Ciao vorrei condividere con voi la nostra storia.
Sono Valentina una ragazza di 27 anni.
Una mattina come tante io e il mio fidanzato usciamo a pranzo. Dopo
sei mesi che stavamo insieme, lui mi dice che non sapeva bene cosa
provava e decide di lasciarmi. Io la stessa sera scopro di essere
incita…
La nostra avventura inizia qui…
Dopo un mese di prendi e lascia, decidiamo di rimanere insieme e
andare avanti come una vera famiglia. Non con poche difficoltà arriviamo
alla vigilia del quinto mese e dopo un’ecografia iniziano a dirci che
il nostro bimbo era probabilmente affetto da malattie genetiche non
meglio riconosciute e che non sarebbe sopravvissuto, o che non avrebbe
fatto una vita degna di essere chiamata così.
Noi non ci fermiamo ad un unico parere e inizia il nostro calvario
per vari ospedali e ginecologi. Nessuno sembra avere un’idea chiara
della situazione, lasciandoci nel buio più totale.
Molti sostenevano la stessa ipotesi, altri sostenevano solo che il bimbo era solo particolarmente piccolo per i mesi che aveva .
Dopo settimane di angoscia, l’ospedale dove mi ero ricoverata per
controlli sul caso mi dimette, consegnandomi indirizzi su cliniche
estere dopo praticavano l’aborto terapeutico, fuori legge in Italia…
Per noi quella dimissione era stata come ammettere che il problema
c’era, ma che nessuno voleva dargli un nome. Così iniziano le lunghe
chiamate a cliniche in Spagna, Londra, Francia, parlando del nostro caso
e non capendo nulla di quello che ci chiedevano! Alla fine riusciamo ad
avere per il giorno dopo, un appuntamento in una clinica di Nizza e in
caso non ci avessero convinti, avevamo già un appuntamento a Londra. Ci
mettiamo subito in viaggio, partendo in tre e sperando di ritornarci!
Il giorno della visita per noi è stato molto duro, avremmo incontrato
un medico che ci avrebbe detto se quello che sostenevano era vero o no!
Incontrammo una dottoressa che per fortuna parlava italiano, senza
tanti giri di parole ci disse che il bambino per lei era solo
particolarmente piccolo per una cattiva funzione delle mie arterie
uterine, ma che non aveva altri presunti problemi. Sarebbe però dovuto
nascere quanto prima perché in sofferenza…
In pochissime ore siamo a Roma, il giorno dopo nasce il nostro bimbo di 900 grammi!
Era piccolissimo, per un mese è stato ricoverato in terapia
intensiva, ma sembrava che le cose stessero andando “bene” tra aghi
trasfusioni cali di peso, ecc…
Una mattina, mentre noi mamme aspettavano davanti la porta per
entrare e vedere i nostri piccoli, ci dicono che un bimbo sta male e che
non faranno entrare tranne la mamma del bimbo malato. “Signora, prego.
Dovrebbe venire!” Sì, la mamma ero io e il bimbo era il mio. Potete
immaginare quello che ho provato!
Dopo una giornata per stabilizzarlo, i medici si rendono conto che la
cosa inizia ad essere più grave del previsto e loro non possono
gestirla: c’è bisogno di un trasferimento in un ospedale che abbia la
sala operatoria.
Il mio bimbo si era trasformato: il colorito grigio, cateteri
ovunque, tubi ovunque, occhi che chiedevano aiuto, un pancino così
gonfio che le vene si intravedevano così bene da potere contare… Gli era
venuta una sespi generalizzata in tutto il sangue che aveva colpito in
particolar modo l’intestino.
Alle tre di notte ci trasferiscono e subito ci dicono che la
situazione è in peggioramento, il bambino va stabilizzato per evitare un
operazione.
Il giorno dopo le condizioni peggiorano e si decide di operarlo, ma
la dottoressa non ci dà speranze di riuscita, le sue condizioni sono
troppo critiche, ma tra l’operarlo e tentare e lasciarlo andare così,
decidono di operarlo…
Un secondo dopo l’infermiera esce e ci chiama. Mi chiedo: “Non è
possibile, non possono aver già fatto, non è possibile, troppo poco
tempo!”
Temevo il peggio…
La dottoressa ci dice che i suoi parametri sono troppo deboli per
essere operato, che iniziare ora sarebbe come condannarlo. Le nostre
speranze diminuisco sempre di più, fino a quando all’improvviso i suoi
parametri si stabilizzano e la dottoressa approfitta del momento,
dandoci sempre poche speranze…
Quando l’infermiera mezz’ora dopo entra nella sala d’attesa, facevamo
caso solo al suo sguardo: se nascondeva un piccolo sorriso era andata,
il contrario sarebbe stata la nostra fine!
Miracolosamente il piccolino passa l’operazione, ma il peggio non era
ancora passato. Però, per il momento, eravamo felici così! (LEGGI
ANCHE: ANTONIO PIO, NATO PREMATURO A 24 SETTIMANE)
Il nostro piccolino passerà altre 5 operazioni, passando di reparto
in reparto, intubato, stubato, giorni bene, giorni male, giorni senza
speranze, giorni con piccoli miglioramenti, in coma, sedato, in
isolamento, mesi senza mangiare, poche ore per vederlo, giorni senza
parlare con i medici, mesi senza dormire!
Dopo sei mesi e mezzo Samuel esce dall’ospedale…
Ora sta bene, mangia tanto, pesa 5 chili e siamo una famiglia!
Voglio raccontare questa mia storia, perché l’amore non si arrende mai.
di Valentina
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