Il 15% dei giovani intervistati dall’Istituto Giuseppe Toniolo in tema di procreazione assistita consiglierebbe ad amici che non riescono ad avere figli la fecondazione omologa; una percentuale tra il 15 e il 19% consiglierebbe invece l’eterologa. Per quanto riguarda la donazione dei gameti (maschili e femminili) oltre l’80% dichiara di non conoscere le modalità della procedura, ma oltre la metà approva entrambe le pratiche. Solo il 12,5% disapprova la donazione di sperma; il 15,7% quella di ovulo. Sono le femmine ad approvare maggiormente rispetto ai maschi la scelta di un’amica a donare ovuli. Significativa l’influenza del fattore religioso: «sono infatti i giovani che danno poco valore alla religione – si legge nell’indagine – ad approvare con maggiore probabilità la scelta di donare gameti, mentre i giovani che danno più valore alla religione tendono a disapprovare in misura maggiore tale scelta». In generale, i giovani si mostrano più cauti se si chiede loro di dare un consiglio, più favorevoli in caso debbano esprimere un parere. I giovani del Sud, regioni nelle quali peraltro sono più diffusi i centri di procreazione assistita, sembrano più favorevoli alla fecondazione eterologa per le coppie eterosessuali e alla donazione di sperma ed ovulo rispetto ai coetanei del Centro e del Nord.
Dalle anticipazioni dell’indagine emerge che solo il 2,4% degli intervistati consiglierebbe il ricorso alla maternità surrogata ad un amico eterosessuale, il 4,5% ad un’amica lesbica, l’8,8% ad amico gay. Sondando il vissuto più personale dei giovani chiedendo loro di immaginare di avere un figlio in «modo naturale» o ricorrendo alla fecondazione omologa, eterologa o adozione, emerge che il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa pare mettere in crisi più delle altre procedure il loro senso di identità. La procreazione assistita risulta infatti associata a livelli molto bassi sia di stima di sé (24,5%), sia del senso della vita (26,3%), sia del senso di vicinanza agli altri (23,5%). L’avere un figlio in modo «naturale», invece, risulta rinforzare e incrementare il senso di identità con percentuali molto alte in tutte e tre queste dimensioni (rispettivamente 58%, 48,6% e 39%). In posizione intermedia tra questi due estremi si situano sia la fecondazione omologa che l’adozione. Sono le femmine, più che i maschi, a sentirsi svilite nella propria identità se immaginano di dover ricorrere alla fecondazione eterologa, e arricchite se invece immaginano di avere un figlio in modo «naturale».
Fonte: Sir
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