La percentuale di donne che vi ricorrono, è in forte aumento durante le prime settimane di vita del bambino, ma si riduce drasticamente già attorno ai sei mesi.
Le cause di questo graduale abbandono dell’allattamento al seno sono molteplici, e vanno dalla carenza di latte materno (anche se è importante sottolineare che questa è la percezione della mamma, che pensa di non aver latte) fino ad alcuni problemi fisici che possono colpire la stessa madre, come gli ingorghi al seno e le mastiti.
In questo caso, la conoscenza del problema e un rapido intervento possono aiutare a superare con serenità il disturbo, consentendo la prosecuzione dell’allattamento.
L’ingorgo al seno è un disturbo molto frequente nelle prime settimane dopo il parto, nonché una causa molto comune di abbandono dell’allattamento.
Si tratta di un problema che – al contrario di quello che molti pensano – non è legato a un eccesso di latte non fuoriuscito, ma a un ristagno di liquidi nel sistema circolatorio e linfatico del seno.
Questo ingorgo determina un ingrossamento del tessuto mammario avvertito come doloroso, che rende molto difficile l’attaccamento, impedendo una normale suzione.
In questo caso, un intervento tempestivo può essere determinante per eliminare il ristagno e il conseguente edema al seno: è importante raffreddare la zona ed eseguire una delicata azione meccanica di drenaggio, cercando di aiutare il deflusso dei liquidi verso l’alto e di lato.
Meno precoce, ma altrettanto comune, è la mastite.
Questo disturbo si presenta con maggiore frequenza tra le due e le sette settimane dopo il parto.
Si tratta di uno stato infiammatorio acuto, provocato da batteri che sono riusciti a penetrare nella mammella. La principale causa di mastite è l’apertura di una ragade, una lesione ulcerosa del seno derivante dalla suzione, attraverso la quale i batteri riescono a farsi strada e a penetrare in profondità fino a causare l’infiammazione.
Perché la tipologia di intervento dovrà essere differente a seconda che si tratti di mastite o di semplice ingorgo, è necessario diagnosticare con sicurezza il problema.
A tale scopo è importante non solo agire tempestivamente, specie in presenza di febbre, ma monitorare la risposta ai tentativi di indurre una remissione del gonfiore con il massaggio e la terapia del freddo.
Una mancata risposta a questi interventi, infatti, potrebbe essere indice della presenza della mastite.
Purché non si tratti di mastite bilaterale, infine, la madre potrà proseguire senza pericolo l’allattamento all’altro capezzolo, prolungando gli innumerevoli benefici dell’alimentazione al seno per il proprio bambino.
Fonte Ingorghi del seno, mastiti ed ascessi: moderne diagnosi e terapie.
Michael Abou-Dakn, Ginecologo della Clinica Vivantes Humboldt
Le cause di questo graduale abbandono dell’allattamento al seno sono molteplici, e vanno dalla carenza di latte materno (anche se è importante sottolineare che questa è la percezione della mamma, che pensa di non aver latte) fino ad alcuni problemi fisici che possono colpire la stessa madre, come gli ingorghi al seno e le mastiti.
In questo caso, la conoscenza del problema e un rapido intervento possono aiutare a superare con serenità il disturbo, consentendo la prosecuzione dell’allattamento.
L’ingorgo al seno è un disturbo molto frequente nelle prime settimane dopo il parto, nonché una causa molto comune di abbandono dell’allattamento.
Si tratta di un problema che – al contrario di quello che molti pensano – non è legato a un eccesso di latte non fuoriuscito, ma a un ristagno di liquidi nel sistema circolatorio e linfatico del seno.
Questo ingorgo determina un ingrossamento del tessuto mammario avvertito come doloroso, che rende molto difficile l’attaccamento, impedendo una normale suzione.
In questo caso, un intervento tempestivo può essere determinante per eliminare il ristagno e il conseguente edema al seno: è importante raffreddare la zona ed eseguire una delicata azione meccanica di drenaggio, cercando di aiutare il deflusso dei liquidi verso l’alto e di lato.
Meno precoce, ma altrettanto comune, è la mastite.
Questo disturbo si presenta con maggiore frequenza tra le due e le sette settimane dopo il parto.
Si tratta di uno stato infiammatorio acuto, provocato da batteri che sono riusciti a penetrare nella mammella. La principale causa di mastite è l’apertura di una ragade, una lesione ulcerosa del seno derivante dalla suzione, attraverso la quale i batteri riescono a farsi strada e a penetrare in profondità fino a causare l’infiammazione.
Perché la tipologia di intervento dovrà essere differente a seconda che si tratti di mastite o di semplice ingorgo, è necessario diagnosticare con sicurezza il problema.
A tale scopo è importante non solo agire tempestivamente, specie in presenza di febbre, ma monitorare la risposta ai tentativi di indurre una remissione del gonfiore con il massaggio e la terapia del freddo.
Una mancata risposta a questi interventi, infatti, potrebbe essere indice della presenza della mastite.
Purché non si tratti di mastite bilaterale, infine, la madre potrà proseguire senza pericolo l’allattamento all’altro capezzolo, prolungando gli innumerevoli benefici dell’alimentazione al seno per il proprio bambino.
Fonte Ingorghi del seno, mastiti ed ascessi: moderne diagnosi e terapie.
Michael Abou-Dakn, Ginecologo della Clinica Vivantes Humboldt
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