L’infertilità di coppia sta diventando una condizione sempre più
diffusa. Per definizione essa è l’impossibilità ad avere figli, o ad
ottenere una gravidanza dopo almeno un anno di rapporti sessuali non
protetti (World Health Organization, 1992).
Le
cause che portano a questa situazione possono essere di tipo organico e
non. In questi ultimi casi si parla di sub-infertilità, nel senso che le
condizioni non sono irreversibili, ma occorre ripristinare un equilibrio
che per qualche ragione si è incrinato.
Nella maggior parte dei casi occorre avere un approccio integrato, che
consideri cioè sia le componenti organiche che psichiche.
Il
desiderio di avere un figlio non è solo qualcosa che appartiene alla
natura umana, ma anche alla storia di ciascun individuo, all’ambiente in
cui si è inseriti, al rapporto di coppia e quindi dipende da un insieme
di variabili socioculturali che vanno al di là degli aspetti istintuali
o biologici.
Occorre innanzitutto ricollocare la difficoltà nella coppia e non, a un
solo partner (spesso la donna), evitando quindi situazioni in cui è solo
la donna a chiedere aiuto per le difficoltà procreative e ad assumersi
la responsabilità della genitorialità non realizzata.
Vi
sono infatti dei modi diversi di vivere l‘infertilità a seconda del
genere sessuale. Ciò è dato anche dal significato diverso che viene
attribuito alla maternità e alla paternità (Hardy et al, 1999). Mentre
la maternità infatti è definita biologicamente e la madre è colei che
porta in grembo il figlio, il padre è il marito o il compagno della
madre, almeno socialmente.
L’essere madre nasce durante la gravidanza, il parto e si consolida
durante i primi mesi di vita attraverso l’allattamento. La paternità
invece passa attraverso il ruolo nel concepimento e si costruisce alla
nascita. In questo modo anche l’infertilità si carica di connotati
differenti per l’uomo e per la donna, significati che sono modulati
anche dal contesto socioculturale in cui la coppia è inserita.
Spesso
la”colpa” viene attribuita alla donna creando delle difficoltà nel
coinvolgimento del partner necessario per poter affrontare il problema.
Quindi le donne vivono in maniera più negativa la condizione di
infertilità, perché non è solo un fallimento biologico che mette in
discussione il fondamento stesso della femminilità, ma è anche motivo di
biasimo sociale.
Le
reazioni più comuni sono quindi depressione, ansia, bassa autostima,
rabbia, biasimo, rassegnazione e ostilità. Nell’uomo invece si traduce
più in un senso di incapacità a riprodursi, ma spesso non intacca il
funzionamento sociale ed emotivo.
Da
alcune ricerche condotte su coppie infertili, emerge che la condizione
di infertilità ha un’influenza importante sulla personalità di questi
soggetti, in particolare ci si riferisce alla tendenza alla riservatezza
e chiusura della coppia nei confronti dell’ambiente esterno;
introversione; ansietà; scarsa flessibilità e disponibilità; rigidità
del pensiero; diffidenza; eccessivo attaccamento verso l’immagine del sè.
Tuttavia, si è cercato di verificare se vi sono delle caratteristiche in
un certo senso predisponenti all’infertilità funzionale, facendo
riferimento al modello psicobiologico di Cloninger (Fassino et al.,2002).
A questo scopo sono stati analizzati i tratti temperamentali e
caratteriali. Da questo studio è emerso che i tratti temperamentali
possono predisporre una coppia infertile a una eccessiva reattività
agli stressors sia interni (cioè nella relazione di coppia) che esterni.
Inoltre i tratti caratteriali possono essere utili per spiegare le
difficoltà nell’utilizzo di strategie adeguate di coping, che rafforzano
l’attivazione di meccanismi biologici e conseguentemente riducono la
possibilità di una gravidanza.
In
particolare uomini e donne non fertili sono caratterizzati dall’essere
maggiormente cauti, passivi, paurosi e insicuri. Ciò significa che
tendono a inibire il loro comportamento in risposta a stimoli percepiti
come nocivi, e reagiscono agli stressors con elevati livelli di ansia e
depressione.
Inoltre gli uomini presentano una scarsa attività esplorativa, scarsa
iniziativa, insicurezza e mancanza di reattività ai cambiamenti e alle
novità. Questa situazione si traduce in maggiore ansia relativa alla
paternità. Gli uomini cioè non sono in grado di pensarsi come padri
futuri, o non si sentono in grado di gestire questo cambiamento della
loro vita.
Ulteriori studi hanno poi evidenziato come gli uomini sottoposti a
tecniche di fecondazione (in particolare IVF) siano più soggetti a
depressione clinica, isolamento sociale e ridotto successo sul lavoro (Saleh
et al, 2001).
Le
donne invece mostrano una certa immaturità, una mancanza di
progettualità riguardo al sè, sono più critiche e più chiuse verso gli
altri, e hanno difficoltà ad accettare le proprie responsabilità. Anche
in questo caso si rivela un senso di inadeguatezza alla maternità. In
generale, si riscontra una difficoltà nell’investimento emozionale verso
i bisogni altrui, e una mancanza di maturità che alimenta la situazione
di stress all’interno della relazione.
Queste
osservazioni vengono confermate anche da altre ricerche effettuate con
altri strumenti di diagnosi psichiatrica, in cui vengono analizzate
donne sottoposte a IVF (Salvatore et al., 2001). In particolare viene
confermata la presenza di elevati livelli di ansia e di tensione
emozionale, non vi sono livelli patologici di depressione o di disordini
di personalità, ma una certa tendenza all’ipocondria e alla paura di
avere un corpo malato e non funzionante.
Ansia,
somatizzazione e ipocondria, sembrerebbero essere tratti distintivi di
donne che si sottopongono per la prima volta a tecniche di fecondazione.
Si
delinea inoltre un profilo di passività e di emotività particolarmente
evidente nella relazione con il partner. Infatti oltre a essere
caratterizzate da maggiore riservatezza e pessimismo con una leggera
depressione, le donne hanno la tendenza a delegare le responsabilità al
partner, ma al tempo stesso sono anche più critiche e insoddisfatte
della loro relazione, sia da un punto di vista emozionale che sessuale.
E‘
presente quindi una indiretta aggressività che convive con sentimenti di
vittimismo e atteggiamenti di rimprovero e di colpa verso il partner. Al
tempo stesso è presente uno stile comunicativo di tipo seduttivo che
rimanda all’isteria.
Si
rende necessario quindi nello studio delle coppie infertili, non
soltanto analizzare caratteristiche predisponenti (quali l’ansia, la
maturità, la “disponibilità” al cambiamento...), ma anche le capacità
di gestione dello stress e l’equilibrio della coppia.
Quindi, accanto a un’indagine di tipo biologica, è opportuno considerare
le componenti psicologiche che sono investite dal soggetto durante
questa scelta particolare della sua vita.
Occore
cioè considerare il paziente (o meglio la coppia in questo caso) nella
sua totalità. È necessario cioè porre attenzione al desiderio di
genitorialità, che implica non solo la creazione di una terza persona
immaginaria, ma anche la gestione di un “fallimento naturale” e
l’intrusione di terzi che, in maniera artefatta, guidano e condizionano
la realizzazione del desiderio di coppia.
La
scelta della procreazione assistita rappresenta un momento che segna la
storia della coppia indipendentemente dai risultati che si otterranno. e
che richiede di fare i conti con la propria incapacità procreativa e di
lasciarsi invadere nella propria intimità per realizzare il desiderio
finale della genitorialità
Tale
situazione quindi, non solo crea di per sè un distress che richiede
l’adozione di strategie adeguate perché non si sviluppi un disturbo
depressivo reattivo, ma comporta lo stravolgimento della relazione
diadica in particolare della dimensione sessuale (Strauss, Boivin,
2002).
La
letteratura identifica una serie di persone a rischio che più di altre
necessitano di un supporto psicologico (Boivin, 2002). Si tratta di
coloro che hanno già avuto esperienze di grande distress (anche legate
alla gravidanza, come ad esempio aborti o fallimenti precedenti ai
trattamenti per la fertilità), con una particolare struttura di
personalità, o problemi psicologici, o ancora con predisposizione a
patologie genetiche. Oppure persone in cui la genitorialità rappresenta
il nucleo centrale della vita adulta, o che si trovano in determinati
contesti ambientali e culturali in cui la coppia che non ha figli viene
emarginata socialmente o non ritenuta una reale famiglia.
I
fattori personali da prendere in considerazione sono: psicopatologie
pregresse (es.disturbi di personalità, depressione); infertilità
primaria; genere sessuale; genitorialità come nucleo centrale della vita
adulta; utilizzo di strategie di coping disfunzionali (in particolare di
tipo evitante).
L’infertilità produce ansia, sofferenza e insicurezza. Per una coppia
affrontare l’infertilità significa rivedere il progetto immaginario di
famiglia e accettare di essere invasi dall’Altro, che priva, almeno in
parte, la ricerca di un figlio come evoluzione naturale della propria
unione, dal momento che la coppia non basta più a se stessa per poter
passare della diade alla famiglia. L’invasione passa non solo dagli
esami clinici, ma soprattutto dal monitoraggio dei rapporti sessuali che
vengono programmati, pianificati e finalizzati alla gravidanza.
Dunque, sessualità e infertilità sono associati in differenti modi (Darwish,
2002). Non solo è una delle dimensioni che più risente delle difficoltà
ad avere figli, ma può costituire un dato importante durante la
diagnosi, dal momento che i problemi sessuali possono essere concause
dell’infertilità . Quindi è opportuno distinguere i problemi sessuali
come causa di infertilità e i problemi sessuali secondari
all’infertilità.
Nel
primo caso infatti le difficoltà sessuali della coppia vengono
mascherati dall’infertilità, ma da un’attenta anamnesi possono emergere
scarsa frequenza dei rapporti, vaginismo, dispareunia, mancanza di
desiderio sessuale, disfunzioni erettili. Nel secondo caso invece,
l’infertilità ha una ripercussione sulla vita sessuale della coppia in
termini di calo della libido e anorgasmia. Inoltre l’infertilità ha
delle conseguenze a livello dell’immagine corporea, dell’autostima e
dell’umore (maggior nervosismo, ansia e depressione), aspetti che
indirettamente influenzano negativamente la vita sessuale della coppia.
E’
importante quindi affrontare le problematiche sessuali per restituire (o
assegnare per la prima volta) alla sessualità il valore che riveste
nella coppia, aldilà della finalità riproduttiva.
Nelle
coppie infertili quindi, la mascolinità e la femminilità vengono
misurati in funzione della propria capacità riproduttiva, per cui il
rapporto sessuale viene visto come mezzo per affermare la propria
potenza sessuale .
L’esistenza di singoli individui e di coppia potrà assumere valore solo
in presenza di un figlio. Il rapporto assume la valenza di un dovere
dove vengono meno le dimensioni del piacere e del desiderio. Il sé
viene caricato di un senso di inadeguatezza e di nullità per la mancanza
o il ritardo nell’arrivo di un figlio (Kemeter, Fiegl, 1998).
Se da
una parte quindi la diagnosi di infertilità può avere effetti negativi
sulla coppia, è anche vero che spesso queste sono problematiche
preesistenti che in situazione di difficoltà vengono accentuati. Ciò
significa che pregressi problemi sessuali possono amplificarsi, le
difficoltà comunicative possono peggiorare, così come la rabbia o
sentimenti di aggressività e di colpa verso il partner.
La
potenziale distruttività per la coppia si colloca quindi nell’approccio
all’infertilità, cioè nel modo in cui viene vissuta dal marito e dalla
moglie (Pasch et al., 2002). In contrasto alle mogli, i mariti vivono
l’infertilità come una minaccia alla propria autostima, mentre nel caso
delle donne la bassa autostima e la relazione maritale sono due cose
differenti.
E’
evidente dunque, che la diagnosi di infertilità ha un impatto notevole
sulla qualità della vita, la relazione maritale e la funzionalità
sessuale (Monga et al, 2004) della coppia.
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