Eccomi. Sono una di quelle persone snaturate che sono ricorse all’ovodonazione per poter diventare mamma. Quello che ho letto e sto leggendo in questi giorni, a valle delle dichiarazioni di Dolce e Gabbana mi sta facendo molto male. Arrivare a prendere in considerazione l’ovodonazione per diventare mamma non è un percorso semplice, mentalmente ed eticamente semplice. Ho accettato per forza di cose la mia infertilità, ho elaborato un lutto biologico e mi sono guardata intorno ponendomi ancora un sacco di domande sul percorso che poi ho intrapreso. E le domande vi assicuro non riguardavano me o mio marito, riguardavano (e riguardano) i bambini che poi sono arrivati.
Mi sono chiesta mille volte se quello che stavo per fare fosse giusto, non per me ma per loro. Mi chiedo ancora se e come dovranno saperlo, mi chiedo ancora se mi rifiuteranno e mi odieranno. Ma io li amerò comunque, li ho amati dal primo loro esistere, li ho sentiti miei dalla loro prima cellula. E tutti i giorni ringrazio la donna che mi ha fatto il regalo più bello del mondo. Sì, ha ricevuto un compenso, possiamo dire allora la persona che mi ha venduto il mio sogno più bello.
So di donne che hanno iniziato un percorso per diventare donatrici di ovociti ma che poi si sono tirate indietro perché non se la sono sentita. Penso che una persona non doni i suoi gameti per soldi e basta, non credo che il «vil denaro» sia veramente capace di far tacere una coscienza che su questo tema ha dei dubbi. Almeno spero sia così. È vero che una consapevolezza vera della donazione la puoi raggiungere solo quando attraversi un percorso di un certo tipo in prima persona. Sì, a valle di questa esperienza ho deciso che anche io donerò i miei organi, che donerò quello che posso donare, anche solo il mio tempo e la mia esperienza.
Mi domando comunque perché non si «scateni» alcun blog o dibattito per la donazione del seme. Cosa c’è di eticamente diverso tra la donazione di seme e la donazione di ovociti? Secondo me niente. Per questo trovo molto pretestuosi alcuni articoli in cui paladini della libertà femminile si ergono a tutela di una umanità altrimenti distrutta e affondata nella più becera depravazione morale. Perché nessuno considera nello stesso modo delle donne questi giovanotti che dietro compenso donano il loro seme? Perché «3 minuti di felicità» sono fisicamente meno impegnativi di 15 giorni di stimolazione ovarica? Perché «3 minuti di felicità» dietro compenso non sono moralmente riprovevoli come 15 giorni dietro compenso di stimolazione ovarica (e successivo intervento di prelievo)? Dove sono i «difensori» dello sfruttamento di questi giovanotti?
Io ho affrontato un percorso complesso, intimamente complesso e ogni giorno continuo a pormi domande e cercare risposte. Rispetto chi la pensa in modo diverso da me, non pretendo di detenere la verità assoluta, ma pretendo lo stesso rispetto da chi la pensa diversamente da me. Ognuno è libero di esprimere opinioni diverse, anzi sarebbe terribile se non potesse essere così. Ma l’espressione di una opinione diversa non può e non deve passare né dal giudizio (o pregiudizio) né tantomeno dall’insulto. Altrimenti non è più una opinione, diventa una sentenza data a priori condita dalla maleducazione e per questo non accettabile nè condivisibile. È questo il motivo per cui mi domando se dire o no ai miei bambini «come sono arrivati». Non li ho scelti da un catalogo, non ho scelto il sesso né il colore degli occhi né tantomeno quello dei capelli. Ho sempre pregato che fossero sani ed ho pianto quando sono nati. Li guardo, e quello che provo è la stessa cosa che provano le «mamme naturali» di «bambini naturali».
I miei «bambini sintetici» saranno educati all’altruismo ed alla condivisione, saranno educati al rispetto reciproco ed alla tolleranza. Spero di riuscire in questo, ma sicuramente se qualcuno li considera «bambini artificiali» o «bambini sintetici» ghettizzandoli o ghettizzando i genitori non credo che potrò dirgli come sono nati. Non sarebbero tutelati nella loro libertà e nella loro possibilità di crescita sana e serena.
Per questo vi chiedo non di cambiare idea, non di accettare per voi quello che per voi non è accettabile, ma solo di rispettare le opinioni diverse dalle vostre, di esprimerle con più educazione e pacatezza, usando termini meno violenti di quelli che ho letto in giro (prostituzione, aberrazione, ignominia), prima di tutto per tutelare questi comunque meravigliosi bambini, solo bambini.
Fonte http://27esimaora.corriere.it/articolo/non-chiamateli-bambini-artificialinon-potro-dire-loro-come-sono-nati/
Mi sono chiesta mille volte se quello che stavo per fare fosse giusto, non per me ma per loro. Mi chiedo ancora se e come dovranno saperlo, mi chiedo ancora se mi rifiuteranno e mi odieranno. Ma io li amerò comunque, li ho amati dal primo loro esistere, li ho sentiti miei dalla loro prima cellula. E tutti i giorni ringrazio la donna che mi ha fatto il regalo più bello del mondo. Sì, ha ricevuto un compenso, possiamo dire allora la persona che mi ha venduto il mio sogno più bello.
So di donne che hanno iniziato un percorso per diventare donatrici di ovociti ma che poi si sono tirate indietro perché non se la sono sentita. Penso che una persona non doni i suoi gameti per soldi e basta, non credo che il «vil denaro» sia veramente capace di far tacere una coscienza che su questo tema ha dei dubbi. Almeno spero sia così. È vero che una consapevolezza vera della donazione la puoi raggiungere solo quando attraversi un percorso di un certo tipo in prima persona. Sì, a valle di questa esperienza ho deciso che anche io donerò i miei organi, che donerò quello che posso donare, anche solo il mio tempo e la mia esperienza.
Mi domando comunque perché non si «scateni» alcun blog o dibattito per la donazione del seme. Cosa c’è di eticamente diverso tra la donazione di seme e la donazione di ovociti? Secondo me niente. Per questo trovo molto pretestuosi alcuni articoli in cui paladini della libertà femminile si ergono a tutela di una umanità altrimenti distrutta e affondata nella più becera depravazione morale. Perché nessuno considera nello stesso modo delle donne questi giovanotti che dietro compenso donano il loro seme? Perché «3 minuti di felicità» sono fisicamente meno impegnativi di 15 giorni di stimolazione ovarica? Perché «3 minuti di felicità» dietro compenso non sono moralmente riprovevoli come 15 giorni dietro compenso di stimolazione ovarica (e successivo intervento di prelievo)? Dove sono i «difensori» dello sfruttamento di questi giovanotti?
Io ho affrontato un percorso complesso, intimamente complesso e ogni giorno continuo a pormi domande e cercare risposte. Rispetto chi la pensa in modo diverso da me, non pretendo di detenere la verità assoluta, ma pretendo lo stesso rispetto da chi la pensa diversamente da me. Ognuno è libero di esprimere opinioni diverse, anzi sarebbe terribile se non potesse essere così. Ma l’espressione di una opinione diversa non può e non deve passare né dal giudizio (o pregiudizio) né tantomeno dall’insulto. Altrimenti non è più una opinione, diventa una sentenza data a priori condita dalla maleducazione e per questo non accettabile nè condivisibile. È questo il motivo per cui mi domando se dire o no ai miei bambini «come sono arrivati». Non li ho scelti da un catalogo, non ho scelto il sesso né il colore degli occhi né tantomeno quello dei capelli. Ho sempre pregato che fossero sani ed ho pianto quando sono nati. Li guardo, e quello che provo è la stessa cosa che provano le «mamme naturali» di «bambini naturali».
I miei «bambini sintetici» saranno educati all’altruismo ed alla condivisione, saranno educati al rispetto reciproco ed alla tolleranza. Spero di riuscire in questo, ma sicuramente se qualcuno li considera «bambini artificiali» o «bambini sintetici» ghettizzandoli o ghettizzando i genitori non credo che potrò dirgli come sono nati. Non sarebbero tutelati nella loro libertà e nella loro possibilità di crescita sana e serena.
Per questo vi chiedo non di cambiare idea, non di accettare per voi quello che per voi non è accettabile, ma solo di rispettare le opinioni diverse dalle vostre, di esprimerle con più educazione e pacatezza, usando termini meno violenti di quelli che ho letto in giro (prostituzione, aberrazione, ignominia), prima di tutto per tutelare questi comunque meravigliosi bambini, solo bambini.
Fonte http://27esimaora.corriere.it/articolo/non-chiamateli-bambini-artificialinon-potro-dire-loro-come-sono-nati/
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