La prima metodica di congelamento messa a punto e utilizzata per gli ovociti è stata quella del congelamento lento o “slow freezing” (prima gravidanza ottenuta nel 1986 ma applicata con maggiore continuità solo dal 1997). Questa metodica, diffusamente utilizzata soprattutto in Italia fra il 2004 e il 2009 quando, per legge, non potevano essere utilizzati più di tre ovociti per le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), ha subìto molte evoluzioni e perfezionamenti fino ad ottenere tassi di sopravvivenza del 60-70%. Più recentemente è stata messa a punto la vitrificazione degli ovociti (prima gravidanza ottenuta nel 1999 ma applicata con maggiore continuità dal 2003).
La Società Americana di Medicina della Riproduzione (ASRM) durante il Congresso annuale del 2012 ha dichiarato che la vitrificazione degli ovociti non deve più essere considerata una tecnica sperimentale. Nel congelamento lento si verifica una crioconservazione sufficientemente lenta da permettere un’adeguata disidratazione cellulare minimizzando la formazione di ghiaccio intracellulare.
In questa tecnica si utilizzano concentrazioni relativamente basse di crioprotettori e una macchina di congelamento programmabile progettata per seguire una determinata velocità di raffreddamento.
I crioprotettori si distinguono in:
I vari protocolli di congelamento differiscono tra loro per la concentrazione dei crioprotettori e la velocità di raffreddamento.
Rispetto al congelamento lento, la vitrificazione permette la solidificazione delle cellule e dell’ambiente intracellulare in uno stato simile al vetro senza la formazione di ghiaccio. Il metodo prevede un uso di alte concentrazioni iniziali di crioprotettore (riducendo drasticamente i tempi di esposizione per evitarne la citotossicità), bassi volumi di terreno di congelamento e velocità di raffreddamento ultra-rapido.
Negli ultimi 15 anni sono stati descritti molti protocolli di vitrificazione che differiscono per: i crioprotettori, i volumi dei terreni di congelamento, i supporti di congelamento, i metodi di congelamento e scongelamento.
Ad oggi il protocollo più utilizzato per la vitrificazione di ovociti ed embrioni comporta la combinazione di 15% DMSO, 15% EG, 0,5 M saccarosio in un volume minimo.
Attualmente gli embrioni e gli ovociti sono congelati ponendoli a diretto contatto con l’azoto liquido; la capacità di sopravvivere alla vitrificazione dipende dal grado di disidratazione cellulare e dalla velocità di scongelamento, piuttosto che dal tipo di crioprotettore usato.
L’efficienza delle due metodiche di congelamento (slow freezing e vitrificazione) sia per gli embrioni sia per gli ovociti è stata messa a confronto in una revisione sistematica e metanalisi degli studi randomizzati disponibili. I risultati di questo lavoro suggeriscono una superiorità della vitrificazione sia sugli outcome clinici sia sui tassi di sopravvivenza. Il tasso di sopravvivenza degli ovociti è stato dell’82,3% con la vitrificazione rispetto al 66,1% mediante congelamento lento.
In quasi tutti i laboratori la vitrificazione sta sostituendo il congelamento lento. In Europa è stato calcolato che nel 2011 la crioconservazione ha contribuito ad aumentare il numero di bambini nati vivi del 4%, inoltre questo approccio ha portato a un incremento del trasferimento di un singolo embrione, consentendo di ridurre le gravidanze multiple e diminuendone così i rischi associati.
Secondo quanto valutato nella revisione sistematica e metanalisi, la vitrificazione è la migliore strategia disponibile per la crioconservazione ai diversi stadi di sviluppo, dall’ovocita maturo, agli embrioni fino allo stadio di blastocisti.
La crioconservazione rappresenta un aspetto essenziale nelle tecniche di fecondazione assistita: l’elevata efficacia della vitrificazione ha portato all’applicazione di nuove strategie in questo campo, come la preservazione della fertilità delle pazienti oncologiche, la creazione di banche di ovociti, la diagnosi genetica pre-impianto sulle blastocisti. Inoltre consente di effettuare un ciclo di fecondazione assistita segmentato in modo da separare temporaneamente il processo di stimolazione ovarica dal trasferimento degli embrioni in utero, evitando il rischio di iperstimolazione ovarica, e consente inoltre la possibilità di effettuare una selezione più accurata degli embrioni da scongelare e trasferire in un secondo momento.
Fonti
AIOM. Preservazione della fertilità nei pazienti oncologici. Linee guida 2017.
Kupka MS, D’Hooghe T, Ferraretti AP, et al. Assisted reproductive technology in Europe, 2011: results generated from European registers by ESHRE. Hum Reprod 2016 Feb;31(2):233-48.
Practice Committees of American Society for Reproductive Medicine; Society for Assisted Reproductive Technology. Mature oocyte cryopreservation: a guideline. Fertil Steril 2013 Jan;99(1):37-43.
La Società Americana di Medicina della Riproduzione (ASRM) durante il Congresso annuale del 2012 ha dichiarato che la vitrificazione degli ovociti non deve più essere considerata una tecnica sperimentale. Nel congelamento lento si verifica una crioconservazione sufficientemente lenta da permettere un’adeguata disidratazione cellulare minimizzando la formazione di ghiaccio intracellulare.
In questa tecnica si utilizzano concentrazioni relativamente basse di crioprotettori e una macchina di congelamento programmabile progettata per seguire una determinata velocità di raffreddamento.
I crioprotettori si distinguono in:
- permeanti (dimetilsofossido-DMSO, glicerolo, propanediolo-PROH, glicole etilenico) che rimuovono l’acqua dal citoplasma cellulare e la sostituiscono parzialmente, bilanciando gli altri soluti intracellulari;
- non permeanti (saccarosio, amido, lipoproteine, polivinilpirrolidone) che invece agiscono aumentando l’osmolarità extracellulare, generando una pressione osmotica che favorisce la graduale deidratazione del citoplasma.
I vari protocolli di congelamento differiscono tra loro per la concentrazione dei crioprotettori e la velocità di raffreddamento.
Rispetto al congelamento lento, la vitrificazione permette la solidificazione delle cellule e dell’ambiente intracellulare in uno stato simile al vetro senza la formazione di ghiaccio. Il metodo prevede un uso di alte concentrazioni iniziali di crioprotettore (riducendo drasticamente i tempi di esposizione per evitarne la citotossicità), bassi volumi di terreno di congelamento e velocità di raffreddamento ultra-rapido.
Negli ultimi 15 anni sono stati descritti molti protocolli di vitrificazione che differiscono per: i crioprotettori, i volumi dei terreni di congelamento, i supporti di congelamento, i metodi di congelamento e scongelamento.
Ad oggi il protocollo più utilizzato per la vitrificazione di ovociti ed embrioni comporta la combinazione di 15% DMSO, 15% EG, 0,5 M saccarosio in un volume minimo.
Attualmente gli embrioni e gli ovociti sono congelati ponendoli a diretto contatto con l’azoto liquido; la capacità di sopravvivere alla vitrificazione dipende dal grado di disidratazione cellulare e dalla velocità di scongelamento, piuttosto che dal tipo di crioprotettore usato.
L’efficienza delle due metodiche di congelamento (slow freezing e vitrificazione) sia per gli embrioni sia per gli ovociti è stata messa a confronto in una revisione sistematica e metanalisi degli studi randomizzati disponibili. I risultati di questo lavoro suggeriscono una superiorità della vitrificazione sia sugli outcome clinici sia sui tassi di sopravvivenza. Il tasso di sopravvivenza degli ovociti è stato dell’82,3% con la vitrificazione rispetto al 66,1% mediante congelamento lento.
In quasi tutti i laboratori la vitrificazione sta sostituendo il congelamento lento. In Europa è stato calcolato che nel 2011 la crioconservazione ha contribuito ad aumentare il numero di bambini nati vivi del 4%, inoltre questo approccio ha portato a un incremento del trasferimento di un singolo embrione, consentendo di ridurre le gravidanze multiple e diminuendone così i rischi associati.
Secondo quanto valutato nella revisione sistematica e metanalisi, la vitrificazione è la migliore strategia disponibile per la crioconservazione ai diversi stadi di sviluppo, dall’ovocita maturo, agli embrioni fino allo stadio di blastocisti.
La crioconservazione rappresenta un aspetto essenziale nelle tecniche di fecondazione assistita: l’elevata efficacia della vitrificazione ha portato all’applicazione di nuove strategie in questo campo, come la preservazione della fertilità delle pazienti oncologiche, la creazione di banche di ovociti, la diagnosi genetica pre-impianto sulle blastocisti. Inoltre consente di effettuare un ciclo di fecondazione assistita segmentato in modo da separare temporaneamente il processo di stimolazione ovarica dal trasferimento degli embrioni in utero, evitando il rischio di iperstimolazione ovarica, e consente inoltre la possibilità di effettuare una selezione più accurata degli embrioni da scongelare e trasferire in un secondo momento.
Fonti
AIOM. Preservazione della fertilità nei pazienti oncologici. Linee guida 2017.
Kupka MS, D’Hooghe T, Ferraretti AP, et al. Assisted reproductive technology in Europe, 2011: results generated from European registers by ESHRE. Hum Reprod 2016 Feb;31(2):233-48.
Practice Committees of American Society for Reproductive Medicine; Society for Assisted Reproductive Technology. Mature oocyte cryopreservation: a guideline. Fertil Steril 2013 Jan;99(1):37-43.
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