I genitori di Louise, Lesley e John, tentavano di avere un figlio da un decennio. A quel punto decisero di affidarsi a Patrick Steptoe e Robert Edwards: il primo un ginecologo che aveva messo a punto una tecnica chirurgica contro l’occlusione delle tube, il secondo un biologo esperto di manipolazione dei gameti. Entrambi sarebbero diventati i pionieri della procreazione medicalmente assistita, fondamentale per superare l’infertilità o la sterilità.
Grazie alle loro ricerche, oggi, sono più di otto milioni i bambini venuti alla luce in tutto il mondo. In Europa - dove si è passati dai 100 mila cicli del 1995 ai 700 mila del 2014 - è la Spagna la nazione più attiva. Ma anche in Italia l’offerta è ormai diffusa e variegata, anche se l’accesso alle cure per uomini e donne non è sempre gratuito.
Tante varianti. Le opportunità sono diverse: di primo livello (con l’inseminazione semplice) e di secondo e di terzo (con la fecondazione in vitro e con l’Icsi). Gli ultimi dati nazionali disponibili si riferiscono al 2015: 95mila i cicli effettuati, poco meno di 13 mila i bambini nati vivi. Significa che quasi tre neonati su 100 sono venuti alla luce grazie alla procreazione medicalmente assistita.
La scelta della tecnica più congeniale - il tasso medio di successo è oggi del 36%, quasi raddoppiato dal 2000, anche se le probabilità non sono mai assolute e dipendono dalle condizioni di ogni partner e dalla struttura a cui ci si rivolge - è legata alle cause (che sono numerose) dell’infertilità. L’inseminazione intrauterina, che consiste nell’introduzione il seme nell’utero e nel monitoraggio dell’ovulazione della donna, è consigliata in caso di sterilità senza cause evidenti, di alterazione moderata di alcuni parametri del liquido seminale o di impedimenti per l’atto sessuale. Oggi, però, è più frequente la fecondazione in vitro e soprattutto l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, l’Icsi.
Nel primo caso, dopo aver stimolato l’ovulazione della donna, si prelevano gli ovociti per metterli in coltura con un numero molto alto di spermatozoi: tra 10 e 100 mila unità. La fecondazione e poi lo sviluppo dell’oocita fecondato è un processo delicato che avviene su terreni di coltura, dopodiché l’embrione viene impiantato nell’utero nei tre giorni che seguono la fecondazione.
L’iniezione dello spermatozoo, invece, è consigliabile nei casi di grave infertilità maschile, di un ridotto numero di ovociti o dell’utilizzo di gameti congelati.
Gameti in freezer? Mentre resta vietata quella degli embrioni, in Italia è aumentato il ricorso alla crioconservazione dei gameti. La procedura può avvenire in due modi: congelamento lento oppure vitrificazione, con quest’ultima soluzione che garantisce tassi di gravidanza più alti.
La crioconservazione dei gameti è utile per chi deve affrontare terapie mediche che compromettono la fertilità, come alcune cure anticancro. Ma negli ultimi anni è in aumento il numero di donne che sceglie questa via come «social freezing»: è considerata un’arma anti-infertilità da chi vuole rimandare il momento di diventare mamma. Una scelta che, secondo Eleonora Porcu, responsabile del centro infertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, non è però da incentivare. «L’esito non è scontato. E, oltre all’età dell’ovocita, che risulta fermata, esistono anche altri fattori che possono compromettere una gravidanza. Occorre quindi ripensare il concetto di fertilità: la prima gravidanza dovrebbe essere portata a termine entro i 35 anni della donna».
I limiti dell’eterologa. In Italia, dal 2014, è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa. I dati, però, sono fermi al primo anno: 601 i bambini, potenzialmente oltre mille fino a oggi. Ma ci sono due ostacoli: la penuria di donatori (soprattutto di ovociti) e la disomogeneità nell’accesso ai servizi sanitari. Non in tutte le Regioni, infatti, le cure sono gratuite, sebbene il percorso terapeutico sia previsto nei «Livelli essenziali di assistenza» per le donne sotto i 43 anni. Fino a quest’età, e per un massimo di tre cicli, il trattamento è a carico del Sistema sanitario nazionale, poi si deve pagare.
Fonte http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2018/07/09/ADDFltX-generazione_provetta.shtml
Grazie alle loro ricerche, oggi, sono più di otto milioni i bambini venuti alla luce in tutto il mondo. In Europa - dove si è passati dai 100 mila cicli del 1995 ai 700 mila del 2014 - è la Spagna la nazione più attiva. Ma anche in Italia l’offerta è ormai diffusa e variegata, anche se l’accesso alle cure per uomini e donne non è sempre gratuito.
Tante varianti. Le opportunità sono diverse: di primo livello (con l’inseminazione semplice) e di secondo e di terzo (con la fecondazione in vitro e con l’Icsi). Gli ultimi dati nazionali disponibili si riferiscono al 2015: 95mila i cicli effettuati, poco meno di 13 mila i bambini nati vivi. Significa che quasi tre neonati su 100 sono venuti alla luce grazie alla procreazione medicalmente assistita.
La scelta della tecnica più congeniale - il tasso medio di successo è oggi del 36%, quasi raddoppiato dal 2000, anche se le probabilità non sono mai assolute e dipendono dalle condizioni di ogni partner e dalla struttura a cui ci si rivolge - è legata alle cause (che sono numerose) dell’infertilità. L’inseminazione intrauterina, che consiste nell’introduzione il seme nell’utero e nel monitoraggio dell’ovulazione della donna, è consigliata in caso di sterilità senza cause evidenti, di alterazione moderata di alcuni parametri del liquido seminale o di impedimenti per l’atto sessuale. Oggi, però, è più frequente la fecondazione in vitro e soprattutto l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, l’Icsi.
Nel primo caso, dopo aver stimolato l’ovulazione della donna, si prelevano gli ovociti per metterli in coltura con un numero molto alto di spermatozoi: tra 10 e 100 mila unità. La fecondazione e poi lo sviluppo dell’oocita fecondato è un processo delicato che avviene su terreni di coltura, dopodiché l’embrione viene impiantato nell’utero nei tre giorni che seguono la fecondazione.
L’iniezione dello spermatozoo, invece, è consigliabile nei casi di grave infertilità maschile, di un ridotto numero di ovociti o dell’utilizzo di gameti congelati.
Gameti in freezer? Mentre resta vietata quella degli embrioni, in Italia è aumentato il ricorso alla crioconservazione dei gameti. La procedura può avvenire in due modi: congelamento lento oppure vitrificazione, con quest’ultima soluzione che garantisce tassi di gravidanza più alti.
La crioconservazione dei gameti è utile per chi deve affrontare terapie mediche che compromettono la fertilità, come alcune cure anticancro. Ma negli ultimi anni è in aumento il numero di donne che sceglie questa via come «social freezing»: è considerata un’arma anti-infertilità da chi vuole rimandare il momento di diventare mamma. Una scelta che, secondo Eleonora Porcu, responsabile del centro infertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, non è però da incentivare. «L’esito non è scontato. E, oltre all’età dell’ovocita, che risulta fermata, esistono anche altri fattori che possono compromettere una gravidanza. Occorre quindi ripensare il concetto di fertilità: la prima gravidanza dovrebbe essere portata a termine entro i 35 anni della donna».
I limiti dell’eterologa. In Italia, dal 2014, è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa. I dati, però, sono fermi al primo anno: 601 i bambini, potenzialmente oltre mille fino a oggi. Ma ci sono due ostacoli: la penuria di donatori (soprattutto di ovociti) e la disomogeneità nell’accesso ai servizi sanitari. Non in tutte le Regioni, infatti, le cure sono gratuite, sebbene il percorso terapeutico sia previsto nei «Livelli essenziali di assistenza» per le donne sotto i 43 anni. Fino a quest’età, e per un massimo di tre cicli, il trattamento è a carico del Sistema sanitario nazionale, poi si deve pagare.
Fonte http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2018/07/09/ADDFltX-generazione_provetta.shtml
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