Abbiamo imparato ormai da anni che esistono grassi "buoni" e grassi "cattivi". Tra i buoni rientrano quelli di origine vegetale, prevalentemente insaturi e polinsaturi.
Il risultato di tutto ciò è che, soprattutto nei paesi occidentali, le nostre diete sono cambiate. Ed è cambiata molto anche l'alimentazione delle donne in gravidanza: sono molte quelle che, sotto consiglio di un medico, assumono integratori multivitaminici e a base di grassi insaturi. Tra questi ci sono gli Omega 3 del pesce. Ma anche gli Omega 6 sono stati considerati, fino a poco tempo fa, amici della nostra salute. Ne sono molto ricchi gli oli vegetali, ma anche i cereali e i legumi. Sugli Omega 6, però, la scienza sta facendo marcia indietro. Uno studio pubblicato di recente sul Journal of Physiology sconsiglia alle donne incinta di fare attenzione al consumo di questi acidi grassi. Quantità pari a tre volte la dose raccomandata, infatti, possono aumentare il rischio di complicazioni in gravidanza e incidere in modo negativo sullo sviluppo del feto.
L'elemento di novità rispetto agli studi precedenti è il fatto che, stavolta, la ricerca si è concentrata su una sostanza in particolare: l'acido linoleico, di cui sono ricchi soprattutto gli oli vegetali, compreso quello extravergine di oliva. Per arrivare a queste conclusioni alcuni ricercatori della Physiological Society hanno condotto degli studi sui ratti. Ne è emerso che le femmine gravide - cui veniva somministrata una dose tripla di acido linoleico rispetto a quella giornaliera raccomandata - avevano tre conseguenze. La prima: nel fegato si producevano concentrazioni elevate di proteine infiammatorie; la seconda: aumentava anche la circolazione di una proteina che causa la contrazione dell'utero; la terza: diminuiva un ormone in grado di regolare la crescita e lo sviluppo del bambino. "Se questi effetti si dovessero osservare anche sull'uomo, questo studio suggerirebbe che le donne in età fertile dovrebbero ridurre le quantità di acido linoleico che assumono con la dieta. La nostra ricerca è un altro esempio del fatto che assumere dosi esagerate di un certo tipo di nutriente può avere un impatto negativo sulla crescita del feto", spiegano i ricercatori.
Lo studio infatti non è una bocciatura tout court degli Omega 6, ma un campanello d'allarme su un loro consumo eccessivo. Quella di oggi non è la prima ricerca in cui degli scienziati assumono una posizione scettica su queste sostanze: già nel 2017 uno studio americano aveva messo in dubbio il ruolo dell'acido linoleico nella riduzione dell'aterosclerosi, citando pubblicazioni nelle quali si dice che la riduzione del colesterolo nel sangue (che c'è), non impedisce necessariamente lo sviluppo dell'aterosclerosi. "I dati a disposizione oggi - spiegavano i ricercatori nel 2017 - non consentono di determinare la soglia ideale di acido linoleico assumibile con la dieta per la nostra salute". La conclusione alle quale si arrivava era che un eccesso di Omega 6 poteva provocare deficit cognitivi nei bambini. Quella di oggi è la conferma di qualcosa che già sapevamo: l'eccesso di Omega 6 porta l'organismo a produrre acido arachidonico, un pro-infiammatorio che a lungo andare può portare a patologie. Il rapporto tra Omega 3 e Omega 6 dovrebbe essere di 4 a 1, continua la nutrizionista, e la forbice è ancora più larga per le donne in gravidanza. Ma nei Paesi mediterranei non è semplice rispettare queste raccomandazioni proprio perché di olio d'oliva, cereali e legumi ne mangiamo in gran quantità.
Lo studio appena pubblicato non sorprende neanche Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista al Crea Alimenti e Nutrizione: "Nel 2002 e nel 2007 già due studi importanti condotti non su animali da esperimento ma su donne in gravidanza hanno dimostrato che diete ricche di acidi grassi omega 6 e povere in omega 3 aumentano il rischio di disturbi del comportamento e cognitivi nei bambini. Quella che arriva oggi da questo studio è un'ulteriore conferma sul fatto che uno squilibrio nella dieta con un eccesso di Omega 6 ha un effetto pro-infiammatorio che a lungo andare può portare non solo a problemi nello sviluppo fetale ma anche a patologie a carattere cronico-degenerativo".
Il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 dovrebbe essere mediamente 4 a 1, continua la nutrizionista, e in gravidanza è richiesto un maggiore apporto degli omega 3 come il DHA e EPA, ma la nostra alimentazione è squilibrata e apportiamo più omega 6. Dovremmo quindi ricordarci di consumare pesce 2-3 volte alla settimana e altre fonti di Omega 3 come frutta secca e semi.
Fonte http://www.nationalgeographic.it/food/2019/05/27/news/grassi_omega_6_una_ricerca_conferma_in_gravidanza_il_meno_possibile-4420352/
Il risultato di tutto ciò è che, soprattutto nei paesi occidentali, le nostre diete sono cambiate. Ed è cambiata molto anche l'alimentazione delle donne in gravidanza: sono molte quelle che, sotto consiglio di un medico, assumono integratori multivitaminici e a base di grassi insaturi. Tra questi ci sono gli Omega 3 del pesce. Ma anche gli Omega 6 sono stati considerati, fino a poco tempo fa, amici della nostra salute. Ne sono molto ricchi gli oli vegetali, ma anche i cereali e i legumi. Sugli Omega 6, però, la scienza sta facendo marcia indietro. Uno studio pubblicato di recente sul Journal of Physiology sconsiglia alle donne incinta di fare attenzione al consumo di questi acidi grassi. Quantità pari a tre volte la dose raccomandata, infatti, possono aumentare il rischio di complicazioni in gravidanza e incidere in modo negativo sullo sviluppo del feto.
L'elemento di novità rispetto agli studi precedenti è il fatto che, stavolta, la ricerca si è concentrata su una sostanza in particolare: l'acido linoleico, di cui sono ricchi soprattutto gli oli vegetali, compreso quello extravergine di oliva. Per arrivare a queste conclusioni alcuni ricercatori della Physiological Society hanno condotto degli studi sui ratti. Ne è emerso che le femmine gravide - cui veniva somministrata una dose tripla di acido linoleico rispetto a quella giornaliera raccomandata - avevano tre conseguenze. La prima: nel fegato si producevano concentrazioni elevate di proteine infiammatorie; la seconda: aumentava anche la circolazione di una proteina che causa la contrazione dell'utero; la terza: diminuiva un ormone in grado di regolare la crescita e lo sviluppo del bambino. "Se questi effetti si dovessero osservare anche sull'uomo, questo studio suggerirebbe che le donne in età fertile dovrebbero ridurre le quantità di acido linoleico che assumono con la dieta. La nostra ricerca è un altro esempio del fatto che assumere dosi esagerate di un certo tipo di nutriente può avere un impatto negativo sulla crescita del feto", spiegano i ricercatori.
Lo studio infatti non è una bocciatura tout court degli Omega 6, ma un campanello d'allarme su un loro consumo eccessivo. Quella di oggi non è la prima ricerca in cui degli scienziati assumono una posizione scettica su queste sostanze: già nel 2017 uno studio americano aveva messo in dubbio il ruolo dell'acido linoleico nella riduzione dell'aterosclerosi, citando pubblicazioni nelle quali si dice che la riduzione del colesterolo nel sangue (che c'è), non impedisce necessariamente lo sviluppo dell'aterosclerosi. "I dati a disposizione oggi - spiegavano i ricercatori nel 2017 - non consentono di determinare la soglia ideale di acido linoleico assumibile con la dieta per la nostra salute". La conclusione alle quale si arrivava era che un eccesso di Omega 6 poteva provocare deficit cognitivi nei bambini. Quella di oggi è la conferma di qualcosa che già sapevamo: l'eccesso di Omega 6 porta l'organismo a produrre acido arachidonico, un pro-infiammatorio che a lungo andare può portare a patologie. Il rapporto tra Omega 3 e Omega 6 dovrebbe essere di 4 a 1, continua la nutrizionista, e la forbice è ancora più larga per le donne in gravidanza. Ma nei Paesi mediterranei non è semplice rispettare queste raccomandazioni proprio perché di olio d'oliva, cereali e legumi ne mangiamo in gran quantità.
Lo studio appena pubblicato non sorprende neanche Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista al Crea Alimenti e Nutrizione: "Nel 2002 e nel 2007 già due studi importanti condotti non su animali da esperimento ma su donne in gravidanza hanno dimostrato che diete ricche di acidi grassi omega 6 e povere in omega 3 aumentano il rischio di disturbi del comportamento e cognitivi nei bambini. Quella che arriva oggi da questo studio è un'ulteriore conferma sul fatto che uno squilibrio nella dieta con un eccesso di Omega 6 ha un effetto pro-infiammatorio che a lungo andare può portare non solo a problemi nello sviluppo fetale ma anche a patologie a carattere cronico-degenerativo".
Il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 dovrebbe essere mediamente 4 a 1, continua la nutrizionista, e in gravidanza è richiesto un maggiore apporto degli omega 3 come il DHA e EPA, ma la nostra alimentazione è squilibrata e apportiamo più omega 6. Dovremmo quindi ricordarci di consumare pesce 2-3 volte alla settimana e altre fonti di Omega 3 come frutta secca e semi.
Fonte http://www.nationalgeographic.it/food/2019/05/27/news/grassi_omega_6_una_ricerca_conferma_in_gravidanza_il_meno_possibile-4420352/
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