Quando una coppia infertile si rivolge a una clinica di procreazione medicalmente assistita (PMA), spesso viene indirizzata alle cosiddette tecniche di II livello, che consistono nella produzione in vitro di un embrione. A tal fine, il ginecologo ha il compito di recuperare gli ovociti dalla donna, l’embriologo deve fecondarli con il liquido seminale del partner per produrre embrioni che, una volta raggiunto lo stadio ottimale, devono essere ritrasferiti nell’utero materno. Ma dal punto di vista biologico, come avviene la produzione dell’embrione?
Prima di tutto, grazie a una stimolazione farmacologica, la donna viene indotta a sviluppare diversi follicoli contenenti gli ovociti. Mediante puntura dei follicoli, svolta dal ginecologo, il fluido follicolare viene aspirato e portato in laboratorio, dove l’embriologo ricerca gli eventuali ovociti in esso contenuti. Una volta selezionati solo quelli competenti, detti maturi, per la fase successiva si procede alla scelta della tecnica di inseminazione da usare. Due sono le possibili strategie: la fertilizzazione in vitro (FIV) oppure l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI). La FIV rappresenta la prima tecnica di fecondazione artificiale utilizzata a partire dagli anni ’70 e prevede una co-coltura di ovociti e spermatozoi per un lasso di tempo di circa 16 ore. Viene adoperata una concentrazione ben precisa di spermatozoi vitali che vengono posti in piastra assieme al gruppo di ovociti da fertilizzare. La ICSI, di più recente scoperta, consiste nel selezionare un unico spermatozoo per ovocita e iniettarlo al suo interno, nell’ovoplasma appunto, tramite un ago molto sottile. Le due tecniche si distinguono molto dal punto di vista tecnico/pratico; sicuramente la ICSI è più artificiale e meno fisiologica poiché è l’operatore che decide, seguendo delle linee guida, quale spermatozoo è morfo-cineticamente migliore. Nella FIV, invece, in modo più “naturale”, tra le migliaia di spermatozoi, sarà il migliore a penetrare l’ovocita e fertilizzarlo. Con entrambe le tecniche, il giorno dopo l’inseminazione, l’embriologo dovrà visionare gli ovociti e determinare quanti e quali hanno fertilizzato, evento riconoscibile dalla visualizzazione dei due pronuclei, strutture che daranno origine al nucleo dello zigote che contiene l’assetto genetico materno e paterno.
Per molti anni nei laboratori di PMA il ginecologo e l’embriologo sceglievano insieme, nel giorno del trattamento, quale fosse la tecnica migliore da applicare, considerando diversi fattori, quali età della paziente, qualità degli ovociti e degli spermatozoi, numero di tentativi pregressi e altro. Molto spesso, nei casi di abbondante recupero di ovociti, la scelta ricadeva nell’applicare entrambe le tecniche, ovvero destinare una parte di ovociti alla FIV e un’altra alla ICSI.
Negli ultimi tempi, invece, si sta assistendo sempre più all’abbandono della tecnica FIV a favore della ICSI. Nonostante il tasso di successo delle tue tecniche sia comparabile, questa inversione di rotta trova fondamento in diversi elementi. In primis, prima di effettuare una ICSI è necessario eliminare lo strato di cellule somatiche che circondano l’ovocita. Ciò permette di identificare immediatamente quali ovociti siano maturi e quali no. Così facendo si ha subito un riscontro di quanti ovociti siano effettivamente competenti a fertilizzare, al contrario della FIV dove tutti gli ovociti sono incubati con gli spermatozoi senza una selezione, poiché le cellule non possono essere eliminate e non è possibile discriminare i soli ovociti maturi. Altro elemento da considerare è l’avvento della tecnologia con fotocamera Time-Lapse (dall’inglese, intervallo di tempo) che, associata a nuovi incubatori più tecnologici, permette di avere un vero e proprio “film” dell’evoluzione dell’embrione. Le cliniche che hanno a disposizione questa tecnologia tendono a preferire la ICSI piuttosto che la FIV, per poter inseminare i soli ovociti competenti e subito incubarli in questo strumento, anziché effettuare una FIV, aspettare le ore di co-coltura (che avvengono in un incubatore standard), quindi ritardare di diverse ore la possibilità di inserire gli zigoti in questi incubatori più tecnologici.
Quanto detto non significa che la FIV non vada più presa in considerazione poiché rimane pur sempre una tecnica valida tanto quanto la ICSI, ma piuttosto deve essere considerata una tecnica di ausilio in quelle particolari situazioni dove la sola ICSI non darebbe un risultato altrettanto ottimale. Infatti, è risaputo che non tutti i casi siano uguali; è vero che esistono situazioni in cui una ICSI darebbe maggiori risultati rispetto alla FIV, ma possono avvenire anche casi opposti. Per tale motivo, la FIV andrebbe sempre affiancata per migliorare il tasso di fertilizzazione e ottimizzare le chance di trasferire un embrione con le miglior probabilità di attecchimento.
Fonte
Komsky-Elbaz A, Raziel A, Friedler S, et al. Conventional IVF versus ICSI in sibling oocytes from couples with endometriosis and normozoospermic semen. J Assist Reprod Genet 2013;30(2): 251-
Prima di tutto, grazie a una stimolazione farmacologica, la donna viene indotta a sviluppare diversi follicoli contenenti gli ovociti. Mediante puntura dei follicoli, svolta dal ginecologo, il fluido follicolare viene aspirato e portato in laboratorio, dove l’embriologo ricerca gli eventuali ovociti in esso contenuti. Una volta selezionati solo quelli competenti, detti maturi, per la fase successiva si procede alla scelta della tecnica di inseminazione da usare. Due sono le possibili strategie: la fertilizzazione in vitro (FIV) oppure l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI). La FIV rappresenta la prima tecnica di fecondazione artificiale utilizzata a partire dagli anni ’70 e prevede una co-coltura di ovociti e spermatozoi per un lasso di tempo di circa 16 ore. Viene adoperata una concentrazione ben precisa di spermatozoi vitali che vengono posti in piastra assieme al gruppo di ovociti da fertilizzare. La ICSI, di più recente scoperta, consiste nel selezionare un unico spermatozoo per ovocita e iniettarlo al suo interno, nell’ovoplasma appunto, tramite un ago molto sottile. Le due tecniche si distinguono molto dal punto di vista tecnico/pratico; sicuramente la ICSI è più artificiale e meno fisiologica poiché è l’operatore che decide, seguendo delle linee guida, quale spermatozoo è morfo-cineticamente migliore. Nella FIV, invece, in modo più “naturale”, tra le migliaia di spermatozoi, sarà il migliore a penetrare l’ovocita e fertilizzarlo. Con entrambe le tecniche, il giorno dopo l’inseminazione, l’embriologo dovrà visionare gli ovociti e determinare quanti e quali hanno fertilizzato, evento riconoscibile dalla visualizzazione dei due pronuclei, strutture che daranno origine al nucleo dello zigote che contiene l’assetto genetico materno e paterno.
Per molti anni nei laboratori di PMA il ginecologo e l’embriologo sceglievano insieme, nel giorno del trattamento, quale fosse la tecnica migliore da applicare, considerando diversi fattori, quali età della paziente, qualità degli ovociti e degli spermatozoi, numero di tentativi pregressi e altro. Molto spesso, nei casi di abbondante recupero di ovociti, la scelta ricadeva nell’applicare entrambe le tecniche, ovvero destinare una parte di ovociti alla FIV e un’altra alla ICSI.
Negli ultimi tempi, invece, si sta assistendo sempre più all’abbandono della tecnica FIV a favore della ICSI. Nonostante il tasso di successo delle tue tecniche sia comparabile, questa inversione di rotta trova fondamento in diversi elementi. In primis, prima di effettuare una ICSI è necessario eliminare lo strato di cellule somatiche che circondano l’ovocita. Ciò permette di identificare immediatamente quali ovociti siano maturi e quali no. Così facendo si ha subito un riscontro di quanti ovociti siano effettivamente competenti a fertilizzare, al contrario della FIV dove tutti gli ovociti sono incubati con gli spermatozoi senza una selezione, poiché le cellule non possono essere eliminate e non è possibile discriminare i soli ovociti maturi. Altro elemento da considerare è l’avvento della tecnologia con fotocamera Time-Lapse (dall’inglese, intervallo di tempo) che, associata a nuovi incubatori più tecnologici, permette di avere un vero e proprio “film” dell’evoluzione dell’embrione. Le cliniche che hanno a disposizione questa tecnologia tendono a preferire la ICSI piuttosto che la FIV, per poter inseminare i soli ovociti competenti e subito incubarli in questo strumento, anziché effettuare una FIV, aspettare le ore di co-coltura (che avvengono in un incubatore standard), quindi ritardare di diverse ore la possibilità di inserire gli zigoti in questi incubatori più tecnologici.
Quanto detto non significa che la FIV non vada più presa in considerazione poiché rimane pur sempre una tecnica valida tanto quanto la ICSI, ma piuttosto deve essere considerata una tecnica di ausilio in quelle particolari situazioni dove la sola ICSI non darebbe un risultato altrettanto ottimale. Infatti, è risaputo che non tutti i casi siano uguali; è vero che esistono situazioni in cui una ICSI darebbe maggiori risultati rispetto alla FIV, ma possono avvenire anche casi opposti. Per tale motivo, la FIV andrebbe sempre affiancata per migliorare il tasso di fertilizzazione e ottimizzare le chance di trasferire un embrione con le miglior probabilità di attecchimento.
Fonte
Komsky-Elbaz A, Raziel A, Friedler S, et al. Conventional IVF versus ICSI in sibling oocytes from couples with endometriosis and normozoospermic semen. J Assist Reprod Genet 2013;30(2): 251-
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