Utilizzato principalmente come componente per la margarina o come ingrediente per prodotti industriali dolciari da forno, viene estratto dai frutti delle palme da olio (Elaeis guineensis) principalmente in Malesia e Indonesia, paesi che risultano essere i maggiori produttori ed esportatori di questo prodotto verso l’Unione Europea, l’Asia e gli Stati Uniti.
Nel 2006 una normativa americana ha limitato le possibilità di utilizzo dei grassi trans nell’ambito dell’industria alimentare e, di conseguenza, l’olio di palma è divenuto uno tra quelli maggiormente sfruttati; attualmente, i principali paesi che acquistano questo prodotto sono la Cina, l’India e l’Unione Europea.
Negli ultimi anni il ricorso all’uso dell’olio di palma è stato oggetto di grandi polemiche mediatiche in quanto il suo uso presenta diverse criticità sia per la salute umana che per l’ambiente (a causa dei metodi di coltivazione impiegati per produrlo).
Un report pubblicato dal Center for Science in the Public Interest (CSPI) evidenzia nel dettaglio tali tematiche.
In particolare, trattandosi di un olio ricco di acidi grassi saturi (principalmente acido palmitico, a 16 atomi di carbonio) e povero di acidi grassi polinsaturi (quali omega 3, 6 e 9, che invece apportano numerosi benefici all’organismo) il suo consumo sembra essere causa di incremento del di livello di colesterolo ed aumento del rischio di coronaropatia e infarto.
E’ per questo motivo che organizzazioni quali l’American Heart Association consigliano di limitare il consumo dell’olio di palma, specialmente a tutti coloro che devono ridurre il livello di colesterolo.
Pare inoltre che il palmitato, un acido grasso presente anche nell’olio di palma sulla proteina “p66shc”, ribattezzata «proteina killer», sia il principale responsabile della morte delle cellule che producono l’insulina e sia quindi implicato nei meccanismi che favoriscono l’insorgenza del diabete.
Il consumo di acido palmitico sembra anche essere correlato all’insorgenza di alcuni tumori, ma ad oggi la letteratura è ancora povera di studi a conferma di questa teoria.
Nonostante i rappresentanti dell’industria alimentare affermino che sia innocuo per la salute e che anzi sia un elemento protettivo rispetto all’ipercolesterolemia e alla patologia cardiaca, le autorità sanitarie ed i ricercatori di diversi paesi quali il Regno Unito e l’Olanda hanno condotto numerose indagini a supporto del fatto che esiste una correlazione tra il consumo di olio di palma e l’insorgenza di malattie cardiovascolari e diabete.
Ad esempio, presso le Mauritius, l’utilizzo dell’olio di palma è stato sovvenzionato dal governo locale sino al 1987: in quegli anni, si registrava tra la popolazione un’elevata incidenza di incidenza malattie cardiache; a partire dal 1987, la sostituzione dell’olio di palma con quello dell’olio di soia si è accompagnata ad una graduale diminuzione di tali patologie.
Se si tratti di pura casualità o vi sia un nesso tra i due fenomeni non si può ancora dire con sicurezza, certo è che, poiché gli effetti del consumo dell’olio di palma sulla salute sono dose-dipendenti, la correlazione tra questo e le disfunzioni cardiache non è egualmente riconosciuta in tutti i paesi.
Ma le criticità che ruotano attorno all’uso dell’olio di palma, come detto, non riguardano solamente la salute umana: il report sopraccitato mette in evidenza la crudeltà relativa alle sue attuali modalità di coltivazione, che hanno un impatto ambientale distruttivo.
In Malesia ed Indonesia vengono deforestate vaste aree di foresta pluviale per arrivare a coltivare le palme da olio anche sfruttando abbondantemente il ricorso ai pesticidi, con esiti deleteri non solo per la flora ma anche per la fauna locale, presso la quale si ritrovano molte specie in via di estinzione.
Per via delle grandi divergenze di punti di vista e delle poche evidenze scientifiche disponibili, si auspica che a livello nazionale possa avvenire una adeguata regolamentazione dell’uso di tale prodotto, che tenga conto dei risultati delle diverse ricerche effettuate e della tutela ambientale.
E per concludere, occorre sottolineare come l’industria dolciaria ne utilizzi largamente e che purtroppo i destinatari di tali prodotti siano soprattutto i bambini.
Basta infatti leggere le etichette per rendersi conto di quanto sia difficile trovare dolci che ne siano immuni.
Ma qualcosa sta cambiando, purtroppo non per i Ferrero.
Fonti
Cruel Oil – How Palm Oil Harms Health, Rainforest, & Wildlife
Know Your Fats
Nel 2006 una normativa americana ha limitato le possibilità di utilizzo dei grassi trans nell’ambito dell’industria alimentare e, di conseguenza, l’olio di palma è divenuto uno tra quelli maggiormente sfruttati; attualmente, i principali paesi che acquistano questo prodotto sono la Cina, l’India e l’Unione Europea.
Negli ultimi anni il ricorso all’uso dell’olio di palma è stato oggetto di grandi polemiche mediatiche in quanto il suo uso presenta diverse criticità sia per la salute umana che per l’ambiente (a causa dei metodi di coltivazione impiegati per produrlo).
Un report pubblicato dal Center for Science in the Public Interest (CSPI) evidenzia nel dettaglio tali tematiche.
In particolare, trattandosi di un olio ricco di acidi grassi saturi (principalmente acido palmitico, a 16 atomi di carbonio) e povero di acidi grassi polinsaturi (quali omega 3, 6 e 9, che invece apportano numerosi benefici all’organismo) il suo consumo sembra essere causa di incremento del di livello di colesterolo ed aumento del rischio di coronaropatia e infarto.
E’ per questo motivo che organizzazioni quali l’American Heart Association consigliano di limitare il consumo dell’olio di palma, specialmente a tutti coloro che devono ridurre il livello di colesterolo.
Pare inoltre che il palmitato, un acido grasso presente anche nell’olio di palma sulla proteina “p66shc”, ribattezzata «proteina killer», sia il principale responsabile della morte delle cellule che producono l’insulina e sia quindi implicato nei meccanismi che favoriscono l’insorgenza del diabete.
Il consumo di acido palmitico sembra anche essere correlato all’insorgenza di alcuni tumori, ma ad oggi la letteratura è ancora povera di studi a conferma di questa teoria.
Nonostante i rappresentanti dell’industria alimentare affermino che sia innocuo per la salute e che anzi sia un elemento protettivo rispetto all’ipercolesterolemia e alla patologia cardiaca, le autorità sanitarie ed i ricercatori di diversi paesi quali il Regno Unito e l’Olanda hanno condotto numerose indagini a supporto del fatto che esiste una correlazione tra il consumo di olio di palma e l’insorgenza di malattie cardiovascolari e diabete.
Ad esempio, presso le Mauritius, l’utilizzo dell’olio di palma è stato sovvenzionato dal governo locale sino al 1987: in quegli anni, si registrava tra la popolazione un’elevata incidenza di incidenza malattie cardiache; a partire dal 1987, la sostituzione dell’olio di palma con quello dell’olio di soia si è accompagnata ad una graduale diminuzione di tali patologie.
Se si tratti di pura casualità o vi sia un nesso tra i due fenomeni non si può ancora dire con sicurezza, certo è che, poiché gli effetti del consumo dell’olio di palma sulla salute sono dose-dipendenti, la correlazione tra questo e le disfunzioni cardiache non è egualmente riconosciuta in tutti i paesi.
Ma le criticità che ruotano attorno all’uso dell’olio di palma, come detto, non riguardano solamente la salute umana: il report sopraccitato mette in evidenza la crudeltà relativa alle sue attuali modalità di coltivazione, che hanno un impatto ambientale distruttivo.
In Malesia ed Indonesia vengono deforestate vaste aree di foresta pluviale per arrivare a coltivare le palme da olio anche sfruttando abbondantemente il ricorso ai pesticidi, con esiti deleteri non solo per la flora ma anche per la fauna locale, presso la quale si ritrovano molte specie in via di estinzione.
Per via delle grandi divergenze di punti di vista e delle poche evidenze scientifiche disponibili, si auspica che a livello nazionale possa avvenire una adeguata regolamentazione dell’uso di tale prodotto, che tenga conto dei risultati delle diverse ricerche effettuate e della tutela ambientale.
E per concludere, occorre sottolineare come l’industria dolciaria ne utilizzi largamente e che purtroppo i destinatari di tali prodotti siano soprattutto i bambini.
Basta infatti leggere le etichette per rendersi conto di quanto sia difficile trovare dolci che ne siano immuni.
Ma qualcosa sta cambiando, purtroppo non per i Ferrero.
Fonti
Cruel Oil – How Palm Oil Harms Health, Rainforest, & Wildlife
Know Your Fats
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