mercoledì 22 aprile 2015
“Stato interessante”, documentario sui dubbi del primo figlio a 40 anni
Alessandra Bruno ha deciso di seguire la vita di otto donne di Milano, Bologna, Roma e Torino. C'è chi cerca un figlio, chi non lo vuole e chi è incerta. I grandi assenti? Gli uomini. "Non sembrano interrogarsi a fondo sul desiderio di paternità"
In Italia si fanno sempre meno figli. I dati Istat indicano che nel 2013 è stato raggiunto il record negativo della natalità, con solo 515mila nuovi bambini. Le cause di questo trend, che ci porta ad essere un Paese sempre più vecchio, sono diverse: laprecarietà, gli stipendi bassi, la disoccupazione, la crisi economica, l’assenza di un welfare adeguato. Sulla scelta pesano anche la storia personale, il partner che si ha accanto, la voglia di restare indipendenti. Per indagare a fondo il desiderio dimaternità delle italiane, la regista romana Alessandra Brunoha deciso di seguire, in un documentario intitolato “Stato interessante”, la vita di otto donne di Milano, Bologna, Roma e Torino. Le protagoniste hanno tra i 39 e i 42 anni, sono cioè in quell’età “dell’ora o mai più”. Il lavoro della filmmaker è cominciato lo scorso marzo. Non è ancora concluso, ma si possono vedere alcune interviste sulla pagina Facebook del progetto.
“Credo che il dubbio se diventare madri oppure no faccia parte dell’animo femminile da sempre, semplicemente adesso c’è la possibilità di esprimerlo con maggiore consapevolezza – spiega la regista.- Le persone che seguo nel progetto sono diverse. Due stanno cercando un figlio con un iter clinico, due sono certe di non volerlo, quattro invece sono incerte”.
Le donne che hanno deciso di restare incinte si ritrovano a fare i conti con l’età: nonostante i progressi della medicina, ritardando il momento del concepimento, si possono avere maggiori difficoltà. Le due, invece, che hanno scelto di non essere madri devono confrontarsi con le pressioni di una società che fatica ancora ad accettare che una donna possa essere completa anche senza un bambino. Per le quattro indecise la situazione si complica.
“A volte pensano di volere un figlio, poi cambiano idea – dice Bruno. – Credo pesi la precarietà lavorativa ed esistenziale, il fatto che a quarant’anni ci si sente ancora giovani e i modelli materni che si sono imposti nella società. C’è una retorica basata sulla madre perfetta, attenta a tutto e multitasking, che scoraggia, facendo sentire inadeguate. Non c’è più quella casualità con cui si crescevano i figli una volta. Se penso a mia madre, lei mi ha avuta a 23 anni e mi ha cresciuta come meglio ha potuto, senza troppe aspettative”.
Nelle vicende delle donne riprese nel documentario, i grandi assenti sembrano essere i potenziali padri (va ricordato che una delle protagoniste è lesbica, in coppia con un’altra donna) per la mancanza di una presa di posizione decisa. “Da parte degli uominic’è un delegare, un ‘decidi tu’ – sottolinea la regista. – A parte un caso, non sembrano interrogarsi a fondo sul desiderio di paternità. È come se pensassero che è solo l’orologio biologico femminile ad essere in discussione, non il loro. Credono di avere tempo fino a sessant’anni, come se poi fosse così semplice avere un figlio in età avanzata, quando quasi si potrebbe essere nonni”.
A frenare gli uomini, ma anche le donne, è inoltre il pensiero comune di avere una vita già sistemata (pur nella precarietàgenerale) e di non avere spazio per un bambino, che stravolgerebberitmi e abitudini.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/29/interessante-documentario-sui-dubbi-maternita-figlio-40-anni/1358106/
martedì 21 aprile 2015
Cibi da evitare in gravidanza: i salumi e la carne cruda
In gravidanza ogni donna mette il proprio corpo in coondivisione con un altro piccolo esserino e quindi deve prestare molta più attenzione a tutto quello fa e soprattutto alla propria alimentazione perchè il bambino si forma proprio con quello che noi gli diamo. Come sappiamo ci sono i cibi da evitare, quelli che sono concessi ma con moderazione, come il cioccolato, e quelli che vanno benissimo. Tra i cibi da evitare perchè sono a rischiotoxoplasmosi, in pole position ci sono i salumi e la carne, che in certi casi, possono diventare pericolosi.
La carne in gravidanza si può mangiare ma deve essere ben cotta, dovete assolutamente evitare tutti i tipi di carne che vanno serviti al sangue, come il roast beef, il carpaccio e la carne tritata cruda. Qualunque carne scegliate dovete ricordarvi di comprarla in posti sicuri e magari evitare fattorie e posti che di certo avranno la carne buona, ma i controlli sono un pò meno rigidi.
Per quanto riguarda i salumi invece dovete evitare quelli crudi come il prosciutto crudo o labresaola che possono costituire un pericolo per la mamma che non ha sviluppato anticorpi contro la toxoplasmosi. In generale salumi come la mortadella o il prosciutto cotto vanno bene ma dovete cercare di affidarvi anche quì a marchi e aziende e non a quelli casalinghi.
Mi raccomando, fate attenzione ma senza esagerare, potete mangiare tutto basta solo stare lontane dai guai!
giovedì 16 aprile 2015
Tutti lo sanno ma nessuno ne parla: la depressione post-adozione
Estratto da 'Donna Moderna'
- Prima il sogno: la gioia per l'arrivo di un figlio tanto desiderato. Poi la realtà: un bambino con i suoi difetti, i suoi problemi, una storia spesso difficile alle spalle.
- E così più di un genitore su tre va in crisi. E soffre di ansia, insonnia. Alterna rabbia e sensi di colpa. Un problema sottovalutato, che è ora di affrontare.
Molti genitori adottivi l'hanno provato sulla loro pelle. Prima il sogno, l'attesa, il sospirato arrivo di quel bimbo tanto desiderato. Poi la delusione davanti ai primi problemi, l'ansia, la paura di non farcela. Una cascata di emozioni che scatena la depressione post-adozione, qualcosa di meno di una malattia e molto più di un disturbo trascurabile. Colpisce centinaia di famiglie tra le oltre tremila che ogni anno in Italia prendono con sé un bambino straniero. Eppure nessuno ne parla. «Sappiamo quasi tutto della depressione post parto, il "baby blues" ormonale che fa soffrire le mamme naturali, ma pochissimo della Pads, la "Post adoption depression syndrome", un problema che riguarda il 65 per cento dei genitori che fanno una adozione internazionale» spiega a Donna Moderna Harriet McCarthy, responsabile della Eastern European Adoption Coalition, un'associazione americana per le adozioni che ha fatto la prima indagine sulla Pads. «In Italia non esistono ricerche, ma l'esperienza insegna che almeno il 30 per cento delle famiglie viene colpito dal problema» ammette Piergiovanni Mazzoli, psicanalista e responsabile di corsi di formazione per psicologi che seguono le adozioni. «La sindrome compare uno o due mesi dopo l'adozione e ha molti sintomi della depressione: malinconia, irritabilità, stanchezza, insonnia, perdita di vitalità». Una condizione che spinge la coppia a isolarsi e soffrire in silenzio e che bisogna riconoscere in tempo, per evitare che mamme e papa gettino la spugna. - Delusione iniziale La depressione, spiegano gli esperti, ha radici profonde. I genitori che fanno adozioni internazionali, infatti, sopportano lunghi anni di attesa, viaggi negli orfanotrofi all'estero, e si cullano per molto tempo con l'immagine di un figlio ideale. L'incontro con il bambino in carne e ossa spesso è un trauma.
- «La coppia può provare un senso di estraneità» spiega Cinzia Riassetto, psicologa del Cifa, un'associazione per le adozioni internazionali. «Un sentimento prodotto dal contrasto tra l'immagine del figlio sognato, bello, sano e affettuoso. E il bambino reale, con i suoi difetti e la sua storia». Le difficoltà si moltiplicano all'arrivo del bimbo in Italia, quando emergono tutti i problemi dell'adozione. Quasi sempre i piccoli hanno vissuto l'abbandono da parte dei genitori naturali, maltrattamenti, violenze. Si tratta di bambini con vuoti affettivi, rancori e diffidenze che si esprimono attraverso comportamenti inattesi. «Il papa di Sorin, un bimbo rumeno di quattro anni, era in preda allo sconforto e alla depressione» racconta lo psichiatra Mazzoli. «Il figlio era bellissimo, ma aveva ritardi evolutivi. All'asilo non imparava nulla e faceva i suoi bisogni davanti a tutti. E il padre si sentiva disarmato di fronte a problemi di cui non conosceva l'origine».
- Sentimenti contrastanti Un'altra radice della depressione sono i sentimenti contrastanti provati dai genitori. All'affetto per il figlio può subentrare l'aggressività e il risentimento. La mamma di Andrej, un bambino russo di 11 anni, non riusciva a farsi una ragione della sua disobbedienza. «Non accettava che il bambino non ri cambiasse con amore e rispetto tutto l'affetto ricevuto» spiega Piergiovanni Mazzoli. «In questi casi i genitori reagiscono con rabbia e aggressività. Salvo poi sentirsi in colpa e vergognarsi dei propri sentimenti. Un'altalena emotiva che alimenta la depressione». Delusione, chiusura al mondo, perdita di vitalità. Ma a volte il malessere dei grandi si esprime in modo inatteso. Come il ritorno anticipato al lavoro. «È un modo per fuggire dall'ansia: si ributtano in quello che era per loro la normalità, per dimenticare i problemi dell'adozione» spiega la psicologa Jolanda Galli, autrice con Francesco Viero del libro "Fallimenti adottivi".
- La crisi della coppia L'arrivo di un bambino cambia gli equilibri all'interno della coppia. E può provocare invidie e gelosie che portano alla crisi tra i coniugi. «La frattura nasce di solito dalla preferenza del figlio per uno dei genitori: non è raro che la madre venga trattata come una nemica, perché ricorda la mamma naturale, quella che ha abbandonato il bambino» dice la psicologa del Cifa, Cinzia Riassetto.
- L'incontro con un piccolo che ha molto sofferto può anche fare riemergere nei genitori adottivi vecchi traumi personali. E la coppia ne risente. «Una mamma, che aveva appena ricevuto una bambina rumena abbandonata dai genitori, era andata in depressione» racconta la psicologa Jolanda Galli. «Dopo alcune sedute di psicoterapia è venuto fuori che i genitori della donna, quando lei era piccola, l'avevano affidata per anni ai nonni. L'arrivo della bimba rumena aveva risvegliato la paura dell'abbandono».
- Come guarire Ma solo raramente i sintomi della Pads si trasformano in una depressione grave, una malattia vera e propria. «Succede ai genitori più affaticati, quelli che hanno adottato due o più bambini contemporaneamente» dice la psicoterapeuta Jolanda Galli. «In questi casi è necessario fare un ciclo di psicoterapia e usare tarmaci antidepressivi». Più spesso la crisi può essere superata uscendo dall'isolamento. Attraverso i colloqui con gli psicologi della Asl e i gruppi di genitori adottivi. «Solo così le coppie scoprono che quelle difficoltà che a loro sembrano insormontabili sono normali, e condivise da molti altri» dice Melita Cavallo, ex presidente della Commissione adozioni internazionali. «Purtroppo i genitori adottivi sono "permalosi" e si chiudono nella coppia: temono, dopo i mille esami sostenuti per avere un bambino, di essere bocciati come educatori». L'importante è la prevenzione: mettere a punto un piano per affrontare le difficoltà. «Nei primi mesi i genitori devono imparare a gestire la risorsa più rara: il tempo» raccomanda Harriet McCarthy della Eastern European Adoption Coalition. «Consiglio a mamme e papa di chiedere un lungo congedo dal lavoro. E di dedicarsi con calma a quella novità che rivoluziona le loro vite. Ma è necessario che la coppia riservi almeno un'ora al giorno tutta per sé: il bambino deve capire che non c'è solo lui».
Donna Moderna - Redatto da Maurizio Dalla Palma
martedì 14 aprile 2015
Trentaduesima e trentatreesima settimana di gravidanza
COSA SUCCEDE AL TUO CORPO
Continui ad avere i soliti disagi tipici della gravidanza. Ricordati comunque di riposare il più possibile.Per stare meglio ci sono sempre alcune cose da fare come massaggi, tecniche di rilassamento, stretching dolce, leggero esercizio fisico, una corretta postura e una alimentazione sana ed equilibrata.
Mi raccomando non prendete alcun farmaco prima di aver consultato il vostro medico!
L’utero adesso arriva a circa 12 cm sopra l’ombelico.
Lo stomaco per questo si infiamma facilmente e puoi avvertire fastidiosi bruciori. Puoi avere anche episodi di calo di pressione ma questo accade quando si rimane a lungo supine.
Sei curiosa di sapere dalla altre mamme com’è il parto?
A questa domanda otterrai sicuramente risposte molto diverse.
Come la gravidanza infatti anche il parto è molto soggettivo sia in termini di durata che di dolore provato.
Dipende anche dalla scelte che una donna vuole fare: con o senza epidurale gli esiti sono diversi.
COSA SUCCEDE AL BAMBINO
Il bambino adesso dorme il 90-95% del tempo. La sua pelle è diventata più spessa e sempre più rosata.I suoi movimenti raggiungono il picco questa settimana e poi cambieranno sia in termini di quantità che qualità.
L’aspetto rugoso comincia a scomparire così come la peluria, in compenso potrebbe avere una bella chioma di capelli
L’aumento di peso è stato importante, siamo infatti a circa 1300 g perunalunghezza di circa 40 cm.
PER IL PAPA’
E’ tutto pronto per il bambino? Cosa resta da fare? Siediti e fare un elenco delle cose che puoi da fare prima della nascita. Avete un seggiolino per auto? Avete scelto una pediatra?CONSIGLI
Il tuo bambino è nella giusta posizione? Quando si trova nella posizione podalica puoi aiutarlo a cambiare posizione così:-omeopatia con la Pulsatilla
-maxibustione sul mignolo del piede fatto con un sigaro di artemisia che andrà a riscaldare questo preciso punto. La madre deve essere in posizione supina, con le anche rialzare dal pavimento di 30 cm, sostenuta da cuscini larghi.
-riflessologia
-massaggi con il rebozo
Trentatreesima settimana di gravidanza
COSA SUCCEDE AL TUO CORPO
Stai guadagnando circa mezzo chilo a settimana!Un lieve gonfiore generale è normale ma se noti un improvviso aumento, un gonfiore eccessivo ed improvviso in particolare al viso, contatta subito il tuo medico.
Adesso potresti saper distinguere il gomito dal ginocchio del tuo bambino. I suoi movimenti sono cambiati, più piccoli a causa dello spazio che si sta riducendo.
Se noti una specie di movimento ritmico, non preoccuparti, il tuo bambino ha il singhiozzo. In queste settimane potrai avvertire delle lievi contrazioni, preparatorie, che possono essere frequenti ma mai associate a dolore. E’ un fenomeno normale che con il riposo o un bagno caldo passa. Vi sentite goffe, enormi, impacciate nei movimenti.
COSA SUCCEDE AL BAMBINO
A questo punto la quantità di liquido amniotico è massima e rimarrà tale fino al parto.Il cervello del bambino continua a crescere e di conseguenza aumentano pure le dimensioni della sua testa.
Continua a sviluppare il grasso sottocutaneo e la pelle diventa sempre più rosea.
Se è un maschietto i testicoli si sono spostati dalla posizioni iniziale, vicino ai reni, allo scroto.
Pesa circa 1,5 Kg e misura 41 cm di lunghezza. I suoi movimenti sono tra i 40 e gli 80 ogni ora.
PER IL PAPA’
Toccherà a voi fare i primi documenti per il bambino, sono:- Denuncia o dichiarazione di nascita
- Iscrizione al registro anagrafico
- Iscrizione all’anagrafe tributaria
- Iscrizione al servizio sanitario e scelta del pediatra
CONSIGLI
Utilizzate per la nutrizione della pelle il Gel di aloe vera su pancia, seni e cosce.Una coccola?
100 ml di olio di cocco e 5 gocce di olio essenziale di rosa: mettete l’olio di cocco e l’olio essenziale di rosa in una ciotolina di vetro, scaldatela leggermente a bagnomaria e massaggiate l’olio caldo profumato sul pancione
CONTROLLI DA FARE
Tra la 33ª e la 37ª settimana si eseguono gli esami del sangue Emocromo, test HIV, epatite B e C; e un esame completo delle urine.Utero in affitto a Kiev: la coppia è stata assolta
Accusata di alterazione dello stato civile. L'avvocato Menzione: "Sentenza che si allinea alla migliore giurisprudenza"
di Giovanni Parlato
PISA. Nessuna alterazione dello stato civile. È stata assolta la coppia che, non potendo avere figli, aveva scelto di andare in Ucraina utilizzando l’utero in affitto di una donatrice. La coppia, tornata in Italia, aveva iscritto il figlio allo stato cvile non dichiarando che la madre naturale fosse un’altra. Per questo motivo, la coppia era stata denunciata per alterazione dello stato civile in concorso. Ma alla resa dei conti, l’accusa si è dissolta.
Soddisfatto l’avvocato Ezio Menzione che ha difeso la coppia, residente in Valdera. "Questa sentenza non solo accerta che non c’è reato - dice il legale - ma si allinea con la migliore giurisprudenza italiana. Auspico che questa sentenza possa preludere a una diversa codificazionee che diventi argomento di discussione anche in sede legislativa".
Il collegio giudicanete che ha assolto la coppia era formata dal presidente Luca Salutini e dai giudici a latere Donato D’Auria e Leonardo Degl’Innocenti. L’accusa era rappresentata dal pubblico ministero Giampaolo Melchion il quale aveva chiesto l’assoluzione per la coppia. la corte si è riunira in camera di consiglio per un’ora al termine della quale ha emesso la sentenza di piena assoluzione. L’accusa di alterazione dello stato civile non è stata neanche derubricata con un eventuale reato minore come “false dichiarazioni ai funzionari dell’ambasciata”.
La corte avrebbe potuto anche prendere in considerazione quest’eventualità poiché dal parte dell’ambasciata italiana c’era stata una segnalazione. "È stata scelta la piena assoluzione ed è per questo che sono particolarmente soddisfatto" commenta l’avvocato Ezio Menzione il quale, in Italia, è il legale di riferimento delle coppie che, come quella della Valdera, sono accusate del medesimo reato.
La vicenda, al centro del processo, risale al 2012. La donna non può avere figli. Il desiderio di avere un bambino spinge la coppia fino in Ucraina. A Kiev ci sono cliniche specializzate (costi fra i 30 e 50.000 euro) per quella che viene definita gravidanza surrogata. Una donna affitta il proprio utero e riceve il seme di quello che sarà sempre e comunque il padre biologico del bambino. La gravidanza va avanti fino al momento del parto. E così è successo per la coppia della Valdera che sbriga le pratiche a Kiev nella clinica dove viene rilasciato l'atto di nascita.
Ogni figlio nato in Ucraina riceve un certificato da apolide e per rimpatriarlo bisogna andare all'ambasciata italiana a Kiev. Lì, da qualche anno, segnalano i casi di questo tipo alle Procure della Repubblica. Quando la coppia torna in Italia per l'accusa consuma un reato: aver registrato come proprio il figlio venuto al mondo da una mamma, come si scrive in Francia, “portatrice”. Da qui, scatta la denuncia di alterazione dello stato civile in concorso. Il codice prevede pene da 5 a 15 anni.
Il sogno di essere diventati genitori si scontra con il sistema giudiziario. La coppia si affida a un esperto avvocato come Ezio Menzione. Comincia il processo. Da un dibattimento si passa a un altro fino alla sentenza di ieri che fa tirare un gran sospiro di sollievo alla coppia. E, di riflesso, anche a un’altra coppia pisana accusata dello stesso reato.
http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2015/04/11/news/utero-in-affitto-a-kiev-la-coppia-e-stata-assolta-1.11209808
PISA. Nessuna alterazione dello stato civile. È stata assolta la coppia che, non potendo avere figli, aveva scelto di andare in Ucraina utilizzando l’utero in affitto di una donatrice. La coppia, tornata in Italia, aveva iscritto il figlio allo stato cvile non dichiarando che la madre naturale fosse un’altra. Per questo motivo, la coppia era stata denunciata per alterazione dello stato civile in concorso. Ma alla resa dei conti, l’accusa si è dissolta.
Soddisfatto l’avvocato Ezio Menzione che ha difeso la coppia, residente in Valdera. "Questa sentenza non solo accerta che non c’è reato - dice il legale - ma si allinea con la migliore giurisprudenza italiana. Auspico che questa sentenza possa preludere a una diversa codificazionee che diventi argomento di discussione anche in sede legislativa".
Il collegio giudicanete che ha assolto la coppia era formata dal presidente Luca Salutini e dai giudici a latere Donato D’Auria e Leonardo Degl’Innocenti. L’accusa era rappresentata dal pubblico ministero Giampaolo Melchion il quale aveva chiesto l’assoluzione per la coppia. la corte si è riunira in camera di consiglio per un’ora al termine della quale ha emesso la sentenza di piena assoluzione. L’accusa di alterazione dello stato civile non è stata neanche derubricata con un eventuale reato minore come “false dichiarazioni ai funzionari dell’ambasciata”.
La corte avrebbe potuto anche prendere in considerazione quest’eventualità poiché dal parte dell’ambasciata italiana c’era stata una segnalazione. "È stata scelta la piena assoluzione ed è per questo che sono particolarmente soddisfatto" commenta l’avvocato Ezio Menzione il quale, in Italia, è il legale di riferimento delle coppie che, come quella della Valdera, sono accusate del medesimo reato.
La vicenda, al centro del processo, risale al 2012. La donna non può avere figli. Il desiderio di avere un bambino spinge la coppia fino in Ucraina. A Kiev ci sono cliniche specializzate (costi fra i 30 e 50.000 euro) per quella che viene definita gravidanza surrogata. Una donna affitta il proprio utero e riceve il seme di quello che sarà sempre e comunque il padre biologico del bambino. La gravidanza va avanti fino al momento del parto. E così è successo per la coppia della Valdera che sbriga le pratiche a Kiev nella clinica dove viene rilasciato l'atto di nascita.
Ogni figlio nato in Ucraina riceve un certificato da apolide e per rimpatriarlo bisogna andare all'ambasciata italiana a Kiev. Lì, da qualche anno, segnalano i casi di questo tipo alle Procure della Repubblica. Quando la coppia torna in Italia per l'accusa consuma un reato: aver registrato come proprio il figlio venuto al mondo da una mamma, come si scrive in Francia, “portatrice”. Da qui, scatta la denuncia di alterazione dello stato civile in concorso. Il codice prevede pene da 5 a 15 anni.
Il sogno di essere diventati genitori si scontra con il sistema giudiziario. La coppia si affida a un esperto avvocato come Ezio Menzione. Comincia il processo. Da un dibattimento si passa a un altro fino alla sentenza di ieri che fa tirare un gran sospiro di sollievo alla coppia. E, di riflesso, anche a un’altra coppia pisana accusata dello stesso reato.
http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2015/04/11/news/utero-in-affitto-a-kiev-la-coppia-e-stata-assolta-1.11209808
lunedì 6 aprile 2015
Sono una madre surrogata, perché dovrei sentirmi in colpa?
Sono una madre surrogata, perché dovrei sentirmi in colpa?
Ecco la storia di una “macchina perfetta per procreare”, perché essere madre non significa partorire il proprio figlio
Ci sono tanti modi di essere madre, tutti con uguale dignità. Donne
che si sentono madri fin da bambine e donne che invece non hanno
intenzione di diventarlo. Uomini che si trovano a fare le madri, madri
di figli naturali e di figli adottivi. Oppure donne che decidono di
partorire bambini per altri, come Natasha, la protagonista dell’estratto
che vi presentiamo da Madri, comunque
(Fandango, 188 pagine, 15 euro), scritto dalla giornalista Serena
Marchi. Perché essere madre può significare anche non dare luce al
proprio figlio.
Mia sorella è sterile. È nata senza utero e ovaie. Mia madre ci racconta che quando l’hanno scoperto, in casa è stata una tragedia: non poter avere figli e quindi non essere donna a tutti gli effetti, da noi, nel nostro piccolo paesino di campagna qui in Ucraina, era una disgrazia.
Perché nessun uomo era disposto a sposare una ragazza che non gli potesse dare dei figli. E non credo che oggi le cose siano cambiate più di tanto. Mi chiamo Natasha, ho ventinove anni, sono sposata da undici e sono mamma di un bambino di nove. Sono l’ultima di cinque figli, quattro femmine e un maschio. Mia sorella Olga, la primogenita, ha vissuto tutta la vita con l’onta
di non essere completa, di non poter avere un futuro in una famiglia
tutta sua e di dover vivere per sempre con mamma e papà. Una zitella.
Io sono cresciuta tra i suoi pianti, le sue crisi isteriche, le sue
depressioni, il suo chiudersi in casa e schivare il più possibile le
persone. Ho visto con i miei occhi il peso degli sguardi dei vicini, quanto è stata esclusa ed emarginata dalle amiche, le battute dei compagni di scuola, le cattiverie delle donne del paese: “Che donna è mai quella che non può aver figli?”.
Al contrario suo, invece, io sono una macchina perfetta per procreare.
Non lo dico io. Me lo ripetono i medici della clinica Biotexcom di
Kiev, una delle più famose strutture in cui è possibile praticare la maternità surrogata. In Ucraina, come in alcuni paesi degli Stati Uniti, in Russia, Georgia, India, Gran Bretagna e Nuova Zelanda, affittare il proprio utero è permesso.
Io sono una portatrice, una madre surrogata: faccio diventare madri le donne che non possono terminare la gravidanza. Presto il mio utero alle coppie che si rivolgono alla Biotexcom per avere un figlio. Per essere una portatrice una donna deve avere dai venti ai trentacinque anni, avere almeno un figlio suo e rispettare i requisiti di salute
sia fisica sia mentale richiesti dalla clinica. E per ricorrere
all’utero in affitto, per la legge ucraina, la coppia deve essere eterosessuale, sposata e il nascituro deve avere il dna di almeno uno dei due componenti.
So molto bene cosa significhi non poter diventare madri.
Mia sorella e il suo destino per me sono un esempio lampante. Il fatto
di non avere un utero non ha annullato per niente la sua voglia di avere
un figlio e non le ha cancellato l’istinto materno.
Ma so anche molto bene cosa significhi essere madre. Mio figlio è la gioia
più grande della mia vita. Vederlo crescere giorno dopo giorno,
insegnargli cosa è giusto e cosa no, portarlo a scuola, sedersi accanto a
lui per fare i compiti, curarlo quando sta male, coccolarlo quando
piange, dormire con lui nel lettone. Niente di più bello. Quindi la mia
scelta di aiutare le coppie a diventare genitori secondo me è un dono di Dio.
E non un peccato imperdonabile, come lo etichettate voi in Italia.
Aiutarle a mettere al mondo una creatura, la loro creatura, stringerla
tra le braccia magari dopo strade difficili e tortuose è per me ogni
volta una grande soddisfazione.
In questo momento sto aspettando i gemelli di una coppia tedesca che nasceranno tra sei mesi. È la quarta volta che ospito nel mio ventre i figli di chi non può partorirne. Oltre a quello di mio figlio, nove anni fa, ho avuto altri tre parti:
due singoli e uno gemellare. Con questo fanno quattro. E io mi ricordo
solo quello in cui è nato il mio bambino: un vero e proprio salto nel
buio, in cui non sapevo minimamente cosa fare né come avrebbe reagito il
mio corpo. Dopo dodici ore di travaglio, molta ansia e preoccupazione,
avere in braccio mio figlio è stata una delle emozioni più forti che
abbia mai provato. Con gli altri parti è tutta un’altra cosa: so già cosa fare, so come reagisce il mio corpo. Ed è molto più facile perché so cosa accade.
Durante le gravidanze che faccio per gli altri genitori non penso mai: “Questo figlio è mio, me lo tengo”, perché so dal primo momento che non lo crescerò, che lo partorirò e poi lo darò ai suoi genitori. So che porto avanti la gravidanza per altri.
Anche adesso, quando sento i gemelli muoversi, quando ho le nausee e mi
duole la schiena, non si crea quel legame materno che ho avuto fino da
subito con mio figlio. Certo sto attenta a cosa mangio e mi tengo curata
ma mi dico: “Ci sono due persone che si prenderanno cura di lui, è per loro che lo faccio”.
Lo voglio ribadire: io ho un solo figlio, la più
grande gioia della mia vita. Gli altri che ho messo al mondo sono i
figli di qualcun altro. Non mi ricordo né il giorno in cui sono nati né
se erano maschi o femmine, nemmeno quanto pesavano. Non mi interessava e non mi interessa. Questi bambini non hanno niente di me, non hanno il mio dna, non verranno educati da me. Io li ho solo partoriti, ho aiutato chi naturalmente non lo poteva fare. E aver visto gli occhi pieni di gioia delle mamme e dei papà ai quali li ho consegnati è una delle cose che mi rende felice e serena. Per me mio figlio è così importante: perché non aiutare gli altri ad averne? Cosa c’è di male?
Lo sapete tutti che vengo pagata, per affittare il mio utero. Diecimila euro a parto, quindicimila se sono gemelli (lo stipendio medio mensile in Ucraina è 150 euro).
Non c’è niente di male nel farlo. Questi soldi servono per comprare una
casa più grande in cui possa andare con la mia famiglia, con mio marito
e mio figlio, gli unici amori della mia vita. Il mio corpo è fatto per procreare,
perché non usarlo per aiutare la mia famiglia a vivere in condizioni
migliori e al contempo rendere felice una coppia di genitori?
Sto pensando di diventare mamma ancora,
di fare un altro figlio tutto mio, magari una bambina questa volta.
Forse l’anno prossimo, quando avrò partorito questi che abitano ora nel
mio grembo. Perché quando ho avuto mio figlio, nove anni fa, ero molto
giovane e non mi sono resa conto di cosa significhi essere genitore. Ora
sono molto più matura e sono convinta che potrei godermi la maternità in maniera più consapevole.
Per essere dei bravi genitori devi voler amare
un figlio. Per essere madre serve solo voler amare un bambino e avere
tanta pazienza. Il figlio è di chi lo cresce, di chi lo desidera e di
chi gli vuole bene. Come si può ridurre il legame tra genitori e figli all’aspetto biologico o alla gestazione? L’amore non c’entra nulla con la capacità di riprodursi.
Per me l’essere madre ha due significati. Innanzitutto ho il dovere di amare, di educare e di custodire il mio bambino. Poi ho la grossa responsabilità
dei bambini che faccio nascere dal mio ventre perché so che da un’altra
parte, nel mondo, aspettano questa immensa gioia. No, non mantengo alcun tipo di contatto
con la famiglia per la quale partorisco. Sia la clinica sia gli
psicologi lo sconsigliano. Che senso avrebbe? Cosa mi darebbe in più?
E poi io mi porto dentro la frase che mi ha detto la prima donna per la quale ho partorito il figlio.
Ero ancora in ospedale, il bambino aveva un giorno. Quando l’ha visto è
scoppiata a piangere, mi ha abbracciata e mi ha detto: “Grazie
Natasha, tu hai la bacchetta magica: hai realizzato il mio sogno. Ora so
che la fata turchina esiste sul serio e per me sei tu”.
La fata turchina. Non lo trovate un complimento bellissimo?
Ecco la storia di una “macchina perfetta per procreare”, perché essere madre non significa partorire il proprio figlio
Ci sono tanti modi di essere madre, tutti con uguale dignità. Donne
che si sentono madri fin da bambine e donne che invece non hanno
intenzione di diventarlo. Uomini che si trovano a fare le madri, madri
di figli naturali e di figli adottivi. Oppure donne che decidono di
partorire bambini per altri, come Natasha, la protagonista dell’estratto
che vi presentiamo da Madri, comunque
(Fandango, 188 pagine, 15 euro), scritto dalla giornalista Serena
Marchi. Perché essere madre può significare anche non dare luce al
proprio figlio.
Mia sorella è sterile. È nata senza utero e ovaie. Mia madre ci racconta che quando l’hanno scoperto, in casa è stata una tragedia: non poter avere figli e quindi non essere donna a tutti gli effetti, da noi, nel nostro piccolo paesino di campagna qui in Ucraina, era una disgrazia.
Perché nessun uomo era disposto a sposare una ragazza che non gli potesse dare dei figli. E non credo che oggi le cose siano cambiate più di tanto. Mi chiamo Natasha, ho ventinove anni, sono sposata da undici e sono mamma di un bambino di nove. Sono l’ultima di cinque figli, quattro femmine e un maschio. Mia sorella Olga, la primogenita, ha vissuto tutta la vita con l’onta
di non essere completa, di non poter avere un futuro in una famiglia
tutta sua e di dover vivere per sempre con mamma e papà. Una zitella.
Io sono cresciuta tra i suoi pianti, le sue crisi isteriche, le sue
depressioni, il suo chiudersi in casa e schivare il più possibile le
persone. Ho visto con i miei occhi il peso degli sguardi dei vicini, quanto è stata esclusa ed emarginata dalle amiche, le battute dei compagni di scuola, le cattiverie delle donne del paese: “Che donna è mai quella che non può aver figli?”.
Al contrario suo, invece, io sono una macchina perfetta per procreare.
Non lo dico io. Me lo ripetono i medici della clinica Biotexcom di
Kiev, una delle più famose strutture in cui è possibile praticare la maternità surrogata. In Ucraina, come in alcuni paesi degli Stati Uniti, in Russia, Georgia, India, Gran Bretagna e Nuova Zelanda, affittare il proprio utero è permesso.
Io sono una portatrice, una madre surrogata: faccio diventare madri le donne che non possono terminare la gravidanza. Presto il mio utero alle coppie che si rivolgono alla Biotexcom per avere un figlio. Per essere una portatrice una donna deve avere dai venti ai trentacinque anni, avere almeno un figlio suo e rispettare i requisiti di salute
sia fisica sia mentale richiesti dalla clinica. E per ricorrere
all’utero in affitto, per la legge ucraina, la coppia deve essere eterosessuale, sposata e il nascituro deve avere il dna di almeno uno dei due componenti.
So molto bene cosa significhi non poter diventare madri.
Mia sorella e il suo destino per me sono un esempio lampante. Il fatto
di non avere un utero non ha annullato per niente la sua voglia di avere
un figlio e non le ha cancellato l’istinto materno.
Ma so anche molto bene cosa significhi essere madre. Mio figlio è la gioia
più grande della mia vita. Vederlo crescere giorno dopo giorno,
insegnargli cosa è giusto e cosa no, portarlo a scuola, sedersi accanto a
lui per fare i compiti, curarlo quando sta male, coccolarlo quando
piange, dormire con lui nel lettone. Niente di più bello. Quindi la mia
scelta di aiutare le coppie a diventare genitori secondo me è un dono di Dio.
E non un peccato imperdonabile, come lo etichettate voi in Italia.
Aiutarle a mettere al mondo una creatura, la loro creatura, stringerla
tra le braccia magari dopo strade difficili e tortuose è per me ogni
volta una grande soddisfazione.
In questo momento sto aspettando i gemelli di una coppia tedesca che nasceranno tra sei mesi. È la quarta volta che ospito nel mio ventre i figli di chi non può partorirne. Oltre a quello di mio figlio, nove anni fa, ho avuto altri tre parti:
due singoli e uno gemellare. Con questo fanno quattro. E io mi ricordo
solo quello in cui è nato il mio bambino: un vero e proprio salto nel
buio, in cui non sapevo minimamente cosa fare né come avrebbe reagito il
mio corpo. Dopo dodici ore di travaglio, molta ansia e preoccupazione,
avere in braccio mio figlio è stata una delle emozioni più forti che
abbia mai provato. Con gli altri parti è tutta un’altra cosa: so già cosa fare, so come reagisce il mio corpo. Ed è molto più facile perché so cosa accade.
Durante le gravidanze che faccio per gli altri genitori non penso mai: “Questo figlio è mio, me lo tengo”, perché so dal primo momento che non lo crescerò, che lo partorirò e poi lo darò ai suoi genitori. So che porto avanti la gravidanza per altri.
Anche adesso, quando sento i gemelli muoversi, quando ho le nausee e mi
duole la schiena, non si crea quel legame materno che ho avuto fino da
subito con mio figlio. Certo sto attenta a cosa mangio e mi tengo curata
ma mi dico: “Ci sono due persone che si prenderanno cura di lui, è per loro che lo faccio”.
Lo voglio ribadire: io ho un solo figlio, la più
grande gioia della mia vita. Gli altri che ho messo al mondo sono i
figli di qualcun altro. Non mi ricordo né il giorno in cui sono nati né
se erano maschi o femmine, nemmeno quanto pesavano. Non mi interessava e non mi interessa. Questi bambini non hanno niente di me, non hanno il mio dna, non verranno educati da me. Io li ho solo partoriti, ho aiutato chi naturalmente non lo poteva fare. E aver visto gli occhi pieni di gioia delle mamme e dei papà ai quali li ho consegnati è una delle cose che mi rende felice e serena. Per me mio figlio è così importante: perché non aiutare gli altri ad averne? Cosa c’è di male?
Lo sapete tutti che vengo pagata, per affittare il mio utero. Diecimila euro a parto, quindicimila se sono gemelli (lo stipendio medio mensile in Ucraina è 150 euro).
Non c’è niente di male nel farlo. Questi soldi servono per comprare una
casa più grande in cui possa andare con la mia famiglia, con mio marito
e mio figlio, gli unici amori della mia vita. Il mio corpo è fatto per procreare,
perché non usarlo per aiutare la mia famiglia a vivere in condizioni
migliori e al contempo rendere felice una coppia di genitori?
Sto pensando di diventare mamma ancora,
di fare un altro figlio tutto mio, magari una bambina questa volta.
Forse l’anno prossimo, quando avrò partorito questi che abitano ora nel
mio grembo. Perché quando ho avuto mio figlio, nove anni fa, ero molto
giovane e non mi sono resa conto di cosa significhi essere genitore. Ora
sono molto più matura e sono convinta che potrei godermi la maternità in maniera più consapevole.
Per essere dei bravi genitori devi voler amare
un figlio. Per essere madre serve solo voler amare un bambino e avere
tanta pazienza. Il figlio è di chi lo cresce, di chi lo desidera e di
chi gli vuole bene. Come si può ridurre il legame tra genitori e figli all’aspetto biologico o alla gestazione? L’amore non c’entra nulla con la capacità di riprodursi.
Per me l’essere madre ha due significati. Innanzitutto ho il dovere di amare, di educare e di custodire il mio bambino. Poi ho la grossa responsabilità
dei bambini che faccio nascere dal mio ventre perché so che da un’altra
parte, nel mondo, aspettano questa immensa gioia. No, non mantengo alcun tipo di contatto
con la famiglia per la quale partorisco. Sia la clinica sia gli
psicologi lo sconsigliano. Che senso avrebbe? Cosa mi darebbe in più?
E poi io mi porto dentro la frase che mi ha detto la prima donna per la quale ho partorito il figlio.
Ero ancora in ospedale, il bambino aveva un giorno. Quando l’ha visto è
scoppiata a piangere, mi ha abbracciata e mi ha detto: “Grazie
Natasha, tu hai la bacchetta magica: hai realizzato il mio sogno. Ora so
che la fata turchina esiste sul serio e per me sei tu”.
La fata turchina. Non lo trovate un complimento bellissimo?
venerdì 3 aprile 2015
Buona Pasqua!
La BioTexCom
augura a tutti una Pasqua felice, che rinnovi la speranza nei cuori e faccia
ritrovare il sorriso anche a chi l'ha perso da tempo.
Dolce profumo di primavera, di nuova vita. Nell'aria un vento d'amore, che farà sbocciare nuova
Auguro a te e famiglia di godere pienamente dei meravigliosi doni che la Pasqua può regalare. speranza nei cuori. Buona Pasqua!
giovedì 2 aprile 2015
Aspetti psicologici sulla scelta dell’ovodonazione
Quando si sceglie di fare un programma di ovo/sperma
donazione, le coppie sterili spesso affrontano situazioni emotive piuttosto
difficili. Per alcuni uomini ed alcune donne può essere difficile accettare il
fatto che il loro bambino avrà una serie di geni estranei. Tuttavia l’utilizzo degli
ovuli o lo sperma donato può essere la migliore scelta per le coppie che si
sottopongono ai difficili trattamenti per l'infertilità, senza risultati. Queste
situazioni lasciano spesso le coppie con i sogni infranti, intensa delusione e
sentimenti di dolore, tristezza, rabbia e stanchezza. La scelta di utilizzare la
medicina riproduttiva offre la possibilità di rimanere incinta ed avere un bambino
che abbia un legame genetico con almeno uno dei suoi genitori. Come per ogni
grande decisione di vita, ci sono problemi e sentimenti da considerare.
La scelta di un donatore/donatrice è un processo molto
emozionante per le coppie. Loro infatti, vorranno discutere di quali
caratteristiche e tratti sono più importanti in un donatore e inizieranno a
capire i loro sentimenti verso la donatrice. Alcune coppie sono molto
concentrate sulla ricerca del donatore perfetto, e che sia più simile al loro
aspetto fisico . Tuttavia, è impossibile sapere come la combinazione di geni si
esprimerà nel bambino. Le preoccupazioni circa la possibilità di legame con il
bambino di solito si verificano all'inizio di questo processo. Con il progredire della gravidanza, le preoccupazioni
sul legame di solito diminuiscono. Tuttavia, i sentimenti legati alla mancanza
del legame genetico possono ripresentarsi a volte. Questi sono sentimenti
normali e non significa che non si è legati al vostro bambino.
Una delle questioni più importanti e difficili che le
coppie devono affrontare è quella di condividere questo segreto con gli altri e
con il loro bambino. In un primo momento le informazioni condivise riguardano
la gravidanza, ma in ultima analisi, si affronta questo argomento con il
proprio figlio e la propria famiglia. Ostetrici, pediatri, stretti familiari e
amici sono in genere quelli con cui le coppie si sentono a proprio agio per condividere
queste informazioni private.
Condividere queste informazioni con il proprio bambino
può essere una fonte di preoccupazione per alcune coppie. Queste infatti, hanno
paura che se il bambino viene a sapere che sono stati utilizzati gameti di
donatori, il legame genitore-figlio potrebbe cambiare, se non addirittura
diminuire. Altri invece vogliono proteggere il bambino dal dolore questa
conoscenza gli potrebbe causare. E 'importante valutare queste paure considerando
gli oneri di mantenere un segreto così importante. La condivisione di
informazioni dà un messaggio d'amore e afferma il vostro desiderio di avere
questo bambino e la vostra apertura ad essere una vera famiglia.
Ci sono molti problemi e sentimenti da considerare nel
prendere la decisione di utilizzare la medicina riproduttiva. Conoscere tutti
questi temi vi permetterà di effettuare una scelta informata e perseguire una
nuova visione per costruire la vostra famiglia con maggiore facilità. Sul lato
clinico, gli psicologi stanno aiutando i clienti a prepararsi e a gestire la genitorialità,
quando arriva. Incoraggiare i clienti a gestire bene la riduzione dello stress,
gruppi di sostegno e consulenza alle coppie aiuta non solo durante il
trattamento, ma anche una volta che un bambino è nato, annotano gli specialisti.
Le paure possono essere particolarmente forti se un
bambino è il prodotto di un donatore di sperma, uova o entrambi, aggiungono i medici.
In realtà, spesso ci vuole del tempo prima che le coppie che non hanno successo
con la fecondazione in vitro, decidano di utilizzare i gameti dei donatori.
Per tutti coloro che decidono di intraprendere questa
strada, ci sono degli esperti che li aiutano a gestire la situazione genetica
nei confronti del bambino, facendogli immaginare come si sentiranno una volta
che il loro bambino è nato.
“La gente ha bisogno di capire come potrebbero reagire di
fronte a domande come, 'di chi ha gli occhi questo bambino?”ce il medico.
In ogni caso i genitori che hanno deciso di utilizzare la
donazione di sperma o di ovociti in particolare, devono cingersi i fianchi e amare
il bambino come fosse un figlio proprio. Gli aspiranti genitori possono visitare
i corsi pre-ingresso ed avere consultazioni con uno psicologo professionista. L’avvio
del programma medico di coppia dovrebbe chiaramente far capire come sarà il
loro mondo dopo i nove mesi, e che il bambino sarà accolto dalla sua bella
famiglia. Così i genitori hanno il diritto di togliersi i dubbi sui geni del
bambino. Le coppie che utilizzano ART devono sapere e ricordare che quel
bambino nato con l'aiuto della medicina di riproduzione assistita è il loro,
senza ombra di dubbio.
Source http://www.resolve.org/
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