sabato 14 settembre 2019

Perché nessuno racconta mai, o non abbastanza, come ci si sente quando un bambino resta solo un pensiero

Affectionate, tender mother and daughter holding hands      Mi scuso con P. O con S. O con G. Ovunque sia. Chiunque sia. O forse era un nome per esteso. Paola Maria Francesca Giulia. O solo un’ Anonima 85. L’ho letta sulla metro, tra il vociare della gente, come spesso accade con le lettrici che mi scrivono: pezzi di vita loro ascoltati dentro pezzi di vita miei, incastrati in frazioni di ore o di minuti liberi dalla tagliola del lavoro. E siamo state solo lei ed io, per lunghi minuti, tra Maciachini e Cadorna. Sono affondata nella sua storia, come in un mare di un blu troppo scuro per vedere i pesci, un mare chiuso in un pozzo profondo, da cui non sai se puoi risalire. Il tragitto non era abbastanza lungo per riuscire a risponderle e le cose da dire troppo importanti per liquidarle in una battuta. Così l’ho tenuta lì.

      Certe mail che mi arrivano richiedono silenzio e tempo e parole calibrate nella risposta. Sono mondi che si schiudono, abissi in cui vengo portata per mano come un’amica di vecchia data e ne sento tutta la responsabilità, la gratitudine per la fiducia accordata. E insomma quella mail così preziosa e coccolata, conservata in una cartellina d’archivio per essere ripresa al momento giusto, non so come, si è perduta. Uno stupido aggiornamento del computer deve averla spazzata via dentro qualche anfratto remoto del software, insabbiandola come una bottiglia con dentro un messaggio senza destinazione.

      E magari - mi dico per assolvermi un po’ e per consolarmi - è così che doveva essere: forse P. o S. o Maria, non voleva consigli da me, cercava solo un cuore in ascolto con cui condividere il peso di quella storia, la solitudine in cui era caduta. Ma spero che ora P. o S. o Maria mi legga e sappia che il messaggio non è caduto nel vuoto, è arrivato e l’ho accolto con cuore spalancato. Tanto che ora, a distanza di molti e molti mesi in cui ho sperato che un mago del pc, un sommozzatore digitale abile e temerario riuscisse a ripescarlo, ancora me lo ricordo.

        E voglio parlarvene. Questa giovane donna non poteva avere figli. Aveva iniziato a provarci abbastanza presto, dopo il matrimonio, ma non erano arrivati. Non sapeva di desiderare così tanto un bambino finché non ha realizzato che fosse così difficile averlo. Passi metà della vita a cercare di non restare incinta che quando poi decidi che puoi, e che vuoi, ti sembra la cosa più facile del mondo. Non è così, non sempre. Scoprirlo è stato un duro colpo, anche se sai benissimo che può succedere. Ma pensi sempre che succeda alle altre. Ovviamente non si è arresa. Si è sottoposta a visite e cure mediche, insieme al compagno, per capire il problema e trovare la soluzione.

Fonte https://www.elle.com/it/emozioni/psicologia/a28889159/come-affrontare-infertilita/

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