A che cosa servono
Villocentesi e amniocentesi sono due tecniche diagnostiche che permettono di analizzare il numero e la forma dei cromosomi del feto, per sapere in modo certo se il bambino è affetto da una malattia cromosomica: la più comune fra tutte è la cosiddetta trisomia 21, meglio conosciuta come sindrome di Down.
Solo in caso di rischio specifico (e su segnalazione del ginecologo o del genetista) si possono indagare anche alcune malattie genetiche, come la talassemia e la fibrosi cistica. Né la villocentesi né l’amniocentesi possono però diagnosticare tutti i possibili difetti congeniti, come ad esempio le anomalie anatomiche, che vengono rilevate soltanto con l’ecografia morfologica, eseguita intorno alla 20ª settimana. Entrambi gli esami non comportano rischi di lesioni all’organismo materno o di malformazioni al feto.
Villocentesi
Che cos’è
La villocentesi consiste nel prelevare dalla placenta una certa quantità di villi coriali, piccolissime propaggini che derivano dall’ovulo fecondato e hanno quindi lo stesso patrimonio genetico dell’embrione.
L’esame viene effettuato grazie a un ago sottilissimo, che viene introdotto attraverso l’addome della mamma sotto continuo controllo ecografico, per verificare che venga seguita la giusta traiettoria. Una volta raggiunta la placenta, l’operatore aspira per circa 10 secondi alcuni frammenti di villi, muovendo l’ago avanti e indietro, poiché si tratta di materiale semisolido. L’indagine non procura dolore, piuttosto un leggero fastidio nel momento in cui l’ago entra nella pancia. Dopo il prelievo, il campione viene diviso in due parti: un preparato ‘diretto’, che viene analizzato subito, e un preparato “colturale”: le cellule dei villi vengono cioè messe in coltura in modo
da farle moltiplicare fino a ottenere il numero sufficiente per effettuare l’indagine e avere così
un risultato ancora più preciso e sicuro.
La villocentesi viene eseguita generalmente tra la 10ª e la 13ª settimana.
La precocità della diagnosi: un primo risultato dell’esame diretto si può avere già dopo circa 7 giorni, mentre l’esito colturale dopo due-tre settimane e quindi ancora nel periodo iniziale della gestazione.
In caso di esito positivo, si ha più tempo per decidere se rinunciare o no alla gravidanza: a quest’epoca, un’eventuale interruzione viene effettuata in pochi minuti con un raschiamento eseguito in anestesia generale. Anche a livello psicologico, dunque, il trauma è inferiore. Non ci sono preparativi particolari da fare o farmaci da assumere prima dell’esecuzione della villocentesi; nelle 24-48 ore successive al prelievo, viene in genere consigliato di non fare sforzi fisici e di astenersi dai rapporti sessuali.
Il risultato è in genere affidabile al 100%, ma c’è una possibilità di esito dubbio: in rari casi l’embrione e la placenta si sviluppano secondo linee genetiche diverse, dando luogo al “mosaicismo confinato placentare”: in pratica, nelle cellule dei villi sono presenti alterazioni cromosomiche che, invece, il feto non ha. Questo perché le cellule che formano la placenta crescono molto rapidamente, poiché devono creare le radici per ancorarsi alla parete dell’utero, e questo può far sì che si sviluppino cromosomi anomali. In tal caso, viene consigliata alla donna un’amniocentesi per avere conferma o smentita di questo dato.
Amniocentesi
Anche l’amniocentesi consiste in un prelievo effettuato sotto controllo ecografico tramite un ago inserito nell’addome, ma a essere prelevato, in questo caso, è il liquido amniotico nel quale è immerso il piccolo, che contiene cellule fetali (gli amniociti). L’aspirazione dura ugualmente pochi secondi ed è effettuata con ago fermo. Viene eseguita tra la 16ª e la 18ª settimana (non prima, perché la quantità di liquido non è molta) dopodiché le cellule vengono messe in coltura e l’esito viene dato dopo 15 giorni circa. Per avere una prima risposta, è possibile ricorrere a tecniche di lettura rapida, come la FISH o la QF-PCR: in questo caso, non viene fatta una coltura delle cellule e il risultato viene fornito già dopo 24-48 ore dal prelievo, ma solo riguardo ai problemi più frequenti, cioè sulla trisomia 21, 18, 13, X, Y, che rappresentano il 96% di tutte le anomalie cromosomiche.
In genere, si preferisce riservare queste metodiche di lettura rapida ai casi in cui l’amniocentesi viene effettuata in epoca tardiva (ad esempio intorno alla 20ª settimana, se l’ecografia morfologica segnala anomalie), mentre se viene eseguita nel periodo giusto, si preferisce aspettare l’esito della coltura, soprattutto in considerazione dei costi.
Può essere eseguita in quasi tutti i centri ospedalieri, poiché non è richiesto l’alto grado di specializzazione necessario per la villocentesi (anche se è sempre consigliabile rivolgersi a operatori che abbiano una notevole esperienza). Ha un’attendibilità pari al 100%. Dopo l’esame, si possono riprendere le normali attività quotidiane, purché non siano troppo faticose. In genere, si sconsigliano i rapporti sessuali per alcuni giorni.
Fornisce una risposta più tardiva rispetto alla villocentesi, perché è necessario aspettare l’esito colturale, che si ha dopo circa 15 giorni.
In caso di risultato positivo, se la mamma dovesse decidere di interrompere la gravidanza è necessario indurre un travaglio abortivo: il feto, quindi, viene espulso con un parto vero e proprio, con un trauma fisico e psicologico notevole.
Il rischio di aborto spontaneo
Sia la villocentesi sia l’amniocentesi comportano, però, un certo rischio che la gravidanza si interrompa spontaneamente dopo la loro esecuzione.
Solitamente si ritiene che la villocentesi sia più pericolosa, ma questo non è vero se si considerano alcuni fattori. Nel periodo in cui si effettua l’esame, c’è già un’abortività spontanea maggiore, pari al 2-3%.
Inoltre, la villocentesi deve essere eseguita in un centro di alto livello e da operatori esperti, che abbiano una notevole esperienza e che eseguano un elevato numero di prelievi all’anno (almeno 100).
L’amniocentesi, invece, prevede una tecnica di prelievo più semplice, praticamente alla portata di ogni struttura e di ogni operatore dotato di una certa esperienza.
In sostanza, per entrambi gli esami il rischio è pari allo 0,5%.
Fonte http://www.dolceattesa.com/gravidanza/amniocentesi-e-villocentesi-quale-scegliere-pro-e-contro_genetica_prevenzione_salute-ed-esami/
Villocentesi e amniocentesi sono due tecniche diagnostiche che permettono di analizzare il numero e la forma dei cromosomi del feto, per sapere in modo certo se il bambino è affetto da una malattia cromosomica: la più comune fra tutte è la cosiddetta trisomia 21, meglio conosciuta come sindrome di Down.
Solo in caso di rischio specifico (e su segnalazione del ginecologo o del genetista) si possono indagare anche alcune malattie genetiche, come la talassemia e la fibrosi cistica. Né la villocentesi né l’amniocentesi possono però diagnosticare tutti i possibili difetti congeniti, come ad esempio le anomalie anatomiche, che vengono rilevate soltanto con l’ecografia morfologica, eseguita intorno alla 20ª settimana. Entrambi gli esami non comportano rischi di lesioni all’organismo materno o di malformazioni al feto.
Villocentesi
Che cos’è
La villocentesi consiste nel prelevare dalla placenta una certa quantità di villi coriali, piccolissime propaggini che derivano dall’ovulo fecondato e hanno quindi lo stesso patrimonio genetico dell’embrione.
L’esame viene effettuato grazie a un ago sottilissimo, che viene introdotto attraverso l’addome della mamma sotto continuo controllo ecografico, per verificare che venga seguita la giusta traiettoria. Una volta raggiunta la placenta, l’operatore aspira per circa 10 secondi alcuni frammenti di villi, muovendo l’ago avanti e indietro, poiché si tratta di materiale semisolido. L’indagine non procura dolore, piuttosto un leggero fastidio nel momento in cui l’ago entra nella pancia. Dopo il prelievo, il campione viene diviso in due parti: un preparato ‘diretto’, che viene analizzato subito, e un preparato “colturale”: le cellule dei villi vengono cioè messe in coltura in modo
da farle moltiplicare fino a ottenere il numero sufficiente per effettuare l’indagine e avere così
un risultato ancora più preciso e sicuro.
La villocentesi viene eseguita generalmente tra la 10ª e la 13ª settimana.
- Vantaggi
La precocità della diagnosi: un primo risultato dell’esame diretto si può avere già dopo circa 7 giorni, mentre l’esito colturale dopo due-tre settimane e quindi ancora nel periodo iniziale della gestazione.
In caso di esito positivo, si ha più tempo per decidere se rinunciare o no alla gravidanza: a quest’epoca, un’eventuale interruzione viene effettuata in pochi minuti con un raschiamento eseguito in anestesia generale. Anche a livello psicologico, dunque, il trauma è inferiore. Non ci sono preparativi particolari da fare o farmaci da assumere prima dell’esecuzione della villocentesi; nelle 24-48 ore successive al prelievo, viene in genere consigliato di non fare sforzi fisici e di astenersi dai rapporti sessuali.
- Svantaggi
Il risultato è in genere affidabile al 100%, ma c’è una possibilità di esito dubbio: in rari casi l’embrione e la placenta si sviluppano secondo linee genetiche diverse, dando luogo al “mosaicismo confinato placentare”: in pratica, nelle cellule dei villi sono presenti alterazioni cromosomiche che, invece, il feto non ha. Questo perché le cellule che formano la placenta crescono molto rapidamente, poiché devono creare le radici per ancorarsi alla parete dell’utero, e questo può far sì che si sviluppino cromosomi anomali. In tal caso, viene consigliata alla donna un’amniocentesi per avere conferma o smentita di questo dato.
Amniocentesi
Anche l’amniocentesi consiste in un prelievo effettuato sotto controllo ecografico tramite un ago inserito nell’addome, ma a essere prelevato, in questo caso, è il liquido amniotico nel quale è immerso il piccolo, che contiene cellule fetali (gli amniociti). L’aspirazione dura ugualmente pochi secondi ed è effettuata con ago fermo. Viene eseguita tra la 16ª e la 18ª settimana (non prima, perché la quantità di liquido non è molta) dopodiché le cellule vengono messe in coltura e l’esito viene dato dopo 15 giorni circa. Per avere una prima risposta, è possibile ricorrere a tecniche di lettura rapida, come la FISH o la QF-PCR: in questo caso, non viene fatta una coltura delle cellule e il risultato viene fornito già dopo 24-48 ore dal prelievo, ma solo riguardo ai problemi più frequenti, cioè sulla trisomia 21, 18, 13, X, Y, che rappresentano il 96% di tutte le anomalie cromosomiche.
In genere, si preferisce riservare queste metodiche di lettura rapida ai casi in cui l’amniocentesi viene effettuata in epoca tardiva (ad esempio intorno alla 20ª settimana, se l’ecografia morfologica segnala anomalie), mentre se viene eseguita nel periodo giusto, si preferisce aspettare l’esito della coltura, soprattutto in considerazione dei costi.
- Vantaggi
Può essere eseguita in quasi tutti i centri ospedalieri, poiché non è richiesto l’alto grado di specializzazione necessario per la villocentesi (anche se è sempre consigliabile rivolgersi a operatori che abbiano una notevole esperienza). Ha un’attendibilità pari al 100%. Dopo l’esame, si possono riprendere le normali attività quotidiane, purché non siano troppo faticose. In genere, si sconsigliano i rapporti sessuali per alcuni giorni.
- Svantaggi
Fornisce una risposta più tardiva rispetto alla villocentesi, perché è necessario aspettare l’esito colturale, che si ha dopo circa 15 giorni.
In caso di risultato positivo, se la mamma dovesse decidere di interrompere la gravidanza è necessario indurre un travaglio abortivo: il feto, quindi, viene espulso con un parto vero e proprio, con un trauma fisico e psicologico notevole.
Il rischio di aborto spontaneo
Sia la villocentesi sia l’amniocentesi comportano, però, un certo rischio che la gravidanza si interrompa spontaneamente dopo la loro esecuzione.
Solitamente si ritiene che la villocentesi sia più pericolosa, ma questo non è vero se si considerano alcuni fattori. Nel periodo in cui si effettua l’esame, c’è già un’abortività spontanea maggiore, pari al 2-3%.
Inoltre, la villocentesi deve essere eseguita in un centro di alto livello e da operatori esperti, che abbiano una notevole esperienza e che eseguano un elevato numero di prelievi all’anno (almeno 100).
L’amniocentesi, invece, prevede una tecnica di prelievo più semplice, praticamente alla portata di ogni struttura e di ogni operatore dotato di una certa esperienza.
In sostanza, per entrambi gli esami il rischio è pari allo 0,5%.
Fonte http://www.dolceattesa.com/gravidanza/amniocentesi-e-villocentesi-quale-scegliere-pro-e-contro_genetica_prevenzione_salute-ed-esami/
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