La genetica dà una marcia in più alla fecondazione assistita. «Il successo di una terapia dipende non solamente da una corretta diagnosi delle cause che portano all’infertilità, ma anche dalla qualità dell’embrione, ovvero dal fatto che sia geneticamente sano. È quindi importante che, a fronte di insuccessi o nei casi con età “fertilmente” avanzata sia presa in considerazione la possibilità di fare ricorso alle analisi genetiche», spiega Marina Bellavia, ginecologa e specialista in Medicina della riproduzione .
Innanzitutto in fase diagnostica. «Le cause che portano a problemi di infertilità sono molte e diverse. Spesso però si sottovalutano situazioni all’apparenza banali come le intolleranze alimentari. Queste infatti possono portare ad infiammazioni che rendono sicuramente più problematica la buona riuscita di una terapia». Si stima che nei paesi occidentali oltre il 50% della popolazione abbia una qualche intolleranza alimentare, ma che meno del 20% ne sia consapevole questo perché non tutte le persone con intolleranze alimentari presentano i più comuni dolori addominali e sintomi intestinali. «La genetica viene in soccorso», prosegue Bellavia..
Con le analisi genetiche è possibile anche studiare la proteina HLA-G «fondamentale per l’embrione per impiantarsi e svilupparsi nell’utero», sottolinea la specialista «È un’analisi di compatibilità genetica tra i partner per individuare l’embrione che ha possibilità più elevate di dare origine ad una gravidanza».
Con lo screening genetico pre-impianto (PGS) invece si analizza il corredo genetico dell’embrione ancor prima della gravidanza. «L’obiettivo primario è riuscire a individuare l’embrione che non presenti alterazioni a livello cromosomico; studi e ricerche confermano che nel 95% dei casi il successo della terapia, quindi la possibilità che l’embrione attecchisca e si sviluppi nell’utero materno, dipende proprio dalla qualità dell’embrione stesso, da quanto è geneticamente sano», aggiunge Bellavia. Le indicazioni per il ricorso alla PGS riguardano l’età materna: dopo i 37-38, gli ovuli presentano un maggior numero di alterazioni genetiche che portano l’utero a “rifiutare” l’embrione. «Lo screening genetico pre-impianto è indicato anche nelle donne fertilmente giovani: terapie ripetute senza successo sono indice di un possibile problema legato alla presenza di aneuploidie cromosomiche», conclude Bellavia.
Fonte https://www.barilive.it/news/contenuti-suggeriti/754572/fertilita-quando-la-genetica-da-una-marcia-in-piu-alla-pma
Innanzitutto in fase diagnostica. «Le cause che portano a problemi di infertilità sono molte e diverse. Spesso però si sottovalutano situazioni all’apparenza banali come le intolleranze alimentari. Queste infatti possono portare ad infiammazioni che rendono sicuramente più problematica la buona riuscita di una terapia». Si stima che nei paesi occidentali oltre il 50% della popolazione abbia una qualche intolleranza alimentare, ma che meno del 20% ne sia consapevole questo perché non tutte le persone con intolleranze alimentari presentano i più comuni dolori addominali e sintomi intestinali. «La genetica viene in soccorso», prosegue Bellavia..
Con le analisi genetiche è possibile anche studiare la proteina HLA-G «fondamentale per l’embrione per impiantarsi e svilupparsi nell’utero», sottolinea la specialista «È un’analisi di compatibilità genetica tra i partner per individuare l’embrione che ha possibilità più elevate di dare origine ad una gravidanza».
Con lo screening genetico pre-impianto (PGS) invece si analizza il corredo genetico dell’embrione ancor prima della gravidanza. «L’obiettivo primario è riuscire a individuare l’embrione che non presenti alterazioni a livello cromosomico; studi e ricerche confermano che nel 95% dei casi il successo della terapia, quindi la possibilità che l’embrione attecchisca e si sviluppi nell’utero materno, dipende proprio dalla qualità dell’embrione stesso, da quanto è geneticamente sano», aggiunge Bellavia. Le indicazioni per il ricorso alla PGS riguardano l’età materna: dopo i 37-38, gli ovuli presentano un maggior numero di alterazioni genetiche che portano l’utero a “rifiutare” l’embrione. «Lo screening genetico pre-impianto è indicato anche nelle donne fertilmente giovani: terapie ripetute senza successo sono indice di un possibile problema legato alla presenza di aneuploidie cromosomiche», conclude Bellavia.
Fonte https://www.barilive.it/news/contenuti-suggeriti/754572/fertilita-quando-la-genetica-da-una-marcia-in-piu-alla-pma
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