Queste sono, in sintesi, le conclusioni di uno studio condotto in 35 paesi europei per stabilire se, e in quale misura, le importanti differenze in termini di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) e di trattamenti connessi siano spiegabili sulla base di fattori finanziari, demografici e/o culturali. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Human Reproduction da Patrick Präg e Melinda Mills, dell’Università di Oxford.
Per “misurare” il ricorso alla PMA, lo studio ha valutato il numero di cicli di trattamento per milione di donne in età fertile (15-44 anni) in relazione a cinque variabili, che sono riconducibili agli ambiti economico-finanziario, demografico, regolatorio e culturale. Tali variabili sono ritenute potenzialmente predittive della scelta delle donne/delle coppie di avvalersi della PMA e sono elencate di seguito:
Una prima analisi statistica ha valutato in che misura ognuna delle suddette variabili, considerata singolarmente, influisce sul numero di trattamenti per la PMA e ha osservato che, in ordine di influenza:
Nel mondo reale, tuttavia, le cinque variabili considerate coesistono e possono interagire. Una seconda analisi statistica, nei cui dettagli non ci addentriamo per ragioni di semplicità, ha dunque considerato uno scenario più articolato, che tiene conto di tutte queste variabili.
L’analisi ha confermato il ruolo preponderante della variabile socio-culturale: l’aumento di 1 solo punto percentuale del livello di accettazione della PMA determina un aumento importante, e significativo dal punto di vista statistico, del numero di cicli di trattamento per milione di donne in età fertile (+276 cicli). Il “peso” del livello di accettazione riduce fortemente la predittività del PIL, che come si è visto sopra era stata inizialmente stimata al 30%. Viene dunque ridimensionato il ruolo della ricchezza nazionale, ma questo aspetto non esce di scena. Infatti, la relazione positiva tra livello di accettazione della PMA e numero di cicli di trattamento è rafforzata dalla ricchezza del paese, ed è dunque più forte nei paesi con PIL più alto.
Né la quota di donne con istruzione terziaria né la quota di protestanti rafforzano l’influenza della variabile socio-culturale sul livello di accettazione.
Finora, le analisi dei fattori che influiscono sulla scelta di ricorrere alla PMA e delle differenze tra paese e paese hanno tenuto conto della ricchezza nazionale, delle leggi che regolamentano le procedure, dei costi e degli aspetti assicurativi. Invece, non hanno mai considerato con attenzione la dimensione socio-culturale e normativa.
Questo studio aggiunge un’informazione importante e ha un’implicazione forse inattesa: sia la ricerca sulla PMA sia le scelte in materia di politiche di attuazione, accessibilità e utilizzo dovrebbero tenere in maggiore considerazione questo importante elemento.
Fonte: Cultural determinants influence assisted reproduction usage in Europe more than economic and demographic factors; Human Reproduction 2017;29:1-10.
Per “misurare” il ricorso alla PMA, lo studio ha valutato il numero di cicli di trattamento per milione di donne in età fertile (15-44 anni) in relazione a cinque variabili, che sono riconducibili agli ambiti economico-finanziario, demografico, regolatorio e culturale. Tali variabili sono ritenute potenzialmente predittive della scelta delle donne/delle coppie di avvalersi della PMA e sono elencate di seguito:
- Prodotto interno lordo (PIL) nazionale (variabile economico-finanziaria).
- Percentuale di donne di 34-54 anni con istruzione terziaria, cioè con alto livello di istruzione (variabile demografica); questa percentuale è utilizzata come indice della propensione a posticipare la prima gravidanza.
- Indice di accessibilità alla PMA, espresso con un punteggio da 0 a 9, connesso alle leggi che regolano i programmi di PMA e ai criteri di accesso: per esempio, la possibilità per donne singole o lesbiche di avvalersi della PMA; la possibilità di donare sperma, ovociti o embrioni; di avvalersi di una madre surrogata che si faccia carico della gravidanza; di scegliere il sesso del nascituro; di ricorrere all’inseminazione con sperma/ovociti di una persona deceduta (variabile regolatoria).
- Accettazione morale e normativa della PMA (variabile socio-culturale); questa variabile è stata misurata su una scala da 0 a 10, i cui estremi corrispondono all’opinione che l’inseminazione artificiale o la fertilizzazione in vitro “non sono mai giustificabili” (0) oppure “sono sempre giustificabili” (10).
- Distribuzione percentuale della popolazione nei quattro principali gruppi religiosi: protestanti, cattolici, cristiani ortodossi e musulmani (variabile che può essere classificata sia come demografica sia come culturale).
Una prima analisi statistica ha valutato in che misura ognuna delle suddette variabili, considerata singolarmente, influisce sul numero di trattamenti per la PMA e ha osservato che, in ordine di influenza:
- L’accettazione della PMA in termini normativi spiega il 62% della variabilità tra Paesi, rivelandosi fin da subito come quella che influisce maggiormente sul numero di procedure di PMA.
- Il PIL spiega il 30% della variabilità del riscorso alla PMA.
- Una più alta percentuale di protestanti spiega il 25% della variabilità del ricorso alla PMA.
- Il livello di istruzione delle donne di 35-54 anni spiega solo il 7% della variabilità.
- La disponibilità dei servizi connessi non influisce sul ricorso alla PMA.
- Non vi è relazione tra percentuale di cattolici e numero di trattamenti per la PMA. La fede cristiano-ortodossa influisce negativamente sul ricorso alle procedure di PMA. Quest’ultima osservazione vale anche per i musulmani, ma poiché dei 35 paesi considerati solo Albania e Kazakistan hanno una maggioranza di fede musulmana, il dato riguardante questa religione deve essere interpretato con cautela.
Nel mondo reale, tuttavia, le cinque variabili considerate coesistono e possono interagire. Una seconda analisi statistica, nei cui dettagli non ci addentriamo per ragioni di semplicità, ha dunque considerato uno scenario più articolato, che tiene conto di tutte queste variabili.
L’analisi ha confermato il ruolo preponderante della variabile socio-culturale: l’aumento di 1 solo punto percentuale del livello di accettazione della PMA determina un aumento importante, e significativo dal punto di vista statistico, del numero di cicli di trattamento per milione di donne in età fertile (+276 cicli). Il “peso” del livello di accettazione riduce fortemente la predittività del PIL, che come si è visto sopra era stata inizialmente stimata al 30%. Viene dunque ridimensionato il ruolo della ricchezza nazionale, ma questo aspetto non esce di scena. Infatti, la relazione positiva tra livello di accettazione della PMA e numero di cicli di trattamento è rafforzata dalla ricchezza del paese, ed è dunque più forte nei paesi con PIL più alto.
Né la quota di donne con istruzione terziaria né la quota di protestanti rafforzano l’influenza della variabile socio-culturale sul livello di accettazione.
Finora, le analisi dei fattori che influiscono sulla scelta di ricorrere alla PMA e delle differenze tra paese e paese hanno tenuto conto della ricchezza nazionale, delle leggi che regolamentano le procedure, dei costi e degli aspetti assicurativi. Invece, non hanno mai considerato con attenzione la dimensione socio-culturale e normativa.
Questo studio aggiunge un’informazione importante e ha un’implicazione forse inattesa: sia la ricerca sulla PMA sia le scelte in materia di politiche di attuazione, accessibilità e utilizzo dovrebbero tenere in maggiore considerazione questo importante elemento.
Fonte: Cultural determinants influence assisted reproduction usage in Europe more than economic and demographic factors; Human Reproduction 2017;29:1-10.
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