Madri surrogate: la Corte europea riconosce il legame padre-figli - Il Fatto Quotidiano
Un bimbo nato in Russia da padre italiano e madre surrogata russa al
rientro in Italia è stato messo in un istituto e dichiarato in stato di abbandono
e quindi adottabile in quanto il certificato di nascita che individuava
il padre biologico e la moglie come genitori non era stato trascritto
nel nostro paese perché non riportava il nome della madre naturale. Il
tribunale che si è occupato della vicenda ha contestato alla coppia
italiana di aver agito senza rispettare le norme nazionali sull’adozione
(per la quale erano stati dichiarati idonei) e ne ha messo in dubbio le
capacità educative ed affettive arguendo che per loro il bambino era “lo strumento con il quale poter soddisfare il loro desiderio narcisistico di esorcizzare un problema di coppia”.
La
coppia ha fatto ricorso alla Corte dei diritti umani per violazione del
diritto alla vita privata e familiare e per violazione del diritto ad
un giusto processo. Il caso deve ancora essere giudicato, ma proprio la
Corte di Strasburgo ha appena emesso una sentenza secondo cui i bambini nati da una madre surrogata hanno diritto al riconoscimento legale del padre biologico. La Corte ha giudicato i casi di due coppie francesi che per superare il problema dell’infertilità avevano
fatto ricorso ad un “utero in affitto” negli Stati Uniti (dove tale
procedura è legale così come in Russia), ed ha imposto alla Francia di
riconoscere il legame fra padri e figlie prevedendo anche il
risarcimento del danno alle famiglie.
Secondo i giudici europei,
infatti, il mancato riconoscimento legale del legame padre-figlio
comporta per il bambino la negazione del diritto alla vita privata e familiare,
sancito dall’art. 8 della Convenzione europea, che al comma 2
circoscrive i casi in cui la pubblica autorità può limitare tale diritto
a quelli previsti dalla legge e che siano comunque necessari, in una
società democratica “per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico,
il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la
protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e
delle libertà altrui”. La Corte argomenta anche che il
riconoscimento del legame con il padre naturale (conoscerne l’identità e
frequentarlo) è una componente essenziale del diritto all’identità personale e ricorda la necessità di tutelare i diritti ereditari che ne conseguono.
La decisione della Corte europea rileva, a mio avviso anche sotto il profilo riguardante la paternità, che
con la scelta dello Stato francese sarebbe stata negata. Già in passato
i giudici di Strasburgo avevano richiamato come parte integrante del
diritto fondamentale alla vita familiare “la possibilità per
genitori e figli di godere della reciproca presenza, di quotidianità o,
comunque, di continuità e assiduità di relazione“. Storicamente e anche nell’attualità sono tante le storie di padri che hanno disconosciuto
i figli naturali, abbandonato la compagna incinta o addirittura
infierito su di lei. Va salvaguardata, fatto salvo ogni altro diritto
del bambino, la volontà di un padre di riconoscere il proprio figlio e
mantenere il legame sotto il profilo affettivo ed economico.
Ora,
vincolando tutti i 47 Stati aderenti al Consiglio d’Europa, oltre al
caso italiano già pendente, la sentenza europea apre nuovi scenari anche
per gli altri aspiranti genitori italiani. Infatti oggi l’Italia
riconosce come mezzo per superare problemi di sterilità o infertilità
solo la procreazione medicalmente assistita limitata alle “coppie
di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età
potenzialmente fertile, entrambi viventi, nei ai casi in cui sia
accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive
della procreazione” (legge n. 40/2004 aggiornata dalla Corte
Costituzionale che il 9 aprile 2014 ha dichiarato incostituzionale il
divieto di fecondazione eterologa).
E’ da vedere come, in assenza di una specifica legislazione nazionale, saranno gestite le situazioni di coppie omosessuali
che ricorrano ad una madre surrogata in paesi dove le coppie dello
stesso sesso possono sposarsi e adottare, viste anche le precedenti
sentenze la Corte dei diritti dell’uomo che hanno riconosciuto a persone
single il diritto all’adozione anche quando conviventi con persone dello stesso sesso.
Nessun commento:
Posta un commento