Perche si arriva
all'ovodonazione? questa è la storia di una ragazza, a 32 anni possiamo
chiamarla ragazza, che all'età di 17 anni inizia il suo calvario che si
concluderà con l'asportazione di un ovaio e la diagnosi di Endometriosi
che possibilità le restano per avere un figlio?
"Ed eccomi qua a raccontare la
mia breve storia...dico breve perche c'è ben poco da raccontare. Dunque
sono nata il 10 aprile del 1975. All'età di 17 anni inizio ad accusare
dolori fortissimi all'addome...i dolori si fanno sempre più forti fino a
farmi perdere i sensi... mia mamma decide di portarmi al pronto
soccorso mi dicono che ho delle cisti ovariche e decidono di operarmi e
che non ci sarebbero stati problemi se avessi voluto dei figli...ma io
all'epoca non ci pensavo neanche.
Ecco che dopo quell'intervento
inizia il calvario. Mi asportano un ovaio passa qualche mese e non ho
più le mestruazioni, cosi mi danno la pillola...vado avanti cosi per
qualche anno...ma ecco che i dolori si fanno risentire... mi ricoverano
di nuovo e nel giro di 1 anno mi operano 2 volte non erano semplici
cisti ovariche...ma bensi quella maledetta endometriosi....da allora
sono passati gli anni. Sono cresciuta e ho cominciato a sentire il
desiderio di avere un bambino. Ma in maniera naturale non arrivava...
chiedo se posso fare qualcosa ..che so..un intervento...oppure
fecondazione in vitro...ma sono in molti i ginecologi che mi dicono la
stessa cosa..."Non servirebbe a niente sprecheresti tempo e
denaro"...allora mi dicono ovodonazione!!! bene mi informo..faccio
diverse ricerche su internet ed ecco che parto per questa
avventura...sono andata a brno republica ceca....adesso sono qui ad
aspettare di fare il test...saranno lunghi questi giorni di attesa ma
spero con tutto il cuore un esito positivo..... "
...e noi possiamo solo dirle:
in becco alla cicogna :!
Prima donna europea ad avere una bambina con la tecnica di ovodonazione!!!
Sono stata la prima donna europea
ad avere una bambina con la tecnica di ovodonazione: la procedura ha
avuto luogo a Milano nel 1984 e 9 mesi dopo ho partorito una bella
bambina. La donatrice è stata mia sorella minore Anna. L’intervento è
riuscito al primo tentativo. Mi ero sottoposta negli anni precedenti a
svariati tentativi di fecondazione artificiale e FIVET, ma senza
successo. Finalmente un medico mi propose la ovodonazione che allora era
ancora allo stato sperimentale; ne parlai con mio marito e con mia
sorella e tutti furono subito d’accordo. Sono contentissima di questa
mia decisione.
Durante tutti questi anni ho
incontrato tante coppie con problemi di sterilità e mi sono ormai fatta
un’esperienza piuttosto vasta in questo settore, anche attraverso
pubblicazioni, convegni, ecc.
Uniamo le nostre forze tutti quanti
noi con problemi di sterilità;, in modo che la nostra voce venga
ascoltata anche dalle persone fertili, che non avendo problemi, spesso
non capiscono e non si immedesimano nella nostra situazione. Facciamo
loro capire che i nostri problemi di oggi potrebbero essere quelli dei
loro figli domani.
La recente legge italiana del 2004
sulla riproduzione assistita, così severa e restrittiva, costringe molti
italiani a recarsi all’estero, dove trovano leggi più aperte e
liberali.
I difensori di questa recente legge
dicono che hanno a cuore il "supremo interesse dell’embrione", ma
evidentemente dimenticano che sempre in Italia, un’altra legge del 1978
permette l’aborto fino al 3° mese, in pratica su semplice richiesta
della donna, ed anche oltre in caso di anomalie fetali. Comprendiamo
come la richiesta di abortire sia spesso frutto di una decisione molto
sofferta e travagliata, ma chiediamo altrettanta comprensione nei nostri
riguardi.
Una malatia rara!!!!!!
Ho una patologia rara: la sindrome
da disgenesia gonadica pura, la cui causa è sconosciuta. Sono nata, a
quanto sembra, già in menopausa cioè con le ovaie atrofizzate.
Pochi sanno che una situazione del
genere comporta, oltre alla sterilità assoluta, una serie di altri
problemi della crescita. Senza la gettata ormonale che si verifica alla
pubertà, innescata dall'inizio della funzionalità ovarica, le ossa e i
muscoli si accrescono fragili e tutto il fisico è scompensato dalla
mancanza di ingredienti fondamentali come gli estrogeni e il
progesterone, gli ormoni prodotti appunto dalle ovaie. Mentre tutte le
mie coetanee attraversavano la loro adolescenza con i problemi
tipici della crescita puberale, io rimanevo sempre con il mio fisico
acerbo da bambina, anche a 14-15 anni: niente seno, niente forme, niente
ciclo mestruale di cui sentivo parlare dalle amiche, magra come un
chiodo, al punto che venivo scambiata per anoressica, anche dagli stessi
medici, che purtroppo hanno tardato a intuire il vero problema.
Passavano i mesi e gli anni,
aspettavo di vedere maturare il mio corpo, come tutti, ma niente. In
più, a causa della fragilità ossea e muscolare, è sopraggiunta una grave
scoliosi. La mia femminilità era spaventosamente compromessa.
Quanto avrei voluto i problemi tipici degli adolescenti! Quanto mi
sentivo (ed ero) diversa!
Finalmente, a 16 anni, un medico
lungimirante, che mi prescrisse analisi più mirate, capì che avevo
bisogno della terapia ormonale sostitutiva come una persona con la
menopausa precoce. Ben presto seppi anche di essere irrimediabilmente
sterile. L'angoscia provata, e solo in piccola parte ora metabolizzata, è
stata ed è indescrivibile. Non è un male mortale, evidentemente, ma si
rischia di morire dentro. Una speranza mi fu data anni fa dalla mia
endocrinologa: mi disse che sarei potuta diventare madre grazie
all'ovodonazione! In questi anni mi sono sempre aggrappata a questa
speranza per ricomporre in qualche modo i mille pezzi in cui era andata a
finire la mia integrità di donna.
Ora che ho un meraviglioso marito,
che mi ama davvero così come sono e ha accettato di condividere con me
questa croce, proprio sul punto di compiere il passo tanto atteso per
diventare mamma, è arrivata la legge 40 che vieta la donazione di gameti
anche nei centri privati (nel pubblico era già inspiegabilmente
vietata), infierendo sulla ferita già aperta e lasciandomi sbigottita
dal dolore.
" madre e nonna di mio figlio "
Partorisce fra un mese la romana di
61 anni che ha ricevuto l' ovulo dalla nuora e il seme dal marito. in
agosto anche Concetta Ditessa, 62 anni, casalinga calabrese, dara' alla
luce un altro maschietto. i casi di ovodonazione ne parla il ginecologo
napoletano Raffaele Magli.
NAPOLI . Un mese, appena un mese
per diventare madre a 61 anni. E un mese, un solo mese per trasformare
un incubo in un sogno ad occhi aperti. Tra le pareti della sua bella
casa romana, la donna consuma gli ultimi giorni di una gravidanza
inseguita come un miraggio. Il suo unico figlio mori' un paio d' anni fa
in un incidente stradale: aveva 32 anni, una moglie innamorata ed un
brillante futuro da medico. Tutto fu cancellato in un attimo. E la
disperazione sembro' inghiottire l' intera famiglia, facendola
sprofondare nel buco nero di un dolore senza vie d' uscita. La sola a
non arrendersi fu la madre. Ed oggi la sua illusione assume il dolce
profilo della speranza. Fra trenta giorni, o poco piu' , la donna
partorira' un maschietto al quale verra' dato il nome del fratello
scomparso. E di quel bambino, concepito a 61 anni con la tecnica dell'
ovodonazione, sara' non solo madre, ma anche un po' nonna. Come e'
possibile? A spiegarlo e' Raffaele Magli, il trentaseienne ginecologo
napoletano che ha assistito la donna fin dal primo momento. "L' ovulo e'
stato donato dalla nuora della paziente, mentre il seme che l' ha
fecondato appartiene al marito . afferma il medico .. Certo, e' una
vicenda abbastanza particolare, visto che tutta la famiglia ha fatto in
modo che una nuova vita sostituisse quella scomparsa. Cio' che e'
sicuro, comunque, e' che in quella casa dopo mesi e mesi di angoscia e'
finalmente tornata un po' di tranquillita' e di fiducia. "La signora
venne da me per la prima volta un anno fa e, dopo quattro tentativi,
ottenemmo il risultato sperato. Durante la gravidanza non c' e' stato
alcun problema, come del resto negli altri casi che abbiamo in
osservazione". Gia' , perche' l' anonima sessantunenne romana non e' l'
unica donna con i capelli spruzzati di bianco ad essere sul punto di
mettere al mondo un figlio. Le fa compagnia Concetta Ditessa, 62 anni
compiuti il 19 febbraio scorso. Ad agosto dara' alla luce un maschio,
che chiamera' Raffaele in segno di gratitudine verso il ginecologo
napoletano. Sposata da 39 anni con un commerciante di prodotti
ortofrutticoli, di 5 anni piu' giovane di lei, Concetta vive in un
paesino della Calabria. E tra quelle povere case perse all' estremo
lembo della penisola, la donna credeva tramontata ogni speranza di
diventare madre. La tubercolosi, contratta in giovane eta' , le aveva
procurato una "impervieta' tubarica bilaterale", un termine tecnico che
all' epoca nascondeva una verita' difficile da accettare: Concetta non
avrebbe mai potuto avere figli. "Nel 1978, quando nacque Louise Brown,
la prima bimba in provetta, la donna era gia' in menopausa . racconta il
dottor Magli .. Impossibile, dunque, tentare la strada della
fecondazione in vitro. Per ben sei volte, Concetta provo' con l'
ovodonazione: tre in Italia e tre in Inghilterra, ma senza alcun esito.
Venne da me nel marzo ' 90. "A presentarmela fu una sua cugina che avevo
assistito con la fecondazione in vitro, facendole partorire due
gemelli. In quattro occasioni i tentativi andarono a vuoto. Cosi' decisi
di sospendere la terapia per un anno, in modo da studiare con piu'
attenzione il caso. Il 20 novembre del ' 91, infine, l' intervento
riusci' alla perfezione con l' impianto nell' utero di 5 embrioni e 4
cellule. A donare l' ovulo e' stata un' amica di Concetta, una donna di
trent' anni che le e' stata vicina sin dall' inizio. La gravidanza?
Procede senza ostacoli. E sono convinto che non ce ne saranno fino al
momento del parto". Ma e' davvero tutto cosi' facile? Davvero Concetta, a
62 anni, sara' una madre come tante altre? Lei ne e' convinta. "Volevo
questo bambino fin dal primo giorno di matrimonio . ha confessato
durante i lunghi colloqui con il ginecologo .. Adesso mi sembra un
miracolo che questo sogno si sia avverato. Lo so, mio figlio crescera'
on una mamma anziana come una nonna. Ma ci sono le mie sorelle, che sono
piu' giovani di me e potranno aiutarmi". Raffaele Magli aggiunge:
"Prima di assistere la signora Ditessa, le ho chiesto di incontrarsi con
uno psicologo per verificare se al suo desiderio di maternita'
corrispondeva una scelta matura. Ed una volta ricevuta questa conferma,
ho cominciato la terapia. Adesso basta, pero' : d' ora in avanti
prendero' in cura solo pazienti che non abbiano superato i cinquant'
anni d' eta' ". Come mai, dottor Magli? Ha qualche scrupolo? "Non e'
questo il problema . replica secco il ginecologo .. Con l' ovodonazione,
una donna biologicamente sana e piu' giovane dell' eta' anagrafica puo'
avere figli anche oltre i sessant' anni. Ma c' e' da pensare al destino
di questi bambini. Anche se sono tanti quelli che vivono con i nonni
senza riportare alcun trauma. Anzi, spesso crescono piu' sereni. Le
implicazioni morali, comunque, esistono. E non me la sento piu' di
affrontarle da solo". Enzo d' Errico
Non è record ma quasi
Non è record ma quasi: un'impiegata
di Arezzo, 57 anni, ha dato alla luce un bambino. Il piccolo - si legge
su QN - è nato la scorsa settimana con parto cesareo all'Ospedale San
Donato. Pesa 3 chili e 60 grammi e sta bene.
La donna (l'identità è sconosciuta)
sfiora il traguardo di Rosanna Della Corte, che a 62 anni aveva
partorito il suo primogenito. Il bimbo nato al San Donato non sarebbe
invece il primo per la cinquantasettenne ma, secondo QN, il terzo. Il
primogenito sarebbe però morto in un incidente stradale alcuni anni fa.
Avere un bambino a 57 anni è stato
possibile seguendo una tecnica di fecondazione non ammessa in Italia, ma
in diversi altri paesi europei tra cui Spagna, Grecia e Romania (dove
si è recata la coppia). Come funziona? Viene scelta una donatrice in
base al profilo genetico e alla compatibilità con la coppia ricevente.
La donatrice inizia un ciclo che le consente di ottenere un numero
adeguato di ovociti. Gli embrioni ottenuti, fecondati dal seme del
marito, vengono trasferiti nell'utero della donna ricevente per dare
inizio alla gravidanza.
Nell'ultimo anno ci sono stati
altri due casi di donne che hanno avuto figli con l'ovodonazione: la
prima a 46 anni e la seconda a 51.
La donna è di Milano: «Perché dovrebbero vietare un metodo che crea una nuova vita?»
MILANO - Di quel colloquio che
decise la sua vita ricorda tutto: la disposizione delle poltrone nello
studio, i libri sulla scrivania, l’abito che indossava. Il dottore fu
diretto: spiegò che alcune decisioni le prende il medico, «ma poi
sarebbe toccato a noi scegliere chi, fra me e mio marito, avrebbe dovuto
rinunciare al desiderio di tramandare il proprio Dna al bimbo che
cercavamo da anni». Le possibilità erano due: utilizzare spermatozoi di
un donatore oppure ovociti di una donatrice. Non scegliere avrebbe
significato riprendere il pellegrinaggio da un centro specializzato
all’altro sperando ancora nel «miracolo» di una gravidanza con i propri
gameti (seme del marito, ovulo della moglie), Fivet dopo Fivet, e il
conto era già arrivato a quota sei. Sei tentativi di fecondazione
omologa in provetta finiti male. Paola (non è il suo vero nome, non
vorrebbe neppure dire che è di Milano, la voglia di «normalità», ora che
tutto è finito, è troppo forte) imboccò la seconda via: a 38 anni disse
sì ad un tentativo di ovulodonazione, che consiste nell’accettare un
ovulo da una donna fertile, accettare che venga fecondato con il seme
del coniuge e portarlo in grembo per nove mesi, pregando il cielo di
arrivarci, al nono mese. «Quel colloquio ci spinse ad una decisione che,
vista con la felicità del meraviglioso bambino che ne è nato, nessuno
ha mai rimpianto», dice adesso il medico di Paola, Augusto Enrico
Semprini, immunologo riproduttivo, terzo protagonista di questa storia
lunga dieci anni, cominciata con una diagnosi di infertilità; passeggera
(«Abbia un po’ di pazienza e vedrà che il bimbo arriva», dicevano
all’inizio i medici, tratti in inganno dalla giovane età di Paola) e
terminata con un figlio che oggi ha due anni e che, legge sulla
fecondazione assistita permettendo, potrebbe avere presto un fratellino o
una sorellina.
Perché Paola vuole riprovarci, per
il secondo figlio. «Che alternative avevamo? - chiede -. Non si sceglie
un compagno o una compagna in base alla sua fertilità;. E qualche volta
l’unico elemento che manca per realizzare una famiglia è proprio questo.
Se la legge vieterà la fecondazione eterologa faremo come tutti gli
altri: andremo all’estero».
Ci sono donne che, ingannate dalla
ciclicità mestruale, sono convinte che l’ovaio sia fertile per scoprire
poi, con il passare degli anni, che è invece in menopausa riproduttiva e
che l’unico modo per avere un figlio è chiedere una cellula ovarica ad
un’altra donna. E’ il caso di Paola e di mille altre in fila per un
figlio nei centri dove le liste d’attesa per la fecondazione eterologa
sono di 300, 500 coppie. «Questo dovrebbe condizionare una visione più
aperta - dice Paola -. La legge permette l’espianto di organi per
mantenere una vita. Non è paradossale vietare che un altro tipo di
donazione possa contribuire a crearne una nuova?».
Non che la strada dell’ovodonazione
sia stata facile. I primi due tentativi finirono in nulla, «cominciammo
a sospettare che l’origine del problema fosse maschile - riprende il
medico Semprini -. Poi al terzo tentativo finalmente si ottenne la
fertilizzazione e un impianto felice dell’embrione sulla parete uterina,
con un decorso agevole della gravidanza e la nascita a termine di un
bel maschietto».
Figlio di chi? Dal marito di Paola:
gli spermatozoi sono i suoi. Ma la mamma? Conta più Paola, che lo ha
portato in grembo e che lo sta crescendo, o la donna che ha fornito
l’ovulo? Semprini la risolve così: «Quando lo guardo, mi è impossibile
ricordarmi che una microscopica parte del suo patrimonio genetico, meno
del 5%, è specifico della donatrice e non dei suoi veri genitori. Mentre
la felicità di questa coppia è il conforto migliore per tutte le
delusioni provate ogni volta che i tentativi fallivano».
Paola è serena. Suo malgrado, ha
dovuto farsi una cultura su tecniche e fecondazione, cromosomi e Dna. «E
ho imparato che un bambino deriva dai 23 cromosomi paterni e 23
materni. La maggior parte delle informazioni genetiche riguardano
strutture che caratterizzano per esempio i globuli rossi, la formazione
delle camere cardiache, la lunghezza dell’intestino. Questo materiale,
diciamo così comune, è più del 95% del set cromosomico. E’ piccolissima
invece la parte di Dna che caratterizza un particolare forma del mento,
il colorito, il taglio degli occhi». Poi ride: «Semprini me lo dice
sempre: fosse stato davvero tuo, non ti somiglierebbe così tanto».
Nessun commento:
Posta un commento