martedì 3 marzo 2020

Impianto e perdite da impianto: la nidazione

       Dalla formazione dello zigote, nato dall’incontro tra ovulo e spermatozoo, all’impianto dell’embrione nella cavità uterina della donna, intervengono numerosissimi step e trasformazioni complesse che compongono il percorso che porta dal concepimento alla formazione dell’embrione e della placenta. Dopo la fecondazione, il gamete percorrerà la tuba in un tempo di circa 3-4 giorni e, prima dell’impianto, resterà nella cavità uterina per diverso tempo. In questa fase non si verificherà una sua espansione o crescita, ma una complessa evoluzione strutturale della cellula destinata a moltiplicarsi attraverso successive suddivisioni. Il processo di embriogenesi, cioè la serie di eventi che permetteranno alla cellula fecondata di moltiplicarsi e specializzarsi fino a creare un intero organismo complesso, inizia con la fecondazione dell’ovulo che, a seguito di modifiche strutturali, di moltiplicazioni cellulari e segmentazioni che trasformano il gamete prima in morula e poi in blastocisti, (fasi di sviluppo pre-embrionale) diventa in grado di potersi impiantare nella mucosa dell’utero e di avviare la fase di nidazione.

      La nidazione o annidamento si verifica in un periodo che varia fra i cinque e gli otto giorni successivi alla fecondazione. In alcuni casi, però, può anche ritardare e realizzarsi entro il dodicesimo giorno. Durante questo periodo, in alcuni casi, alcune donne hanno riportato delle lievi perdite ematiche che normalmente durano pochissimi giorni e che, spesso, possono essere confuse con l’arrivo delle mestruazioni.

La blastocisti
      La fase di sviluppo dell’embrione, nel periodo compreso fra il quinto e il settimo giorno dalla fecondazione, viene denominato blastocisti.

 Quando si verifica l’impianto
      Fra il sesto e il settimo giorno dal concepimento la blastocisti, che a seguito di diversi step è costituita, in questa fase, da un complesso di circa 180 cellule, si inizia ad impiantare nell’endometrio. Quest’ultimo è il rivestimento mucoso che riveste la parete dell’utero e fornisce l’ambiente iniziale per lo sviluppo dell’embrione. In questa fase la blastocisti, fino al momento dell’impianto vero e proprio, è nutrita dalle sostanze che vengono prodotte dalle ghiandole endometriali.

      L’annidamento della blastocisti nell’endometrio si conclude entro il tredicesimo giorno dal concepimento ed è determinato da una complessa rete di interazioni fra il trofoblasto e il rivestimento della cavità uterina.

 Dove si verifica l’impianto
      L’impianto normalmente si verifica in prossimità della parte superiore nella faccia posteriore dell’utero. In casi più rari la nidazione può anche verificarsi sulla faccia posteriore della cavità uterina. La blastocisti, però, può anche impiantarsi in prossimità o al di sopra della cavità uterina ed in questa ipotesi si parla di “impianto basso”. La conseguenza di quest’ultima ipotesi viene definita placenta previa, ossia una condizione nella quale quest’ultima risulta inserita sul segmento inferiore dell’utero e risulta quindi “previa” nei confronti del feto. Questa anomalia, che si verifica generalmente in un caso su cento, spesso è collegata ad episodi di sanguinamento vaginale. Inoltre, qualora la placenta ostruisca completamente l’orifizio interno dell’utero, durante il parto è necessario estrarre il feto mediante un taglio cesareo. Qualora l’impianto avvenga al di fuori dell’utero si parla invece di gravidanza extrauterina. In questa ipotesi l’ovocita fecondato invece di procedere verso l’utero si potrebbe fermare nella tuba o, più raramente, nelle ovaie. La gestazione, qualora si verifichi un tale evento, è destinata ad interrompersi nel corso delle prime settimane, normalmente mediante un aborto spontaneo.

 La nidazione
      La nidazione della blastocisti è l’effetto di una serie di interazioni fra l’endometrio che per effetto dello stimolo ormonale subisce un complesso sistema di modificazioni e l’embrione. L’impianto presuppone un’organizzazione sincrona fra lo sviluppo cellulare e il grado di maturazione endometriale. L’embrione, che prima assumeva nutrimento dalle secrezioni tubariche ed uterine, subito dopo questa fase inizia a nutrirsi attraverso la placenta, che rappresenta il risultato della fusione fra la mucosa uterina che ha subito le modificazioni necessarie all’accoglimento dello zigote e la struttura fetale. La placenta non ha soltanto funzioni nutritive, ma presiede anche al processo respiratorio e regole la funzionalità endocrina mediante un processo di produzione ormonale.


Le perdite da impianto
Картинки по запросу "Impianto e perdite da impianto: la nidazione"      La nidazione è un fenomeno complesso ma che, normalmente, presenta un profilo sintomatologico molto lieve. Nella maggior parte dei casi, infatti, i sintomi dell’impianto sono talmente blandi da passare inosservati. Uno degli indicatori più comuni dell’annidamento, in particolare, è rappresentato dalle cosiddette perdite da impianto. Secondo alcune statistiche queste si presentano in circa il 30% delle donne in corrispondenza della nidazione. Le tracce ematiche generalmente si presentano nel lasso di tempo che decorre fra il sesto e il dodicesimo giorno dal concepimento. Anche se spesso vengono confuse con le mestruazioni, generalmente le perdite da impianto si differenziano dal flusso mestruale per un colore meno intenso, tendente al rosa e per una maggiore viscosità in quanto sono accompagnare da muco vaginale. Lo spotting, in genere, si verifica qualche giorno prima rispetto al momento nel quale dovrebbero arrivare le mestruazioni. La presenza di tracce ematiche, in corrispondenza della nidazione, non presenta profili preoccupanti e rientra un quadro di totale normalità.

 Le caratteristiche delle perdite da impianto
      Lo spotting da impianto può essere determinato dalla rottura di piccoli vasi sanguigni o da lievi traumi dei tessuti del collo dell’utero che subiscono un processo di modificazione fisiologica per accogliere l’embrione. Le perdite da impianto, inoltre, possono essere accompagnate da altri sintomi, come piccole contrazioni uterine che spesso possono essere confuse con i dolori premestruali. In alcuni casi, in corrispondenza dello spotting possono anche presentarsi insonnia, aumento della temperatura basale, spossatezza e gonfiore del seno e dell’addome. La durata delle tracce ematiche generalmente è molto breve e non tende a superare i 3-4 giorni.

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