La fertilità femminile? Diminuisce in modo graduale ma significativo con l'età, a partire all'incirca dai 32 anni e in particolare dopo i 37. Questa, in sintesi, la conclusione di un documento congiunto pubblicato nel 2014 dal Collegio americano di ostetrici e ginecologi e dalla Società americana di medicina della riproduzione. La validità del documento, che sostituisce la precedente versione del 2008, è stata ribadita anche nel 2016. Vediamo che cosa dice in dettaglio.
Cosa succede agli ovociti con l'avanzare dell'età
Con il passare degli anni, il numero di ovociti contenuti nelle ovaie declina per via di un processo naturale chiamato atresia. Basti pensare che un feto femminile, quando è ancora nella pancia della mamma, possiede dai 6 ai 7 milioni di ovociti, che già alla nascita sono diventati solo 1-2 milioni, per poi scendere intorno ai 300-500mila alla pubertà, a 25mila a 37 anni e a circa 1000 a 51 anni, che è l'età media di inizio della menopausa almeno negli Stati Uniti.
Come abbiamo visto, secondo quanto riportato dal documento la fecondità femminile diminuisce in modo graduale ma significativo a partire da 32 anni circa, e più rapidamente dopo i 37 anni: un andamento che riflette sia la diminuzione della qualità degli ovociti, sia alcune variazioni ormonali, tra le quali l'aumento dei livelli circolanti di ormone FSH e la diminuzione di quelli di ormone antimulleriano. Non solo: con l'avanzare dell'età aumentano anche altri disturbi e condizioni che possono avere un effetto negativo sulla fertilità femminile, tra le quali il rischio di miomi uterini o di endometriosi.
Età che avanza e meno rapporti sessuali: ricetta perfetta per ridurre la fertilità
Caratteristiche degli ovociti e aspetti ormonali non sono l'unica cosa a variare con l'età. In genere, infatti, con il passare degli anni si assiste anche a un declino dell'attività sessuale, per cui può essere difficile separare il peso dei due contributi - invecchiamento degli ovociti e riduzione dei rapporti sessuali - all'infertilità. Eppure, uno studio ormai storico, pubblicato nel 1982 sul New England Journal of Medicine, ha aiutato a fare luce proprio su questo punto.
Lo studio aveva preso in considerazione donne che non avevano problemi di concepimento ma che, per sterilità del marito affetto da azoospermia, avevano dovuto sottoporsi a inseminazione con sperma di donatore: una delle condizioni più favorevoli per avere un bambino con l'aiuto della medicina, perché si tratta di unire artificialmente ovuli e sperma di due persone sostanzialmente sane. Ebbene, queste donne avevano ottenuto una gravidanza nel 74% dei casi se avevano meno di 32 anni, nel 62% se avevano tra 32 e 35 anni e nel 54% se avevano più di 35 anni.
Un andamento simile è stato osservato nei dati derivati dai programmi di trasferimento embrionale dopo fecondazione in vitro negli Stati Uniti. La percentuale di cicli terminati con una nascita è stata del: 41,5% in donne cone meno di 35 anni; 31,9% in donne tra 35 e 37 anni; 22,1% in donne tra 38 e 40 anni; 12,4% tra 41 e 42 anni; 5% tra 43 e 44 anni e 1% oltre i 44 anni. Allo stesso tempo, però, si è visto che nelle donne che avevano utilizzato ovociti donati da donatrici più giovani, ben il 51% dei trasferimenti aveva dato origine a una gravidanza giunta a termine e con un neonato vivo, indipendentemente dall'età della ricevente.
Anche i dati del registro italiano sulla procreazione medicalmente assistita confermano l'andamento. Quelli raccolti nel 2015 (gli ultimi disponibili) dicono che per l'inseminazione la percentuale di gravidanze è del 13,4% in donne con meno di 34 anni , e scende allo 3,4% per donne con 43 anni o più. Idem per quanto riguarda il successo di trattamenti come Fivet o Icsi: su cento cicli si sono ottenute 26 gravidanze in donne con meno di 34 anni, e solo 7 in donne con più di 43.
L'importanza del fattore tempo
Il fattore tempo è quindi importantissimo: per questa ragione il documento americano conclude affermando che anche se la diagnosi di infertilità vera e propria si ha solo dopo un anno di tentativi infruttuosi, se la donna ha più di 35 anni è bene che inizi un percorso diagnostico già dopo sei mesi. E subito se ha più di 40 anni: anche pochi mesi possono essere troppi se l'età è "avanzata"e ci sono ragioni di sospettare un'infertilità.
L'età conta anche per l'uomo
Se un tempo si pensava che l'età fosse un fattore critico solo per la donna, oggi sappiamo che non è esattamente così: anche per l'uomo si verifica un calo di fertilità dovuto all'età: sembra che una prima riduzione della qualità dello sperma inizi già dopo i 35 anni, per diventare significativa dopo i 40 anni. Non solo: sempre più dati confermano che in genere un partner meno giovane favorisce gli aborti spontanei, e ciò indipendentemente dall’età della donna.
Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/infertilita/infertilita-quanto-conta-l-eta
Cosa succede agli ovociti con l'avanzare dell'età
Con il passare degli anni, il numero di ovociti contenuti nelle ovaie declina per via di un processo naturale chiamato atresia. Basti pensare che un feto femminile, quando è ancora nella pancia della mamma, possiede dai 6 ai 7 milioni di ovociti, che già alla nascita sono diventati solo 1-2 milioni, per poi scendere intorno ai 300-500mila alla pubertà, a 25mila a 37 anni e a circa 1000 a 51 anni, che è l'età media di inizio della menopausa almeno negli Stati Uniti.
Come abbiamo visto, secondo quanto riportato dal documento la fecondità femminile diminuisce in modo graduale ma significativo a partire da 32 anni circa, e più rapidamente dopo i 37 anni: un andamento che riflette sia la diminuzione della qualità degli ovociti, sia alcune variazioni ormonali, tra le quali l'aumento dei livelli circolanti di ormone FSH e la diminuzione di quelli di ormone antimulleriano. Non solo: con l'avanzare dell'età aumentano anche altri disturbi e condizioni che possono avere un effetto negativo sulla fertilità femminile, tra le quali il rischio di miomi uterini o di endometriosi.
Età che avanza e meno rapporti sessuali: ricetta perfetta per ridurre la fertilità
Caratteristiche degli ovociti e aspetti ormonali non sono l'unica cosa a variare con l'età. In genere, infatti, con il passare degli anni si assiste anche a un declino dell'attività sessuale, per cui può essere difficile separare il peso dei due contributi - invecchiamento degli ovociti e riduzione dei rapporti sessuali - all'infertilità. Eppure, uno studio ormai storico, pubblicato nel 1982 sul New England Journal of Medicine, ha aiutato a fare luce proprio su questo punto.
Lo studio aveva preso in considerazione donne che non avevano problemi di concepimento ma che, per sterilità del marito affetto da azoospermia, avevano dovuto sottoporsi a inseminazione con sperma di donatore: una delle condizioni più favorevoli per avere un bambino con l'aiuto della medicina, perché si tratta di unire artificialmente ovuli e sperma di due persone sostanzialmente sane. Ebbene, queste donne avevano ottenuto una gravidanza nel 74% dei casi se avevano meno di 32 anni, nel 62% se avevano tra 32 e 35 anni e nel 54% se avevano più di 35 anni.
Un andamento simile è stato osservato nei dati derivati dai programmi di trasferimento embrionale dopo fecondazione in vitro negli Stati Uniti. La percentuale di cicli terminati con una nascita è stata del: 41,5% in donne cone meno di 35 anni; 31,9% in donne tra 35 e 37 anni; 22,1% in donne tra 38 e 40 anni; 12,4% tra 41 e 42 anni; 5% tra 43 e 44 anni e 1% oltre i 44 anni. Allo stesso tempo, però, si è visto che nelle donne che avevano utilizzato ovociti donati da donatrici più giovani, ben il 51% dei trasferimenti aveva dato origine a una gravidanza giunta a termine e con un neonato vivo, indipendentemente dall'età della ricevente.
Anche i dati del registro italiano sulla procreazione medicalmente assistita confermano l'andamento. Quelli raccolti nel 2015 (gli ultimi disponibili) dicono che per l'inseminazione la percentuale di gravidanze è del 13,4% in donne con meno di 34 anni , e scende allo 3,4% per donne con 43 anni o più. Idem per quanto riguarda il successo di trattamenti come Fivet o Icsi: su cento cicli si sono ottenute 26 gravidanze in donne con meno di 34 anni, e solo 7 in donne con più di 43.
L'importanza del fattore tempo
Il fattore tempo è quindi importantissimo: per questa ragione il documento americano conclude affermando che anche se la diagnosi di infertilità vera e propria si ha solo dopo un anno di tentativi infruttuosi, se la donna ha più di 35 anni è bene che inizi un percorso diagnostico già dopo sei mesi. E subito se ha più di 40 anni: anche pochi mesi possono essere troppi se l'età è "avanzata"e ci sono ragioni di sospettare un'infertilità.
L'età conta anche per l'uomo
Se un tempo si pensava che l'età fosse un fattore critico solo per la donna, oggi sappiamo che non è esattamente così: anche per l'uomo si verifica un calo di fertilità dovuto all'età: sembra che una prima riduzione della qualità dello sperma inizi già dopo i 35 anni, per diventare significativa dopo i 40 anni. Non solo: sempre più dati confermano che in genere un partner meno giovane favorisce gli aborti spontanei, e ciò indipendentemente dall’età della donna.
Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/infertilita/infertilita-quanto-conta-l-eta
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