“La possibilità di trapiantare un utero da una donatrice a una donna è stata sperimentata ormai quattro anni fa – afferma l’esperto – Era il 2014 quando fu eseguita la prima dimostrazione da una donna vivente ad un’altra. Ma la strategia legata a un trapianto da donatore vivo è senz’altro più favorevole rispetto a quella da donatore morto, perché la vascolarizzazione è più apprezzabile e i vasi uterini possono essere azionati in modo migliore per il trapianto.
Le tecniche sono estremamente raffinate e in genere riservate solo a grandi esperti in chirurgia oncologica ginecologica”. “Il trapianto tra viventi offre dunque maggiori possibilità di pianificazione dell’intervento – prosegue Giorlandino – e riduce anche il tempo di ischemia a freddo, che potenzialmente si traduce in un tasso di successo più alto. Il trapianto da una donatrice non vivente è dunque un grande successo. Questo approccio infatti rimuove i limiti legati a problemi etici, in conseguenza del rischio di doversi sottoporre ad un intervento chirurgico piuttosto invasivo, e quelli legali”. “Va infatti considerato che la donatrice perde la sua potenzialità di generare subendo una menomazione permanente della sua capacità riproduttiva.
Le strategie di donatore vivente e cerebrale – conclude l’esperto – non si escludono a vicenda e, vista l’attuale scarsità di innesti uterini e il previsto aumento futuro della domanda, entrambi saranno probabilmente necessari”.
Fonte http://www.askanews.it/cronaca/2018/12/05/gravidanza-giorlandino-rivoluzione-trapianto-utero-da-non-vivente-pn_20181205_00211/
Nessun commento:
Posta un commento