martedì 22 gennaio 2019

Natalità in Italia: quanto e perché sta calando

         Nelle ultime settimane, dopo la pubblicazione degli ultimi dati Istat in materia di riduzione delle nascite, tanti media nazionali hanno affrontato il tema in maniera più o meno approfondita. In effetti la flessione della natalità che emerge dai dati è impressionante, e giunge alla fine di un decennio in cui il saldo è stato costantemente negativo, anche se con intensità variabile. Tuttavia, fra i media tradizionali pochi hanno cercato di approfondire la questione, e quasi tutti si sono limitati a riportare i dati così come ce li ha forniti l’Istat.

         Ci siamo presi un po’ di tempo per cercare di trovare una risposta più completa sulle cause che hanno portato il numero di nuovi nati in Italia a 458 mila, record negativo dal 1861. Proviamo a portare due punti di vista diversi: oggi parleremo dei dati sulla natalità e dell’impatto avuto dai mutamenti culturali, mentre in un prossimo articolo ci concentreremo sulla crisi economica e i suoi effetti demografici.

Cosa è successo: un po’ di dati
         Rispetto al 2008, in effetti, l’anno scorso sono nati circa 120 mila bambini in meno. Non si è trattato, quindi, di una diminuzione lenta e graduale, bensì di un crollo netto del 21%. A un primo, superficiale, sguardo, si potrebbe pensare che si tratti di un declino in atto ad un ritmo costante sin dall’apice del baby boom italiano nel 1965, anno in cui in Italia nacquero ben 1 milione di bambini. Non è così: all’epoca infatti iniziò un primo calo che fu piuttosto drastico, ma che si arrestò dopo circa 20 anni.

         Dal 1987 in poi, infatti, la natalità si è stabilizzata intorno alle 550 mila nascite annue, ed è rimasta lì per più di due decenni. Con oscillazioni più o meno rilevanti come il picco del 1990 (quando una lieve ripresa aveva portato il numero di nascite nuovamente a 576 mila) e il “crollo” del 1995 (quando si toccò un minimo di 525 mila). Insomma, per 20 anni l’Italia ha avuto una natalità quasi costante.

         Il trend più recente parte circa con l’inizio della crisi economica del 2008, anno in cui in Italia nascono circa 580 mila bambini (record positivo dal 1985). Ma da allora la cifra diminuisce rapidamente fino ai 458 mila del 2017.

Infogram
         Questo crollo, però, si riferisce esclusivamente al dato delle nascite. Se osserviamo invece l’andamento della fertilità (ossia il numero di figli per donna) notiamo sì un calo, ma meno accentuato e in lieve “ritardo”. Il motivo di questa discrepanza è principalmente uno: il tasso di fertilità viene calcolato solo sulle donne considerate in età fertile, e quindi appartenenti a una precisa coorte anagrafica. Il calo della natalità in questo caso si traduce più lentamente in una diminuzione del tasso di fertilità, perché c’è bisogno di aspettare almeno un parziale ricambio nella coorte d’età considerata.

         La diminuzione è avvenuta in modo diverso nelle varie zone del Paese. In particolare, il calo più forte si è verificato nelle regioni con un tasso di fertilità maggiore (Lazio, Umbria, Marche, Lombardia) mentre è stato più debole laddove prima si facevano meno figli (Molise, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia). In questo modo c’è stato un parziale riequilibriodell’eterogeneità precedente, con la riduzione della distanza fra le prime e le ultime della classifica. L’unica eccezione è rappresentata dal Trentino-Alto Adige, prima regione in Italia per numero di figli per donna, in cui si riscontra lo stesso livello di fertilità del 2008.

         Infine, vale la pena dare un’occhiata al numero di nati per ordine di nascita. Infatti, se durante il crollo delle nascite post-baby boom la flessione ha riguardato soprattutto i figli dal terzo in poi, il nuovo calo demografico iniziato nel 2008 ha investito in parti quasi uguali i primogeniti (-25%) e i secondi figli (-20%).

         Cosa significa questo? Che se il calo dal 1965 al 1985 era principalmente dovuto a un’evoluzione sociale e culturale, quello attuale ha molto più a che fare con motivazioni economiche. Vediamo perché.

Le cause: i mutamenti culturali
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         Ad avere un impatto sulla natalità, infatti, sono fattori sia culturali, sia economici. Un esempio evidente dei primi è l’evoluzione del ruolo della donna nella società fra gli anni ’60 e ’70, che ha portato a un aumento dell’occupazione femminile e della presenza di donne in possesso di un titolo di istruzione superiore. Per questo ci aspetteremmo che le donne più investite dal cambiamento culturale, cioè quelle che hanno mostrato per prime un’inversione di tendenza, siano state le adolescenti e le giovani donne della fine degli anni ’60. Osservando il grafico dell’età media alla quale ha avuto figli ciascuna annata di donne, però, abbiamo una (parziale) sorpresa: le donne di cui parlavamo, quelle nate fra il 1945 e il 1955, hanno l’età media di maternità più bassa in assoluto.

Fonte https://www.agoravox.it/Natalita-in-Italia-quanto-e-perche.html

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