lunedì 1 settembre 2014

Le storie ed esperienze delle donne che sono ricorse alle procedure della pma

     Perche si arriva all'ovodonazione? questa è la storia di una ragazza, a 32 anni possiamo chiamarla ragazza, che all'età di 17 anni inizia il suo calvario che si concluderà con l'asportazione di un ovaio e la diagnosi di Endometriosi che possibilità le restano per avere un figlio?
     "Ed eccomi qua a raccontare la mia breve storia...dico breve perche c'è ben poco da raccontare. Dunque sono nata il 10 aprile del 1975. All'età di 17 anni inizio ad accusare dolori fortissimi all'addome...i dolori si fanno sempre più forti fino a farmi perdere i sensi... mia mamma decide di portarmi al pronto soccorso mi dicono che ho delle cisti ovariche e decidono di operarmi e che non ci sarebbero stati problemi se avessi voluto dei figli...ma io all'epoca non ci pensavo neanche.
     Ecco che dopo quell'intervento inizia il calvario. Mi asportano un ovaio passa qualche mese e non ho più le mestruazioni, cosi mi danno la pillola...vado avanti cosi per qualche anno...ma ecco che i dolori si fanno risentire... mi ricoverano di nuovo e nel giro di 1 anno mi operano 2 volte non erano semplici cisti ovariche...ma bensi quella maledetta endometriosi....da allora sono passati gli anni. Sono cresciuta e ho cominciato a sentire il desiderio di avere un bambino. Ma in maniera naturale non arrivava... chiedo se posso fare qualcosa ..che so..un intervento...oppure fecondazione in vitro...ma sono in molti i ginecologi che mi dicono la stessa cosa..."Non servirebbe a niente sprecheresti tempo e denaro"...allora mi dicono ovodonazione!!! bene mi informo..faccio diverse ricerche su internet ed ecco che parto per questa avventura...sono andata a brno republica ceca....adesso sono qui ad aspettare di fare il test...saranno lunghi questi giorni di attesa ma spero con tutto il cuore un esito positivo..... "
...e noi possiamo solo dirle:
in becco alla cicogna :!
Prima donna europea ad avere una bambina con la tecnica di ovodonazione!!!
     Sono stata la prima donna europea ad avere una bambina con la tecnica di ovodonazione: la procedura ha avuto luogo a Milano nel 1984 e 9 mesi dopo ho partorito una bella bambina. La donatrice è stata mia sorella minore Anna. L’intervento è riuscito al primo tentativo. Mi ero sottoposta negli anni precedenti a svariati tentativi di fecondazione artificiale e FIVET, ma senza successo. Finalmente un medico mi propose la ovodonazione che allora era ancora allo stato sperimentale; ne parlai con mio marito e con mia sorella e tutti furono subito d’accordo. Sono contentissima di questa mia decisione.
     Durante tutti questi anni ho incontrato tante coppie con problemi di sterilità e mi sono ormai fatta un’esperienza piuttosto vasta in questo settore, anche attraverso pubblicazioni, convegni, ecc.
     Uniamo le nostre forze tutti quanti noi con problemi di sterilità;, in modo che la nostra voce venga ascoltata anche dalle persone fertili, che non avendo problemi, spesso non capiscono e non si immedesimano nella nostra situazione. Facciamo loro capire che i nostri problemi di oggi potrebbero essere quelli dei loro figli domani.
     La recente legge italiana del 2004 sulla riproduzione assistita, così severa e restrittiva, costringe molti italiani a recarsi all’estero, dove trovano leggi più aperte e liberali.
     I difensori di questa recente legge dicono che hanno a cuore il "supremo interesse dell’embrione", ma evidentemente dimenticano che sempre in Italia, un’altra legge del 1978 permette l’aborto fino al 3° mese, in pratica su semplice richiesta della donna, ed anche oltre in caso di anomalie fetali. Comprendiamo come la richiesta di abortire sia spesso frutto di una decisione molto sofferta e travagliata, ma chiediamo altrettanta comprensione nei nostri riguardi.
Una malatia rara!!!!!!
     Ho una patologia rara: la sindrome da disgenesia gonadica pura, la cui causa è sconosciuta. Sono nata, a quanto sembra, già in menopausa cioè con le ovaie atrofizzate.
     Pochi sanno che una situazione del genere comporta, oltre alla sterilità assoluta, una serie di altri problemi della crescita. Senza la gettata ormonale che si verifica alla pubertà, innescata dall'inizio della funzionalità ovarica, le ossa e i muscoli si accrescono fragili e tutto il fisico è scompensato dalla mancanza di ingredienti fondamentali come gli estrogeni e il progesterone, gli ormoni prodotti appunto dalle ovaie. Mentre tutte le mie coetanee attraversavano la loro adolescenza con i problemi tipici della crescita puberale, io rimanevo sempre con il mio fisico acerbo da bambina, anche a 14-15 anni: niente seno, niente forme, niente ciclo mestruale di cui sentivo parlare dalle amiche, magra come un chiodo, al punto che venivo scambiata per anoressica, anche dagli stessi medici, che purtroppo hanno tardato a intuire il vero problema.
     Passavano i mesi e gli anni, aspettavo di vedere maturare il mio corpo, come tutti, ma niente. In più, a causa della fragilità ossea e muscolare, è sopraggiunta una grave scoliosi. La mia femminilità era spaventosamente compromessa. Quanto avrei voluto i problemi tipici degli adolescenti! Quanto mi sentivo (ed ero) diversa!
     Finalmente, a 16 anni, un medico lungimirante, che mi prescrisse analisi più mirate, capì che avevo bisogno della terapia ormonale sostitutiva come una persona con la menopausa precoce. Ben presto seppi anche di essere irrimediabilmente sterile. L'angoscia provata, e solo in piccola parte ora metabolizzata, è stata ed è indescrivibile. Non è un male mortale, evidentemente, ma si rischia di morire dentro. Una speranza mi fu data anni fa dalla mia endocrinologa: mi disse che sarei potuta diventare madre grazie all'ovodonazione! In questi anni mi sono sempre aggrappata a questa speranza per ricomporre in qualche modo i mille pezzi in cui era andata a finire la mia integrità di donna.
     Ora che ho un meraviglioso marito, che mi ama davvero così come sono e ha accettato di condividere con me questa croce, proprio sul punto di compiere il passo tanto atteso per diventare mamma, è arrivata la legge 40 che vieta la donazione di gameti anche nei centri privati (nel pubblico era già inspiegabilmente vietata), infierendo sulla ferita già aperta e lasciandomi sbigottita dal dolore.
" madre e nonna di mio figlio "
     Partorisce fra un mese la romana di 61 anni che ha ricevuto l' ovulo dalla nuora e il seme dal marito. in agosto anche Concetta Ditessa, 62 anni, casalinga calabrese, dara' alla luce un altro maschietto. i casi di ovodonazione ne parla il ginecologo napoletano Raffaele Magli.
     NAPOLI . Un mese, appena un mese per diventare madre a 61 anni. E un mese, un solo mese per trasformare un incubo in un sogno ad occhi aperti. Tra le pareti della sua bella casa romana, la donna consuma gli ultimi giorni di una gravidanza inseguita come un miraggio. Il suo unico figlio mori' un paio d' anni fa in un incidente stradale: aveva 32 anni, una moglie innamorata ed un brillante futuro da medico. Tutto fu cancellato in un attimo. E la disperazione sembro' inghiottire l' intera famiglia, facendola sprofondare nel buco nero di un dolore senza vie d' uscita. La sola a non arrendersi fu la madre. Ed oggi la sua illusione assume il dolce profilo della speranza. Fra trenta giorni, o poco piu' , la donna partorira' un maschietto al quale verra' dato il nome del fratello scomparso. E di quel bambino, concepito a 61 anni con la tecnica dell' ovodonazione, sara' non solo madre, ma anche un po' nonna. Come e' possibile? A spiegarlo e' Raffaele Magli, il trentaseienne ginecologo napoletano che ha assistito la donna fin dal primo momento. "L' ovulo e' stato donato dalla nuora della paziente, mentre il seme che l' ha fecondato appartiene al marito . afferma il medico .. Certo, e' una vicenda abbastanza particolare, visto che tutta la famiglia ha fatto in modo che una nuova vita sostituisse quella scomparsa. Cio' che e' sicuro, comunque, e' che in quella casa dopo mesi e mesi di angoscia e' finalmente tornata un po' di tranquillita' e di fiducia. "La signora venne da me per la prima volta un anno fa e, dopo quattro tentativi, ottenemmo il risultato sperato. Durante la gravidanza non c' e' stato alcun problema, come del resto negli altri casi che abbiamo in osservazione". Gia' , perche' l' anonima sessantunenne romana non e' l' unica donna con i capelli spruzzati di bianco ad essere sul punto di mettere al mondo un figlio. Le fa compagnia Concetta Ditessa, 62 anni compiuti il 19 febbraio scorso. Ad agosto dara' alla luce un maschio, che chiamera' Raffaele in segno di gratitudine verso il ginecologo napoletano. Sposata da 39 anni con un commerciante di prodotti ortofrutticoli, di 5 anni piu' giovane di lei, Concetta vive in un paesino della Calabria. E tra quelle povere case perse all' estremo lembo della penisola, la donna credeva tramontata ogni speranza di diventare madre. La tubercolosi, contratta in giovane eta' , le aveva procurato una "impervieta' tubarica bilaterale", un termine tecnico che all' epoca nascondeva una verita' difficile da accettare: Concetta non avrebbe mai potuto avere figli. "Nel 1978, quando nacque Louise Brown, la prima bimba in provetta, la donna era gia' in menopausa . racconta il dottor Magli .. Impossibile, dunque, tentare la strada della fecondazione in vitro. Per ben sei volte, Concetta provo' con l' ovodonazione: tre in Italia e tre in Inghilterra, ma senza alcun esito. Venne da me nel marzo ' 90. "A presentarmela fu una sua cugina che avevo assistito con la fecondazione in vitro, facendole partorire due gemelli. In quattro occasioni i tentativi andarono a vuoto. Cosi' decisi di sospendere la terapia per un anno, in modo da studiare con piu' attenzione il caso. Il 20 novembre del ' 91, infine, l' intervento riusci' alla perfezione con l' impianto nell' utero di 5 embrioni e 4 cellule. A donare l' ovulo e' stata un' amica di Concetta, una donna di trent' anni che le e' stata vicina sin dall' inizio. La gravidanza? Procede senza ostacoli. E sono convinto che non ce ne saranno fino al momento del parto". Ma e' davvero tutto cosi' facile? Davvero Concetta, a 62 anni, sara' una madre come tante altre? Lei ne e' convinta. "Volevo questo bambino fin dal primo giorno di matrimonio . ha confessato durante i lunghi colloqui con il ginecologo .. Adesso mi sembra un miracolo che questo sogno si sia avverato. Lo so, mio figlio crescera' on una mamma anziana come una nonna. Ma ci sono le mie sorelle, che sono piu' giovani di me e potranno aiutarmi". Raffaele Magli aggiunge: "Prima di assistere la signora Ditessa, le ho chiesto di incontrarsi con uno psicologo per verificare se al suo desiderio di maternita' corrispondeva una scelta matura. Ed una volta ricevuta questa conferma, ho cominciato la terapia. Adesso basta, pero' : d' ora in avanti prendero' in cura solo pazienti che non abbiano superato i cinquant' anni d' eta' ". Come mai, dottor Magli? Ha qualche scrupolo? "Non e' questo il problema . replica secco il ginecologo .. Con l' ovodonazione, una donna biologicamente sana e piu' giovane dell' eta' anagrafica puo' avere figli anche oltre i sessant' anni. Ma c' e' da pensare al destino di questi bambini. Anche se sono tanti quelli che vivono con i nonni senza riportare alcun trauma. Anzi, spesso crescono piu' sereni. Le implicazioni morali, comunque, esistono. E non me la sento piu' di affrontarle da solo". Enzo d' Errico
Non è record ma quasi
     Non è record ma quasi: un'impiegata di Arezzo, 57 anni, ha dato alla luce un bambino. Il piccolo - si legge su QN - è nato la scorsa settimana con parto cesareo all'Ospedale San Donato. Pesa 3 chili e 60 grammi e sta bene.
     La donna (l'identità è sconosciuta) sfiora il traguardo di Rosanna Della Corte, che a 62 anni aveva partorito il suo primogenito. Il bimbo nato al San Donato non sarebbe invece il primo per la cinquantasettenne ma, secondo QN, il terzo. Il primogenito sarebbe però morto in un incidente stradale alcuni anni fa.
     Avere un bambino a 57 anni è stato possibile seguendo una tecnica di fecondazione non ammessa in Italia, ma in diversi altri paesi europei tra cui Spagna, Grecia e Romania (dove si è recata la coppia). Come funziona? Viene scelta una donatrice in base al profilo genetico e alla compatibilità con la coppia ricevente. La donatrice inizia un ciclo che le consente di ottenere un numero adeguato di ovociti. Gli embrioni ottenuti, fecondati dal seme del marito, vengono trasferiti nell'utero della donna ricevente per dare inizio alla gravidanza.
     Nell'ultimo anno ci sono stati altri due casi di donne che hanno avuto figli con l'ovodonazione: la prima a 46 anni e la seconda a 51.
La donna è di Milano: «Perché dovrebbero vietare un metodo che crea una nuova vita?»
     MILANO - Di quel colloquio che decise la sua vita ricorda tutto: la disposizione delle poltrone nello studio, i libri sulla scrivania, l’abito che indossava. Il dottore fu diretto: spiegò che alcune decisioni le prende il medico, «ma poi sarebbe toccato a noi scegliere chi, fra me e mio marito, avrebbe dovuto rinunciare al desiderio di tramandare il proprio Dna al bimbo che cercavamo da anni». Le possibilità erano due: utilizzare spermatozoi di un donatore oppure ovociti di una donatrice. Non scegliere avrebbe significato riprendere il pellegrinaggio da un centro specializzato all’altro sperando ancora nel «miracolo» di una gravidanza con i propri gameti (seme del marito, ovulo della moglie), Fivet dopo Fivet, e il conto era già arrivato a quota sei. Sei tentativi di fecondazione omologa in provetta finiti male. Paola (non è il suo vero nome, non vorrebbe neppure dire che è di Milano, la voglia di «normalità», ora che tutto è finito, è troppo forte) imboccò la seconda via: a 38 anni disse sì ad un tentativo di ovulodonazione, che consiste nell’accettare un ovulo da una donna fertile, accettare che venga fecondato con il seme del coniuge e portarlo in grembo per nove mesi, pregando il cielo di arrivarci, al nono mese. «Quel colloquio ci spinse ad una decisione che, vista con la felicità del meraviglioso bambino che ne è nato, nessuno ha mai rimpianto», dice adesso il medico di Paola, Augusto Enrico Semprini, immunologo riproduttivo, terzo protagonista di questa storia lunga dieci anni, cominciata con una diagnosi di infertilità; passeggera («Abbia un po’ di pazienza e vedrà che il bimbo arriva», dicevano all’inizio i medici, tratti in inganno dalla giovane età di Paola) e terminata con un figlio che oggi ha due anni e che, legge sulla fecondazione assistita permettendo, potrebbe avere presto un fratellino o una sorellina.
     Perché Paola vuole riprovarci, per il secondo figlio. «Che alternative avevamo? - chiede -. Non si sceglie un compagno o una compagna in base alla sua fertilità;. E qualche volta l’unico elemento che manca per realizzare una famiglia è proprio questo. Se la legge vieterà la fecondazione eterologa faremo come tutti gli altri: andremo all’estero».
     Ci sono donne che, ingannate dalla ciclicità mestruale, sono convinte che l’ovaio sia fertile per scoprire poi, con il passare degli anni, che è invece in menopausa riproduttiva e che l’unico modo per avere un figlio è chiedere una cellula ovarica ad un’altra donna. E’ il caso di Paola e di mille altre in fila per un figlio nei centri dove le liste d’attesa per la fecondazione eterologa sono di 300, 500 coppie. «Questo dovrebbe condizionare una visione più aperta - dice Paola -. La legge permette l’espianto di organi per mantenere una vita. Non è paradossale vietare che un altro tipo di donazione possa contribuire a crearne una nuova?».
     Non che la strada dell’ovodonazione sia stata facile. I primi due tentativi finirono in nulla, «cominciammo a sospettare che l’origine del problema fosse maschile - riprende il medico Semprini -. Poi al terzo tentativo finalmente si ottenne la fertilizzazione e un impianto felice dell’embrione sulla parete uterina, con un decorso agevole della gravidanza e la nascita a termine di un bel maschietto».
     Figlio di chi? Dal marito di Paola: gli spermatozoi sono i suoi. Ma la mamma? Conta più Paola, che lo ha portato in grembo e che lo sta crescendo, o la donna che ha fornito l’ovulo? Semprini la risolve così: «Quando lo guardo, mi è impossibile ricordarmi che una microscopica parte del suo patrimonio genetico, meno del 5%, è specifico della donatrice e non dei suoi veri genitori. Mentre la felicità di questa coppia è il conforto migliore per tutte le delusioni provate ogni volta che i tentativi fallivano».
     Paola è serena. Suo malgrado, ha dovuto farsi una cultura su tecniche e fecondazione, cromosomi e Dna. «E ho imparato che un bambino deriva dai 23 cromosomi paterni e 23 materni. La maggior parte delle informazioni genetiche riguardano strutture che caratterizzano per esempio i globuli rossi, la formazione delle camere cardiache, la lunghezza dell’intestino. Questo materiale, diciamo così comune, è più del 95% del set cromosomico. E’ piccolissima invece la parte di Dna che caratterizza un particolare forma del mento, il colorito, il taglio degli occhi». Poi ride: «Semprini me lo dice sempre: fosse stato davvero tuo, non ti somiglierebbe così tanto».

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