I bambini della stessa età presi in considerazione raggiungevano livelli di sviluppo cognitivo e comportamentale equivalenti, a prescindere dal fatto che dormissero da soli o in compagnia dei genitori.
I risultati sembravano superare quella che fino ad allora era stata l’opinione della maggior parte degli studiosi, che da lungo tempo ritenevano il co-sleeping un’abitudine malsana per il raggiungimento dell’indipendenza del piccolo e per l’armonia di coppia degli adulti.
La condivisione di un luogo così intimo come il letto matrimoniale, infatti, sembrava minare l’intesa tra i genitori, e allo stesso tempo rendere più difficile e stressante per il bambino il momento di incominciare a dormire da solo, interrompendo un’abitudine consolidata durante tutti i primi anni di vita.
Queste considerazioni contrastano con uno studio ancor più recente, apparso lo scorso novembre su SLEEP, la rivista scientifica ufficiale della American Academy of Sleep Medicine e della Sleep Research Society.
Le evidenze riscontrate portano all’osservazione che dormire insieme può assecondare l’aspetto più spiccatamente sociale dell’essere umano.
Condividere il momento del riposo con altre persone servirebbe a sentirsi più sicuri e a limitare la produzione di ormoni dello stress, favorendo una crescita equilibrata e serena.
La causa del sonno frammentato di molti bambini, costellato cioè da più risvegli, sarebbe quindi attribuibile ad un maggior senso di solitudine percepito. E’ come se l’addormentarsi da soli, possa attivare in alcuni bambini un’allerta del senso di vulnerabilità, disturbandone il sonno.
Nonostante queste considerazioni, apparentemente autoevidenti, durante i decenni sono stati numerosi gli studi in proposito, e tutti hanno raggiunto risultati contrastanti.
Alcune ricerche dell’American Academy of Pediatrics, per esempio, avevano spinto a ipotizzare un legame tra la pratica del co-sleeping e il drammatico fenomeno delle morti bianche, mentre altri studi si spingevano addirittura a consigliarlo, sostenendo la tesi contraria.
Ad oggi, nessuna conclusione risolutiva sembra essere stata raggiunta.
Dormire insieme al proprio bambino è sicuramente una consuetudine che porta con sé numerosi benefici, pur coinvolgendo variabili difficili da valutare per numero e complessità.
Sembra tuttavia possibile escludere che il co-sleeping abbia delle conseguenze negative immediate sul bambino.
Come spesso capita nell’ambito educativo, però, si tratta di una scelta ancora rimessa alla sensibilità del genitore, che dovrà agire sulla base delle esigenze specifiche del proprio bambino, alla ricerca dell’armonia familiare.
Fonte American Academy of Sleep Medicine
I risultati sembravano superare quella che fino ad allora era stata l’opinione della maggior parte degli studiosi, che da lungo tempo ritenevano il co-sleeping un’abitudine malsana per il raggiungimento dell’indipendenza del piccolo e per l’armonia di coppia degli adulti.
La condivisione di un luogo così intimo come il letto matrimoniale, infatti, sembrava minare l’intesa tra i genitori, e allo stesso tempo rendere più difficile e stressante per il bambino il momento di incominciare a dormire da solo, interrompendo un’abitudine consolidata durante tutti i primi anni di vita.
Queste considerazioni contrastano con uno studio ancor più recente, apparso lo scorso novembre su SLEEP, la rivista scientifica ufficiale della American Academy of Sleep Medicine e della Sleep Research Society.
Le evidenze riscontrate portano all’osservazione che dormire insieme può assecondare l’aspetto più spiccatamente sociale dell’essere umano.
Condividere il momento del riposo con altre persone servirebbe a sentirsi più sicuri e a limitare la produzione di ormoni dello stress, favorendo una crescita equilibrata e serena.
La causa del sonno frammentato di molti bambini, costellato cioè da più risvegli, sarebbe quindi attribuibile ad un maggior senso di solitudine percepito. E’ come se l’addormentarsi da soli, possa attivare in alcuni bambini un’allerta del senso di vulnerabilità, disturbandone il sonno.
Nonostante queste considerazioni, apparentemente autoevidenti, durante i decenni sono stati numerosi gli studi in proposito, e tutti hanno raggiunto risultati contrastanti.
Alcune ricerche dell’American Academy of Pediatrics, per esempio, avevano spinto a ipotizzare un legame tra la pratica del co-sleeping e il drammatico fenomeno delle morti bianche, mentre altri studi si spingevano addirittura a consigliarlo, sostenendo la tesi contraria.
Ad oggi, nessuna conclusione risolutiva sembra essere stata raggiunta.
Dormire insieme al proprio bambino è sicuramente una consuetudine che porta con sé numerosi benefici, pur coinvolgendo variabili difficili da valutare per numero e complessità.
Sembra tuttavia possibile escludere che il co-sleeping abbia delle conseguenze negative immediate sul bambino.
Come spesso capita nell’ambito educativo, però, si tratta di una scelta ancora rimessa alla sensibilità del genitore, che dovrà agire sulla base delle esigenze specifiche del proprio bambino, alla ricerca dell’armonia familiare.
Fonte American Academy of Sleep Medicine
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