Non so esattamente come ci siamo
trovati a parlare con un medico di donazione di ovuli. Siamo stati in Israele
per intervistare esperti di fecondazione in vitro circa il trattamento che mi
avevano proposto, ed in seguito abbiamo saputo, che eravamo seduti con la donna
responsabile di uno dei programmi di donazione di uova di Israele. L’ovodonazione
sarebbe dovuta essere la nostra ultima fermata, soltanto dopo forti tentativi
di IVF. Ma quando mio marito ha sentito i numeri, i suoi occhi si sono
illuminati. "C'è una probabilità dal 60 al 70 per cento del successo per l’ovodonazione,
ha detto il medico. Avevamo da tempo notato
le statistiche (anche se secondo la Società delle Tecnologie
Riproduttive Americana il tasso di successo è del 54,9 per cento), ma non
avevamo ancora pensato di usare gli ovociti altrui, perché continuavo a
rimanere incinta, e sembrava solo una questione di tempo fino a che abbiamo
trovato la mia buona donatrice e il giusto protocollo che ci ha permesso di
portare a termine la gravidanza.
C'è uno strano silenzio nel mondo
circa gli ovuli delle donatrici. Ci sono molte celebrità, madri adulte e orgogliose
che saltano sulle pagine dei tabloid, al supermercato con i loro figli, che probabilmente
hanno usato ovuli di donatrici, anche se non avrebbero mai ammesso
pubblicamente questa cosa. (in realtà, non dovrebbero: è una questione di
privacy, ma la segretezza lo fa sembrare vergognoso.) Non avevo dato molta importanza
fino a quell’ incontro, perché il costo - a partire da circa 25 mila dollari -
sembrava proibitivo.
Questo medico ha detto che il
programma di ovodonazione in Israele costa circa $ 8.000 per i pazienti privati
(di meno se sei un cittadino israeliano), che si recano in cliniche di altri
paesi come l'Ucraina, Cipro e la Repubblica Ceca per sei uova da una giovane
donna (età 21 a35) . Ha fatto sembrare relativamente tutto molto semplice -
pochi farmaci, un weekend all'estero e puf! Sarei incinta. Potrei anche farlo
dagli Stati Uniti.
Salomone, mio marito, era pronto.
Era la matematica - 50 per cento contro un meno del 10 per cento - che lo
ondeggiava. Ma ha lasciato a me prendere la decisione di smettere di tentare
con IVF. "Alla fine, dipende da quello che ti senti," ha detto.
Era una scelta mia perché con le
uova della donatrice, il bambino avrebbe avuto il suo materiale genetico, non il
mio. Ho voluto credere che non mi sarebbe importato – portavo ancora il bambino
in grembo, nutrendolo - e mi sentivo come la peggiore persona nel mondo, ammettendo
la mia paura più profonda: che non avrei sentito che il bambino fosse stato il
mio. Vorrei poter pensare come il mio terapeuta olistico (mio cugino) che
lavorava con le famiglie e continuava a dirmi, "L'amore è l'unica cosa che
conta."
Ma è vero?
Il Dipartimento di Stato richiede
che "un cittadino statunitense se ha una connessione biologica con un
bambino [nato all'estero] può trasmettere la cittadinanza al bambino alla
nascita. In altre parole, il genitore negli Stati Uniti deve aver donato lo
sperma o essere la donatrice di ovuli per trasmettere la cittadinanza a un
bambino concepito con ART [Riproduzione Assistita Tecnologia]. "Solomon è
un cittadino americano, ma la lettura di quelle informazioni sembrava una
pugnalata al mio utero: un ente governativo stava dicendo che il bambino non
sarebbe stato "il mio."
Ma quello era un uomo di paglia.
La mia vera preoccupazione era quella ebraica. Solomon aveva sperato
inutilmente che non avrei mai letto l'articolo di Caren Chesler Che cosa rende
una madre ebrea? Come lei, mi sono preoccupata. Se avessi usato gli ovuli, avrei
dovuto convertire il mio bambino? Che cosa penserebbe la mia famiglia
ultra-ortodossa? Naturalmente non dovrebbe importare: io ero una donna adulta,
non più religiosa, sposata con un uomo laico e pensavo che questi editti
religiosi erano fasulli, ma non ho potuto scuotere la (dichiaratamente
razzista) nozione. Ero cresciuto con le mie idee tutta la vita, che ogni
bambino mio sarebbe de facto stato ebreo. Non volevo che i miei figli fossero
rifiutati dalla comunità ebraica.
Ho scoperto che c’è una zona
grigia nella legge ebraica. Mi rivolsi ad un rabbino dell'Istituto Puah,
un'organizzazione ortodossa che aiuta le donne con infertilità. "Alcuni
rabbini sostengono che solo la donatrice deve essere ebrea, altri dichiarano
che la madre naturale lo deve essere - e altri ancora dicono che entrambe lo devono
essere", ha detto, sottolineando quanto sia difficile e costoso ottenere
le uova di donatrici ebree. Ha elencato i nomi di rabbini rispettati, tra cui
il rabbino capo sefardita di Israele recentemente scomparso, Ovadia Yosef, che
ha stabilito che solo la madre naturale aveva bisogno di essere ebrea. Questo è
stato sufficiente per me.
"Ma io sono convinto che non
hai ancora bisogno di ovuli di donatrici," il rabbino Puah mi disse dopo
che avevo raccontato il nostro viaggio di fertilità. Ho pensato al mio amico
che, dopo un tentativo fallito di IVF, è stato costretto a spostarsi sull’ovodonazione.
I suoi figli erano incantevoli. Ma lei non aveva avuto scelta. Lo ha dovuto
fare.
Il rabbino ha detto: "Non c’'è
nessun modo di poter continuare con la fecondazione in vitro?"
C'era.
Ci incontrammo con i medici della fecondazione in vitro in Israele per quello
che Solomon ha chiamato il nostro ultimo tentativo di trovare il mio unico buon
uovo. Se un paio di energici tentativi di I.V.F. non avrebero funzionato,
avremmo usato gli ovuli di donatrici. Io so soltanto una cosa: alla fine, sarà
il nostro bambino in entrambi i casi.
(By Amy Klein)
Visto che la Corte Costituzionale si è inventata il “diritto al figlio” e la “disuguaglianza consistente nel fatto che siccome l’eterologa era prevista in altri paesi allora se la sarebbero potuta permettere solo chi aveva i soldi per il viaggio” (che perle questi luminari del diritto!) potrebbe aggiungere un altro tassello: non ci sono donatrici? Non c’è problema, diciamo che questa mancanza di donatrici è un ostacolo al diritto al figlio e dichiariamo incostituzionale la legge nella parte in cui non prevede la possibilità per il Governo di espropriare gli ovuli a fini di privata utilità, e cioè per la realizzazione del diritto al figlio. Che ci vuole?
RispondiEliminaLa proposta mi pare sensata. D’altronde se si considera un figlio alla stregua di un oggetto su cui esercitare il proprio “diritto di possesso”, senza che a quest’ultimo vengano riconosciuti diritti propri, non c’è nessuna differenza con l’esproprio di un pezzo di terreno. Per ragioni di pubblica utilità, of course.
EliminaIl diritto non ha per oggetto il figlio, ma è l’accesso a una tecnica di procreazione. Quello che importa è che se la donna ha la donatrice può accedere alla procedura, se non ce l’ha a questo non può pensare lo stato, caso mai si potrebbe togliere il divieto di ricompesare la donatrice. Quanto a leggi che espropriano il corpo finora ce ne è stato di un solo tipo caro a voi embrionsti
RispondiEliminaPerdona il ritardo, ma stavo ancora ridendo…
Elimina“Il diritto non ha per oggetto il figlio, ma è l’accesso a una tecnica di procreazione”: questa è troppo bella.
Come dire che uno scassinatore di casseforti lo fa per amore della meccanica.
Volevo dire che ciò a cui la persona/coppia sterile ha diritto è di poter accedere ad una tecnica sostitutiva delle potenzialità della fertilità naturale. Il bambino nato dalla procreazionr in vitro con l’eterologa è titolare degli stessi diritti dei nati con procedimento naturale non è certo una cosa di proprietà dei genitori, è la vostra mente che distorce tutto
RispondiEliminaI fatti stanno così che in altri stati dell’unione europea che condividono lo stesso tipo di ordinamenti giuridici, quindi non prevedono la compravendita di persone, le cliniche specializzate in inferrilità possono remunerare le donatrici di ovuli (anche 750 euro per un ovulo). A te questa cosa fa schifo, a me è indifferente, a qualuncun altro è un abominio, ma non si fa male a nessuno e le donne che donano gli ovuli sono tutt’altro che delle minorate incapaci di capire il proprio gesto e se anche la motivazione è economica non è certo la miseria assoluta che può alterare la capacità di giudizio.
RispondiEliminaOggi si possono dare le definizioni che più ci aggradano in base al proprio pensiero, e non ai fatti. Ognuno può pensare e distorcere quanto vuole se segue le nuove fantasiose linee di pensiero post sessantottine. I fatti sono che i figli da quando è nato il mondo sono di chi ci mette il materiale genetico; un figlio dell’eterologa è un figlio espropriato di uno dei genitori, che è cosa che è meglio evitare. La scienza che da un “aiutino” in accordo con le leggi di natura (omologa) è una cosa, altra è forzare la natura ai propri desideri, senza considerare le possibili conseguenze. Mi chiedo, quando si è permessa questa tecnica, si è mai valutato quanto i figli che non conoscono i genitori biologici hanno sofferto di questa condizione? Non credo, l’impressione con le nuove tecniche, in generale, è che se conviene a qualcuno si procede e chi se ne frega del resto.
RispondiEliminaDel resto basta pensare al Bossetti, che tra gli altri traumi scopre di non essere figlio di suo padre. OK questo è un caso limite, ma è per dire che non fa piacere sapere che chi ti alleva e ti da amore non sono entrambi i tuoi genitori.
La sentenza – ovviamente e giustamente – non crea alcun obbligo per nessuno, semplicemente toglie un divieto; specificatamente quello di accedere ad una metodica non per ragioni tecniche ma ideologiche, non distinguendo gameti, ovuli, spermatozoi ed embrioni fra sposati e non sposati.
RispondiEliminaMi sembra interessante che le strutture sanitarie propongano a chi ha già prodotto ovuli di mettere a disposizione quelli non utilizzati per la fecondazione eterologa di altre donne; la donna interessata deciderà per il si o per il no.
Permettete una battuta, ma anche in questo caso il problema del “Maschio” risulta irrilevante.
RispondiEliminaSolo madri in affitto o surrogate, ma niente Padri, perché il maschio da riproduzione non ha più alcun legame ne diritto, è semplice strumento “usa e getta”. Continua così il processo di cancellazione della paternità come espressione libera e responsabile, nella trasmissione della vita e della tradizione ai propri Figli
Per quanto mi riguarda, io non faccio “donazioni” di questo genere a nessuno. Sono sempre stata contraria alla fecondazione eterologa, che per me è un’aberrazione inaccettabile. Pazienza per chi non può avere figli, alla fine non è il peggiore dei mali, ma io non mi presto a porcate di questo genere per aiutare gli altri a concepire un figlio che poi sarebbe per metà figlio mio. Io non regalo un figlio a nessuno. E se io non potessi avere figli (non essendo disponibile ad adottare figli altrui perché l’adozione non è la mia strada), accetterei la situazione. Ma non sono assolutamente per “il figlio ad ogni costo”.
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