Succede spesso ed ecco che ci si chiede con un po’ di ansia come mai. Almeno in apparenza, la risposta è semplice: un’irregolarità del ciclo mestruale.
Non sempre, infatti, le ovaie sono così puntuali nel produrre gli ormoni e le cellule uovo da fecondare e se il lasso di tempo fra una mestruazione e l’altra è troppo lungo – o troppo breve – significa che qualcosa “interferisce” con l’equilibrio ormonale. Un po’ più complicato, però, è capire il motivo di questa disfunzione: a influire sulla regolarità del ciclo possono entrare in gioco diversi fattori.
Occhio ai chili: in più e in meno.
Una delle condizioni che più di frequente altera i flussi mestruali è un peso corporeo molto lontano da quello ideale.
“Un’eccessiva magrezza può avere ripercussioni sull’attività dell’ipotalamo, l’area del cervello che governa l’ipofisi, riducendo la capacità di quest’ultima di stimolare le ovaie a produrre gli ormoni”, spiega Nico Naumann, ginecologo e ostetrico a Roma, esperto di problemi legati all’infertilità.
“Seppur in maniera minore, anche l’obesità può disturbare l’attività delle ovaie: in questo caso a venire compromesso è il metabolismo di quegli ormoni (gli estrogeni) che regolano la maturazione dell’endometrio, la mucosa che riveste le pareti interne dell’utero e da cui dipendono diverse funzioni biologiche, fra le quali vi sono anche le mestruazioni e l’impianto dell’embrione”.
Nelle situazioni più estreme, legate per esempio a disturbi del comportamento alimentare quali l’anoressia e la bulimia, il ciclo può cessare del tutto anche per lunghi periodi e vanificare, così, la possibilità di concepimento. Nella maggior parte dei casi, per riportare nella norma la funzionalità dell’apparato riproduttivo bastano pochi mesi.
La strada da seguire è innanzitutto quella di ridurre i chili di troppo, ripristinando corrette ed equilibrate abitudini alimentari. In caso di obesità, o comunque di forte sovrappeso, può essere necessario seguire anche una terapia a base di farmaci che, agendo sull’ipofisi, stimolino maggiormente l’attività ovarica.
Un ovaio…un po’ “maschile”.
A ridurre le probabilità di un concepimento possono contribuire alcune patologie dell’apparato riproduttivo.
“Come la sindrome dell’ovaio policistico, una disfunzione ormonale caratterizzata dalla presenza di numerose piccole cisti nelle ovaie, che fa sì che nella donna vi sia una maggior predisposizione a produrre androgeni, gli ormoni maschili”, riprende Naumann.
“Questi provocano una riduzione, se non addirittura una completa assenza, dell’ovulazione, con conseguente irregolarità mestruale, nonché disagi come l’irsutismo o l’acne”.
Va detto, poi, che nella maggior parte dei casi la sindrome colpisce donne obese o in sovrappeso. In alcune donne esiste una sorta di predisposizione genetica al disturbo. Se non ci sono problemi di metabolismo, per cercare di ripristinare il ciclo il medico può prevedere un intervento chirurgico con lo scopo di ‘distruggere’ parte delle cisti. In caso di obesità, invece, la perdita di peso riporta spesso i parametri ormonali alla normalità, rendendo regolari le mestruazioni. Se il medico lo ritiene necessario, inoltre, si possono assumere farmaci che favoriscono l’ovulazione.
L’endometrio? Forse è in eccesso.
Un’altra patologia degli organi riproduttivi che può influire negativamente sul concepimento è l’endometriosi, una malattia cronica e, per certi versi, ‘misteriosa’: è caratterizzata dalla presenza di un tessuto simile a quello dell’endometrio al di fuori dell’utero, in sedi anomale quali le ovaie, le tube, la vescica e l’intestino e, nonostante sia stata diagnosticata per la prima volta già nel 1690, la causa che la determina è ancora sconosciuta.
“L’endometriosi può arrecare gravi danni alla funzionalità degli organi su cui si sviluppa e, oltre a causare problemi “meccanici” (la chiusura delle tube, per esempio, o lo sviluppo di cisti ovariche), può anche abbassare i livelli di fertilità, modificando l’ambiente biochimico della cavità uterina e rendendolo meno accogliente nei confronti dell’embrione”, spiega ancora Naumann.
In questo caso, la possibilità di una gravidanza non è necessariamente compromessa, ma di certo non è mai immediata. “Al momento non esistono cure definitive. Per alleviare i disturbi, in alcuni casi si può intervenire chirurgicamente per rimuovere le aderenze di tessuto che provocano molto dolore. Oppure, si può ricorrere ai farmaci per indurre una sorta di menopausa artificiale e ridurre così, temporaneamente, i sintomi più fastidiosi. “Rispetto all’eventuale legame fra endometriosi e abbassamento dei livelli di fertilità, non esistono però soluzioni particolari”, continua Naumann.
“L’unico suggerimento è quello di non perdersi d’animo e continuare a insistere nella ricerca ‘naturale’ di un figlio, almeno per un anno”.
Stress e ansie prolungano l’attesa.
C’è un ultimo, ma non meno importante, fattore da considerare: l’influsso che la mente e la psiche possono avere sul fisico.
Anche lo stress può compromettere la fertilità, alterando il ritmo ormonale e il ciclo mestruale.
“Il corpo umano è una macchina perfetta e il cervello è il computer che la governa: attraverso strade diverse (sangue, ormoni, secrezioni, liquido seminale…) diffonde ordini e informazioni. A volte, però, qualcosa ‘disturba’ questa comunicazione. E allora, anche se dal punto di vista fisico tutto appare in ordine, il meccanismo inspiegabilmente si inceppa”, spiega Matteo Miraglia, aiuto della Clinica ostetrica e ginecologica dell’Ospedale San Paolo di Milano.
“All’origine di un disagio psicologico possono esserci tanti motivi: un periodo di tensioni, una leggera depressione, un lutto, un momento difficile dal punto di vista familiare o professionale. Ma anche il timore di non saper gestire la vita con un figlio, di non riuscire a conciliare il ruolo materno con quello lavorativo o la ‘pressione’ di familiari e amici…”
Il meccanismo scatenato, però, è identico: sotto la spinta di emozioni negative, nell’organismo si possono innalzare i livelli di alcuni ormoni (la prolattina e l’adrenalina, per esempio) in grado di bloccare l’ovulazione e, di conseguenza, impedire la gravidanza.
Il cammino per allontanarsi da inquietudini e tensioni può seguire percorsi diversi, come praticare tecniche di rilassamento (yoga o training autogeno, per esempio), concedersi una vacanza o dedicarsi a una passione che non si ha mai avuto il tempo di coltivare. O ancora, cercare di guardarsi dentro, con l’aiuto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta, per far luce sulle proprie emozioni, sui propri desideri. Qualunque sia la strada intrapresa, però, la meta da raggiungere è una sola: ritrovare quell’equilibrio psicologico, quell’ottimismo e quella vitalità necessari per accogliere nel modo migliore il bimbo che verrà e rimanere incinta.
Fonte http://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/se-il-bebe-non-arriva-2_periodo-fertile/
Non sempre, infatti, le ovaie sono così puntuali nel produrre gli ormoni e le cellule uovo da fecondare e se il lasso di tempo fra una mestruazione e l’altra è troppo lungo – o troppo breve – significa che qualcosa “interferisce” con l’equilibrio ormonale. Un po’ più complicato, però, è capire il motivo di questa disfunzione: a influire sulla regolarità del ciclo possono entrare in gioco diversi fattori.
Occhio ai chili: in più e in meno.
Una delle condizioni che più di frequente altera i flussi mestruali è un peso corporeo molto lontano da quello ideale.
“Un’eccessiva magrezza può avere ripercussioni sull’attività dell’ipotalamo, l’area del cervello che governa l’ipofisi, riducendo la capacità di quest’ultima di stimolare le ovaie a produrre gli ormoni”, spiega Nico Naumann, ginecologo e ostetrico a Roma, esperto di problemi legati all’infertilità.
“Seppur in maniera minore, anche l’obesità può disturbare l’attività delle ovaie: in questo caso a venire compromesso è il metabolismo di quegli ormoni (gli estrogeni) che regolano la maturazione dell’endometrio, la mucosa che riveste le pareti interne dell’utero e da cui dipendono diverse funzioni biologiche, fra le quali vi sono anche le mestruazioni e l’impianto dell’embrione”.
Nelle situazioni più estreme, legate per esempio a disturbi del comportamento alimentare quali l’anoressia e la bulimia, il ciclo può cessare del tutto anche per lunghi periodi e vanificare, così, la possibilità di concepimento. Nella maggior parte dei casi, per riportare nella norma la funzionalità dell’apparato riproduttivo bastano pochi mesi.
La strada da seguire è innanzitutto quella di ridurre i chili di troppo, ripristinando corrette ed equilibrate abitudini alimentari. In caso di obesità, o comunque di forte sovrappeso, può essere necessario seguire anche una terapia a base di farmaci che, agendo sull’ipofisi, stimolino maggiormente l’attività ovarica.
Un ovaio…un po’ “maschile”.
A ridurre le probabilità di un concepimento possono contribuire alcune patologie dell’apparato riproduttivo.
“Come la sindrome dell’ovaio policistico, una disfunzione ormonale caratterizzata dalla presenza di numerose piccole cisti nelle ovaie, che fa sì che nella donna vi sia una maggior predisposizione a produrre androgeni, gli ormoni maschili”, riprende Naumann.
“Questi provocano una riduzione, se non addirittura una completa assenza, dell’ovulazione, con conseguente irregolarità mestruale, nonché disagi come l’irsutismo o l’acne”.
Va detto, poi, che nella maggior parte dei casi la sindrome colpisce donne obese o in sovrappeso. In alcune donne esiste una sorta di predisposizione genetica al disturbo. Se non ci sono problemi di metabolismo, per cercare di ripristinare il ciclo il medico può prevedere un intervento chirurgico con lo scopo di ‘distruggere’ parte delle cisti. In caso di obesità, invece, la perdita di peso riporta spesso i parametri ormonali alla normalità, rendendo regolari le mestruazioni. Se il medico lo ritiene necessario, inoltre, si possono assumere farmaci che favoriscono l’ovulazione.
L’endometrio? Forse è in eccesso.
Un’altra patologia degli organi riproduttivi che può influire negativamente sul concepimento è l’endometriosi, una malattia cronica e, per certi versi, ‘misteriosa’: è caratterizzata dalla presenza di un tessuto simile a quello dell’endometrio al di fuori dell’utero, in sedi anomale quali le ovaie, le tube, la vescica e l’intestino e, nonostante sia stata diagnosticata per la prima volta già nel 1690, la causa che la determina è ancora sconosciuta.
“L’endometriosi può arrecare gravi danni alla funzionalità degli organi su cui si sviluppa e, oltre a causare problemi “meccanici” (la chiusura delle tube, per esempio, o lo sviluppo di cisti ovariche), può anche abbassare i livelli di fertilità, modificando l’ambiente biochimico della cavità uterina e rendendolo meno accogliente nei confronti dell’embrione”, spiega ancora Naumann.
In questo caso, la possibilità di una gravidanza non è necessariamente compromessa, ma di certo non è mai immediata. “Al momento non esistono cure definitive. Per alleviare i disturbi, in alcuni casi si può intervenire chirurgicamente per rimuovere le aderenze di tessuto che provocano molto dolore. Oppure, si può ricorrere ai farmaci per indurre una sorta di menopausa artificiale e ridurre così, temporaneamente, i sintomi più fastidiosi. “Rispetto all’eventuale legame fra endometriosi e abbassamento dei livelli di fertilità, non esistono però soluzioni particolari”, continua Naumann.
“L’unico suggerimento è quello di non perdersi d’animo e continuare a insistere nella ricerca ‘naturale’ di un figlio, almeno per un anno”.
Stress e ansie prolungano l’attesa.
C’è un ultimo, ma non meno importante, fattore da considerare: l’influsso che la mente e la psiche possono avere sul fisico.
Anche lo stress può compromettere la fertilità, alterando il ritmo ormonale e il ciclo mestruale.
“Il corpo umano è una macchina perfetta e il cervello è il computer che la governa: attraverso strade diverse (sangue, ormoni, secrezioni, liquido seminale…) diffonde ordini e informazioni. A volte, però, qualcosa ‘disturba’ questa comunicazione. E allora, anche se dal punto di vista fisico tutto appare in ordine, il meccanismo inspiegabilmente si inceppa”, spiega Matteo Miraglia, aiuto della Clinica ostetrica e ginecologica dell’Ospedale San Paolo di Milano.
“All’origine di un disagio psicologico possono esserci tanti motivi: un periodo di tensioni, una leggera depressione, un lutto, un momento difficile dal punto di vista familiare o professionale. Ma anche il timore di non saper gestire la vita con un figlio, di non riuscire a conciliare il ruolo materno con quello lavorativo o la ‘pressione’ di familiari e amici…”
Il meccanismo scatenato, però, è identico: sotto la spinta di emozioni negative, nell’organismo si possono innalzare i livelli di alcuni ormoni (la prolattina e l’adrenalina, per esempio) in grado di bloccare l’ovulazione e, di conseguenza, impedire la gravidanza.
Il cammino per allontanarsi da inquietudini e tensioni può seguire percorsi diversi, come praticare tecniche di rilassamento (yoga o training autogeno, per esempio), concedersi una vacanza o dedicarsi a una passione che non si ha mai avuto il tempo di coltivare. O ancora, cercare di guardarsi dentro, con l’aiuto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta, per far luce sulle proprie emozioni, sui propri desideri. Qualunque sia la strada intrapresa, però, la meta da raggiungere è una sola: ritrovare quell’equilibrio psicologico, quell’ottimismo e quella vitalità necessari per accogliere nel modo migliore il bimbo che verrà e rimanere incinta.
Fonte http://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/se-il-bebe-non-arriva-2_periodo-fertile/
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