Ho percorso due volte il Cammino di Santiago partendo dai Pirenei francesi e percorrendo a piedi gli 850 chilometri che separano il paesino di St. Jean Pied de Port alla mèta del pellegrinaggio: Santiago de Compostela.
Questo Cammino mi ha cambiato la vita, entrambe le volte.
Non mi dilungherò a spiegare il come e il perché, ma la persona che è partita da Saint Jean non è la stessa persona che è arrivata a Santiago, anche se il mio aspetto esteriore non è cambiato! Ogni volta che sono tornata, ho desiderato ripartire… E oggi, mentre aspettavo di fare il secondo monitoraggio per la mia prima ICSI ho capito che questo percorso verso la maternità, è in sé un Cammino, diverso ma simile a quello che mi ha condotta a Santiago.
In entrambi vi è dolore.
Il dolore fisico, del corpo cui viene richiesto un impegno fuori dal normale, che sia camminare ogni giorno 30 chilometri, o iniettarsi ormoni che impongono al corpo un “comportamento” anomalo e forzato.
Ma vi è anche un dolore psicologico ed emotivo: perché entrambi i Cammini ci obbligano a confrontarci con noi stessi, a farci domande e darci risposte. Il silenzio che si sperimenta camminando in solitudine, anche circondanti da tanti altri pellegrini, e il silenzio che si fa dentro di noi nei momenti in cui si attende l’esito della stimolazione o dell’impianto, non sono momenti “vuoti”. Al contrario, sono pieni di pensieri e riflessioni che lasciano spazio alla parte più vera e intima di noi stessi.
In entrambi i casi, vi è aspettativa e timore.
Chi parte per giungere a Santiago desidera arrivare alla fine e non pensa di potersi fermare lungo la via. Ma dopo pochi giorni, la durezza del Cammino rende chiaro che raggiungere la mèta non è cosa scontata; e anzi, via via che alcuni compagni di viaggio abbandonano e rinunciano, si teme di non farcela.
Così come la PMA.
Chi inizia a percorrere questo difficile Cammino, da un lato è pienamente consapevole che non tutti riusciranno a coronare il loro sogno; dall’altro spera ardentemente di farcela.
Ci sono molte altre similitudini, ma vorrei chiudere con questa: chi percorre il Cammino resta per sempre un pellegrino e si sente per sempre legato a tutti i pellegrini che, dal Medioevo in poi, hanno percorso o percorreranno quella stessa via.
Così la PMA. L’ho capito oggi: io sarò per sempre una donna della PMA, in qualche modo “sorella” di tutte le donne della PMA. Anche se non dovessi farcela.. Se un domani, anche fra anni, vedrò una donna in attesa del suo monitoraggio – come io oggi – lo capirò e nel mio cuore le augurerò di giungere alla meta. Un legame effimero ma profondo che ci accomuna tutte, perché tutte stiamo andando o andremo verso la stessa meta, con lo stesso dolore, gli stessi timori e la stessa speranza nel cuore.
E così senza volere mi trovo nuovamente in Cammino, pur se non per scelta ma per necessità. So che, comunque vada, mi porterà i suoi doni, come ogni Cammino, perché so che alla fine del viaggio sarò una persona diversa, spero cresciuta e maturata che saprà guardare in modo diverso la maternità, i figli e la vita.
Il Cammino di Santiago mi ha cambiato la vita.. spero che il Cammino della PMA me la stravolga!
Questo Cammino mi ha cambiato la vita, entrambe le volte.
Non mi dilungherò a spiegare il come e il perché, ma la persona che è partita da Saint Jean non è la stessa persona che è arrivata a Santiago, anche se il mio aspetto esteriore non è cambiato! Ogni volta che sono tornata, ho desiderato ripartire… E oggi, mentre aspettavo di fare il secondo monitoraggio per la mia prima ICSI ho capito che questo percorso verso la maternità, è in sé un Cammino, diverso ma simile a quello che mi ha condotta a Santiago.
In entrambi vi è dolore.
Il dolore fisico, del corpo cui viene richiesto un impegno fuori dal normale, che sia camminare ogni giorno 30 chilometri, o iniettarsi ormoni che impongono al corpo un “comportamento” anomalo e forzato.
Ma vi è anche un dolore psicologico ed emotivo: perché entrambi i Cammini ci obbligano a confrontarci con noi stessi, a farci domande e darci risposte. Il silenzio che si sperimenta camminando in solitudine, anche circondanti da tanti altri pellegrini, e il silenzio che si fa dentro di noi nei momenti in cui si attende l’esito della stimolazione o dell’impianto, non sono momenti “vuoti”. Al contrario, sono pieni di pensieri e riflessioni che lasciano spazio alla parte più vera e intima di noi stessi.
In entrambi i casi, vi è aspettativa e timore.
Chi parte per giungere a Santiago desidera arrivare alla fine e non pensa di potersi fermare lungo la via. Ma dopo pochi giorni, la durezza del Cammino rende chiaro che raggiungere la mèta non è cosa scontata; e anzi, via via che alcuni compagni di viaggio abbandonano e rinunciano, si teme di non farcela.
Così come la PMA.
Chi inizia a percorrere questo difficile Cammino, da un lato è pienamente consapevole che non tutti riusciranno a coronare il loro sogno; dall’altro spera ardentemente di farcela.
Ci sono molte altre similitudini, ma vorrei chiudere con questa: chi percorre il Cammino resta per sempre un pellegrino e si sente per sempre legato a tutti i pellegrini che, dal Medioevo in poi, hanno percorso o percorreranno quella stessa via.
Così la PMA. L’ho capito oggi: io sarò per sempre una donna della PMA, in qualche modo “sorella” di tutte le donne della PMA. Anche se non dovessi farcela.. Se un domani, anche fra anni, vedrò una donna in attesa del suo monitoraggio – come io oggi – lo capirò e nel mio cuore le augurerò di giungere alla meta. Un legame effimero ma profondo che ci accomuna tutte, perché tutte stiamo andando o andremo verso la stessa meta, con lo stesso dolore, gli stessi timori e la stessa speranza nel cuore.
E così senza volere mi trovo nuovamente in Cammino, pur se non per scelta ma per necessità. So che, comunque vada, mi porterà i suoi doni, come ogni Cammino, perché so che alla fine del viaggio sarò una persona diversa, spero cresciuta e maturata che saprà guardare in modo diverso la maternità, i figli e la vita.
Il Cammino di Santiago mi ha cambiato la vita.. spero che il Cammino della PMA me la stravolga!
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