Metabolizzare una diagnosi di infertilità non è facile, ma tenersi tutto dentro non è d’aiuto: “All’inizio quando abbiamo avuto la diagnosi lo abbiamo tenuto per noi, lo abbiamo condiviso solo in famiglia - affermano -. Dopo qualche mese lo abbiamo detto anche ai nostri amici: riflettendo, abbiamo capito che non c’era nulla di cui vergognarsi. Non dover mentire a tutti i costi è stato liberatorio, così come non dover indossare una maschera. Abbiamo trovato tanta comprensione e tanto conforto ed è per questo che cerchiamo di non smettere di trattare l’argomento: il nostro obiettivo non è solo quello di sdoganare l’idea di infertilità, ma anche quello di dare supporto a tutte quelle persone - donne, ma anche uomini - che si trovano in queste situazioni”.
Di supporto, Enrico e Verena, hanno avuto bisogno: “Volevamo un bambino e psicologicamente ci pesava aspettare. Ci pesava l’incertezza, non sapere quali fossero gli step da fare”, racconta lei. Dopo la “botta” iniziale, però, i due hanno scelto di percorrere la strada dell’eterologa, in una clinica privata in Svizzera, con donatore non anonimo: “Per noi è fondamentale che i nostri figli, compiuti 18 anni, possano decidere se risalire o meno alle proprie ‘origini’. Se vorranno, potranno chiedere le generalità del donatore, nome e cognome, data di nascita etc.”.
Un percorso, quello dell’eterologa, non privo di difficoltà, anche se la prima figlia è arrivata al secondo tentativo. Mantenersi positivi e aperti è stato per loro importantissimo: “Una cosa che abbiamo imparato nel nostro ‘viaggio’ è che non c’è bisogno di vergognarsi perché non sono poche le persone che soffrono di infertilità. Tendiamo a nasconderci da amici e colleghi, invece aprirsi è liberatorio. E ha anche un effetto positivo sugli altri: li invita a farsi avanti con le loro storie, nel caso in cui anch’essi stiano avendo gli stessi problemi. E’ come prendere coscienza e dire: ‘Ah ok, vedo tante famiglie in giro, ma non è detto che tutti siano riusciti ad avere un figlio naturalmente e facilmente’”.
Verena ed Enrico dicono di non aver mai dovuto sopportare - fortunatamente - frasi inopportune come “ma voi quando lo fate un figlio?”: decine di coppie che vivono con il sogno di avere un bambino devono, invece, far fronte ogni giorno a scomode intrusioni nella propria intimità da parte di estranei. “Piuttosto quello che è stato difficile sopportare - spiega Enrico - è stato vedere tante famiglie in vacanza d’estate, nel posto turistico in cui viviamo. Uno si immagina che avere un figlio sia una cosa del tutto naturale e scontata. Non nascondo che provavamo un po’ di invidia”. I due, però, sono riusciti a superare i momenti difficili rimanendo uniti e facendosi forza a vicenda: “Mi sentivo in colpa quando mia moglie doveva sottoporsi alle terapie, d’altronde ero io il ‘problema’ per cui la nostra famiglia non poteva avere figli. Avrebbe potuto lasciarmi e trovare un’alternativa, invece non è andata così. Ci siamo sempre compresi e spronati ad andare avanti”. “Quando si ha un bambino bisogna volerlo in due - aggiunge - Allo stesso modo una coppia alle prese con un problema di infertilità deve decidere di comune accordo di sottoporsi alle cure per avere un figlio. Non può mai essere uno dei due che trascina l’altro, ma qualsiasi scelta deve essere presa insieme, altrimenti, a lungo andare, l’equilibrio rischia di rompersi”.
Bisogna rimanere uniti anche per far fronte alle spese: ”‘Quanto costa avere un figlio con l’eterologa?’, è una delle domande che ci pongono più frequentemente - spiega Verena -. Non ce la sentiamo di dire una cifra precisa perché il costo varia in base a una moltitudine di fattori, ma possiamo dire che di certo abbiamo fatto moltissimi sacrifici. Servono soldi per le medicine, per spostarsi. Noi poi abbiamo scelto di rivolgerci ad un centro privato per accorciare i tempi, altrimenti nel pubblico avremmo dovuto metterci in coda nella lista d’attesa. Calcolando i tempi, avremmo dovuto attendere più di un anno prima di partire”.
Ma come spiegare ai propri figli la scelta dell’eterologa? I due non hanno dubbi: “Parlandone, fin da subito - spiega Verena -. I nostri già sanno che sono stati per tanto tempo nel nostro cuore e che li abbiamo attesi molto. Abbiamo comprato loro un libro che racconta la storia di bambini nati da donatore. Secondo noi, pur piccolissimi, assimilano e comprendono che anche quella può essere normalità. E che il nostro non è stato nient’altro che un gesto d’amore”.
Fonte https://www.huffingtonpost.it/entry/leterologa-e-un-gesto-damore-che-non-va-nascosto-ai-propri-figli-linfertilita-non-e-una-colpa_it_5e304582c5b6ce51a4ebf1c1
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