Uno dei problemi più attuali nella lotta all’infertilità in Italia è l’età in cui le donne decidono di avere il primo figlio. "I nuovi ruoli sociali e l’emancipazione femminile hanno spostato la maternità dopo i 30 anni, in alcuni casi anche dopo i 35. Tanto che l'età media di chi si rivolge ad un centro per la Pma - spiega il dottor Giuseppe Palumbo, direttore della clinica ostetrica e ginecologica di Catania - è di 36 anni. Prima si studia, si cerca una sistemazione e si forma una coppia. E soltanto alla fine si fa un figlio". Sono cambiati i tempi, continua a spiegare l'esperto, ma per la biologia della donna il periodo migliore per la gravidanza resta sempre la fascia 20-30 anni; dai 30 ai 40 anni è ancora possibile concepire figli, ma dopo i 40 la fertilità spontanea decresce in maniera drastica. E purtroppo questo vale anche per l’aiuto che può venire dalla procreazione assistita. Se è vero che un ciclo di procreazione assistita su quattro in Italia è praticato su una ultra quarantenne, è vero anche che la percentuale di successo in questa fascia d'età si riduce dal 25%, dato che corrisponde a quello di un buon centro italiano su età inferiori ai 40 anni, al 5-7%.
Tra calo della fertilità e successo della Pma, gli specialisti celebrano, a 50 anni dalla scoperta, le gonadotropine, sostanze utilizzate per stimolare ovaio e testicoli e indurre la gravidanza. Nel solo triennio 2005-2008, nel nostro Paese, le gonadotropine sono state usate in oltre 200 mila cicli per trattare donne con difficoltà di concepimento: così la stimolazione ovarica ha permesso a oltre 21 mila bambini di venire alla luce. Un risultato ottenuto grazie a un lungo cammino della ricerca, non privo di elementi curiosi. "In Italia - spiega Andrea Genazzani, ordinario di medicina della procreazione e dell'età evolutiva dell'Università di Pisa e presidente del congresso - per ottenere gonadotropine di estrazione urinaria da donne in menopausa furono utilizzate le urine delle suore del Vaticano. In questo modo le religiose contribuirono a rendere fertili un gran numero di donne che non riuscivano a concepire". L'evoluzione delle tecniche ha reso poi possibile riprodurre le gonadotropine in vitro con procedure di ingegneria genetica, inserendo i geni che codificano le proteine in batteri da cui sono state estratte le gonadotropine ricombinanti.
Fonte http://www.repubblica.it/salute/medicina/2010/03/05/news/infertilita_per_una_coppia_su_sette_in_italia_ogni_anno_10mila_bimbi_in_provetta-5584527/
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