Livelli ottimali di vitamina D garantiscono sia alla madre che al bambino di avere riserve adeguate e riducono l’incidenza di rachitismo infantile.
In particolare bisognerebbe prestare attenzione alle donne che hanno un rischio maggiore di andare incontro a carenze di vitamina D.
In questa lista annoveriamo le donne obese, le donne con limitata esposizione al sole, o le donne con fototipo scuro.
La carenza di vitamina D è associate ad un aumento della fragilità ossea nei bambini e negli adulti, e ad un incremento del rischio di patologie croniche.
Le fonti principali di vitamina D sono la dieta e la sintesi cutanea che avviene grazie all’esposizione al sole.
I fattori principali che influenzano la produzione endogena di vitamina D sono le stagioni, l’ora del giorno, la latitudine e il fototipo.
Ci si aspetterebbe quindi di riscontrate carenza di vitamina D nelle popolazioni che vivono in luoghi freddi, a latitudini elevate. Tuttavia pare che situazioni di ipovitaminosi si siano riscontrate anche in regioni tropicali come il Brasile. In queste zone il fototipo della popolazione prevede pelle più scura che forma una barriera naturale contro i raggi UV.
Carenze di vitamina D espongono anche al rischio di vaginosi batterica che, se contratta in gravidanza, può aumentare il rischio di complicanze e di parti prematuri.
I dati a sostegno di questa affermazione provengono da uno studio pubblicato sul Journal of Nutrition, che ha evidenziato che il 41% delle donne in esame presentava una vaginosi batterica e, di queste, il 93% aveva livelli insufficienti di vitamina D.
L’azione protettiva della vitamina D è riconducibile alla sua attività antimicrobica nel sistema immunitario, che avrebbe effetti positivi anche contro le infezioni placentari.
Secondo alcuni ricercatori di Boston, la carenza di vitamina D aumenterebbe di quattro volte il rischio di ricorrere a un parto cesareo per aumento della pressione arteriosa o riduzione della forza muscolare.
Per quanto riguarda i bambini, uno studio coreano mostra un collegamento tra carenza infantile di vitamina D e aumento del rischio di allergie alimentari ed eczema.
Nello studio, è stata misurata la concentrazione ematica di vitamina D in 226 bambini con dermatite atopica o allergie alimentari. I bambini allergici a più di un alimento avevano livelli significativamente bassi di vitamina D rispetto ai bambini con singola allergia.
I bambini affetti da eczema grave invece mostravano livelli minori di vitamina D rispetto a quelli con dermatite lieve.
La vitamina D interessa queste due patologie per il suo ruolo nella riduzione dell’infiammazione e nella regolazione del sistema immunitario. Infatti l’eczema è una condizione infiammatoria che arrossa la pelle e provoca prurito e desquamazione.
Uno studio pubblicato nel mese di ottobre riporta che il trattamento con vitamina D nei bambini riduce i sintomi correlati alla dermatite atopica invernale.
In questa ricerca, 107 bambini con storia di dermatite che peggiorava durante la stagiona fredda, sono stati trattati con vitamina D per un mese.
E’ stata riscontrata una diminuzione del 29% dei sintomi. Essendo un disordine infiammatorio della cute, la dermatite rende i pazienti maggiormente incline alle infezioni batteriche; l’esposizione a raggi ultravioletti durante l’inverno potrebbe stimolare la produzione di vitamina D e migliorare la sintomatologia.
I danni principali causati da bassi livelli di vitamina D riguardano principalmente il sistema muscolo scheletrico ma in pochi sanno che alla carenza di questo micronutriente è legata anche l’incidenza di asma. Infatti la vitamina D contribuisce alla salute dei polmoni.
I bambini con asma sembrano avere un aumentato rischio di insufficienza di vitamina D; i dati epidemiologici suggeriscono che bassi livelli sierici di questo componente, siano associati a sintomi più gravi. La vitamina D inoltre riduce l’infiammazione polmonare, regolando il sistema dei linfociti e agendo direttamente sui meccanismi antimicrobici.
La vitamina D3 stimola la produzione di catelicidine, una famiglia di che svolge un ruolo chiave nella difesa immunitaria, poiché sopprime infezioni ed agenti patogeni. Si pensa infatti che l’aumento dell’incidenza di malattie durante l’inverno possa essere correlata ad una riduzione dell’esposizione alla luce del sole, con conseguente diminuzione della sintesi di vitamina D3.
E’ stata dimostrata anche un’associazione tra bassi livelli di vitamina D e infezioni alle alte vie respiratorie, polmoniti, otiti, vaginosi, infezioni delle vie urinarie, influenza, epatite B e C e HIV.
Uno studio turco ha dimostrato che i neonati pretermine con alti livelli di vitamina D erano meno a rischio di sviluppare una sindrome da distress respiratorio rispetto a quelli che avevano livelli inferiori.
La sindrome da distress respiratorio rappresenta attualmente la prima causa di morte per i neonati prematuri. Nello studio si è misurata la concentrazione di vitamina D nel sangue cordonale di 81 neonati pretermine e i casi di sindrome da distress respiratorio (RDS). L’incidenza di RDS era più alta nei nati con bassi livelli di vitamina D, dimostrando che livelli elevati di questo micronutriente riducono del 40% il rischio di sviluppare RDS.
Fonti
An adequate vitamin D supply may prevent respiratory distress syndrome in preterm infants
Vitamin D and asthma in children
Vitamin D: a new anti-infective agent?
Effectiveness and safety of vitamin D in relation to bone health
Ethnic aspects of vitamin D deficiency.
NICE 2008: Maternal and child nutrition
In particolare bisognerebbe prestare attenzione alle donne che hanno un rischio maggiore di andare incontro a carenze di vitamina D.
In questa lista annoveriamo le donne obese, le donne con limitata esposizione al sole, o le donne con fototipo scuro.
La carenza di vitamina D è associate ad un aumento della fragilità ossea nei bambini e negli adulti, e ad un incremento del rischio di patologie croniche.
Le fonti principali di vitamina D sono la dieta e la sintesi cutanea che avviene grazie all’esposizione al sole.
I fattori principali che influenzano la produzione endogena di vitamina D sono le stagioni, l’ora del giorno, la latitudine e il fototipo.
Ci si aspetterebbe quindi di riscontrate carenza di vitamina D nelle popolazioni che vivono in luoghi freddi, a latitudini elevate. Tuttavia pare che situazioni di ipovitaminosi si siano riscontrate anche in regioni tropicali come il Brasile. In queste zone il fototipo della popolazione prevede pelle più scura che forma una barriera naturale contro i raggi UV.
Carenze di vitamina D espongono anche al rischio di vaginosi batterica che, se contratta in gravidanza, può aumentare il rischio di complicanze e di parti prematuri.
I dati a sostegno di questa affermazione provengono da uno studio pubblicato sul Journal of Nutrition, che ha evidenziato che il 41% delle donne in esame presentava una vaginosi batterica e, di queste, il 93% aveva livelli insufficienti di vitamina D.
L’azione protettiva della vitamina D è riconducibile alla sua attività antimicrobica nel sistema immunitario, che avrebbe effetti positivi anche contro le infezioni placentari.
Secondo alcuni ricercatori di Boston, la carenza di vitamina D aumenterebbe di quattro volte il rischio di ricorrere a un parto cesareo per aumento della pressione arteriosa o riduzione della forza muscolare.
Per quanto riguarda i bambini, uno studio coreano mostra un collegamento tra carenza infantile di vitamina D e aumento del rischio di allergie alimentari ed eczema.
Nello studio, è stata misurata la concentrazione ematica di vitamina D in 226 bambini con dermatite atopica o allergie alimentari. I bambini allergici a più di un alimento avevano livelli significativamente bassi di vitamina D rispetto ai bambini con singola allergia.
I bambini affetti da eczema grave invece mostravano livelli minori di vitamina D rispetto a quelli con dermatite lieve.
La vitamina D interessa queste due patologie per il suo ruolo nella riduzione dell’infiammazione e nella regolazione del sistema immunitario. Infatti l’eczema è una condizione infiammatoria che arrossa la pelle e provoca prurito e desquamazione.
Uno studio pubblicato nel mese di ottobre riporta che il trattamento con vitamina D nei bambini riduce i sintomi correlati alla dermatite atopica invernale.
In questa ricerca, 107 bambini con storia di dermatite che peggiorava durante la stagiona fredda, sono stati trattati con vitamina D per un mese.
E’ stata riscontrata una diminuzione del 29% dei sintomi. Essendo un disordine infiammatorio della cute, la dermatite rende i pazienti maggiormente incline alle infezioni batteriche; l’esposizione a raggi ultravioletti durante l’inverno potrebbe stimolare la produzione di vitamina D e migliorare la sintomatologia.
I danni principali causati da bassi livelli di vitamina D riguardano principalmente il sistema muscolo scheletrico ma in pochi sanno che alla carenza di questo micronutriente è legata anche l’incidenza di asma. Infatti la vitamina D contribuisce alla salute dei polmoni.
I bambini con asma sembrano avere un aumentato rischio di insufficienza di vitamina D; i dati epidemiologici suggeriscono che bassi livelli sierici di questo componente, siano associati a sintomi più gravi. La vitamina D inoltre riduce l’infiammazione polmonare, regolando il sistema dei linfociti e agendo direttamente sui meccanismi antimicrobici.
La vitamina D3 stimola la produzione di catelicidine, una famiglia di che svolge un ruolo chiave nella difesa immunitaria, poiché sopprime infezioni ed agenti patogeni. Si pensa infatti che l’aumento dell’incidenza di malattie durante l’inverno possa essere correlata ad una riduzione dell’esposizione alla luce del sole, con conseguente diminuzione della sintesi di vitamina D3.
E’ stata dimostrata anche un’associazione tra bassi livelli di vitamina D e infezioni alle alte vie respiratorie, polmoniti, otiti, vaginosi, infezioni delle vie urinarie, influenza, epatite B e C e HIV.
Uno studio turco ha dimostrato che i neonati pretermine con alti livelli di vitamina D erano meno a rischio di sviluppare una sindrome da distress respiratorio rispetto a quelli che avevano livelli inferiori.
La sindrome da distress respiratorio rappresenta attualmente la prima causa di morte per i neonati prematuri. Nello studio si è misurata la concentrazione di vitamina D nel sangue cordonale di 81 neonati pretermine e i casi di sindrome da distress respiratorio (RDS). L’incidenza di RDS era più alta nei nati con bassi livelli di vitamina D, dimostrando che livelli elevati di questo micronutriente riducono del 40% il rischio di sviluppare RDS.
Fonti
An adequate vitamin D supply may prevent respiratory distress syndrome in preterm infants
Vitamin D and asthma in children
Vitamin D: a new anti-infective agent?
Effectiveness and safety of vitamin D in relation to bone health
Ethnic aspects of vitamin D deficiency.
NICE 2008: Maternal and child nutrition
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