Oggi l'infertilità non è
più una fatalità. L'assistenza medica alla procreazione consente a molte coppie
di accedere alla maternità tanto desiderata, tuttavia le conseguenze
psicologiche di questa nuova avventura sono spesso sottostimate.
L'assistenza medica alla
procreazione, che molti di noi danno ormai per scontata, è in cima alle
grandi evoluzioni sociali e rappresenta una delle maggiori conquiste mai
ottenute nel trattamento dell'infertilità. Ma anche se le cure progrediscono a
un ritmo stupefacente, l'infertilità rappresenta ancora oggi una delle
condizioni di crisi più profonde che una coppia possa affrontare.
La maggior parte delle
coppie che incontrano difficoltà ad avere un bambino è inizialmente stupefatta.
In effetti, molte persone credono che la gravidanza arrivi naturalmente dopo
che si interrompe la contraccezione. Quando ciò non avviene, bisogna rimettere
in discussione alcuni elementi come la vita di famiglia, il senso della vita e
del matrimonio. Le conseguenze psicologiche della scoperta dell'infertilità
sono spesso trascurate. Quando mettere al mondo un figlio diventa
un'ossessione, quando la ferita narcisistica si aggiunge a un sentimento di
colpa o di impotenza, ci si sente diversi dagli altri, ci si sente esclusi.
Scoprire che quella che per gli altri è una funzione naturale è invece un
problema può causare uno shock.
Quale che sia la diagnosi
medica,
infertilità maschile o femminile, è sempre meglio rivolgersi al medico in
coppia. E' insieme che si va dal medico la prima volta, sapendo che esami e
trattamenti saranno spesso condivisi. Ai nostri giorni i miglioramenti che
riguardano la procreazione medicalmente assistita hanno permesso di aumentare
la diversità e la disponibilità degli interventi destinati ad assistere le
coppie in vista di una gravidanza. Grazie a uno stuolo di esami diversi che
forniranno moltissime informazioni al medico si potrà identificare il problema
e proporre un orientamento terapeutico. Tuttavia è bene ricordare che questi
esami sono spesso faticosi e sempre molto stressanti, addirittura invadenti in
alcuni casi. Il carattere intrusivo di alcune analisi può sembrare talora
insormontabile, ma le indagini sono essenziali per la terapia. Questa tappa può
accompagnarsi a sensi di colpa, rancore o vergogna, tutti sentimenti legittimi.
Ma si può anche provare a vedere le cose dal lato positivo: chi dice
identificazione, dice trattamento adeguato. E di qualsiasi tipo di trattamento
si tratti, la prospettiva di una vera soluzione è sempre rassicurante,
incoraggiante.
Per circa il 15% delle
coppie l' infertilità resterà invece inspiegata, fatto che aggiunge altro
stress allo stress. Di fronte a una fertilità inspiegata può essere utile il
ricorso allo psicologo. In alcuni casi, d'altronde rari, succede che alcune
donne siano lacerate tra il desiderio di avere un figlio e un certo rifiuto
della gravidanza. Anche in questo caso niente panico, meglio fermarsi per
qualche mese e sospendere esami e cure. Più spesso di quanto si immagini, la
donna riuscirà a restare incinta.
Un figlio? Sì, no, forse…
Il ticchettio inesorabile dell'orologio biologico può creare in alcune donne, anche in quelle che hanno anteposto alla famiglia altri obiettivi come gli studi, la carriera o più in generale la realizzazione di se stesse, la percezione di una realtà fisica - la fine della fertilità - che le spinge a interrogarsi sul senso della vita. Così all'improvviso la riuscita professionale o la libertà di gestire la propria esistenza vengono superate da un nuovo obiettivo più impellente, urgentissimo, quello di mettere al mondo un figlio "prima che sia troppo tardi". Può accadere però che la voglia di sfondare e l'amore della propria libertà siano razionalizzazioni di un timore inconsapevole di avere un bambino, un atto che implica una responsabilità immensa e rappresenta un cambiamento totale della vita. Ambivalente per natura, il desiderio di avere un figlio può subire infinite oscillazioni. Si può avere consciamente voglia di avere un bambino, e non averne inconsciamente alcun desiderio. E viceversa. Le ragioni sono le più varie: paura di veder cambiare la propria immagine corporea, di alterare irreversibilmente l'equilibrio della coppia, una relazione difficile con la propria madre o ancora la mancanza di un compagno con il quale costruire una famiglia.
Naturalmente
i trattamenti dell'infertilità sono portatori di grandi speranze. Con un
realismo non disfattista è però possibile prevedere alcuni fallimenti che senza
dubbio possono risultare destabilizzanti per la coppia. Per sopportare i
fallimenti ripetuti bisogna essere solidi, quel tanto che basta per
ricominciare più volte lo stesso percorso. Le testimonianze concordano:
la prova della fecondazione assistita rinforza la coppia o la distrugge. Un
consiglio: siate disponibili e aperti nei confronti del partner, parlate in
libertà delle vostre speranze e delle vostre paure, leggete, informatevi,
documentatevi.Il ticchettio inesorabile dell'orologio biologico può creare in alcune donne, anche in quelle che hanno anteposto alla famiglia altri obiettivi come gli studi, la carriera o più in generale la realizzazione di se stesse, la percezione di una realtà fisica - la fine della fertilità - che le spinge a interrogarsi sul senso della vita. Così all'improvviso la riuscita professionale o la libertà di gestire la propria esistenza vengono superate da un nuovo obiettivo più impellente, urgentissimo, quello di mettere al mondo un figlio "prima che sia troppo tardi". Può accadere però che la voglia di sfondare e l'amore della propria libertà siano razionalizzazioni di un timore inconsapevole di avere un bambino, un atto che implica una responsabilità immensa e rappresenta un cambiamento totale della vita. Ambivalente per natura, il desiderio di avere un figlio può subire infinite oscillazioni. Si può avere consciamente voglia di avere un bambino, e non averne inconsciamente alcun desiderio. E viceversa. Le ragioni sono le più varie: paura di veder cambiare la propria immagine corporea, di alterare irreversibilmente l'equilibrio della coppia, una relazione difficile con la propria madre o ancora la mancanza di un compagno con il quale costruire una famiglia.
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