domenica 22 maggio 2016

Fecondazione assistita, genitori sempre più vecchi. Il 35% delle coppie paga di tasca propria

Fecondazione assistita,  genitori sempre più vecchi. Il 35% delle coppie paga di tasca propria
CON UN LAVORO più stabile e qualche anno in più sia per l’uomo che per la donna. Sono alcuni dei mutamenti più significativi nel profilo delle coppie che si sottopongono alla fecondazione assistita e che emergono dalla ricerca Diventare genitori oggi: il punto di vista delle coppie in Pma,  realizzata dal Censis in collaborazione con la Fondazione Ibsa a otto anni di distanza dalla prima ricerca sul tema. L’indagine è stata realizzata su un campione di 361 coppie seguite da 23 centri per il trattamento dell’infertilità situati in varie regioni. Un problema, quello dell’infertilità, che secondo le ultime stime fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità, riguarda il 15% circa delle coppie dei paesi industrializzati avanzati.

L'identikit degli aspiranti genitori. Rispetto all’ultima indagine condotta dal Censis otto anni fa, aumenta l’età del partner maschile (che passa da 37,7 anni nel 2008 a 39,8 anni nel 2016) e femminile (da 35,3 anni a 36,7 anni) e la condizione professionale è più stabile per entrambi. "Le coppie attualmente impegnate in un percorso di Pma cominciano sempre più tardi a cercare una gravidanza, come dimostra l’incremento dell’età media dei partner, il che va direttamente a influire sulle possibilità di successo delle tecniche: la percentuale di gravidanze sulle coppie trattate, considerando tutte le tecniche, è attestata intorno al 22%", ha detto Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis. E oltre una coppia su tre paga di tasca propria, spendendo fino a 5.200 euro. "Il messaggio che la fertilità non è una questione privata ma un bene sociale e che ha una scadenza va dato agli adolescenti altrimenti diventa tardi ed inutile", ha commentato Giulia Scaravelli, responsabile del Registro Nazionale della Pma dell'Istituto Superiore di Sanità. 

Quando inizia il percorso medico. Si tratta di coppie che cercano di avere un figlio mediamente da poco meno di quattro anni. I primi dubbi sulla capacità di ottenere una gravidanza sono intervenuti dopo 15,5 mesi di tentativi, un tempo più lungo rispetto ai 12,2 mesi di media nel 2008 e sono le donne più giovani a essersi interrogate per prime sulle difficoltà incontrate, mentre per le donne più avanti negli anni sembra essere data per scontata qualche difficoltà in più. Si incrementa, inoltre, il tempo che si lascia trascorrere tra i primi dubbi e la scelta di rivolgersi a un medico (10,9 mesi contro i 9,2 mesi indicati nella precedente indagine). Guardando all’intero percorso, dal primo contatto con il medico al ricorso al primo centro di Pma, in media trascorre poco più di un anno (12,7 mesi), circa 6 mesi in meno rispetto agli ultimi dati. In ogni caso, anche in quest’ultima indagine rimane confermato che le coppie meno istruite sono arrivate ai centri di Pma dopo un percorso decisamente più lungo rispetto a quelle con un livello di istruzione più alto.

A chi si rivolgono. Il professionista a cui la coppia si è rivolta la prima volta è nella grande parte dei casi il ginecologo (72,5%), il 13,6% indica invece di essersi rivolto direttamente allo specialista di un centro di Pma, una percentuale raddoppiata rispetto al 7,1% dell’ultima indagine. Una percentuale ridotta, invece, fa riferimento all’andrologo o urologo (6,2%) e al medico di medicina generale (5,8%). "A guidare la scelta non dovrebbe essere la fama del centro, ma piuttosto la capacità dei ginecologi di instaurare un rapporto empatico con le coppie, il livello di tecnologia di cui il centro dispone, la qualità del laboratorio e il numero di embriologi che non dovrebbe mai essere inferiore a dieci", ha spiegato Filippo Maria Ubaldi, direttore del Centro Genera della Clinica Valle Giulia di Roma

Le cause dell'infertilità. Solo al 55% delle coppie intervistate è stato diagnosticato un problema connesso a una causa specifica mentre per ben il 35,3% la causa di infertilità rimane inspiegata e per il 9,7% delle coppie il medico ha dei dubbi sulle possibili cause. Rispetto al 2008 c’è una diminuzione significativa (circa 9 punti percentuali) delle coppie a cui è stata diagnosticata una causa specifica dell’infertilità.


Come si sceglie il centro di Pma. A guidare gli aspiranti genitori nella scelta del centro a cui affidarsi spicca la fama per gli ottimi risultati della struttura, che rappresenta il criterio principalmente seguito dalle coppie (38,6%), in particolare al Centro Italia (42,9%) e tra chi ha livelli alti di istruzione (45,1%). Inoltre, il 18,9% riconosce di aver scelto il centro perché vicino alla propria abitazione e con percentuali più ridotte si fa riferimento anche al parere ottenuto da altre coppie in cura presso il centro scelto, alla presenza nella struttura del proprio medico curante e alla dotazione tecnologica più adeguata. Il centro presso cui le coppie si trovano attualmente in cura rappresenta per il 72,2% del campione l’unico al quale si sono rivolti per sottoporsi alla Pma, una percentuale più bassa di quella rilevata nel 2008 (76% circa), a indicazione che è un numero più ampio di coppie a frequentare più di un centro di Pma.

Quali trattamenti fanno. Il 60,9% delle coppie dichiara di effettuare la Fivet omologa (il 2,6% eterologa). Il 42,3% è invece sottoposto a Icsi omologa (l’1,7% eterologa). Una percentuale più bassa effettua la crioconservazione dei gameti e il Crio-transfer da scongelamento (rispettivamente il 2% e il 5%).

I tempi di attesa. Circa un terzo (33%) del campione ha atteso meno di tre mesi prima di iniziare la terapia, in particolare le coppie che si sono rivolte a centri privati (49%); il 26% ha atteso tra i 3 e i 6 mesi e si tratta più frequentemente di pazienti in cura presso strutture private convenzionate (41%), il 24% ha iniziato i trattamenti trascorsi da 6 a 11 mesi dal momento in cui si è rivolto al centro, in particolare le coppie in cura presso centri pubblici e privati convenzionati (rispettivamente il 32% e il 28%). Il 17% ha atteso un anno e oltre prima di accedere ai trattamenti, una percentuale che sale al 29% tra chi si è rivolto al pubblico. "Manca la volontà politica di rendere fruibili a tutti le tecniche di procreazione assistita che oggi sono disponibili. Perciò, bisogna investire sul Welfare e sulla Sanità per risolvere il problema dell'accesso anche economico. Ora c'è bisogno di una legge che renda applicabile ciò che di fatto è già applicato nella Pma dopo la caduta ddi quasi tutti i divieti della Legge 40", ha commentato sul problema dell'attesa Filomena Gallo, segretario nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e presidente dell'Associazione Amica Cicogna. 

I costi. Quasi la metà del campione ha avuto accesso alla Pma pagando il ticket (49%), quota che tra le coppie residenti a Nord sale al 59%. Il 35% ha invece avuto accesso ai trattamenti pagando interamente di tasca propria, in particolare i residenti al Centro Italia (67%) e del Sud e Isole (51%), aree in cui è più ampia la concentrazione di strutture private.
"Anche i dati del nostro Registro confermano che l'accesso alle cure di Pma è molto iniquo a seconda della regione in cui si abita, dato che si evince sia guardando al numero di centri pubblici disponibili sia al numero di bambini nati dopo le cure mediche", ha spiegato ancora Scaravelli.

Per il 14% i costi sono stati sostenuti interamente dal Sistema sanitario regionale. Tra chi ha sostenuto la spesa di tasca propria, il costo dell’ultimo ciclo di Pma si è aggirato intorno ai 4.000 euro (4.200 al Nord, 5.200 al Centro Italia e 2.900 al Sud e Isole). Riguardo alla spesa per il ticket, le coppie in cura presso centri pubblici e privati convenzionati indicano di aver pagato in media 340 euro. "Sono coppie privilegiate sotto il profilo sociale ed economico, il che fa supporre che l’accesso al percorso sia difficile, se non precluso, a chi ha meno risorse e livelli di istruzione più bassi. Per queste coppie il percorso di Pma appare più lungo e complesso ed è comunque fortemente differenziato a livello territoriale, anche a causa di una offerta caratterizzata dalla prevalenza di strutture private, ha commentato Vaccaro.

Gli aspetti critici. Anche se il livello di soddisfazione dichiarato dalle coppie nei confronti dei centri di Pma è abbastanza buono (48%), l’indagine ha evidenziato alcuni aspetti problematici. Ad esempio, il 41% dichiara di aver avuto difficoltà d’accesso legate alle liste d’attesa (soprattutto al Nord) e ai costi economici (specie al Centro-Sud). Internet non rappresenta la fonte primaria di informazione circa la possibilità di sottoporsi alla Pma ma una coppia su due (52%) sceglie la rete per leggere esperienze di altre coppie che hanno intrapreso un percorso di procreazione assistita e confrontarsi con esse. Un’esigenza che nasce anche dal fatto che per l’82% delle coppie la frustrazione derivante dai tentativi di concepimento falliti ha un impatto negativo sul vissuto quotidiano.

La reazione di fronte al fallimento. Che succede, se il tentativo di diventare genitori fallisce? Il 75,5% delle coppie in cui la partner ha fino a 34 anni, decide di riprovarci andando all’estero per accedere a tecniche di fatto di difficile accesso, come l’eterologa, o per trovare centri migliori. percentuale che scende al 54,9% se la donna ha 40 anni e oltre. Solo il 31% ha effettivamente contemplato la possibilità di adottare un bambino, mentre la grande parte (69%) risponde di non aver valutato questa possibilità.

Cosa pensano della Legge 40. Qual è l’opinione delle coppie che vivono in prima persona le esperienze “disciplinate” dalla Legge 40/2004? Quasi la totalità delle coppie è d’accordo nel sostenere che nel nostro paese era necessaria una legge che regolamentasse un tema così delicato (93%), così come il 90% pensa che sia giusto che esista una legge che tuteli i diritti dell’embrione. Inoltre, oggi solo il 27% pensa che la legge metta in secondo piano la salute delle donne. Quasi la totalità delle coppie ritiene, inoltre, giusta la possibilità di selezionare l’embrione per eliminare situazioni di gravi malattie (90%).

Fecondazione eterologa e utero in affitto. Circa l’81% pensa che la fecondazione eterologa dovrebbe effettivamente essere disponibile per tutti, mentre il campione intervistato appare diviso sulla possibilità di ricorrere all’utero in affitto: infatti, è il 46% a ritenere che la legge dovrebbe eliminare le restrizioni al ricorso a questa pratica.

Infine, il 45% ritiene che la legge dovrebbe consentire l’accesso alle tecniche anche ai single e il 42% anche alle coppie omosessuali, un dato che testimonia un’apertura verso un significato di genitorialità che va oltre l’idea di famiglia tradizionale

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