Poiché non siamo gente che si scandalizza, non ci scandalizzeremo nemmeno per la storiaccia in cui è stato coinvolto il ginecologo Severino Antinori, il gran guru dell’eterologa.
Il nome ci è noto dai tempi del dibattito sulla legge 40, quando Antinori era intervistato dai grandi giornali un giorno sì e l’altro pure a sostegno di un’idea della maternità che faceva delle tecniche di fecondazione in vitro la panacea di ogni assillo riproduttivo. Ora che Antinori è stato messo ai domiciliari con l’accusa di aver prelevato con la forza ovuli a una ragazza spagnola di 24 anni, noi non staremo ad infierire.
La vicenda, a leggere i quotidiani, è già di per sé grottesca, col medico che respinge le accuse, afferma che la giovane era consenziente ed «è dell’Isis», e la sua collaboratrice che assicura che le donatrici di ovuli lo facevano solo per amore (un affetto remunerato con un rimborso spese di qualche migliaio di euro, oh yes).
Ok, staremo a vedere. Il punto, però, è che è l’eterologa stessa a creare questi pasticci. Come ha notato correttamente Assuntina Morresi su Avvenire, «se si è genitori per un contratto, come avviene per l’eterologa, dove il donatore di gameti rinuncia al figlio con un accordo legale, ogni volta che il contratto è violato cade anche il criterio con cui individuare i genitori».
Pensare di poter scindere la procreazione dalla responsabilità materna e paterna – in nome dell’amore e dei commi contrattuali – comporta danni inevitabili. La realtà è spietata: si prende sempre le sue rivincite.
Fonte Ansa
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