Sembra la cosa più naturale del mondo, invece non lo è. Mettere al mondo un bambino è l’obiettivo di tante coppie, ma anche il sogno impossibile di chi ha visto trasformarsi il proprio desiderio di diventare genitore in un traguardo complicato e sempre più difficile da raggiungere.
Attualmente, sono circa 50 milioni le coppie nel mondo che hanno difficoltà a procreare. Dal 1970 a oggi, il tasso di fertilità della popolazione mondiale si è ridotto sensibilmente e si stima che nel 2030, in gran parte dei continenti, la media delle nascite si attesterà tra 0 e 2,5 figli per famiglia.
Secondo i dati statistici dell’Istituto Superiore della Sanità, in Italia il 15% delle coppie ha problemi di infertilità e l’incidenza negli uomini e nelle donne si equivale: si parla di infertilità esclusivamente femminile nel 30% dei casi ed esclusivamente maschile per un altro 30%. Vengono invece diagnosticati problemi comuni a entrambi i partner nel 20% delle coppie infertili, mentre resta attualmente sconosciuta la causa dell’infertilità nel 20% delle restanti coppie.
Le ragioni alla base della difficoltà di procreazione sono molteplici e possono differire sensibilmente fra uomini e donne. Non sempre sono state messe in evidenza in maniera chiara e persino la stessa definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non appare esaustiva, poiché spiega l’infertilità come “una disfunzione del sistema riproduttivo caratterizzata dall’impossibilità di ottenere una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali non protetti”.
Questa descrizione non tiene conto, infatti, di un aspetto fondamentale: l’età femminile. La donna, infatti, raggiunge il massimo picco della fertilità tra i 20 e i 25 anni, il quale resta sufficientemente alto fino ai 35 anni, subisce poi un considerevole calo dai 35 ai 40 ed è bassissimo oltre i 40 anni. Ne consegue che se una coppia di giovani dopo un anno non è ancora riuscita a concepire può tranquillamente proseguire nei tentativi, mentre diverso è il caso di una coppia over 35, per la quale - dopo 12 mesi o più - il consulto di uno specialista può rivelarsi oggettivamente necessario.
NASCITE: COSA È SUCCESSO NEGLI ULTIMI 50 ANNI
Nell’arco di mezzo secolo, la fertilità maschile nel mondo si è ridotta di circa il 50%. Il passare del tempo ha generato una diminuzione di natalità anche in Paesi notoriamente sovrappopolati, come l’India e i Paesi dell’America Latina. La causa di questo drastico calo è attribuibile principalmente alla diffusione di patologie comuni della sfera riproduttiva, come il varicocele, e a malattie meno conosciute, come l’orchite, i disordini endocrini e le patologie genetiche cromosomiche. Nelle donne, i principali problemi d’infertilità riguardano invece ostruzioni e disfunzioni tubariche, turbe ovulatorie, endometriosi, malformazioni uterine, ridotta riserva ovarica e poliabortività.
L’origine di queste patologie può essere infiammatoria, ovvero determinata da malattie sessualmente trasmissibili, problematiche ormonali e malformative, oppure legata allo stile di vita e all’ambiente, tra cui spiccano l’età avanzata in cui una coppia decide di avere un figlio, le condizioni di stress, le alterazioni del ritmo sonno-veglia, i fattori di inquinamento ambientale e alimentare, le abitudini scorrette, l'abuso di alcool, il fumo e l'uso di droghe
Oggi, però, «il punto non è semplicemente l’infertilità, quanto il fatto di poter avere un figlio sano», commenta la ginecologa Daniela Galliano, direttrice della sede romana dell’Istituto Valenciano per l’Infertilità, clinica internazionale all’avanguardia sul fronte delle tecniche per la procreazione assistita. «Sappiamo che, in una donna, l’età avanzata influenza la qualità degli ovuli, la loro quantità (la cosiddetta riserva ovarica) e può favorire l’aumento di cromopatie, ovvero di anomalie cromosomiche». Fondamentale diventa pertanto la diagnosi preimpianto, un’analisi che consente di esaminare gli embrioni ottenuti dalla fecondazione assistita - prima del loro trasferimento nell’utero - sia dal punto di vista morfologico sia del corredo genetico; «in questo senso, tale diagnosi può essere intesa come una sorta di medicina preventiva», precisa la dottoressa Galliano.
L’abitudine sempre più diffusa in Occidente di posticipare la gravidanza dopo i 30 e i 40 anni, per ragioni personali o di lavoro, può rivelarsi quindi estremamente penalizzante in termini di riproduttività.
L’IMPATTO PSICOLOGICO SU DI LUI E SU DI LEI
Non riuscire a procreare e scoprire, nei casi estremi, di avere un effettivo problema di infertilità è sempre molto traumatico. «La difficoltà fisiologica ad avere figli viene vissuta dalla maggior parte delle coppie come una sorta di “sgambetto esistenziale”», spiega la dottoressa Vincenza Zimbardi, psicologa della clinica IVI di Roma. Un incidente di percorso che «può condurre a una vera e propria “crisi di vita” con conseguente frustrazione, dolore, rabbia, sconforto e ansia. Se da un lato cala l’autostima in entrambi i partner, dall’altro tende a crescere il senso di colpa per aver fatto scelte “sbagliate” in passato o per aver deciso di avere un figlio troppo tardi».
Non solo. Quando la causa dell’infertilità è femminile, le ripercussioni sulla donna possono essere molto critiche: «avverte un senso di inferiorità rispetto alle altre donne con figli. teme che il compagno possa chiudere la relazione e magari realizzare il suo desiderio di paternità con un’altra. Il più delle volte si tratta di timori infondati, ma per lei la reazione è molto forte ed intensa rispetto alla difficile e complessa elaborazione del problema», evidenzia la psicologa.
Spesso, l’impatto emotivo va anche oltre: quando la coppia decide di intraprendere un percorso di fecondazione assistita non sempre è psicologicamente pronta per sostenere adeguatamente il percorso medico che la attende. «Occorre compiere uno sforzo di adattamento per accedere al trattamento e questo può determinare stati d’ansia, a volte anche aumento di peso, difficoltà nella relazione sessuale, disaccordo e disagio al punto tale che in molti casi la coppia arriva addirittura a lasciarsi», aggiunge Diana Guerra, psicologa della Clinica IVI di Barcellona. In questa sede, una delle più frequentate da italiani ed europei per il trattamento dell’infertilità, a fronte di ciò è stato da poco avviato un apposito programma di preparazione e assistenza psicologica per coppie che desiderano intraprendere il percorso di fecondazione assistita. «Noi li assistiamo per tutto il programma di trattamento, spieghiamo loro quello che dovranno attraversare, quali difficoltà potrebbero incontrare e come è possibile superarle. A volte, vengono coinvolte anche coppie che hanno già affrontato tale percorso per un vero e proprio confronto», chiarisce la dottoressa Guerra.
LE ATTUALI FRONTIERE DELLA PROCREAZIONE ASSISTITA
Per dare soluzioni concrete al desiderio di procreazione di tante coppie che non riescono ad avere un figlio, la Ricerca scientifica si è attivata negli anni con buoni risultati. Il settore scientificamente definito della PMA, Procreazione Medicalmente Assistita, comprende tutte le soluzioni oggi conosciute per indurre una gravidanza, anche attraverso l’intervento sui gameti (ovulo e spermatozoo).
Attualmente vengono applicate tecniche di fecondazione intracorporea (ovvero con inseminazione intrauterina), consigliate in presenza di lievi alterazioni degli spermatozoi o come primo approccio in caso di sterilità inspiegata, e tecniche di fecondazione extracorporea, adottate nei casi più complessi di infertilità.
Questa seconda opzione prevede il ricorso a una fecondazione all’esterno dell’organismo materno. Si parla, pertanto, di fecondazione in provetta, compiuta attraverso due metodi: la FIVET, ovvero la fecondazione in vitro con trasferimento in utero degli embrioni (attualmente una delle più diffuse e con buone probabilità di successo) e la ICSI, Iniezione Intracitoplasmatica degli Spermatozoi, consigliata alle coppie con infertilità dovuta ad un fattore maschile medio/severo.
La tecnica dell’ICSI prevede l’iniezione di un singolo e selezionato spermatozoo direttamente nel citoplasma ovocitario (come si mostra nel video). Una soluzione innovativa che permette oggi a molti uomini di poter sfruttare a pieno la propria potenzialità fecondante, mentre fino a 10 anni fa avrebbero soltanto potuto far ricorso alla banca del seme e pertanto a un donatore esterno alla coppia.
Terza opzione: la fecondazione eterologa, o fecondazione mediate donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) è quella che permette a una coppia di poter realizzare il proprio desiderio di genitorialità ricorrendo agli spermatozoi o agli ovociti di una donatrice o un donatore anonimi.
QUANDO LA FERTILITA' E' A RISCHIO
Ci sono tuttavia dei casi “speciali” che non riguardano un’infertilità conclamata, bensì la possibilità che la fertilità venga messa a rischio. Per esempio, in presenza di una menopausa precoce oppure se ci si deve sottoporre a cure oncologiche. «In questo caso si può procedere al crio-congelamento degli ovociti, un procedimento che permette di conservare i propri ovuli estraendoli dalle ovaie e sottoponendoli a un raffreddamento ultra-rapido che li conserverà (anche per anni) fino a quando la paziente non vorrà o sarà nelle condizioni di poterli utilizzare per diventare mamma», spiega la ginecologa Galliano dell’Istituto Valenciano per l’Infertilità, che è anche un centro pioniere a livello mondiale nella vitrificazione degli ovociti per la preservazione della fertilità, nonché quello con la banca di ovociti attualmente più grande d’Europa. «In linea generale, la paziente può tenere conservati i propri ovociti fino al raggiungimento dei 50 anni, attualmente il termine massimo per poterli “scongelare” nell’ottica di una gravidanza», precisa Galliano.
I costi di tutte queste tecniche sono variabili e possono oscillare dai 2.000 euro circa per l’inseminazione artificiale e per la conservazione degli ovociti (che si effettua però gratuitamente nel caso dei pazienti oncologici), ai 5 o 6.000 euro per la FIV con diagnosi pre-impianto, ai 10-11.000 euro circa per la fecondazione eterologa.
Fonte https://www.vogue.it/bellezza/article/procreazione-assistita-infertilita-maschile-femminile-cause-conseguenze-soluzioni
Attualmente, sono circa 50 milioni le coppie nel mondo che hanno difficoltà a procreare. Dal 1970 a oggi, il tasso di fertilità della popolazione mondiale si è ridotto sensibilmente e si stima che nel 2030, in gran parte dei continenti, la media delle nascite si attesterà tra 0 e 2,5 figli per famiglia.
Secondo i dati statistici dell’Istituto Superiore della Sanità, in Italia il 15% delle coppie ha problemi di infertilità e l’incidenza negli uomini e nelle donne si equivale: si parla di infertilità esclusivamente femminile nel 30% dei casi ed esclusivamente maschile per un altro 30%. Vengono invece diagnosticati problemi comuni a entrambi i partner nel 20% delle coppie infertili, mentre resta attualmente sconosciuta la causa dell’infertilità nel 20% delle restanti coppie.
Le ragioni alla base della difficoltà di procreazione sono molteplici e possono differire sensibilmente fra uomini e donne. Non sempre sono state messe in evidenza in maniera chiara e persino la stessa definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non appare esaustiva, poiché spiega l’infertilità come “una disfunzione del sistema riproduttivo caratterizzata dall’impossibilità di ottenere una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali non protetti”.
Questa descrizione non tiene conto, infatti, di un aspetto fondamentale: l’età femminile. La donna, infatti, raggiunge il massimo picco della fertilità tra i 20 e i 25 anni, il quale resta sufficientemente alto fino ai 35 anni, subisce poi un considerevole calo dai 35 ai 40 ed è bassissimo oltre i 40 anni. Ne consegue che se una coppia di giovani dopo un anno non è ancora riuscita a concepire può tranquillamente proseguire nei tentativi, mentre diverso è il caso di una coppia over 35, per la quale - dopo 12 mesi o più - il consulto di uno specialista può rivelarsi oggettivamente necessario.
NASCITE: COSA È SUCCESSO NEGLI ULTIMI 50 ANNI
Nell’arco di mezzo secolo, la fertilità maschile nel mondo si è ridotta di circa il 50%. Il passare del tempo ha generato una diminuzione di natalità anche in Paesi notoriamente sovrappopolati, come l’India e i Paesi dell’America Latina. La causa di questo drastico calo è attribuibile principalmente alla diffusione di patologie comuni della sfera riproduttiva, come il varicocele, e a malattie meno conosciute, come l’orchite, i disordini endocrini e le patologie genetiche cromosomiche. Nelle donne, i principali problemi d’infertilità riguardano invece ostruzioni e disfunzioni tubariche, turbe ovulatorie, endometriosi, malformazioni uterine, ridotta riserva ovarica e poliabortività.
L’origine di queste patologie può essere infiammatoria, ovvero determinata da malattie sessualmente trasmissibili, problematiche ormonali e malformative, oppure legata allo stile di vita e all’ambiente, tra cui spiccano l’età avanzata in cui una coppia decide di avere un figlio, le condizioni di stress, le alterazioni del ritmo sonno-veglia, i fattori di inquinamento ambientale e alimentare, le abitudini scorrette, l'abuso di alcool, il fumo e l'uso di droghe
Oggi, però, «il punto non è semplicemente l’infertilità, quanto il fatto di poter avere un figlio sano», commenta la ginecologa Daniela Galliano, direttrice della sede romana dell’Istituto Valenciano per l’Infertilità, clinica internazionale all’avanguardia sul fronte delle tecniche per la procreazione assistita. «Sappiamo che, in una donna, l’età avanzata influenza la qualità degli ovuli, la loro quantità (la cosiddetta riserva ovarica) e può favorire l’aumento di cromopatie, ovvero di anomalie cromosomiche». Fondamentale diventa pertanto la diagnosi preimpianto, un’analisi che consente di esaminare gli embrioni ottenuti dalla fecondazione assistita - prima del loro trasferimento nell’utero - sia dal punto di vista morfologico sia del corredo genetico; «in questo senso, tale diagnosi può essere intesa come una sorta di medicina preventiva», precisa la dottoressa Galliano.
L’abitudine sempre più diffusa in Occidente di posticipare la gravidanza dopo i 30 e i 40 anni, per ragioni personali o di lavoro, può rivelarsi quindi estremamente penalizzante in termini di riproduttività.
L’IMPATTO PSICOLOGICO SU DI LUI E SU DI LEI
Non riuscire a procreare e scoprire, nei casi estremi, di avere un effettivo problema di infertilità è sempre molto traumatico. «La difficoltà fisiologica ad avere figli viene vissuta dalla maggior parte delle coppie come una sorta di “sgambetto esistenziale”», spiega la dottoressa Vincenza Zimbardi, psicologa della clinica IVI di Roma. Un incidente di percorso che «può condurre a una vera e propria “crisi di vita” con conseguente frustrazione, dolore, rabbia, sconforto e ansia. Se da un lato cala l’autostima in entrambi i partner, dall’altro tende a crescere il senso di colpa per aver fatto scelte “sbagliate” in passato o per aver deciso di avere un figlio troppo tardi».
Non solo. Quando la causa dell’infertilità è femminile, le ripercussioni sulla donna possono essere molto critiche: «avverte un senso di inferiorità rispetto alle altre donne con figli. teme che il compagno possa chiudere la relazione e magari realizzare il suo desiderio di paternità con un’altra. Il più delle volte si tratta di timori infondati, ma per lei la reazione è molto forte ed intensa rispetto alla difficile e complessa elaborazione del problema», evidenzia la psicologa.
Spesso, l’impatto emotivo va anche oltre: quando la coppia decide di intraprendere un percorso di fecondazione assistita non sempre è psicologicamente pronta per sostenere adeguatamente il percorso medico che la attende. «Occorre compiere uno sforzo di adattamento per accedere al trattamento e questo può determinare stati d’ansia, a volte anche aumento di peso, difficoltà nella relazione sessuale, disaccordo e disagio al punto tale che in molti casi la coppia arriva addirittura a lasciarsi», aggiunge Diana Guerra, psicologa della Clinica IVI di Barcellona. In questa sede, una delle più frequentate da italiani ed europei per il trattamento dell’infertilità, a fronte di ciò è stato da poco avviato un apposito programma di preparazione e assistenza psicologica per coppie che desiderano intraprendere il percorso di fecondazione assistita. «Noi li assistiamo per tutto il programma di trattamento, spieghiamo loro quello che dovranno attraversare, quali difficoltà potrebbero incontrare e come è possibile superarle. A volte, vengono coinvolte anche coppie che hanno già affrontato tale percorso per un vero e proprio confronto», chiarisce la dottoressa Guerra.
LE ATTUALI FRONTIERE DELLA PROCREAZIONE ASSISTITA
Per dare soluzioni concrete al desiderio di procreazione di tante coppie che non riescono ad avere un figlio, la Ricerca scientifica si è attivata negli anni con buoni risultati. Il settore scientificamente definito della PMA, Procreazione Medicalmente Assistita, comprende tutte le soluzioni oggi conosciute per indurre una gravidanza, anche attraverso l’intervento sui gameti (ovulo e spermatozoo).
Attualmente vengono applicate tecniche di fecondazione intracorporea (ovvero con inseminazione intrauterina), consigliate in presenza di lievi alterazioni degli spermatozoi o come primo approccio in caso di sterilità inspiegata, e tecniche di fecondazione extracorporea, adottate nei casi più complessi di infertilità.
Questa seconda opzione prevede il ricorso a una fecondazione all’esterno dell’organismo materno. Si parla, pertanto, di fecondazione in provetta, compiuta attraverso due metodi: la FIVET, ovvero la fecondazione in vitro con trasferimento in utero degli embrioni (attualmente una delle più diffuse e con buone probabilità di successo) e la ICSI, Iniezione Intracitoplasmatica degli Spermatozoi, consigliata alle coppie con infertilità dovuta ad un fattore maschile medio/severo.
La tecnica dell’ICSI prevede l’iniezione di un singolo e selezionato spermatozoo direttamente nel citoplasma ovocitario (come si mostra nel video). Una soluzione innovativa che permette oggi a molti uomini di poter sfruttare a pieno la propria potenzialità fecondante, mentre fino a 10 anni fa avrebbero soltanto potuto far ricorso alla banca del seme e pertanto a un donatore esterno alla coppia.
Terza opzione: la fecondazione eterologa, o fecondazione mediate donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) è quella che permette a una coppia di poter realizzare il proprio desiderio di genitorialità ricorrendo agli spermatozoi o agli ovociti di una donatrice o un donatore anonimi.
QUANDO LA FERTILITA' E' A RISCHIO
Ci sono tuttavia dei casi “speciali” che non riguardano un’infertilità conclamata, bensì la possibilità che la fertilità venga messa a rischio. Per esempio, in presenza di una menopausa precoce oppure se ci si deve sottoporre a cure oncologiche. «In questo caso si può procedere al crio-congelamento degli ovociti, un procedimento che permette di conservare i propri ovuli estraendoli dalle ovaie e sottoponendoli a un raffreddamento ultra-rapido che li conserverà (anche per anni) fino a quando la paziente non vorrà o sarà nelle condizioni di poterli utilizzare per diventare mamma», spiega la ginecologa Galliano dell’Istituto Valenciano per l’Infertilità, che è anche un centro pioniere a livello mondiale nella vitrificazione degli ovociti per la preservazione della fertilità, nonché quello con la banca di ovociti attualmente più grande d’Europa. «In linea generale, la paziente può tenere conservati i propri ovociti fino al raggiungimento dei 50 anni, attualmente il termine massimo per poterli “scongelare” nell’ottica di una gravidanza», precisa Galliano.
I costi di tutte queste tecniche sono variabili e possono oscillare dai 2.000 euro circa per l’inseminazione artificiale e per la conservazione degli ovociti (che si effettua però gratuitamente nel caso dei pazienti oncologici), ai 5 o 6.000 euro per la FIV con diagnosi pre-impianto, ai 10-11.000 euro circa per la fecondazione eterologa.
Fonte https://www.vogue.it/bellezza/article/procreazione-assistita-infertilita-maschile-femminile-cause-conseguenze-soluzioni
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