla stampa 3D che ha fornito degli ottimi risultati ai ricercatori che stanno lavorando a questa tecnica da diverso tempo.

Lo studio è stato portato avanti da Maria Elena Dell’Aquila del dipartimento di Bioscienze dell’Università di Bari e pubblicato sulla rivista Plos One.

Fonte https://www.universomamma.it/2020/09/28/fecondazione-vitro-stampa-3d/

Il metodo billings per ovulazione e gravidanza

 Il metodo Billings permette di riconoscere il periodo fertile della donna a partire dal muco cervicale prodotto durante la fase preovulatoria.

La sua classificazione come metodo di regolazione naturale della fertilità si deve alla ricerca di due medici australiani, i coniugi Billings. I Billings studiarono molteplici testimonianze di donne sul muco cervicale fino ad arrivare all’elaborazione di un metodo dell’ovulazione, che divenne successivamente chiamato “metodo dell’ovulazione Billings”.

Parliamo di un metodo naturale per la procreazione responsabile che si basa sull’osservazione dei segnali (il muco cervicale) che indicano l’ovulazione in corso. I giorni fertili in cui avviene l’ovulazione, infatti, sono caratterizzati dalla presenza di muco cervicale. Bisogna sapere che questo tipo di muco è fondamentale per la fertilità, perché permette agli spermatozoi di sopravvivere e andare a fecondare l’ovulo. Ogni donna può riconoscerlo facilmente, prestando attenzione durante l’espletamento delle funzioni fisiologiche.

Il metodo Billings si può adoperare nelle circostanze più varie: nei cicli regolari e in quelli irregolari, durante l’allattamento, nei periodi di sospensione della pillola, in presenza di disfunzioni ormonali come quella dell’ovaio policistico. La consapevolezza del proprio corpo e della propria fertilità è importante non solo per il benessere di ogni donna, ma ha una funzione di prevenzione per quanto riguarda la salute.

martedì 29 settembre 2020

Infertilità maschile e inquinamento ambientale: sempre più certezze

 Sebbene gli esseri umani siano esposti a miscele di sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, pochi studi hanno esaminato la loro tossicità sulla riproduzione maschile.

Si è precedentemente scoperto che l'esposizione fetale a una miscela di fitoestrogeno genisteina (GEN) e il plastificante di (2-etilesil) ftalato (DEHP) ha alterato l'espressione genica nei test dei ratti adulti.

L’obiettivo di questo studio  era di studiare gli effetti dell'esposizione fetale alle miscele GEN-DEHP a due dosi rilevanti per l'uomo sulla funzione testicolare e sul trascrittoma (viene definito trascrittoma la totalità degli RNA trascritti a partire da un genoma) nei ratti neonati e adulti.

Materiali e metodi

I ratti SD in stato di gravidanza sono stati sottoposti a gavage con veicolo, GEN o DEHP, da soli o miscelati a 0,1 e 10 mg / kg / die, dalla gestazione 14 giorni alla nascita. Fertilità, livelli di steroidi e morfologia del testicolo sono stati esaminati nei ratti neonati e adulti. I trascrittomi testicolari sono stati esaminati mediante analisi di geni e array funzionali. I geni / proteine ​​specifici delle cellule sono stati determinati mediante PCR quantitativa in tempo reale e immunoistochimica.

Le miscele GEN-DEHP hanno aumentato i tassi di infertilità e testicoli anomali nei ratti adulti.

L'analisi della matrice genetica ha identificato più geni esclusivamente modificati dalle miscele rispetto ai singoli composti.

Le principali vie canoniche alterate includevano processi urogenitali / riproduttivi di sviluppo e infiammatori.

Le miscele GEN-DEHP hanno aumentato le cellule immunitarie innate e i marker dei macrofagi sia a dosi che a età, in modo più forte e coerente rispetto al solo DEHP o GEN. I geni aumentati esclusivamente dalla miscela nei testicoli adulti correlati a cellule immunitarie innate e macrofagi inclusi Kitlg, Rps6ka3 (Rsk2), Nr3c1, Nqo1, Lif, Fyn, Ptprj (Dep-1), Gpr116, Pfn2 e Ptgr1.

Fonte https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/8582-infertilita-maschile-e-inquinamento-ambientale-sempre-piu-certezze.html

Fecondazione degli ovociti: la tecnica ICSI

 Se la situazione seminale è invece patologica e quindi si presuppone una difficoltà, o un’impossibilità, di penetrazione spontanea nella cellula uovo, allora si utilizza la tecnica ICSI (ovvero iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi).

In questo caso è il biologo ad introdurre meccanicamente un singolo spermatozoo all’interno della cellula uovo, praticando un piccolo foro sulla parete dell’ovocita. 

Fecondazione degli ovociti: l‘esame

Subito dopo il pick-up, gli ovociti vengono esaminati per valutarne lo stadio di maturazione. Infatti, per poter essere fecondato, l’ovocita deve trovarsi in una precisa fase di maturazione, chiamata metafase II. Non sono invece utilizzabili gli ovociti immaturi o post-maturi. Dopo il primo esame, gli ovociti vengono messi in coltura in un apposito liquido e poi incubati per circa 3 ore a temperatura costante (circa 37 gradi), umidità, tensione di CO2 ed ossigeno.

Quanti ovociti si fecondano

In Italia, la legge 40 imponeva che si potessero fecondare al massimo tre ovociti. Nel 2009, la Corte costituzionale ha sancito che il numero di ovociti fecondabili non può essere stabilito per legge. Così, oggi, sta al medico la responsabilità della decisione, con il consenso della coppia, su quanti ovociti fecondare per ottimizzare i risultati. Si deciderà poi, in base al numero di embrioni che si sono prodotti, quali e quanti sia opportuno trasferire in utero e quali conservare tramite congelamento.


Le percentuali di fecondazione degli ovociti

Sono strettamente legate all’età della donna, alle caratteristiche seminali e al livello qualitativo del laboratorio. In media, nelle donne più giovani la percentuale di ovociti fecondati con una Fivet può essere dell’80%, ma in media è del 60%. Nelle donne meno giovani, può non superare il 30%.


Il controllo

Dopo essere stati messi a contatto «in provetta» con gli spermatozoi, gli ovociti vengono rimessi in coltura per alcune ore. Il controllo dell’avvenuta fecondazione avviene infatti 16-20 ore dopo l’incontro dei due gameti. Se c’è stata la fecondazione, dentro l’ovocita sono visibili i due pronuclei (femminile e maschile), che contengono rispettivamente il patrimonio genetico della donna e dell’uomo. A questo punto non si parla più di ovocita ma di zigote. Gli zigoti diventano embrioni secondo un percorso ben preciso.


Come avviene

Prima di tutto, i due pronuclei si fondono in un unico nucleo che conterrà 46 cromosomi, 23 da parte della donna e 23 da parte dell’uomo. Poi la nuova cellula comincia a dividersi generando due cellule, e così via, con un ritmo intenso che la porta in pochi giorni a superare il centinaio di cellule. Dopo 5 giorni si raggiunge lo stato di blastocisti. È lo stadio immediatamente precedente l’impianto embrionario. Non più del 50% degli ovuli inseminati raggiunge questo stadio.

Fonte https://www.ok-salute.it/salute/fecondazione-in-vitro-fivet-la-fecondazione-degli-ovociti/

Le punture, gli ormoni, le braccia blu, la fecondazione in vitro e la mia odissea

 Quando ho scoperto che non avrei potuto restare incinta in modo naturale mi sono sentita come qualcosa dentro di me si fosse rotto. Sapevo che non era colpa mia, che non era colpa di nessuno, e sapevo che la scienza e i medici avrebbero potuto aiutarmi. Ma mi sentivo comunque terribilmente triste. Incompleta. Quella notte ho pianto molto, e il giorno seguente ho cominciato a raccogliere informazioni sulla fecondazione in vitro.

Quando cominci la procedura hai paura, sei vulnerabile, ti senti sola. Tutti gli altri in ospedale sembrano sapere dove andare, che documenti portare e quali sono le scadenze da rispettare. I dottori parlano velocemente e tu cerchi di memorizzare tutto, di prendere appunti più in fretta che puoi. Le altre pazienti in sala d’attesa chiacchierano tra loro: si sono già incontrate, fanno battute e si scambiano aggiornamenti sui protocolli che stanno seguendo. Provi ad ascoltare. La ragazza alla mia destra ha fissato l’appuntamento per il quarto trasferimento embrionale…un momento: quarto? Perché? Cos’è successo prima? Cos’è andato storto? Come funziona? Vorresti chiedere, di solito non sei così timida, e invece abbassi lo sguardo.

Un esercito silenzioso

Piuttosto velocemente però, diventi una delle «veterane». Una volta che inizi ad andare in clinica un giorno sì e uno no per le ecografie transvaginali e i prelievi, una volta che hai imparato dove portano tutti gli ascensori e che conosci i dottori per nome, cominci a sentirti più sicura di te stessa. Ma non è solo questo. È che ti accorgi di non essere sola. Siete così tante. Un esercito silenzioso di donne che come te si alzano presto ogni mattina per passare dall’ospedale prima di andare al lavoro, che si fanno punture nella pancia tutte le sere, spesso anche due volte al giorno, che hanno le braccia blu a forza di prelievi e che sopportano un carico di ormoni in grado di stravolgere il loro umore e il loro fisico.

Conteggio degli ovuli

E così, non ero più sola. Ero parte di un noi. Ed è importante poter chiedere alle altre come si sentono, che sintomi hanno, perché davvero non riesci a interpretare quello che succede al tuo corpo. Un giorno ti fa male il seno e quello dopo non lo senti più, e non sai quale delle due cose sia un buon segno e quale no. «È normale? Deve farmi male? O c’è qualcosa che non va?» Ma anche così, anche una volta che hai capito che non sei tanto diversa dalle altre e che questa esperienza la puoi condividere, il vissuto di ognuna è molto personale. La stimolazione ormonale fa sì che le nostre ovaie permettano a più follicoli di crescere contemporaneamente, in modo da poter recuperare, in un singolo ciclo, il maggior numero di ovociti possibile. Più sono meglio è, perché significa maggiori possibilità che uno o più di essi venga fecondato durante l’inseminazione. Alcune delle ragazze con cui ho parlato avevano prodotto tra i 6 e i 12 ovociti, alcune anche di più. Ma il mio conteggio dei follicoli era basso. Tre la prima volta. Che hanno portato al pick-up di due ovociti, uno solo dei quali era sufficientemente maturo da essere inseminato. Ma la fecondazione in vitro non ha avuto esito positivo. Avrei dovuto riprovarci tra tre mesi, dando un po’ di tempo al mio corpo per riprendersi.

La seconda volta

Avevo odiato le punture. Avevo odiato gli ormoni. Ma ho rifatto tutto. Ti dicono di non pensarci troppo, di andare avanti con la tua vita. Ma è un consiglio del tutto inutile. Ti riempie il cervello proprio come ti riempie le giornate, con tutte le visite in ospedale, il doverti ricordare lo spray nasale ogni otto ore e l’assicurarti di essere a casa in tempo per la puntura serale. Non puoi che pensarci costantemente. Stravolge la tua quotidianità. E inizi a prenderti più cura di te stessa perché hai bisogno di un corpo sano. Hai bisogno che sia forte per essere pronto al prossimo grande passo.

La settimana più lunga della mia vita

Non entrerò nei dettagli di come avviene il pick-up degli ovociti, dirò solo che mentre la prima volta avevo paura dell’anestesia, arrivata al secondo tentativo avevo capito che l’anestesista era in realtà il mio migliore amico. E questa volta, il giorno successivo alla fecondazione in vitro, ci hanno annunciato che il nostro unico ovulo era stato fecondato e avevamo quindi un embrione! A questo stadio si trattava di una microscopica cellula fecondata (zigote) che si sarebbe nel corso delle prossime ore. Dopo un’altra giornata la nostra si era divisa in 4 e i medici erano pronti per trasferirla nel mio utero sperando che si posizionasse nel posto giusto trovandolo sufficientemente confortevole da decidere di impiantarsi e crescere. E così è iniziata la settimana più lunga della mia vita. Dopo il transfer ti dicono che puoi alzarti, camminare, fare la pipì, andare a casa e riprendere la tua vita, magari cercando solo di non sollevare pesi e di stare attenta all’alimentazione: niente zuccheri, lieviti, latticini e carboidrati preferibilmente integrali. Così provi a fare come ti è stato detto, ma a ogni passo che fai sei perfettamente consapevole che da qualche parte dentro di te c’è quella minuscola scintilla di vita che potrebbe diventare il tuo bambino, oppure no. Ah, e se pensi a questo punto di aver finito con le punture non hai veramente idea di quello che ti aspetta. È appena iniziato il periodo del progesterone, tanto progesterone. Se tutto va come desideri dovrai continuare a iniettartelo in pancia e prenderlo sotto forma di gel vaginale per le prossime 11 settimane.

La medicina ha fatto il miracolo

L’ottavo giorno dopo il transfer dovevo fare un prelievo del sangue la mattina e telefonare alla clinica nel pomeriggio affinché mi dicessero se i miei livelli di hcg erano buoni. In tal caso avrebbero continuato a farmi prelievi per monitorarne la crescita. È così che si determina se c’è una gravidanza in corso quando ancora nulla sarebbe visibile attraverso un’ecografia. Quella mattina non riuscivo a concentrarmi su niente e avevo crampi allo stomaco per la tensione. Alle 2 in punto ero pronta a telefonare ma ho deciso di aspettare ancora un minuto per non sembrare così disperata. 60 interminabili secondi.

E poi la buona notizia

Che non significava dovessi festeggiare ancora...ma era buona. Non potevo crederci. Non posso crederci nemmeno adesso che sono entrata nella diciottesima settimana. Sono felice. Sono così felice. Ma sento di dover tenere la felicità sotto controllo. So fin troppo bene che tutto può cambiare da un momento all’altro senza un motivo particolare. Bisogna avere molto rispetto per questo miracolo di vita e di medicina.

Un’ultima cosa

Questa è probabilmente la cosa più importante che ho da dire, anche se arriva per ultima. La FIVET ha un fortissimo impatto fisico ed emotivo sulle donne e sentivo di dover raccontare il nostro punto di vista. Ma la maggior parte di noi ha accanto un uomo, qualcuno che deve affrontare il dolore di vedere la propria compagna soffrire, lottare ed essere terribilmente vulnerabile. E questi uomini devono essere forti, per noi. Devono esserci quando abbiamo bisogno di conforto. Ma anche per loro è un percorso pieno di emozioni. Anche loro vogliono questo bambino. Anche loro hanno paura. E di solito non si incontrano tra loro in sale d’attesa dove possono scambiarsi domande e rassicurazioni. A parte il fatto che probabilmente non lo farebbero comunque, sono uomini no?! Il mio compagno è stato al mio fianco ogni giorno, mi ha fatto tutte le punture finché ho trovato il coraggio di provarci da sola; ha cucinato per me tutto quello di cui sentivo di avere bisogno. È stato paziente quando ero nervosa, affettuoso quando ero triste. Si dice che le coppie che non riescono ad avere figli vadano generalmente incontro a una crisi. Può darsi che sia vero, ma per me non è stato così. In tutto ci sono voluti tre anni prima che rimanessi incinta. L’ultimo è stato il più duro, ma mi sembra ci abbia reso molto più uniti come coppia. Vorrei che ogni donna avesse questa fortuna. Spero che tutti noi e la nostra società siamo in grado di crescere giovani uomini che siano affettuosi e rispettosi, e giovani donne che trovino attraente la gentilezza e la bontà. Ma più di ogni altra cosa, auguro a tutte le donne che stanno ancora lottando che i loro sforzi vengano ripagati. E ricordatevi che la FIVET è uno strazio, ma funziona. Benedetti tutti i dottori, gli scienziati e i ricercatori che rendono possibile il progresso medico.

Fonte https://27esimaora.corriere.it/17_maggio_04/punture-ormoni-braccia-blu-fecondazione-vitro-mia-odissea-e0c68f32-30a5-11e7-a448-9b138eb1814c.shtml

Ad agosto boom cicli fecondazione +8 volte rispetto al 2019

 L'emergenza sanitaria da Covid-19 non ferma le coppie desiderose di un figlio e molti aspiranti genitori hanno rinunciato alle ferie d'agosto per sottoporsi a un trattamento di procreazione medicalmente assistita. È quanto dimostrano i dati di un'indagine effettuata nei 5 centri del gruppo Genera in tutta Italia (Roma, Torino, Marostica, Napoli e Umbertide), dove si è registrato un aumento di oltre 8 volte dei 'pick up', cioè le procedure di prelievo ovocitario, rispetto all'agosto dello scorso anno.

Se a gennaio 2020, infatti, si era registrato un aumento del 10% dei trattamenti rispetto a gennaio 2019 e a febbraio la situazione fosse simile, a marzo c'è stato un inevitabile calo del 37%, a cui è seguito aprile, con il lockdown e lo stop delle attività non essenziali, con il proseguimento dei consulti on line.

A maggio, con l'implementazione di tutte le misure di prevenzione e sicurezza, si è ripresa lentamente l'attività, con un -20% dei cicli rispetto a maggio 2019. Da giugno in poi, il boom: +30%, seguito dal +55% di luglio e da oltre il +800% ad agosto. "La pandemia da Covid-19 - commenta Filippo Maria Ubaldi, direttore scientifico dei centri Genera - ha certamente reso il nostro lavoro più difficile, ma non impossibile. Marzo e aprile sono stati complicati, le coppie e i nostri operatori hanno potuto effettuare pochissimi cicli. Nei tre mesi successivi al lockdown abbiamo riavviato tutti i trattamenti che erano stati rimandati durante la chiusura del Paese. Le attività sono riprese in sicurezza". Gli studi infatti hanno dimostrato come "un sistema di sicurezza ben implementato possa consentire di riprendere le attività, evitando i rischi di un virus che si trasmette anche per via aerosol. Questi protocolli resteranno in vigore per tutto il periodo dell'emergenza e, ben rivisti, probabilmente - conclude - per sempre". 

Fonte https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2020/09/08/ad-agosto-boom-cicli-fecondazione-8-volte-rispetto-al-2019_6e0a5446-2dd5-4a75-a720-4c98c6cf9ecf.html

Un figlio a tutti i costi: boom di procreazione assistita

 La pandemia del Covid 19 non ha bloccato le costose e controverse pratiche di procreazione medicalmente assistita (pma) o almeno lo ha fatto solo in un periodo di tempo limitato, quello relativo ai mesi primaverili del lockdown più severo. E’ quanto emerge dai dati riportati un’indagine effettuata nei 5 centri del gruppo Genera in tutta Italia (Roma, Torino, Marostica, Napoli e Umbertide), dove si è registrato un aumento di oltre 8 volte dei “pick up”, cioè le procedure di prelievo ovocitario, rispetto all’agosto del 2019.

Ovviamente questo report che fotografa un incremento dell’800% dei procedimenti di pma non considera i numeri delle altre decine di centri per la fertilità presenti in tutta Italia, tuttavia mette a fuoco un trend significativo, che mostra chiaramente una ripresa della corsa alla fecondazione assistita, durante l’estate che si è appena conclusa. In pratica le coppie che sono state costrette a restare in casa a marzo, aprile e maggio appena hanno potuto si sono rivolte ai centri per la fecondazione assistita, una scelta determinata forse anche dai tentativi di concepire un figlio andati a vuoto durante la quarantena, che ha consentito a molti aspiranti genitori di confrontarsi più seriamente con i problemi di infertilità.

Questo vero boom nel mese di agosto si inserisce comunque in un consolidato aumento della pma. A gennaio 2020, prima della pandemia, si era infatti registrato un aumento del 10% dei trattamenti rispetto a gennaio 2019. Poi a marzo c’è stato un inevitabile calo del 37%, ma dopo lo stop primaverile l’esplosione: un +30% a giugno, seguito da un +55% a luglio.

Tutto questo ci racconta di una grande voglia di maternità e paternità degli italiani ma anche di un grave incapacità di valutazione critica nei confronti di pratiche molto complicate (le percentuali di successo restano remote) ed eticamente discutibili, soprattutto dopo gli interventi della Corte Costituzionale che hanno letteralmente smantellato la legge 40, nonostante la normativa fosse stata confermata dagli italiani in un referendum del 2004.

Le sentenze della Consulta hanno creato un vero e proprio far west della procreazione medicalmente assistita. Nel 2009 i giudici hanno abolito il divieto di formare embrioni in sovrannumero. Inizialmente infatti la legge prevedeva la produzione di soli tre embrioni da inserire nelle vie genitali della donna. Il numero è stato quindi lasciato alla discrezionalità del medico “nei limiti dello strettamente necessario”. Poi nel 2014 la Corte è intervenuta di nuovo abolendo anche il divieto di eterologa. In pratica le coppie sterili possono ottenere gameti di altre persone (ovuli o seme) privando del diritto all’identità il nascituro.

L’esplosione delle procedure di prelievo ovocitario registrata questa estate lascia inoltre amareggiati il mondo delle realtà che operano nel campo delle adozioni. Ai.Bi. – Amici dei Bambini, ente autorizzato all’adozione internazionale, ricorda in una nota che mentre “le coppie senza figli, ricorrono a complicate procedure mediche, i bambini abbandonati di tutto il mondo, per i quali queste coppie potrebbero essere una preziosa risorsa, restano in attesa”.

“Il senso di ingiustizia dato da questa situazione è forse ancor più forte se si pensa che, stando a quanto riportano le coppie che per la prima volta incontrano un ente autorizzato – si legge ancora nel comunicato di Ai.Bi. – pare siano a volte gli stessi servizi o i medici a dire loro di provare prima a fare qualche tentativo con la pma prima di considerare l’adozione, che, così, diventa tristemente l’ultima spiaggia”. Secondo l’Ente ci sono anche dei pregiudizi alla base di questo comportamento: “Emblematiche sono le motivazioni fornite dalle coppie che favoriscono la fecondazione assistita all’adozione. Tra tutte la convinzione per cui i tempi per l’adozione di un bambino siano troppo lunghi. Ma, alla luce dei dati, la convinzione che la PMA sia un percorso più semplice, si dimostra infondata ed errata”.

Per fare un esempio Ai.Bi riporta i dati del  2017, secondo cui le percentuali di successo delle tecniche di fecondazione assistita senza donazione di gameti, considerando come indicatore la percentuale di gravidanze ottenute su cicli iniziati, si attestavano su un valore medio effettivo di due su 10: il 10,3% per le tecniche di I livello, il 17,6% per le tecniche di II e III livello, il 29,3% per le tecniche da scongelamento di embrioni e il 16,9% per le tecniche da scongelamento di ovociti.

“Per contro nove su 10, con lo stesso termine di paragone, sono le coppie che, dopo aver conferito l’incarico a un ente autorizzato, riescono a portare a termine l’adozione internazionale di un minore abbandonato”, ha spiegato il presidente di Ai.Bi. Marco Griffini. “Senza menzionare che, negli iter di adozione, si realizza anche quello che, probabilmente, è il più grande gesto di giustizia che una persona possa compiere al mondo – prosegue – dare una seconda opportunità a chi ha avuto come unica colpa quella di essere nata nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Forse, in un mondo che corre sempre più veloce, almeno su questi numeri varrebbe la pensa soffermarsi a pensare”.

Parlando con In Terris, Griffini denuncia quindi la crisi dell’adozioni internazionali che va avanti da circa un decennio. Si è passati infatti dai 4.022 minori adottati nel 2011 ai meno di mille dello scorso anno. Un record negativo dovuto anche ad anni di cattiva gestione della Cai (Commissione adozioni internazionali, gestita dal governo) e alla decurtazione dei fondi destinati ai rimborsi per le spese sostenute per l’adozione.

“Quest’anno non arriveremo a 500 adozioni, questo è spiegabile per via del Covid, ma in questo frangente i Paesi esteri stanno mostrando più buona volontà del nostro governo. Nazioni del sud America e dell’Est europeo, come Ucraina e Haiti, organizzano on line persino il primo incontro tra aspiranti genitori e bambini, evitando così un lungo viaggio in tempi di pandemia” racconta ancora Griffini.

“Una nostra inchiesta sui 29 tribunali dei minori in Italia – prosegue – ha portato alla luce molte inefficienze. Solo la metà ha lavorato in smart working e almeno 6 non rispondevano nemmeno al telefono”. Il presidente di Ai.Bi. mette anche l’accento sulla Cai; la commissione governativa non si riunisce da 9 mesi e il governo non ha provveduto a sostituire il vicepresidente e il direttore generale di questo organismo decisivo per le adozioni internazionali. Per questo Griffini chiede uno scatto della burocrazia italiana: “In questo periodo abbiamo fatto corsi di formazione ad oltre 250 ma per l’idoneità all’adozione servono i tribunali”.

Insomma serve uno sforzo per rilanciare il sistema delle adozioni e non facili scorciatoie, alimentate dalla cultura individualista e dello scarto (In Italia ci sono oltre 38000 embrioni congelati e almeno altri 63mila ovociti fecondati di cui non si conosce la sorte), che conduce, il più delle volte, solo a disperate frustrazioni. La fecondazione artificiale dovrebbe essere una soluzione residuale rispetto altri percorsi terapeutici per la fertilità della coppia e l’adozione dovrebbe essere presentata dalle istituzioni e da tutte le agenzie culturali come la più nobile opzione per dare una famiglia ad un bambino che ne è privo e soddisfare il proprio desiderio di genitorialità.

Fonte https://www.interris.it/la-voce-degli-ultimi/figlio-costi-procreazione-assistita/

lunedì 28 settembre 2020

Una speciale fecondazione in vitro ha permesso a una donna sopravvissuta al cancro di partorire

 Prelevati, maturati, congelati e poi fecondati. Il tutto in un laboratorio. Si tratta degli ovociti di una donna francese, con cancro al seno e resa sterile dalla chemioterapia, che è riuscita a portare a temine una gravidanza, partorendo un bambino nato grazie a una speciale procedura di fecondazione in vitro. Si tratta di una prima mondiale appena descritta sulle pagine della rivista Annals of Oncology da un team di ricercatori dell’ospedale universitario francese Antoine Beclere, che è riuscito per la prima volta a far maturare gli ovociti della donna in laboratorio per poi congelarli e successivamente, dopo 5 anni, fecondarli con successo.

Ricordiamo che i farmaci chemioterapici possono contribuire alla sterilità di una donna: secondo le stime, infatti, dopo i 40 anni circa il 40% delle pazienti con carcinoma mammario può entrare in menopausa, mentre a 30 anni, questa percentuale scende al 15-20%. La procedura per le donne che si stanno per sottoporre alla chemioterapia generalmente consiste in una tecnica in cui i medici somministrano ormoni per stimolare le ovaie a produrre ovuli maturi, che poi vengono rimossi e conservati per un utilizzo futuro.

Ma questa volta, i ricercatori hanno optato per una procedura di fecondazione assistita diversa. Nel nuovo studio, il team ha raccontato di aver prelevato sette ovociti immaturi dalle ovaie di una donna francese di 34 anni affetta da cancro al seno, prima che iniziasse la chemioterapia. Usare gli ormoni per stimolare le ovaie a far maturare gli ovociti, in questo caso, avrebbe richiesto troppo tempo e avrebbe potuto peggiorare ulteriormente la condizione clinica della donna, suggerendo quindi che l’opzione migliore fosse quella di recuperare gli ovociti immaturi e successivamente congelarli. Per farlo, i ricercatori si sono serviti per prima cosa di una speciale tecnica chiamata maturazione in vitro degli ovociti (Ivm), che consente appunto agli ovociti di continuare a maturare in laboratorio. Finora, spiegano i ricercatori, alcuni bambini sono nati con la Ivm, procedura, tuttavia, che viene di norma seguita immediatamente dalla fecondazione e dal trasferimento nell’utero della paziente.

“Le ho offerto la possibilità di congelare gli ovociti immaturi dopo l’Ivm, e di congelare anche il tessuto ovarico”, ha raccontato alla Agence France-Press (Afp) Michael Grynberg, a capo del Dipartimento di medicina riproduttiva e conservazione della fertilità dell’ospedale, precisando tuttavia che l’intervento chirurgico per rimuovere, congelare e reimpiantare parte del tessuto ovarico fosse una procedura troppo invasiva per la donna. “La tecnica di conservazione attraverso il congelamento senza stimolazione ormonale funziona poco, ma in questo caso non avevamo davvero scelta”, precisa l’esperto.

A questo punto, i ricercatori hanno deciso di rimuovere gli ovuli immaturi, farli poi maturare in laboratorio nel corso di circa due giorni e successivamente congelarli servendosi di un tecnica chiamato vitrificazione, in cui gli ovociti vengono raffreddati molto rapidamente per evitare la formazione di dannosi cristalli di ghiaccio. Dopo cinque anni dalla procedura, quando la donna risultava essere guarita dal cancro, ma comunque sterile, i ricercatori hanno scongelato i sette ovociti, sei dei quali erano sopravvissuti. Successivamente li hanno fecondati e poi impiantati con successo nell’utero del paziente. La donna, infatti, è riuscita così a portare a termine la gravidanza, dando alla luce il 6 luglio 2019 un bambino di nome Jules.

“Abbiamo dimostrato che questa tecnica, anche se può essere ulteriormente migliorata, consente alle donne con questa condizione di avere figli”, ha riferito Grynberg. E anche la comunità scientifica ha subito accolto questo risultato descrivendolo come un vero e proprio punto di svolta. “Questo progresso è particolarmente importante per i malati di cancro, ma è anche un passo verso una fecondazione in vitro (Fiv) più facile e meno invasiva”, ha affermato Richard Anderson, dell’Università di Edimburgo.

Fonte https://www.wired.it/scienza/lab/2020/02/20/fecondazione-in-vitro-cancro/

Sesso in gravidanza: le controindicazioni sono poche

 La gravidanza è un evento che rivoluziona la vita della coppia. Entrambi i protagonisti sono al centro di grandi trasformazioni ed elaborazioni emotive: tutti gli equilibri e gli spazi creati dovranno essere settati su un nuovo stare in tre.

Crescono le aspettative sulla nascita e si attivano fantasie inconsce che possono interferire nelle dinamiche del rapporto di coppia influenzando comportamenti e attitudini.

Tra queste anche l’attività sessuale subisce una rivoluzione; spesso viene messa in secondo piano durante la gravidanza per stereotipi culturali, ma soprattutto per il sopraggiungere di ansie e paure.

Il corpo della donna, sinonimo della sua identità femminile, subisce costanti trasformazioni, che rendono la donna più vulnerabile emotivamente fino a sentirsi meno attraente agli occhi del compagno. L’uomo, dal suo canto, ha il timore che qualsiasi tipo di contatto corporeo possa nuocere alla partner, la quale assume forme diverse non solo nella realtà ma anche nel suo immaginario. Il timore è legato soprattutto alla possibilità di nuocere al feto.

La separazione della funzione riproduttiva della sessualità da quella del piacere e del gioco potrebbe comportare l’interruzione, nella coppia, della comunicazione portando incomprensioni e frustrazioni nel rapporto. Mantenere e ravvivare tutti quei rituali esclusivi che favoriscono una ricca comunicazione corporea ed emotiva tra i partner (ad esempio baci, carezze, coccole, etc…), favorisce un clima di armonia, del quale potrà beneficiarne il piccolo quando nasce.

La gravidanza è un evento fisiologico e in quanto tale un rapporto sessuale non ha alcun tipo di controindicazione, né in termini di danno al bambino né di induzione del travaglio, ad eccezione di particolari situazioni preesistenti come: precedenti minaccia di aborto o parto prematuro, emorragia recente, placenta previa o rottura delle membrane e la presenza di una gravidanza gemellare. Il rischio è un parto prematuro o la possibilità di contrarre infezioni.

Il feto è ben ammortizzato e protetto all’interno del sacco amniotico ed è accuratamente isolato da un tappo mucoso. In nessun caso, l’organo maschile può entrare in contatto diretto con il feto durante il rapporto sessuale.

Nel primo trimestre di gravidanza si verifica più frequentemente un calo del desiderio sessuale da parte della donna a causa delle continue nausee; nel secondo trimestre, cessati alcuni sintomi funzionali, il desiderio sessuale cresce sensibilmente, in qualche caso provocando nella donna orgasmi più intensi e frequenti. Per il terzo trimestre l’unico problema è l’ingombro: le dimensioni della pancia potrebbero costituire effettivamente un fastidio, per cui la coppia dovrà provare nuove posizioni.

Alcuni medici sconsigliano di fare sesso in gravidanza solo durante le ultime settimane, come misura preventiva: questo, spiega la Dire Giovani (www.diregiovani.it), poiché lo sperma contiene sostanze chimiche (le prostaglandine) che possono, anche se presenti in piccolissime dosi, indurre ad un parto prematuro.

Il sesso in gravidanza può avere un effetto positivo nel menage di coppia, sia dal punto di vista psicologico che fisico. Psicologico in quanto rafforza l’intesa e la condivisione emotiva della coppia che si prepara a diventare genitori; fisico perché l’attività sessuale prepara la muscolatura pelvica per il parto, rafforzandola.

Lo sapevi che…

Nel secondo trimestre di gravidanza, i cambiamenti ormonali e le modifiche dell’apparato vaginale come il restringimento dell’orifizio vaginale, a causa della vasocongestione, favoriscono un incremento del desiderio sessuale. L’afflusso maggiore di sangue nella zona pelvica porta una maggiore ossigenazione della placenta e un aumento di volume delle strutture genitali, per cui anche l’orgasmo si fa più intenso e può ripetersi più volte durante il rapporto.

Nell’ultimo trimestre sono consigliate posizioni più comode come quella a cavalcioni sul partner voltandogli le spalle. In questo modo la penetrazione non è profonda.

Se la gravidanza è giunta al termine ma il bebè non ha nessuna intenzione di conoscere mamma e papà, il ginecologo può consigliare alla coppia di avere dei rapporti sessuali frequenti e ravvicinati: questo perché nel liquido seminale sono contenute le prostaglandine, capaci di ammorbidire il canale vaginale e di far scaturire contrazioni tali da avviare il travaglio di parto; è proprio per questo medesimo motivo che in caso di minaccia di parto pre-termine i rapporti sono sconsigliati se non proibiti.

L’acqua o l’aria (o altri corpi estranei) inseriti nella vagina dovrebbero essere esclusi dai giochi erotici durante la gravidanza perché possono causare emboli o infezioni. La vagina non deve essere lubrificata con sostanze esterne durante la gravidanza.

Fonte https://www.corrierenazionale.it/2020/09/28/sesso-in-gravidanza-le-controindicazioni-sono-poche/

Fecondazione in vitro: ripartire con le giuste precauzioni in epoca COVID 19

 Strategie nella stimolazione ormonale , analisi genetiche  della blastocisti(PGT-A) , esami sulla recettività endometriale ,trasferimento differito degli embrioni   fecondazione eterologa   consentono  oggi di ottimizzare le percentuali di successo nelle coppie infertili.

 

Analisi sierologiche,scheda triage,distanziamento ed eventuale trasferimento differito degli embrioni sono tutte  precauzioni che oggi consentono di affrontare  con sicurezza la fecondazione in vitro anche in epoca COVID-19 secondo le linee guida delle maggiori società scientifiche italiane (SIGO,SIFES,SIRU) Rassicuranti sono anche i dati sulla trasmissione verticale della malattie(da madre malata a feto)che indicherebbero che solo raramente questo evento possa avvenire.La diminuzione delle nascite come osservato recentemente dall’ISTAT è dovuta sicuramente alla infertilità di coppia  in costante crescita così come  all’aumento dell’età di concepimento della donna .Diverse pubblicazioni scientifiche internazionali hanno sottolineate che nelle coppie in cui l’età della donna supera i 40 anni il trattamento di fecondazione in vitro deve essere considerato un trattamento in urgenza e quindi non differibile anche in epoca Covid 19 E’  infatti oggi  scientificamente accertato che Il successo della fecondazione sia naturale che in vitro  diminuisce con l’aumentare dell’età materna a causa dell’aumento delle anomalie genetiche degli ovociti e quindi degli embrioni che da essi derivano . L’impianto embrionario è determinato essenzialmente dal trasferimento all’interno dell’utero di una blastocisti sana geneticamente(euploide)su  un endometrio sincrono e recettivo. Molteplici studi internazionali hanno evidenziato che anche embrioni bellissimi dal punto di vista morfologico possono essere alterati geneticamente nel loro assetto cromosomico(aneuploidi) e quindi o non impiantarsi o dare esito in aborto con conseguente fallimento della tecnica di PMA.Esistono particolari coppie a rischio per le anomalie cromosomiche come riconosciuto internazionalmente dalle linee guida ESHRE in cui viene consigliato fortemente l’esecuzione della cosiddetta “diagnosi genetica preimpianto”ossia quella tecnica in grado di analizzare senza alcun rischio la componente cromosomica degli embrioni .Queste  sono:

- coppie con età materna avanzata (>36/37 anni compiuti)

- coppie  con abortività ripetuta (almeno due/ tre aborti )

- coppie  con ripetuti fallimenti d’impianto con tecniche PMA (almeno tre tentativi o più di dieci embrioni trasferiti)sia omologhi che eterologhi-

- i pazienti portatori di anomalie  genetiche nella mappacromosomica (traslocazioni,inversioni,etc.)

- coppie con infertilità maschile severa

In queste coppie le anomalie genetiche embrionarie o non consentono il raggiungimento dello stadio di blastocisti, lo stadio fisiologico dell’impianto con conseguente loro  degenerazione  o si producono blastocisti anomale geneticamente che la natura o non fa impiantare o ne interrompe l’evoluzione nelle prime settimane di gravidanza,generalmente entro il terzo mese.Nei casi peggiori si possono produrre gravidanze evolutive con feti anomali cromosomicamente(es. trisomia 21)

L’articolo 14,comma 5,legge 40/2004,consente a tutte le coppie che si sottopongono alla PMA (FIVET,ICSI,IMSI)il diritto di conoscere lo stato di salute dei propri embrioni  prima che questi vengano trasferiti all’interno dell’utero materno.

La recente tecnica di analisi cromosomica mediante NGS (next generation sequencing) consente di valutare, a differenza delle precedenti(PCR,aCGH), non solo tutti i cromosomi dell’embrione ma anche il DNA mitocondriale ,la centrale energetica che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionario e poi fetale.La diagnosi preimpianto viene effettuata a livello di blastocisti (embrioni in V giornata di sviluppo)  prelevando 5/10 cellule dal trofoectoderma ossia da quel tessuto che darà origine alla placenta che sono geneticamente identiche a quelle embrionarie .E’ come fare praticamente una villocentesi a livello embrionario . Questo tipo di biopsia non essendo fatta direttamente sull’embrione come si faceva una volta non ha nessuno impatto negativo sull’impianto dello stesso . Molti studi scientifici internazionali evidenziano che a prescindere dall’età della donna il trasferimento di un ‘unica blastocisti sana consente di ottenere elevatissime percentuali di  gravidanza con una percentuale di aborto  massima del  10-15% e  con un rischio di gemellarità non superiore al 4%.Le percentuali di errore della tecnica è inferiore all’1%.

Questa tecnica risulta essere  particolarmente validà per tutte quelle donne che presentano una elevata capacità di produrre ovociti con la stimolazione ormonale.Questo può essere valutato im maniera molto semplice preliminarmente mediante test in grado di valutare la riserva ovarica femminile,come la conta ecografica dei follicoli antrali ed il dosaggio ematico dell’ormone antimulleriano(effettuato con il nuovo sistema elecsys) che il medico specialista dovrebbe fare fin dalla prima visita della coppia per poter esprimere correttamente le capacità riproduttive della stessa.Si è scoperto che le anomalie dei cromosomi degli embrioni sono per l'80% di origine femminile e dipendono dalle anomalie presenti negli ovociti che aumentano con l'età materna e sono più frequenti dopo i 37/38 anni.Il restante 20% è di origine maschile soprattutto in caso di gravi alterazioni del liquido seminale(visibili parzialmente con la tecnica FISH) La diagnosi genetica preimpianto può essere utilizzata anche  per ottimizzare le percentuali di successo del trasferimento singolo di un embrione soprattutto in donne con età avanzata in cui la gravidanza gemellare esporrebbe troppo a complicazioni ostetriche come ad esempio nei protocolli di ovodonazione.E’ importante sottolineare che nei programmi di diagnosi genetica preimpianto il transfer è differito per motivi medici,ossia gli embrioni vengono prima congelati e poi trasferiti e questo può costituire un ulteriore vantaggio in epoca COVID-19 perché permette di trasferire quando la curva del contagio è più bassa evitando rischi durante la gravidanza che comunque sono stati dimostrati solo in rari casi.Per la stimolazione ormonale inoltre possono essere utilizzati protocolli fissi in cui cioè il dosaggio del farmaco non deve esssere  continuamente modificato,diminuendo conseguentemente il numero di controlli presso il centro

. Un ulteriore sistema che consente di ottimizzare il successo della fecondazione in vitro è il sistema” time lapse”,un sofisticato incubatore nel quale gli embrioni coltivati vengono monitorati continuamente da  sistema di microtelecamere.Particolari algoritmi di intelligenza artificiale consentono di scegliere gli embrioni da trasferire in base alla loro morfocinetica(velocità replicativa cellulare)

Diversi studi scientifici internazionali hanno  inoltre evidenziato che circa il 25 % circa dei pazienti con fallimenti di impianto presenta un endometrio non recettivo,quello che in termine tecnico si chiama dislocamento della  finestra di impianto ,generalmente un endometrio prerecettivo. Esistono oggi diversi test(es.ERA TEST) in grado di verificare la finestra di impianto prima del trasferimento embrionario e quindi di effettuare un transfer personalizzato con una riduzione del fallimento di impianto e dell’abortività.E’ inoltre possibile verificare la popolazione linfocitaria(natural Killer)direttamente all’interno dell’endometrio riducendo così il rischio di un aborto su base immunologica.Un ulteriore impedimento all’impianto può essere determinato da un alterazione della flora batterica uterina con una diminuzione al di sotto del 90% della flora Lattobacillare e/o la presenza di un endometrite cronica.Anche tutto questo può oggi essere accertato con dei nuovissimi test genetici in grado di determinare con esattezza la alterazione presente (Endometriome)

Sicuramente anche una migliore selezione degli spermatozoi da iniettare all’interno dell’ovocita puo contribuire sensibilmente ad aumentare le % di successo.Infatti è scientificamente dimostrato che l’infertilità maschile può generare maggiori anomalie cromosomiche degli embrioni soprattutto a livello dei cromosomi sessuali che possono dar luogo a nascita di bambini malati.In questo si sono rivelate fondamentali due tecniche:la selezione ad iperingrandimento degli spermatozoi (IMSI)e la selezione degli spermatozoi con un DNA integro non frammentato(MACS).

Oggi pertanto non esiste più un reale motivo  perchè la coppia si rechi in centri esteri per ricorrere alla fecondazione in vitro sia essa omologa o eteroga.In Italia non si possono effettuare  la fecondazione in vitro post mortem,la fecondazione in donne single o omosessuali e la maternità surrogata Le % di successo dell’eterologa con ovociti congelati  dopo circa 500 casi effettuati nel nostro Centro sono del tutto sovrapponibili a quelle ottenibili con ovociti freschi  come peraltro dimostrato da una copiosa letteratura scientifica internazionale.

Non dobbiamo dimenticare inoltre il social freezing per tutte quelle donne che non hanno ancora una progettualità riproduttiva ma intendono conservare intatte le loro future possibilità riproduttive grazie al congelamento ovocitario.Questa ultima tecnica risulta fondamentale anche per tutte le pazienti oncologiche che dopo aver sconfitto malattie gravissime vogliono mantenere intatta la loro qualità di vita,in particolare quella riproduttiva(oncofertilità)

 

Fonte https://www.ilmessaggero.it/speciali/pm/fecondazione_in_vitro_ripartire_con_le_giuste_precauzioni_in_epoca_covid_19-5403448.html

Mappa cromosomica: come si fa?

 La mappa cromosomica non è un esame particolarmente invasivo. Il dottor Mesoraca ci spiega che per l’analisi è sufficiente un semplice prelievo di sangue venoso:

Il campione viene raccolto in una provetta contenente eparina e, dopo alcuni passaggi, i linfociti del sangue vengono messi in coltura.

Per poter poi osservare i cromosomi sono nece
ssarie opportune tecniche di laboratorio, in quanto sono strutture ben visibili solo durante la metafase della divisione cellulare, quando sono condensati (e quindi più grossi) e allineati lungo il piano equatoriale della cellula, ovvero in posizione centrale.

Successivamente, le cellule vengono bloccate, colorate e il materiale cromosomico fissato su vetrini. A questo punto, al microscopio verrà eseguita la lettura delle cosiddette “metafasi cellulari”. Dal giorno del prelievo, il tempo minimo del processo può aggirarsi intorno ai 7-10 giorni.

Inoltre, non è un esame di routine, ma viene eseguito solo in determinate situazioni.

Sono diverse le motivazioni che spingono ad eseguire una mappa cromosomica. Ad esempio, in epoca post-natale, quando un neonato ha una sospetta sindrome genetica. Oppure, è utile nel caso di coppie che hanno avuto aborti ricorrenti per indagare le cause che hanno determinano la poliabortività. O nel caso di coppie che si accingono ad affrontare un percorso di fecondazione medicalmente assistita. Oppure ancora se una coppia ha già avuto un figlio con una patologia cromosomica.

Alimentazione in gravidanza

 Per una futura madre seguire un’adeguata alimentazione in gravidanza è solo il primo passo da compiere per garantire la sua salute e quella del suo bambino. Infatti, è necessario prestare la giusta attenzione al proprio regime alimentare, anche durante l’allattamento al seno. Pur sfatando il mito secondo cui durante la gestazione è necessario mangiare per due, è importante adeguare i propri bisogni nutritivi, soprattutto per quanto riguarda alcuni alimenti.

Alimenti essenziali da mangiare in gravidanza

Durante il periodo di gestazione è necessario seguire una dieta equilibrata e prestare attenzione all’apporto di vitamine, sali minerali e acidi grassi essenziali.

Nel corso della gravidanza, inoltre, vi è un maggior bisogno di folati. Per questo motivo alle future madri viene consigliato di incrementare l’apporto di acido folico attraverso integratori.

Gli alimenti che non possono mancare nelle dieta in questo delicato periodo sono la frutta e la verdura. Sono da preferire quelle stagionali e bisogna lavarle accuratamente prima del consumo.

Inoltre, anche l’apporto di fibre deve essere incrementato per evitare la stipsi. Per quanto riguarda il consumo di carne si consigliano carni magre da consumare ben cotte, in questo modo si previene ad esempio il rischio di Salmonella nel caso delle carni avicole.

Cosa non mangiare in gravidanza

Prima del parto e durante l’allattamento bisogna assolutamente evitare il consumo di bevande alcoliche. L’etanolo, infatti, riesce a superare la barriera emato-encefalica e può produrre danni al sistema nervoso del bambino.

Ci sono poi degli alimenti che non bisogna evitare, ma semplicemente ridurne il consumo. In particolare per quanto riguarda il caffè e il tè: la caffeina e la teina sono in grado di superare la placenta e giungere al feto. Per questo motivo è preferibile limitarne il consumo o, ancora meglio, preferire prodotti decaffeinati o deteinati.

Fonte https://www.donnaglamour.it/alimentazione-in-gravidanza/mamma/?refresh_ce

domenica 27 settembre 2020

Riserva ovarica bassa: le possibili cause

 Quando gli esami indicano un numero basso di ovociti, quali possono essere le cause?

Innanzitutto, una riserva ovarica bassa può essere legata all’età materna, proprio perché con il passare del tempo c’è un invecchiamento biologico e il numero di ovociti nelle ovaie diminuisce. Solitamente, dopo i 35 anni iniziamo ad avere un calo drastico della riserva ovarica e dell’AMH.

Inoltre, possono esserci cause chirurgiche o oncologiche: ad esempio, un’asportazione di una cisti ovarica o un tumore alle ovaie possono determinare un calo del numero di ovociti nelle ovaie. O ancora, la menopausa, nelle donne di età avanzata. O la menopausa precoce, nelle donne più giovani.

Bresaola in gravidanza: è possibile mangiarla senza rischi?

 Insomma, come non amare la bresaola? Già soltanto a scriverne il nome, ecco che arriva l’acquolina in bocca. Dal sapore ormai inconfondibile al nostro palato, così sapido ma allo stesso tempo anche dolce e leggero, la bresaola è in realtà un salume tipico Valtellinese che si ottiene mediante diversi processi di essiccazione e stagionatura di un filetto di bue oppure di manzo. Oltre ad avere un gusto sicuramente molto particolare, specie poi se facciamo il classico abbinamento con la rucola ed il parmigiano, questo saporito affettato mette d’accordo tutti tra nutrizionisti e dietologi, risultando uno tra gli alimenti più sani e nutrienti.

Nonostante queste premesse che definirei deliziose, però, non sempre la bresaola è un alimento indicato per tutti quanti, specialmente in determinate circostanze. Durante il periodo di gravidanza, infatti, essendo l’organismo femminile è più esposto a potenziali pericoli derivanti dall’alimentazione, vi è un bisogno categorico di fare maggiore attenzione su ciò che si mangia. I rischi legati ad un regime alimentare poco equilibrato da parte di una futura mamma sono molteplici, tra cui complicazioni per intossicazioni, infezioni e infestazioni del feto, e tra i diversi alimenti “no” per una donna che si trova in stato interessante, purtroppo troviamo anche la bresaola, e anche per molteplici ragioni. Valutiamo quindi insieme i valori nutrizionali di quest’ultima e quali sono poi, sia per la mamma che per il bimbo, gli eventuali rischi correlati al mangiare la bresaola e, infine, delle eventuali alternative da poter integrare nella vostra dieta quotidiana.

Una delle principali cause per le quali il consumo di bresaola in gravidanza è sostanzialmente vietato, oltre al quantitativo di sale in essa contenuto, sta anche nella tipologia di lavorazione e di preparazione alla quale quest’ultima è sottoposta, ossia se si tratta di un alimento crudo e stagionato, o ha subito una cottura in precedenza alla messa in vendita. Nel caso della bresaola, esattamente come nel caso del salame e del prosciutto crudo, non vi è alcun tipo di passaggio che implichi una cottura, ma la carne viene solo fatta stagionare col sale, per poi essere infine essiccata. Generalmente, questa procedura viene applicata anche per molti altri insaccati, e in una situazione di normalità non vi è alcun pericolo per la nostra salute, sempre se consumati con moderazione. In caso di stato interessante, però, questo processo di lavorazione può causare non pochi danni al feto. Di solito, infatti, per escludere qualsiasi tipo di pericolo, si eliminano tutti gli affettati dalla dieta della gestante.


Bresaola in gravidanza: sistema immunitario e toxoplasmosi

Fatta questa piccola introduzione, spieghiamo un altro importante concetto, cominciando come sempre dalle basi: durante il periodo di gestazione della futura madre, il suo sistema immunitario non lavora esattamente come dovrebbe a causa di un meccanismo detto di anti-rigetto, che in pratica è utile per poter portare avanti la gravidanza con successo, ma che come effetto collaterale implica un’elevata possibilità da parte della mamma di essere contagiata da funghi, virus e batteri, data la scarsa presenza di difese immunitarie. Ora, va da sé che la gravidanza è già normalmente una circostanza molto particolare, in cui, sia prima, che dopo e durante, bisogna porre moltissima attenzione a cosa si mangia per il bene di entrambi, sia la madre che il bambino, in particolar modo quando ci sono di mezzo carne ed insaccati, come appunto la bresaola.

Ed è in questo che risiede il problema principale di questo tipo di salume, ossia il fatto che, nonostante sia un alimento innocuo prima della gravidanza, durante quest’ultima diventa potenzialmente dannoso, in quanto la sua carne – e il modo in cui è lavorata – potrebbe provocare la cosiddetta toxoplasmosi (da Toxoplasma godii), ossia una delle patologie che più tendono ad essere l’incubo delle future madri.

Si tratta di un patogeno che in condizioni normali, ripetiamo, non risulta assolutamente pericoloso, anzi, spesso non ci si accorge nemmeno di averla avuta. I suoi sintomi sono effettivamente molto lievi e comprendono mal di testa, mal di gola, stanchezza e sensazione di dolore alle ossa. Per quanto sia relativamente innocua per la gestante, però, potrebbe essere molto pericoloso durante il percorso della gravidanza, tanto da poter creare malformazioni neonatali, problemi alla nascita (come febbre, problemi alla vista, ittero, anemia, ecc.) o addirittura la morte fetale.

In condizioni normali, ripetiamo, non risulta assolutamente pericolosa, anzi, spesso non ci si accorge nemmeno di averla avuta. I suoi sintomi sono effettivamente molto lievi e comprendono mal di testa, mal di gola, stanchezza e sensazione di dolore alle ossa. Ovviamente, non è detto che la toxoplasmosi, nel malaugurato caso doveste contrarla in gravidanza, porti necessariamente tutti questi effetti inenarrabili, però, appunto per eliminare le possibilità che possa succedere qualcosa di spiacevole, è meglio evitare a priori di mangiare carne cruda, come appunto la bresaola. Nel caso in cui non riusciste proprio a farne a meno, c’è la possibilità di saltarne alcune fette in padella, così da cuocere il salume ed evitare di rischiare troppo.

In caso di immunità alla toxoplasmosi, ovviamente la bresaola non fa male, ma è sempre meglio non esagerare, a causa dell’elevato contenuto di sale tipico in tutti gli affettati.

Alternative alla bresaola: gli affettati concessi in gravidanza

Esistono diverse alternative di affettati che, almeno una volta ogni tanto, potete integrare nel vostro regime alimentare. Uno tra questi è, inverosimilmente, la mortadella, in quanto si tratta di un salume cotto e che quindi non comporta nessun tipo di rischio, sia per la madre che per il nascituro. Un altro salume da poter mangiare durante la gestazione è il prosciutto cotto, che ha dei processi di lavorazione ad alte temperature che sono in grado di sconfiggere batteri e protozoi. Va comunque assunto sempre con moderazione, sempre a causa dell’alto contenuto di sale. I restanti salumi, tra cui il prosciutto crudo, lo speck, il capocollo, la pancetta e infine il salame sono sconsigliati, a meno che non decidiate di cuocerli e passarli velocemente in padella, eliminando così il sopracitato problema della toxoplasmosi.

In conclusione, è sempre meglio evitare categoricamente qualsiasi cosa possa mettere in pericolo la propria gravidanza, in modo da viverla in maniera serena e senza troppe ansie, attraverso alcuni accorgimenti e soprattutto grazie ad un’alimentazione corretta che possa giovare sia alla madre che al suo bimbo.

Fonte https://www.ragusanews.com/2020/09/27/benessere/bresaola-in-gravidanza-e-possibile-mangiarla-senza-rischi/112646

Sotto i 40 anni la menopausa precoce colpisce una donna su 100. Cielo, è già qui? Parliamone

 «Ho 38 anni e ogni tanto mi vengono le vampate: possibile?». «Da quando ho compiuto i 40, non riesco più a dormire: alle tre sono con gli occhi sbarrati e mi rigiro nel letto». «Io, che non ho mai avuto problemi a eccitarmi, per la prima volta ho dolore durante i rapporti, eppure ho solo 43 anni e mestruazioni regolari». E così via, passando dall’aumento di peso ai vuoti di memoria, al desiderio latitante, alla pelle secca... Nelle chiacchiere tra amiche, abbondano dubbi su sintomi che attribuiamo alla menopausa. Ma se abbiamo ancora il ciclo?

Perché sia menopausa precoce, non ci devono essere mestruazioni da almeno 4 mesi, possono esserci sintomi da carenza di estrogeni (i dosaggi ormonali danno valori di Fsh superiori a 40 Ui/L a distanza di almeno un mese). Attenzione, però: «Almeno inizialmente è più cauto parlare di insufficienza ovarica prematura», sottolinea Rossella Nappi, ginecologa ed endocrinologa al Policlinico San Matteo di Pavia. «Perché l’ovaio può avere un comportamento imprevedibile e produrre ormoni sessuali che vengono riattivati all’improvviso (succede nella metà dei casi di menopausa precoce spontanea), e anche non aver esaurito del tutto il proprio patrimonio follicolare. Al punto che una piccola percentuale di donne con menopausa precoce (5-10 per cento) riesce addirittura a concepire e andare incontro a una gravidanza. La menopausa precoce è infatti una condizione di insufficienza ovarica stabile nel tempo».

Quali sono le cause della menopausa precoce? «Possono essere genetiche, come anomalie cromosomiche (soprattutto del cromosoma X), polimorfismi genici (variazioni di alcuni geni, come i recettori dell’ormone Fsh), mutazioni o deficienze enzimatiche. C’è anche una correlazione con le malattie autoimmuni, poliendocrine, l’ipotiroidismo, l’insufficienza delle ghiandole surrenali e il diabete di tipo 1. A volte ci sono cause più rare di tipo infettivo e metabolico», continua la specialista. Possono influire l’anoressia (la riduzione di calorie e nutrienti danneggia l’ovaio) e anche il fumo, che in generale anticipa la menopausa di circa due anni. «Ma spesso la menopausa precoce spontanea, evento che tocca una minoranza (sotto i 40 anni, una donna su cento; sotto i 30, una su mille; sotto i 20, una su 10.000), è “idiopatica”, cioè legata a condizioni che non sono ancora spiegabili», spiega Rossella Nappi. «Diversa è la menopausa precoce secondaria, cioè dovuta a interventi chirurgici, patologie e terapie, come l’asportazione di cisti causate per esempio dall’endometriosi, la rimozione di ovaie e tube, in pazienti con alto rischio oncologico per via di mutazioni genetiche (vedi il caso di Angelina Jolie), la chemioterapia o la radioterapia».

In tutti i casi, e se non esistono controindicazioni, l’esperto potrà valutare l’opportunità e le modalità per una terapia ormonale sostitutiva che servirà a tenere sotto controllo anche i cambiamenti e i rischi che la menopausa porta con sé (come l’osteoporosi o i problemi della sfera uro-genitale). Ancora, molte donne che ricevono una diagnosi di menopausa precoce o di insufficienza ovarica prematura si trovano a fare i conti di punto in bianco con l’impossibilità di avere figli: se le ovaie sono esaurite, l’unica soluzione possibile è l’ovodonazione. Nessuna prevenzione possibile? «In realtà, ogni donna dovrebbe conoscere bene la propria storia familiare: sapere se la mamma o la nonna è entrata precocemente in menopausa e se ciò è avvenuto in modo spontaneo. Scoprirlo ci rende più consapevoli di ciò che potrebbe succedere a noi, e ci consente anche di giocare d’anticipo, con un eventuale counseling genetico e una pianificazione consapevole della maternità», conclude Nappi. Compresa la possibilità di pensare a una conservazione dei propri ovuli con una tecnica di congelamento prima che sia troppo tardi.


L'analisi dei segnali

In media i cambiamenti del climaterio (vampate, sudorazioni e disturbi del sonno, aumento di ansia e depressione, minore capacità di concentrazione e memoria, problemi intestinali, dolori articolari, riduzione del desiderio, aumento di peso) durano tre-quattro anni: ma ben il 37 per cento delle donne ha sintomi prima dei 40, e un altro 41 per cento prima dei 45», dice Alessandra Graziottin, direttrice del Centro di ginecologia del San Raffaele-Resnati. «Le irregolarità mestruali sono il primo segno di attenzione, con il ciclo che prima si accorcia, sui 23-24 giorni o meno, e poi tende ad allungarsi ai 35-40 giorni o più». Ma sono sempre segnali del declino della riserva ovarica? O possono essere espressione di qualche altro problema? Le disfunzioni tiroidee, per esempio, sono comuni dopo i 40 anni e possono dare disturbi sovrapponibili, e anche l’ipertensione va indagata. Tutte da verificare, invece, le cause del fastidio durante i rapporti sessuali: «La secchezza vaginale può anche essere legata allo stress che si traduce in scarso desiderio, al fumo che lede i vasi vaginali, o ad alcune pillole a basso dosaggio estrogenico. Se il clitoride è più sensibile e l’orgasmo meno “esplosivo” può dipendere da carenze di testosterone: questo ormone comincia a declinare dai 20 anni, e quindi può c’entrare l’età, più che la menopausa incombente». E se anche fosse? No panic! Il tempo è ancora dalla nostra parte per prepararci al cambiamento nel modo più smart.



Sul sito della North american menopause society (menopause.org), Leslee Kagan, esperta di menopausa della Harvard medical school, scrive che questa è «l’adolescenza dell’età adulta, migliore dell’adolescenza dei giovani perché le donne hanno fiducia ed esperienza. È il momento della scoperta di ciò che si vuole veramente, di prendere in mano e modellare i prossimi capitoli della vostra vita». E allora, diamoci una regolata: «No al fumo, migliore alimentazione, non più di 1-2 bicchieri di vino a settimana, recuperare il peso forma, mezz’ora (perfetta un’ora) di attività aerobica al giorno e almeno un quarto d’ora di pesetti (anche cavigliere da usare in casa) per prevenire l’osteopenia che può cominciare prima della menopausa. Una pillola con estradiolo bioidentico più nomegestrolo oppure dienogest dà un apporto ormonale equilibrato per arrivare ai cinquant’anni bene. Per chi preferisce la fitoterapia, è efficace l’agnocasto: aiuta a ridurre la sindrome premestruale che peggiora in premenopausa. Ottimo l’estratto di polline e pistillo, prezioso per ridurre le prime vampate, i disturbi dell’umore e i sintomi premestruali; l’equolo, fitoestrogeno già attivato, o l’estratto di trifoglio rosso per ridurre vampate e sintomi neurovegetativi; D mannosio ed estratto di mirtillo rosso se si è più vulnerabili alle cistiti. Infine, vitamina D, calcio, magnesio, se carenti, vanno integrati. Occhio anche al ferro se il ciclo è abbondante o si è vegetariane/vegane: l’anemia da carenza di ferro potenzia sia i sintomi premestruali, sia premenopausali».

Fonte https://www.elle.com/it/salute/benessere/a34126732/menopausa-precoce/

Mappa cromosomica: a cosa serve?

 Un cromosoma è una struttura formata da un lungo filamento di DNA legato a proteine. La mappa cromosomica, anche nota come cariotipo o analisi citogenetica, non è altro che un esame che permette di visualizzare l’insieme dei cromosomi che costituiscono il bagaglio genetico di un individuo. Il dottor Mesoraca ci spiega:

La mappa cromosomica rappresenta il patrimonio ereditario di un individuo. Ѐ costituita da 23 coppie di cromosomi: 22 coppie non sessuali e 1 coppia di cromosomi sessuali (X e Y). Un individuo di sesso maschile avrà 22 coppie di cromosomi non sessuali, più la coppia XY; analogamente, un individuo di sesso femminile avrà 22 coppie di cromosomi non sessuali, più la coppia XX. Questo corredo cromosomico deriva per il 50% dalla madre e per il 50% dal padre: durante il concepimento, uno spermatozoo con 23 cromosomi si unisce a un ovulo che ne contiene altri 23 per dare vita a un essere umano dotato di 46 cromosomi.

La mappa cromosomica serve a rilevare eventuali anomalie cromosomiche, che possono essere di tue tipi:

  • numeriche, se i cromosomi sono presenti in numero maggiore (come nel caso delle trisomie) o minore (e in questo si parla di monosomia);
  • strutturali, se i cromosomi hanno delle porzioni in meno (delezioni), o se hanno parti di altri cromosomi (traslocazioni), o se hanno parti ripetute (duplicazioni).

Queste anomalie sono associabili a patologie più o meno gravi.

Le anomalie più frequenti riscontrabili nella mappa cromosomica sono quelle numeriche: ad esempio, la trisomia del cromosoma 21, che si osserva nella sindrome di Down. Ma esistono anche altre trisomie: del cromosoma 18 (sindrome di Edwards), del cromosoma 13 (sindrome di Patau) e diverse altre molto più gravi ed incompatibili con la vita.

Nonostante le più frequenti siano quelle numeriche, si possono osservare anche anomalie nella struttura dei cromosomi.

Con la mappa cromosomica sono riscontrabili, ad esempio, anche delezioni grossolane dei cromosomi associate a malattie importanti, come ad esempio la 18p-, causata dalla perdita di un pezzo consistente di cromosoma 18. O, ancora, possono esserci i riarrangiamenti strutturali dei cromosomi e le traslocazioni bilanciate, con pezzi di cromosomi che “traslocano” su altri mantenendo però il loro materiale genetico. In questo caso la persona che ha questa anomalia cromosomica sta bene, ma può trasmettere la traslocazione in forma sbilanciata e creare malattie importanti a livello fetale.

Coronavirus, conferma dell'ipotesi infertilità per gli uomini

 Uno studio del Centro di Medicina riproduttiva dell'ospedale Tongji di Wuhan, focolaio dell'epidemia, dimostrava che il coronavirus può mettere a rischio la fertilità maschile.

Lo studio è stato pubblicato online, sul sito del governo dell'Hubei, e rilanciato da quotidiani e social media.

Nella ricerca, si sosteneva che il Covid-19, come già precedenti infezioni virali come la Sars, potesse inficiare la fertilità degli uomini che lo avevano contratto. Lo studio è stato cancellato dal sito dell'Hubei appena poche ore dopo la sua pubblicazione. La notizia, però, era ormai diventata virale sul web. Ma il rischio esiste davvero?

"In letteratura scientifica al momento non ci sono dati veri e propri ma solo ipotesi", spiega il professor Luca Carmignani, primario di Urologia dell'IRCCS Policlinico San Donato e docente dell'Università degli studi di Milano. "Potrebbe esserci la possibilità, come per la Sars o altre malattie virali come la parotite, di un danno testicolare a livello ormonale oppure a livello della produzione di spermatozoi, che colpisce anche le cellule della linea germinale. L'ipotesi che viene fatta è che, poiché il virus usa il recettore ACE2 per entrare nelle cellule e le cellule dei testicoli hanno una quantità abbastanza elevata di questi recettori, il virus potrebbe entrare nelle cellule e danneggiarle. Dando il via a dei processi che possono essere di infiammazione, come è stato per la Sars o come è per altri tipi di virus, oppure producendo dei danni a livello del testicolo. Danni che, però, negli articoli che esistono attualmente non sono descritti su pazienti. Quindi si tratta di un'ipotesi di lavoro".

Me è importante ricordare che ci sono diverse infezioni virali che possono produrre conseguenze sull'apparato riproduttivo maschile. "La parotite si ripercuote sulla fertilità, provocando un'infiammazione al testicolo che danneggia la linea della produzione degli spermatozoi e porta ad una infertilità che in alcuni casi è anche definitiva. Per altre malattie virali non è così. In passato la Sars ha causato infiammazioni dei testicoli anche importanti, l'orchite, ma non infertilità".

Fonte http://www.altramantova.it/it/scienze/salute/25158-coronavirus-conferma-dell-ipotesi-infertilita-per-gli-uomini.html

sabato 26 settembre 2020

Fecondazione in vitro, da Bari la tecnologia bioprinting in 3D: così terapie più efficienti

 L’efficacia delle attuali terapie per la fertilizzazione in vitro  è attualmente limitata dall’organizzazione bidimensionale delle colture cellulari che mal si adattano  a strutture sferoidali come l’ovocita, il follicolo ovarico e l’embrione, riducendone le potenzialità di sviluppo. Il gruppo di ricerca di Biotecnologie Riproduttive del Dipartimento di Bioscienze Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari, coordinato dalla Prof.ssa Maria Elena Dell’Aquila, ha pubblicato sulla rivista internazionale PLOS ONE un innovativo approccio bioingegneristico in cui cellule uovo di un modello animale sono state incapsulate in microsfere di idrogel mediante tecnologia bioprinting per ottenere strutture 3D per la coltura in vitro. 

La tecnologia di bioprinting ha migliorato la vitalità e il potenziale di sviluppo delle cellule uovo microincapsulate rispetto a quelle coltivate con i metodi convenzionali 2D. Lo studio interdisciplinare ha importanti applicazioni e ricadute nella produzione di embrioni in vitro sia per la procreazione medicalmente assistita, per l’industria delle produzioni animali, per la propagazione di specie a rischio di estinzione e per la valutazione del rischio da agenti chimici sulla fertilità femminile.

Lo studio è stato condotto nel Dottorato di Ricerca Innovativo a Caratterizzazione Industriale 2016-19 (MIUR PON R&I 2014-20) in Genomica e Proteomica Funzionale e Applicata (Coordinatore Prof.ssa Giovanna Valenti) dalla Dott.ssa Antonella Mastrorocco (in foto) con Docente Tutor la Prof.ssa Elena Ciani, in collaborazione con il Centro di Ricerca Enrico Piaggio (Coord. Prof.ssa Arti Ahluwalia), lo Spin-off IVTech e il Dip. Scienze Veterinarie (Prof. Francesco Camillo) dell’Università di Pisa e il Dept. Clinical Sciences, Embryology, Anatomy and Physiology – Faculty of Veterinary Medicine, Utrecht University (Prof. Bernard A.J. Roelen).

Fonte https://www.borderline24.com/2020/09/25/fecondazione-vitro-bari-la-tecnologia-bioprinting-3d-cosi-terapie-piu-efficienti/

Emicrania, molte rinunciano alla gravidanza per paura, in realtà il disturbo migliora


 Molte donne con emicrania rinunciano a una gravidanza per colpa della malattia. Quelle che hanno più probabilità di fare questa scelta, hanno in diversi casi l'emicrania innescata dal ciclo mestruale e sono a maggiore rischio di attacchi frequenti. La decisione sembra determinata dalle paure che il disturbo peggiori e possa nuocere anche al bambino. In realtà, prove scientifiche dimostrano che l'emicrania migliora fino al 75% dei casi nelle donne durante la gravidanza.

Lo rileva una ricerca della Mayo Clinic, pubblicata sulla rivista Mayo Clinic Proceedings. È stato sottoposto un questionario a 607 pazienti in cura in diversi centri negli Usa: tra coloro che hanno evitato una gravidanza a causa dell'emicrania, il 72,5% credeva che la patologie sarebbe peggiorata durante o subito dopo la gravidanza, il 68,3% credeva che avrebbe reso difficile la gravidanza e l'82,6% credeva che la disabilità causata dall'emicrania avrebbe reso difficile crescere un bambino .

Sono emerse anche preoccupazioni sui farmaci, che avrebbero potuto influenzare negativamente lo sviluppo del bambino, e sulla possibilità di trasmettergli geni che aumentano il rischio di emicrania. I ricercatori hanno notato che la ricerca non supporta ciò che di cui le pazienti sono convinte. Circa la metà o i tre quarti delle donne con emicrania sperimentano infatti secondo gli studiosi un netto miglioramento durante la gravidanza, con una significativa riduzione della frequenza e dell'intensità degli attacchi secondo la letteratura pubblicata.

Poiché la prognosi dell'emicrania durante la gravidanza è generalmente buona, potrebbe essere possibile limitare l'uso di farmaci, riducendo così il rischio di eventi avversi correlati ai farmaci. L'emicrania non sembra inoltre aumentare il rischio di malformazioni fetali.


Fonte https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/emicrania_donne_gravidanza-5487143.html

Il significato di infertilità femminile e le sue cause principali

 L’Italia anno dopo anno continua a spopolarsi. Alla fine di dicembre 2019 dati dell’Istat presentano 435.000 nati con il «ricambio naturale» più basso in 102 anni. Per cento persone decedute arrivano soltanto 67 bambini contro i 96 di dieci anni fa.

Questi i dati esposti dal prof. Fabrizio Cerusico, considerato uno dei maggiori esperti a livello europeo nel trattamento e nella cura dei problemi di infertilità e della fecondazione assistita al Convegno che si che si è svolto in presenza e online al «No Tag Hotel di Trani». Il professore ha fatto notare ai medici intervenuti da tutta Italia, che dal  2010 ad oggi le coppie che si sono sottoposte alle cure per la fertilità sono aumentate dell'1,3% e numerosi studi dimostrano il ruolo della dieta nell’infertilità sia maschile che femminile.

ALIMENTAZIONE - Nello specifico lo zucchero porta evidenti squilibri. Quando le cellule cercano di metabolizzare il glucosio a scopi energetici si verificano importanti squilibri strutturali e ormonali come la resistenza all’insulina, una maggiore ossidazione e invecchiamento e le cellule tumorali mostrano un aumento della glicolisi anaerobica.

Il prof.  Cerusico ha fatto anche notare che la perdita di peso migliora la fertilità in donne sovrappeso e obese, dà benefici come cicli mestruali più regolari, ovociti spermatozoi e fertilizzazione di migliore qualità e minor dosaggio dei farmaci e dei cicli di trattamento. Nello specifico gli alimenti sono dei veri e propri farmaci e l’alimentazione ha un ruolo determinante nell’equilibrio del nostro organismo. Donne con BMI a valori alti hanno maggiori difficoltà di concepimento rispetto a chi ha un peso gestito.

Uno studio condotto da Moragianni e colleghi mostra che le donne obese hanno il 68% di probabilità in meno di avere un parto vivo dopo il primo ciclo di terapia assistita rispetto alle normopeso.

Esistono prove convincenti che ridurre il carico di carboidrati può ridurre i livelli circolanti di insulina, migliorare lo squilibrio ormonale e provocare la ripresa dell’ovulazione per migliorare i tassi di gravidanza. Uno studio prospettico su 18.555 donne di Chavarro e colleghi ha dimostrato che la qualità dei i carboidrati influisce sul rischio di infertilità del 78%

Riassumendo: l’alimentazione è sì un fattore importantissimo, ma il metodo si basa anche su altre variabili che sono la diminuzione del fumo di sigarette poiché si è visto che questo è responsabile sia della diminuzione del numero dei follicoli antrali nelle ovaie sia del danneggiamento della qualità degli spermatozoi. Altra cosa da tenere in considerazione è l’elettromagnetismo.

ELETTROMAGNETISMO - «Siamo circondati da campi elettromagnetici che danneggiano le nostre cellule. Telefoni, computer, tablet e ripetitori possono portare alterazioni del Dna e modifiche spermatiche soprattutto per gli uomini che abitualmente tengono questi dispositivi nelle tasche vicino agli organi genitali. A queste considerazioni va aggiunto anche un lavoro sul distress per il raggiungimento di una “pace spirituale” che non è affatto un fattore trascurabile per chi punta al benessere e ad approntare un percorso di concepimento. Corpo, anima e mente non sono separate, ma interdipendenti”, spiega il Professor Cerusico.

DIETA CHETOGENICA - L’approccio terapeutico chetogenico ha dimostrato di essere una giusta strategia in campi che concernono la medicina, l’anti-aging e la risoluzione di problemi come sindrome metabolica e diabete tipo 2. Nel caso specifico della fertilità, il dimagrimento che avviene con la produzione di chetoni dal grasso corporeo può migliorare la qualità’ ormonale e di conseguenza anche il percorso della fecondazione assistita. Una corretta cascata ormonale produce un corretto andamento dell’ovulazione e migliora la produzione spermatica. Per dirla in estrema sintesi: aumento del tasso di gravidanza e diminuzione del rischio di aborti.

Ma la dieta chetogenica viene usata anche come percorso dietoterapico per altre problematiche. Come ricorda il Professor Giovanni De Pergola, dell’Università di Bari:

Le chetogeniche, dice De Pergola, stanno acquisendo importanza e la dimostrazione sta nel fatto che rispetto ad altre diete il numero di pubblicazioni scientifiche è aumentato enormemente negli anni.  La dieta chetogenica è caratterizzata da un aumento di quelli che vengono definiti “corpi chetonici”. Quando si instaura la chetosi, riduciamo drasticamente la quantità di carboidrati e non fornendone un quantitativo sufficiente  l'organismo è obbligato a sciogliere i grassi che vengono liberati nel sangue sotto forma di acidi grassi. Questi arrivano al fegato e vengono convertiti in corpi chetonici. L’interesse per la dieta keto rispetto ad altre diete deriva sia dal fatto che a parità di calorie rispetto ad una ipocalorica normale la dieta chetogenica  fa perdere più peso infatti i corpi chetonici inibiscono la fame, ma soprattutto si assiste ad una reale perdita di massa grassa, con una protezione consistente della composizione del muscolo. Accanto a questa considerazione ce ne sono altre. Con la chetogenica non solo si perde peso, ma si riduce la glicemia, trigliceridi e si riduce pressione arteriosa. Il ruolo delle KD può essere determinante nell’affrontare problemi come: diabete tipo 2, sindrome metabolica, epilessia, malattie neurologiche, obesità e cancro. Sempre più studi dimostrano l’importanza di questa strategia che deve essere condotta e seguita sempre sotto controllo medico. 

Fonte https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/gallery/bat/1250910/trani-infertilita-di-coppia-tra-obesita-fumo-ed-elettromagnetismo-mezzo-milione-di-nati-in-meno-in-5-anni.html