Cosa sono?
Non sono esami diagnostici, dal risultato certo e incontrovertibile, i test sul sangue materno sono analisi di screening. Dopo il prelievo, il campione di sangue materno si lavora in laboratorio per separare i frammenti liberi di Dna placentare da quello materno. Una precisazione è d’obbligo: il sangue materno contiene anche parte del corredo genetico della placenta del nascituro, molto simile a quello del feto stesso. Isolato il Dna si analizza per verificare la presenza di alterazioni cromosomiche. In particolare, l’attenzione è rivolta alle alterazioni: del cromosoma 21, correlate alla sindrome di Down, del cromosoma 18 (sindrome di Edwards), del cromosoma 13 (sindrome di Patau).
Il test del sangue materno si dovrebbe effettuare dopo la decima settimana e, preferibilmente, nel corso dell’undicesima, per garantire l’affidabilità dei risultati (assicurarsi una quantità sufficiente di Dna placentare nel sangue materno, tale da essere isolato e analizzato). Meglio, però, non rimandare troppo, per garantirsi la possibilità della diagnosi precoce.
Da non confondere con il BiTest o esame combinato, che è un’altra indagine di screening, composta, come suggerisce il nome stesso, da due esami, da effettuare tra la 10a e la 14a settimana di gravidanza, cioè la translucenza nucale e un prelievo di sangue materno, per misurare i livelli di due particolari proteine (il free-β- hCG e la PAPP-A).
A cosa servono?
È un alleato innovativo, e decisamente non invasivo rispetto all’amniocentesi e alla villocentesi, dello screening prenatale. Un test per prevedere con ragionevole affidabilità lo stato di salute del piccolo e individuare, prima della nascita, la presenza di alcune gravi malformazioni o alterazioni cromosomiche. Il grado di attendibilità è elevato: 98-99% per la sindrome di Down, mentre per le altre malattie le percentuali scendono un po’.
Meno invasivo rispetto ad amniocentesi e villocentesi, ma anche meno completo: è opportuno ricordare che i due esami tradizionali garantiscono l’analisi di migliaia di variazioni genetiche con un grado di attendibilità vicino al 100%. I test si screening, come questo, invece, per definizione, non garantiscono diagnosi e certezze assolute; l’eventualità dei falsi negativi e positivi non è né da escludere né da sottovalutare.
Fonte https://mamma.pourfemme.it/articolo/test-sul-sangue-materno-cosa-sono-e-a-cosa-servono/22855/
Non sono esami diagnostici, dal risultato certo e incontrovertibile, i test sul sangue materno sono analisi di screening. Dopo il prelievo, il campione di sangue materno si lavora in laboratorio per separare i frammenti liberi di Dna placentare da quello materno. Una precisazione è d’obbligo: il sangue materno contiene anche parte del corredo genetico della placenta del nascituro, molto simile a quello del feto stesso. Isolato il Dna si analizza per verificare la presenza di alterazioni cromosomiche. In particolare, l’attenzione è rivolta alle alterazioni: del cromosoma 21, correlate alla sindrome di Down, del cromosoma 18 (sindrome di Edwards), del cromosoma 13 (sindrome di Patau).
Il test del sangue materno si dovrebbe effettuare dopo la decima settimana e, preferibilmente, nel corso dell’undicesima, per garantire l’affidabilità dei risultati (assicurarsi una quantità sufficiente di Dna placentare nel sangue materno, tale da essere isolato e analizzato). Meglio, però, non rimandare troppo, per garantirsi la possibilità della diagnosi precoce.
Da non confondere con il BiTest o esame combinato, che è un’altra indagine di screening, composta, come suggerisce il nome stesso, da due esami, da effettuare tra la 10a e la 14a settimana di gravidanza, cioè la translucenza nucale e un prelievo di sangue materno, per misurare i livelli di due particolari proteine (il free-β- hCG e la PAPP-A).
A cosa servono?
È un alleato innovativo, e decisamente non invasivo rispetto all’amniocentesi e alla villocentesi, dello screening prenatale. Un test per prevedere con ragionevole affidabilità lo stato di salute del piccolo e individuare, prima della nascita, la presenza di alcune gravi malformazioni o alterazioni cromosomiche. Il grado di attendibilità è elevato: 98-99% per la sindrome di Down, mentre per le altre malattie le percentuali scendono un po’.
Meno invasivo rispetto ad amniocentesi e villocentesi, ma anche meno completo: è opportuno ricordare che i due esami tradizionali garantiscono l’analisi di migliaia di variazioni genetiche con un grado di attendibilità vicino al 100%. I test si screening, come questo, invece, per definizione, non garantiscono diagnosi e certezze assolute; l’eventualità dei falsi negativi e positivi non è né da escludere né da sottovalutare.
Fonte https://mamma.pourfemme.it/articolo/test-sul-sangue-materno-cosa-sono-e-a-cosa-servono/22855/
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